NULLITA'


Nel codice civile manca una definizione ma il libro IV prevede il regime ad essa applicabile.
L'atto nullo è improduttivo di effetti per un vizio strutturale. Si discute se questa regola tolleri eccezioni.
In caso di risposta positiva si parla di qualificazione negativa,in caso di risposta negativa si parla di inqualificazione perché non c'è nulla di giuridicamente rilevante.

1)L' espressione qualificazione negativa è contraddittoria perché il termine qualificazione rimanda alla recezione dell'atto dal piano sociale al piano giuridico (perciò espressione di qualificazione positiva). Avendo il negozio giuridico rilevanza sociale nel momento in cui è dichiarato nullo, quindi in realtà il negozio non perde la sua rilevanza ma si nega la sua realizzazione.

2)In realtà un negozio nullo, secondo gazzoni, è inqualificato e dunque irrilevante sul piano giuridico , mentre nessuna importanza può essere attribuita al fatto che tale negozio possieda una rilevanza sociale.

Tali caratteristiche di irrilevanza e di inqualificazione sono attribuite ,dalla dottrina che considera la nullità come qualificazione negativa ,al negozio inesistente. Si ha inesistenza quando il negozio non ha nemmeno rilevanza sociale ed quindi è inidoneo a produrre effetti .L'inesistenza dunque è categoria sociale e non giuridica.

Cause di nullità → L' Art. 1418 c.c. dispone che il contratto è nullo quando:
1) sia contrario a norme imperative ,salvo che la legge disponga diversamente

2) se presenti un difetto strutturale o funzionale (Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'Art. 1325, l'illiceità della causa (1343), l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'Art. 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'Art. 1346.

3)Il contratto è nullo anche in altri casi espressamente previsti dalla legge (Art. 1418 comma 3)

Nel caso di difetto strutturale (art.1418 comma 2) i contraenti non osservano il disposto dell'art.1325 cosicchè non è ravvisabile un accordo (es. violenza fisica) oppure una causa che giustifichi lo spostamento patrimoniale ovvero un oggetto possibile ,determinato ,determinabile o la forma ad substantiam , se richiesta dalla legge.

Per quanto riguarda il difetto causale, ciò che può far difetto non è la causa ma il tipo contrattuale.

L'illiceità discende da un giudizio di disfavore normativo: ossia se un operazione privata è in contrasto con una norma imperativa, l'ordine pubblico o il buon costume.

L'ipotesi di illiceità va distinta dalla generica illegalità, che si ha quando il contratto viola norme imperative secondo quanto previsto dall'Art. 1418 comma 1 (nullità virtuale). In effetti vige una distinzione tra nullità testuale, quella prevista dalla norma, e nullità virtuale, appunto quella che si ricava dalla ratio della norma imperativa violata pur non essendoci espressa previsione.

Tale distinzione porta alla contrapposizione tra generica illegalità e specifica illiceità. L'illiceità porta sempre alla nullità , al contrario della illegalità.
L'art.1418 comma 1 va interpretato però in maniera non restrittiva , perché la nullità va esclusa in caso di espressa disposizione di legge , ma anche se implicitamente espressa tale esclusione della nullità dalla ratio legis .Dalla violazione di una norma imperativa deriva dunque la nullità quando la norma tutela interessi generali e non settoriali oppure quando è inderogabile in senso assoluto per tutti i soggetti di diritto.
(Ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto nullo, a tutela della salute, il contratto di vendita di caffè, senza indicazione della scadenza, ed al contrario valido, il contratto con cui si pongono in commercio uova da cova senza i dati indicati dalla l. 66/356 ( tale norma benché imperativa non è volta alla tutela generale della salute pubblica, ma solamente al razionale e controllato svolgimento della produzione e del commercio delle uova).
Non si ricorre alla nullità quando la legge assicura l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi di natura tributaria o penale ad esempio.

Le clausole contrattuali nulle per contrarietà a norme imperative, in caso di successiva abrogazione delle norme stesse, non sono suscettibili di reviviscenza, salvo che la legge non operi retroattivamente incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti.

Si ritiene, invece, possibile la nullità sopravvenuta che consegue ad una mutata valutazione normativa , relativa ai negozi ad effetti differiti o sospesi da una parte e di durata dall'altra, operando ex nunc, e dunque sugli effetti futuri. Nel primo caso perché gli effetti non si sono ancora prodotti, nel secondo caso per via analogica. Però parlare di nullità sopravvenuta è una contraddizione perché la nullità, riguardando l'atto, non può che essere originaria.

La disciplina della nullità mira ad assicurare l'effettiva tutela agli interessi generali. L'Art. 1421 c.c. prevede che, salvo diversa disposizione di legge, può far valere la nullità chiunque vi abbia interesse (legittimazione assoluta), essendo tutelati interessi superindividuali, e il giudice al quale i privati si siano rivolti per far valere quanto pattuito. Il giudice può rilevarla d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche contro la volontà delle parti.
Ciò deve avvenire nella controversia promossa per far valere i diritti che presuppongono la validità del contratto, nel rispetto di quel potere-dovere del giudice di verificare la sussistenza delle condizioni dell'azione. Il giudice dovrà decidere nei limiti della domanda delle parti e sulla base dei fatti dalle stesse allegate. Il giudice può rilevarla di ufficio in via incidentale anche quando la parte chiede l'annullamento, la risoluzione o la rescissione del contratto perché non vi sono i presupposti per richiedere la nullità.

L'azione per far valere la nullità di un atto è imprescrittibile (Art. 1422) . Chiunque, legittimato ad agire, data la natura degli interessi tutelati, può far valere la nullità in ogni momento, con un'azione di accertamento che porti il giudice a pronunciare una sentenza dichiarativa di nullità.
La norma fa salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione, ciò che presuppone che il contratto, anche se nullo, sia stato eseguito.
a) Quanto all'usucapione, matura quell'ordinaria ma non quella abbreviata. Per la prima basta il possesso protratto nel tempo e il titolo nullo seguito da consegna per determinare l'impossessamento. Per la seconda è necessario che vi sia un titolo valido ed efficace.
b) Le azioni di ripetizione sono previste dall'Art. 2033,che stabilisce che in caso di contratto nullo, se sia stato ugualmente eseguito, ciascuna delle parti deve restituire quanto indebitamente ricevuto (solutio indebiti). La prescrizione è decennale e si discute se essa inizia a decorrere dalla sentenza o dal pagamento. Secondo la giurisprudenza però l'azione di ripetizione della prestazione eseguita sulla base di un contratto nullo, non potrebbe essere iniziata qualora non sia possibile una restituzione di ciò che è stato prestato e ne conseguirebbe che dovrebbe restare ferma anche la controprestazione. Un limite alla ripetibilità è previsto dall'art.2035 in caso di nullità del contratto per contrarietà a buon costume.

La disciplina della nullità sancisce l'insanabilità del contratto nullo,ossia non consente che il contratto che nasce nullo possa diventare valido, o si possa procedere ad una convalida mediante esecuzione, salvo diversa disposizione di legge (Art. 1423).
Secondo parte della dottrina la più importante eccezione è prevista dall'Art. 799, che disciplina la conferma della donazione nulla: tale impostazione è da respingere in quanto si parla di conferma e non di convalida. La convalida presuppone infatti l'identità soggettiva tra autore della convalida e la parte del contratto convalidato, invece in caso di donazione nulla la legittimità a confermare spetta non al donante ma ai suoi eredi o aventi causa dopo la morte.
(((Neanche il matrimonio putativo può essere considerata eccezione sul piano della pretesa efficacia dell'atto nullo perché innanzitutto non può essere considerato un contratto, e poi perché gli effetti sono ricollegati non all'atto matrimoniale nullo ma alla più complessa fattispecie formata dall'atto nullo, dalla esecuzione e dalla buona fede))).

Si parla di sanatoria anche nell'ipotesi di trascrizione della domanda di nullità (Artt. 2652 n.6 e 2690 n.3) nel contesto della pubblicità sanante , dunque diverso da quello della convalida .Tali norme infatti regolano i conflitti con i terzi e non i rapporti tra le parti e riguardano la circolazione di beni immobili e mobili registrati. Per cui in nessun modo il contratto che è nullo tra le parti, può produrre di per sé effetti.

Nei confronti dei terzi, al fine di tutelare e garantire la certezza dei traffici, qualora un soggetto abbia acquistato con contratto valido un bene immobile o mobile registrato da un altro soggetto, che precedentemente lo abbia acquistato con contratto nullo, l'originario venditore non può esperire l'azione di nullità nei confronti del sub acquirente:
a) se questi avrà agito in buona fede ignorando cioè la nullità del primo contratto;
b) se avrà, altresì, trascritto il proprio acquisto prima della trascrizione della domanda di nullità , purchè siano trascorsi 5 anni in casi di acquisto di beni immobili, o 3 per beni mobili registrati, tra la trascrizione della domanda e la trascrizione dell'atto nullo impugnato che ha valore costitutivo. Ma se la trascrizione sia stata successiva, allora il terzo subacquirente potrà opporre l'usucapione anche abbreviata se ne ricorrono gli estremi. Ovviamente si tratta di una norma a carattere eccezionale, per cui la trascrizione della domanda non ammette equipollenti.

Nullità protettive. Lo sforzo che ha accomunato dottrina e giurisprudenza è stato quello di sistematizzare le regole della nullità in modo da riconoscere unità logica alla figura e permettere una corretta ed uniforme applicazione della disciplina. I principi della nullità nel codice sono più volte stati derogati da leggi speciali che sono aumentate prevedendo non più solo la tutela di interessi superindividuali ma anche la tutela di interessi particolari. Tra tali interessi meritevoli di tutela vi sono quelli dei consumatori cioè contraenti che per la loro condizione di strutturale debolezza sul mercato subiscono l'abuso contrattuale degli altri contraenti più forti. Nonostante i dubbi della dottrina la nullità va dunque qualificata come relativa, anche quando la legittimazione (imprescrittibile ed insanabile) del solo consumatore non è prevista dalla legge (con esclusione dell'intervento ex officio del giudice). Alla base di questa tendenza vi è innanzitutto l'esigenza di creare condizioni di parità contrattuali tra le parti. Esempi di legittimazione relativa espressa si ritrovano in materia di intermediazione finanziaria,di contratto di vendita di immobile in costruzione,di contratto di assicurazione. La tutela però è comunque predisposta nell'interesse collettivo (vedi codice consumo,ecc.)

Nullità parziale. La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole determina la nullità dell'intero contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità (art.1419 c.c. ).
Tale disciplina è applicata anche in caso di contratti collegati per stabilire se la nullità dell'uno fa cadere anche l'altro. Perciò bisogna soffermarsi sul momento della conclusione del contratto e osservarlo in maniera oggettiva, valutando se ha carattere essenziale la clausola nulla, e qualora la clausola nulla non sia stata decisiva per la conclusione del contratto, non si potrà avere la nullità dell'intero negozio , e senza di essa, il contratto potrà produrre comunque i suoi effetti.
Qualora si intenda dimostrare che vi sia un condizionamento reciproco delle pattuizioni è necessario darne la prova libera che spetta a tutti i contraenti o agli interessati, previa comunicazioni agli altri. Nel dubbio il giudice dovrà optare per la nullità parziale.
Ai sensi dell'Art. 1419 comma 2 la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative .Si tratta di una norma di carattere tecnico-ricostruttivo che permette la sostituzione a prescindere dall'indagine sul intento. Questa norma si affianca alla norma prevista dall'Art. 1339 che determina anch'essa la sostituzione, ma attiene alla costruzione del regolamento contrattuale. Ex Art. 1420 in caso di contratti con più di 2 parti,qualora vi sia una nullità che colpisce una sola delle parti, non si avrà la nullità del contratto, salvo che la partecipazione di essa sia stata essenziale alla conclusione del contratto.

La legge consente (Art. 1424) la conversione del contratto nullo , cioè il contratto nullo produce gli effetti di un contratto diverso del quale deve avere i requisiti di sostanza e di forma, qualora ,tenuto in considerazione lo scopo oggettivo perseguito dalle parti, si deve ritenere che esse lo avrebbero concluso perché atto a realizzare lo stesso scopo ,se avessero conosciuto la nullità (art.1424). Ciò quindi è possibile qualora la nuova fattispecie permetta comunque di raggiungere lo scopo perseguito dalle parti e non vi sia una volontà contraria dei contraenti. Il contratto nullo che viene convertito deve avere gli stessi requisiti di sostanza e di forma di quello diverso , per requisiti di sostanza si intende quelli che riguardano l'oggetto e i soggetti .
(Es. conversione di un contratto di affitto di azienda con immobile , nullo per mancanza dell'azienda e quindi dell'oggetto, in contratto di locazione di immobile ad uso diverso).
Si parla di conversione sostanziale che opera in riferimento al contenuto in contrapposizione a quella formale riferita ai casi in cui un atto possa rivestire più forme. La conversione opera automaticamente,non è necessario che le parti diano il loro assenso. La c.d. volontà ipotetica delle parti deve essere però valutata sulla base di criteri oggettivi , sempre che non risulti in maniera inequivocabile che le parti hanno escluso un contratto diverso .Unico presupposto implicito è l'ignoranza delle parti circa la nullità del contratto al momento della conclusione.
Sia la conversione che la sostituzione trovano la loro ragion d'essere nel principio di conservazione del contratto secondo il quale occorre sempre cercare di bilanciare l'invalidità del contratto con regole che,per quanto possibile,assicurino la stabilità delle situazioni giuridiche che si sono create e sulle quale i terzi abbiano fatto affidamento.
La giurisprudenza non pone limiti alla conversione sulla base dei tipi negoziali ma solo sulla base della struttura,escludendo la possibilità di una conversione di un contratto in un negozio unilaterale.

Cass SSUU (sentenza 14828/2012 e 26242/2014), la nullità del contratto è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo in una vicendain cui di tale contratto si deduca l'inadempimento, essendo il giudice tenuto a verificare l'esistenza delle condizioni dell'azione e a rilevare d'ufficio le eccezioni che, senza ampliare l'oggetto della controversia, tendano al rigetto della domanda e possano configurarsi come mere difese del convenuto.

Il rilievo della nullità del contratto dedotto in lite integra gli estremi non di un'eccezione in senso stretto, bensì di una mera difesa, esso ben può essere formulato nel giudizio di appello, purchè sia fondato su elementi già acquisiti al giudizio.

Pertanto risulta possibile far valere, anche in appello, eccezioni di nullità contrattuale allorchè la controparte abbia agito con un’altra impugnativa, quale la domanda di risoluzione per inadempimento, di rescissione o di annullamento.

 

 

 

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