OVERRULING: MUTAMENTI GIURISPRUDENZIALI CONCERNENTI NORME PROCESSUALI

Corte Cass IV Sentenza n. 174 del 09/01/2015 si può profilare una netta distinzione tra mutamenti di orientamenti costanti di giurisprudenza della Corte di cassazione riguardanti I’interpretazione di norme sostanziali e mutamenti che concernono norme processuali, dovendosi per i primi confermare il carattere in via di principio retrospettivo dell’efficacia del precedente giudiziario. In questa direzione si è espressa, del resto, Cass.S.U. n. 13676/14, affermando che "...affinchè si possa parlare di prospective overruling, devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte (Cass. nn. 28967 del 2011, 6801 e 13087 del 2012, 5962 e 20172 del 2013)."

M.E. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, contro la sentenza resa dalla CTR Lazio n. 194/14/13, depositata il 14.3.2013. La CTR ha accolto l’appello proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza resa dal giudice di primo grado, il quale aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente contro l’avviso di liquidazione emesso sul presupposto della decadenza dell'agevolazione per acquisto prima casa relativa all'atto di vendita stipulato dalla suddetta per non avere acquistato entro l’anno un nuovo immobile da adibire ad abitazione principale.
Secondo la CTR aveva errato il primo giudice nel ritenere tardivo l’esercizio della potestà impositiva, dovendosi applicare la proroga biennale del termine di tre anni previsto in tema di imposta di registro dall’art. 76 dPR n. 131/86 in forza dell’art. 11, c. 1 L. n. 289/2002, per come aveva chiarito la giurisprudenza di questa Corte superando i dubbi interpretativi sorti all’atto dell'entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 5 bis d.l. n. 282/2002, conv. nella L. n. 27/2003.
L’Agenzia delle entrate non ha depositato difese scritte.
Con l’unico complesso motivo proposto la contribuente prospetta il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio e la lesione del principio del legittimo affidamento sulle posizioni giurisprudenziali, in relazione al canone della certezza del diritto. Secondo la ricorrente la decisione impugnata si era fondata su alcuni precedenti giurisprudenziali che avevano mutato le regole consolidate in tema di termini decadenziali previsti in ordine al recupero delle agevolazioni prima casa dall’art. 76 dPR n. 131/86, sulle quali la contribuente medesima aveva fatto legittimo affidamento. Ciò contrastava con il principio di certezza del diritto, poiché anche a volere ritenere che nel sistema interno non opera il principio dello stare decisis, non poteva dubitarsi come la decisione contrastante con il precedente orientamento era tenuta ad esporre le motivazioni del suo ragionevole distacco dall’indirizzo precedente. Il giudice solo con grande cautela avrebbe potuto discostarsi dal precedente orientamento e solo in presenza di un errore interpretativo della norma, ovvero quando il precedente aveva perso di attualità. Caratteristiche non riscontrabili nella vicenda controversa. Proprio in ossequio al rispetto della tutela dell’affidamento questa Corte a Sezioni Unite- sent. n. 15144/2011-, prosegue la ricorrente, aveva escluso la retroattività dei mutamenti giurisprudenziali idonei a determinare effetti preclusivi del diritto di azione e di difesa. Nel caso di specie l’impossibilità di applicare l’art. 11 c. 1 della I.n.289/2002 nasceva dall’esistenza di una giurisprudenza di questa Corte che aveva escluso tale possibilità. Pertanto, la CTR, senza fornire alcuna valida motivazione, si era discostata dai principi espressi da numerose decisioni - Cass. n. 1628/2003, Cass. n. 26180/2010, Cass. n. 12416/2010; Cass. n. 28880/2008-. Da qui la necessità, sollecitata dalla ricorrente, di chiarire che il mutamento giurisprudenziale sul quale si era fondata la CTR non poteva spiegare effetto che per il futuro.
Orbene, la censura, che sostanzialmente la parte ricorrente prospetta, pur anche sotto il paradigma dell’omessa e insufficiente motivazione, riguarda la lesione dei principi in tema di affidamento e di certezza del diritto, è infondata.
Giova premettere che la posizione espressa dalla CTR a proposito della prorogabilità dei termine triennale previsto dall’art. 76 dPR n. 131/86 alle agevolazioni tributane relative alla medesima imposta si inscrive nel principio, più volte affermato da questa Corte, secondo il quale "La proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili, prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 11, comma 1, in caso di mancata presentazione o inefficacia dell'istanza di condono quanto ai valori dichiarati o agli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione, è applicabile anche all'ipotesi di cui al comma. I bis, riguardante la definizione delle violazioni relative all'applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte, in quanto, nell'uno e nell'altro caso, l'Ufficio è chiamato a valutare l'efficacia dell'istanza di definizione cosicché, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la liquidazione del dovuto" (Cass. n. 12069/2010).
Di tale decisione la ricorrente si duole non tanto rispetto al merito della questione, quanto piuttosto per il fatto che tale indirizzo non poteva alla stessa applicarsi in forza del rispetto dei canoni di affidamento e di certezza del diritto. Ciò perché (a suo dire) esisteva un pregresso indirizzo giurisprudenziale di diverso tenore sul quale la stessa aveva fatto pieno affidamento.
Orbene, il tema che viene qui sollecitato presuppone l’analisi di due differenti questioni, peraltro fra loro intimamente connesse.
Per l’un verso, infatti, viene in discussione la possibilità stessa del giudice di applicare un orientamento giurisprudenziale - proveniente dalla Corte di Cassazione - innovativo rispetto a quello eventualmente sorto all’epoca in cui la fattispecie concreta ebbe a verificarsi. Secondo la ricorrente ciò sarebbe possibile solo in limitatissimi casi - errore interpretativo, inattualità dell’indirizzo giurisprudenziale-. Per l’altro verso, si prospetta l'impossibilità assoluta di applicare il mutamento di giurisprudenza successivamente formatosi proprio in forza dei principi di certezza e di affidamento che renderebbero, eventualmente, possibile l’applicazione di tale indirizzo innovativo solo per il futuro.
Entrambe le prospettazioni della ricorrente non sono persuasive e meritano di essere disattese, nei termini in cui le stesse sono state avanzate.
Quanto alla prima, occorre muovere dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, - la quale -Corte dir. uomo 18 dicembre 2008, Unèdic c, Francia, (ric., n. 20153/04) ha escluso che il revirement di un orientamento giurisprudenziale adottato da un giudice di ultima istanza — in quel caso le Sezioni riunite della Corte di Cassazione francese (sez. Lavoro) — può vulnerare il principio della certezza del diritto anche se è destinato ad incidere retroattivamente sulle posizioni giuridiche soggettive - cfr. p.74: «la Cour considere cependant que les exigences de la sécurité juridique et de protection de la confiance legitime des justiciables ne consacrent pos de droit acquis à une jurisprudence constante.
La Corte europea ha escluso la violazione dell’art.6 CEDU, ritenendo che il principio della certezza del diritto non impone il divieto per la giurisprudenza di modificare i propri indirizzi e di seguire un indirizzo costante, tutte le volte in cui siano rispettate le generali prerogative garantite dal principio del giusto processo come tutelato dall’art. 6 — accesso alla giustizia, carattere equo del processo e principio della certezza del diritto rapportata all’epoca in cui è dovuto intervenire l'autorità giudiziaria.
In questa direzione, peraltro, questa Corte è ferma nel ritenere che ".. l'attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un Giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non possa mai costituire limite alla attività esegetica esercitata da un altro Giudice, dovendosi richiamare al proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dalla efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 c.c. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello "stare decisis" (cioè del "precedente giurisprudenziale vincolante") che non trova riconoscimento nell'attuale ordinamento processuale"- cfr. Cass. n. 23723/2013; conf. Cass. n. 24438/2013; Cass. n. 24339/13; Cass. n. 23722/13.
Non mancano certo i moniti, provenienti dalla stessa Corte di Strasburgo - Corte dir. uomo sent 6 dicembre 2007, Beian c. Romania; Corte dir. Uomo, 2 luglio 2009, Iordan Iordanov c. Bulgaria, Corte dir. uomo. 24 giugno 2009, Tudor Tudor c, Romania) in ordine al fatto che, a fronte dell’assoluta fisiologia connessa alla diversità di orientamenti giurisprudenziali fra le corti di merito e quella di legittimità, non è tollerabile che vi siano inarcate diversità di vedute all’interno dell'organo che ha il compito di dare uniformità alla giurisprudenza. Sul punto, Corte dir. Uomo, 20 ottobre 2011, Nejdet, Sahin e PenhantSafim c. Turchia, ha infatti sottolineato la necessità di uno sviluppo giurisprudenziale improntato alla salvaguardia del canone della certezza del diritto- cfr.pp.55 ss. Sent. cit."... in this regard the Court has reiterated on many occasions theimportance of setting mechanisms in place to ensure consistency in court practice and uniformity of the courts’ case-law (see Schwarzkopf and Taussik, cited above). It has likewise declared that it is the States’s responsibility to organise their legal systems in such a way as to avoid the adoption of discordant judgments (...). Its assessment of the circumstances brought before it for examination has also always been based on the principle of legal certainty which is implicit in all the Articles of the Convention and constitutes one of the fundamental aspects of the rule of law"-.
Ma tali principi non hanno mai messo in discussione la possibilità di un dinamico affinamento della giurisprudenza, affermandosi nel precedente da ultimo menzionato (par. 58) che "... the requirements of legal certainty and the protection of the legitimate confidence of the public do not confer an acquired right to consistency of case-law..." così proprio richiamando il caso Unedic c. Francia cit. Si è poi aggiunto, nel medesimo contesto, che "...Case-law development is not, in itself, contrary to the proper administration of justice since a failure to maintain a dynamic and evolutive approach would risk hindering reform or improvement (see Atanasovski V . "Ther Former Yugoslav Republic Of Macedonia ", no. 36815 /03, par. 38 ,14 January 2010. Si tratta di una posizione che trova speculare risalto nella giurisprudenza di questa Corte, a sezioni Unite-Cass S.U. n. 13620/2012; conf.Cass. n. 7355/2003, Cass. n. 23351/13-, allorché si afferma che "...benché non esista nel nostro sistema processuale una norma che imponga la regola dello "stare decisis", essa tuttavia costituisce un valore o, comunque, una direttiva di tendenza immanente al l’ordinamento, in base alla quale non ci si può discostare da una interpretazione del giudice di legittimità, investito istituzionalmente della funzione nomofilattica, senza delle forti ed apprezzabili ragioni giustificative...", pure aggiungendosi che l’introduzione dell'art.380 bis c.p.c. "...ha accentuato maggiormente l’esigenza di non cambiare l'interpretazione della legge in difetto di apprezzabili fattori di novità (Cass. S U. 5-5-2011 n. 9847), in una prospettiva di limitazione dell'accesso al giudizio di legittimità coerente con l’esercizio della funzione nomofilattica".
Sulla medesima lunghezza d'onda si muove la Corte costituzionale - sent. n. 230/12-, secondo la quale l'orientamento espresso dalla decisione delle Sezioni unite della Corte di Cassazione «"aspira" indubbiamente ad acquisire stabilità e generale seguito: ma si tratta di connotati solo "tendenziali", in quanto basati su una efficacia non cogente, ma di tipo essenzialmente "persuasivo". Con la conseguenza che, a differenza della legge abrogativa e della declaratoria di illegittimità costituzionale. La nuova decisione dell'organo della nomofilachia resta potenzialmente suscettibile di essere disattesa in qualunque tempo e da qualunque giudice della Repubblica, sia pure con l’onere di adeguata motivazione; mentre le stesse Sezioni unite possono trovarsi a dovrà rivedere le loro posizioni, anche su impulso delle sezioni singole, come in più occasioni è in fatto accaduto».
Le indicazioni che sembrano emergere dall'indirizzo appena espresso lasciano, dunque, intatta la possibilità del giudice di merito della controversia di applicare l’indirizzo giurisprudenziale reso in sede di nomofilachia che si ritiene idoneo a definire in modo corretto la controversia, senza che detto giudice sia tenuto a motivare le ragioni che lo hanno indotto a seguire detto indirizzo.
E nella stessa direzione questa stessa Corte, con un risalente indirizzo, ancora di recente confermato, non dubita del fatto che un mutamento di indirizzo verificatosi nella giurisprudenza dì legittimità, in ordine ai principi già affermati dalla stessa Suprema Corte in precedenti decisioni, non è assimilabile allo ius superveniens, onde non soggiace al principio di irretroattività, fissato, per la legge in generale dall’articolo 11, comma primo, delle disposizioni preliminari al codice civile e, per le leggi penali in particolare, dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione- cfr. Cass. n. 565/2007, Cass. n. 8820/2007; Cass. n. 6225/14-, il discorso non sembra, potere mutare sotto il profilo della tutela dell’affidamento- al quale fa specifico riferimento la parte ricorrente- considerando i principi espressi da Cass. S.U. n. 15144/2011 che, sulla scia di taluni precedenti — Cass. n. 14627/2010 e Cass. n. 15811/2010 - e seguita da Cass.S.U. n. 24413/11 (su cui v. Cass. ord.n.959/2013), ha intravisto nel mutamento, ad opera della stessa Corte di cassazione, di un’interpretazione consolidata a proposito delle norme regolatrici del processo (dunque, imprevedibile e idonea a precludere il diritto di azione prima ammesso), la necessità di tutelare la parte che si è conformata alla precedente giurisprudenza della stessa Corte, successivamente travolta dall’overruling, proprio in forza del principio costituzionale del "giusto processo", la cui portata risente "dell'effetto espansivo" dell’art. 6 CEDU e della corrispondente giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Ora, è sufficiente evidenziare che i precedenti da ultimo ricordati hanno riguardato, esclusivamente, gli effetti processuali di un mutamento giurisprudenziale e non quelli di natura sostanziale che qui vengono semmai in discussione-in termini v. Cass. n. 13087/12 - introducendo, dunque, un principio innovatore a tutela dell'affidamento delle parti nella stabilità delle regole del processo. Ragion per cui in dottrina, si è opportunamente ritenuto che si può profilare una netta distinzione tra mutamenti di orientamenti costanti di giurisprudenza della Corte di cassazione riguardanti I’interpretazione di norme sostanziali e mutamenti che concernono norme processuali, dovendosi per i primi confermare il carattere in via di principio retrospettivo del l’efficacia del precedente giudiziario. In questa direzione si è espressa, del resto, Cass.S.U. n. 13676/14, affermando che "...affinchè si possa parlare di prospective overruling, devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte (Cass. nn. 28967 del 2011, 6801 e 13087 del 2012, 5962 e 20172 del 2013)."
Orbene, è certo nel giusto la parte ricorrente laddove, nella sostanza, sottolinea come il sistema rimane in equilibrio se il giudice offre all’interno del suo prodotto un’analisi argomentativa capace di supportare in maniera adeguata l’iter decisionale adottato. In questa direzione, del resto, la già ricordata Corte cost.n.230/12 non mancò di ricordare che il giudice di cognizione può disattendere sia pure sulla base di adeguata motivazione - la soluzione adottata dall’organo della nomofilachia (provocando eventualmente, con ciò, un nuovo mutamento di giurisprudenza)."
E tuttavia, la critiche che in punto di motivazione hanno riguardato la decisione impugnala sono manifestamente infondate, se solo si consideri che: a) il giudice di merito non si è discostato dall'indirizzo espresso dalla Corte dì legittimità. b) i precedenti di legittimità richiamati dalla ricorrente a sostegno dell’asserito contrasto all’interno della giurisprudenza di questa Corte -pag. 13 ricorso - non riguardano, a ben considerare, il tema della proroga biennale del termine di decadenza venuto in essere per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 11 l. n. 289/2002 ma, semmai, la decorrenza iniziale di detto termine.
In definitiva, la decisione impugnata ha espresso in modo appropriato e completo le ragioni della decisione, evocando un principio giurisprudenziale - reso da questa Corte sulla base del l’interpretazione di una norma positiva - che ha ritenuto di fare proprio senza mostrare alcuna delle lacune invece prospettate dalla ricorrente - il ricorso va rigettato.
Nulla sulle spese.

P.Q.M.

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.

 

 

 

DOTTRINA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO
Relazione tematica
Rel. n. 31 Roma, 29 marzo 2011
Oggetto: PROCEDIMENTO CIVILE – TERMINI PROCESSUALI – IN GENERE – Mutamento di giurisprudenza (overruling) sull’interpretazione di norma in materia di decadenze o di preclusioni – Portata restrittiva della nuova interpretazione – Conseguenze.
FONTI DEL DIRITTO – GERARCHIA DELLE FONTI – Giurisprudenza – Problematicità della sua collocazione nel sistema delle fonti – Precedente giudiziario – Natura e portata.
L’overruling giurisprudenziale in materia di processo civile.

GIURISPRUDENZA

  • Sentenza Corte costituzionale 230/2012 Massima n. 36650
    Titolo
    Processo penale - Ipotesi di revoca della sentenza di condanna per abolizione del reato - Mancata inclusione del mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione, in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - Eccepita irrilevanza della questione, che configurerebbe una abolitio criminis dipendente da successioni di leggi nel tempo, già rientrante nell'ambito di operatività della disposizione censurata - Reiezione. Testo
    In relazione alla questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 673 c.p.p. - censurato nella parte in cui non include tra le ipotesi di revoca della sentenza di condanna anche il mutamento giurisprudenziale determinato da una decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione in base al quale il fatto giudicato non è previsto dalla legge come reato - deve essere rigettata l'eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza. Premesso che il rimettente è investito dell'istanza di revoca parziale di una sentenza formulata in base al principio affermato dalle Sezioni unite della Cassazione secondo cui la legge n. 94 del 2009 ha determinato l'abolizione della contravvenzione di omessa esibizione dei documenti con riguardo agli stranieri irregolarmente soggiornanti, e tenuto conto della circostanza che il fatto oggetto della sentenza è stato commesso dopo l'entrata in vigore di detta legge, non è implausibile l'assunto da cui muove il giudice a quo secondo cui la richiesta di revoca si basa sulla successione nel tempo non già di leggi, bensì di diverse interpretazioni giurisprudenziali della stessa norma di legge.
  • Corte di Giustizia della CE ha recepito il principio di irretroattività della giurisprudenza creativa (cfr. da ultimo, CGCE, 8 febbraio 2007, C-3/06 P, Groupe Danone c. Commissione) stabilendo che deve essere impedita l’applicazione retroattiva di una nuova interpretazione di una norma nel caso in cui si tratti di un’interpretazione giurisprudenziale il cui risultato non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui l’infrazione è stata commessa.
  • CEDU in tema di overruling: Cocchiarella c. Italia, sentenza del 29 marzo 2006, Par.44; Di Sante c. Italia, decisione del 24 giugno 2004;Midsuf c. Francia, decisione della Grande Chambre dell’ 11 settembre 2002”. Il punto di partenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è che il termine legge riguarda anche la norma di diritto vivente (“englobe le droit d’origine tant législative que jurisprudentielle”) con conseguente estensione del principio di irretroattività all’ipotesi di mutamento giurisprudenziale o legilslativo imprevedibile con effetti in malam partem.

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