Con l'avvento del Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) si è creato un potenziale intreccio tra le c.d. "clausole abusive/vessatorie" - di cui agli art. 33 e ss. del Codice del consumo, che ha modificato gli artt. 1469-bis, 1469-ter, 1469-quater, 1469-quinquies e 1469-sexies c.c. - e le c.d."clausole vessatorie" già disciplinate dagli artt. 1341 e 1342 c.c.

Lo scopo della disciplina sul "consumo" è quello di individuare nei contratti tra il "consumatore" e il "professionista" le c.d. clausole abusive, che sono inefficaci se è presente un importante squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto in danno del consumatore. L'accertamento dell'abusività può essere promossa dal consumatore, ma può essere dichiarata d'ufficio anche dal Giudice e non produce, necessariamente, l'invalidità dell'intero contratto, ma solo l'inefficacia della singola clausola.

L'essenziale differenza con le clausole c.d.vessatorie di cui agli articoli 1341 e 1342 del codice civile (inserite nei moduli contrattuali prestampati o nei formulari) consta di una parziale tutela stante la possibilità di una espressa accettazione, da parte del contraente, con la c.d. "doppia firma".

Per semplificare l'analisi delle due fattispecie, sarà utile riassumerne i contorni e le differenze.

Quanto previsto dal 2° comma dell'art. 1341 c.c. costituisce una lista rigorosa di condizioni contrattuali che possono essere valide ed efficaci solo se approvate specificatamente per iscritto proprio perché considerate "vessatorie", mentre le altre condizioni condizioni contrattuali subiscono gli effetti dell'art. 33 del Codice del Consumo e, se accertata la loro natura vessatoria, sono soggette alla "nullità di protezione" di cui all'art. 36 del Codice del Consumo. Per queste ultime, quindi, la loro sottoscrizione non ne sanerebbe la nullità.

Si passa, quindi, da un tassativo elenco delle clausole valide solo se sottoscritte, nei termini previsti dall'art. 1341 c.c., al principio sancito dall'art. 33 del Codice del Consumo per cui: "Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.".

La formulazione delle clausole, di cui al succitato art. 33, deve essere proposta al consumatore "....in modo chiaro e comprensibile" in ossequio dell'art. 35 del Codice del Consumo, mentre tale previsione non si rintraccia negli artt. 1341, 1342c.c.

Cambiano, anche, le figure soggettive del rapporto contrattuale, che nel Codice del Consumo sono rappresentate dal:

- "professionista: la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario";

e dal

- "consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta".

Nell'art. 1341 c.c., indipendentemente dalla qualità professionale, il rapporto contrattuale si instaura tra chi predispone il contratto (predisponente) e chi vi aderisce (contraente). In questo ambito, inoltre, una trattativa tra le parti può, anche, escludere il carattere vessatorio delle clausole se non predisposte da una sola parte, mentre ciò non può avvenire nel Codice del Consumo per il carattere cogente dell'art. 36:

"2. Sono nulle le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di: a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. 3. La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. 4. Il venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria di nullità delle clausole dichiarate abusive. 5. È nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l'effetto di privare il consumatore della protezione (assicurata dal presente titolo), laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell'Unione europea.".

In termini interpretativi le clausole, con il disposto dell'art. 1370 c.c., trovano un analoga regola applicativa nell'art. 35 del Codice del Consumo. Entrambe operano a favore del contraente o consumatore e non del predisponente o del professionista.

È presente, invece, una divergenza tra la mancata specifica sottoscrizione di clausole vessatorie (art. 1341 c.c.) che porta all'inefficacia e l'accertamento di vessatorietà delle stesse (art. 33 e ss. Codice del Consumo) che conduce, invece, alla nullità.

Ulteriore differenza attiene la rilevabilità d'ufficio della "vessatorietà" delle clausole da parte del Giudice che viene espressamente prevista dal 3° comma dell'art. 36 del Codice del consumo: "3. La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice", mentre non è rintracciabile nel dettato degli artt.1341 e ss c.c.

Infine, in relazione alle "Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore" di cui all'art. 33 del Codice del Consumo, viene determinata "l'azione inibitoria", ai sensi del successivo art. 37.

Per il principio della "Irrinunciabilità dei diritti" di cui all'art. 143 del Codice del Consumo può realizzarsi "nullità assoluta" quando qualunque pattuizione contrattuale neghi o sia in contrasto con il riconoscimento dei diritti fondamentali previsti da detto cod. cons.

Pertanto, sono affette da nullità assoluta le clausole che determinano "rinuncia" ai diritti, da parte del consumatore, di cui al comma 2, art. 2 di detto Codice:

"2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:

a) alla tutela della salute;

b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;

c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

c-bis) all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà;

d) all'educazione al consumo;

e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali;

f) alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;

g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.".

La "nullità di protezione" (relativa), invece, produce i suoi effetti con l'art. 36 del Codice del Consumo: "Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto". Una parziale nullità del contratto per quelle clausole che, in contrasto con la buona fede ovvero in violazione del dovere generale di correttezza, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 33, primo comma). La presunzione in questi casi, quindi, non è assoluta ma relativa e superabile se viene dimostrata la non vessatorietà della clausola.

Ai sensi dei commi 2-5 dell'art. 33 del Codice del Consumo:

"2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;

b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo;

d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;

e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;

f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo;

g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;

h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;

i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;

l) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;

m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;

n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;

o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;

p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;

q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;

r) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore;

s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;

t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;

u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;

v) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell'articolo 1355 del codice civile;

v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un'unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;

v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l'esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.

3. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato (jus variandi) il professionista può, in deroga alle lettere h) e m) del comma 2:

a) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore;

b) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.

4. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga alle lettere n) e o) del comma 2, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.

5. Le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.

6. Le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte.".

Il Consiglio Nazionale del Notariato - Studio n. 237-2006/Cha evidenziato, a puro titolo esemplificativo, alcune clausole bancarie che potrebbero essere considerate "vessatorie":

" - le clausole che riconoscono alla Banca la facoltà di risolvere il contratto a fronte del mancato rispetto di obbligazioni non significative o non corrispondenti ad interessi meritevoli di tutela (in quanto attribuenti di fatto la facoltà di recesso);

- le clausole con le quali i mutuatari riconoscono piena efficacia probatoria agli estratti conto alle registrazioni e alle risultanze contabili della Banca;

- le clausole che stabiliscano che nessuna eccezione od opposizione potranno sollevare il Mutuatario e gli eventuali Datori d'ipoteca e Garanti in qualsiasi sede e per qualsiasi causa nei confronti della Banca, fino a quando il credito di questa, dipendente dal mutuo, non sia stato completamente soddisfatto;

- le clausole che prevedano la risoluzione del contratto di mutuo per inadempimento in ipotesi meno gravi dell'ipotesi classica prevista dalla legge: infatti, in base all'art. 40, comma 2, T.U.B., la banca mutuante può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento in caso di ritardato pagamento quando esso si sia verificato almeno sette volte anche non consecutive (la stessa disposizione precisa che si considera ritardato pagamento quello effettuato fra il trentesimo ed il centoottantesimo giorno successivo alla scadenza della rata);

- le clausole di deferimento della soluzione di eventuali controversie future ad arbitri sia rituali che irrituali;

- le clausole che subordinano ad autorizzazione della Banca, sulla base di suo insindacabile apprezzamento, la facoltà del mutuatario di disporre del bene ipoteca, ovvero di concederlo in locazione, ovvero di eseguirvi opera di manutenzione straordinaria;

- le clausole che consentano alla Banca di chiedere la risoluzione del contratto nel caso di mutamento della destinazione dei beni sottoposti all'ipoteca, senza il consenso della Banca";

- le clausole che prevedano il divieto per il mutuatario di costituire a carico degli immobili ipotecati servitù passive ovvero di modificare o aggravare quelle eventualmente esistenti;

- le clausole che limitano il potere del mutuatario di richiedere la cancellazione dell'ipoteca una volta avvenuta l'estinzione del debito, rimettendone l'esecuzione alla volontà della banca mutuante;

- le clausole che prevedano che, in caso di morosità del mutuatario o di inizio di procedure esecutive sugli immobili ipotecati, la banca possa imputare in conto di quanto ad essa dovuto "i titoli di pertinenza della Parte mutuataria che si trovassero presso la Banca medesima", aggiungendo che detti titoli "dovranno intendersi ceduti "pro-solvendo" alla Banca mutuante, la quale avrà la facoltà di vendere i titoli stessi al meglio per imputarne come sopra il loro ricavato";

- le clausole che consentano alla Banca di chiedere la risoluzione del contratto nel caso di mancata puntuale e integrale esecuzione da parte del mutuatario di una qualunque delle obbligazioni nascenti dal contratto (apparendo una simile clausola troppo generica; inoltre si rammenta che secondo la giurisprudenza e la dottrina le clausole risolutive espresse, per essere valide, debbono prevedere ipotesi specifiche di inadempimento);

- le clausole che limitino la facoltà del fideiussore di opporre eccezioni al creditore (ad esempio, l'eccezione di invalidità dell'obbligazione principale, l'eccezione di mancata preventiva escussione del debitore principale, l'eccezione di mancata proposizione di istanze giudiziarie da parte del fideiussore e varie altre);

- le clausole che prevedano decadenza dal beneficio del termine in ipotesi diverse dall'insolvenza richiesta dall'art. 1186 c.c. (ossia le clausole che prevedono la decadenza dal beneficio del termine qualora si verifichino eventi quali pignoramenti, protesti, domande giudiziali e simili che di per se non implicano necessariamente insolvenza ma ne possono costituire, al più, elementi indiziari);

- le clausole che prevedano la decadenza dal beneficio del termine in caso di "mancato immediato avviso alla Banca, con lettera raccomandata, di ogni cambiamento del proprio domicilio" da parte del mutuatario;

- le clausole che autorizzano la banca, in deroga all'art. 2911 c.c., a pignorare beni mobili ed immobili diversi da quelli concessi in ipoteca, indipendentemente dal pignoramento dei beni immobili ipotecati;

- le clausole che escludono la possibilità di accollo del mutuo da parte di terzi;

- le clausole di espressa deroga alla competenza territoriale;

- le clausole che comportano elezione di domicilio del mutuatario nel luogo di residenza della Banca, con la finalità di individuare come foro competente quello della sede della Banca anziché quello della residenza o dell'effettivo domicilio del mutuatario;

- le clausole che riconoscono all'Istituto creditizio la facoltà di modificare, senza preavviso, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere relativo al finanziamento (spese incasso rata, spese per cancellazione ipoteca, compenso per estinzione anticipata ecc. ecc.) a condizione peraltro che: vi sia un giustificato motivo; venga data al consumatore immediata comunicazione;

- le clausole che abbiano l'effetto di aggirare le disposizioni previste in materia di obblighi di informativa precontrattuale, obblighi posti a carico della banca al fine di tutelare il diritto del cliente ad un'adeguata informazione;

- le clausole contenenti dichiarazioni relative l'informativa precontrattuale non dovrebbero trovare la propria sede nel testo del mutuo (o del contratto bancario); dette dichiarazioni potrebbero essere volte a precostituire un elemento di prova a favore della banca, potrebbero essere clausole di stile o potrebbero essere intrinsecamente non veritiere;

- le clausole che prevedono un'ipoteca integrativa alla quale la banca ricorre per tutelarsi di fronte ad eventuali incrementi del credito che ne innalzino l'importo complessivo oltre la somma dell'iscrizione originaria. Detta clausola non è invalida, ma può essere vessatoria. È stato osservato che la clausola comporta per il debitore l'assunzione dell'obbligo a non porre in essere comportamenti idonei a vanificare l'esercizio del diritto (ad effettuare la nuova iscrizione) da parte del creditore; ne conseguirebbe che, sino all'estinzione del mutuo, il mutuatario non potrebbe alienare l'immobile nè disporne in modo tale da pregiudicare la possibilità della banca di effettuare la nuova iscrizione. Sotto questo aspetto, la clausola potrebbe rientrare nella lettera t) del comma 2 dell'art. 33, in quanto avente per effetto una restrizione alla libertà contrattuale. Qualora la banca, in forza della clausola, effettui la nuova iscrizione per l'importo massimo, in modo contrario ai doveri di buona fede (ad esempio, perchè le circostanze concrete e la situazione del mercato non imponevano di utilizzare tutto l'importo massimo in origine consentito), il mutuatario può eccepire la violazione, dal parte della banca stessa, dell'obbligo di comportarsi secondo correttezza (buona fede oggettiva) in fase di esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.);".

Nell'ambito della portata e del principio dell'art. 33 del Codice del Consumo possono, ovviamente, essere annoverate altre possibili ipotesi di clausole vessatorie, suscettibili di esame caso per caso e rientranti negli effetti della norma.

Ampia e variegata è la casistica trattata dall'Arbitro bancario e finanziario (ABF) in tema di vessatorietà e di abusivitàdelle clausole bancarie. Ne tratteremo solo alcuni esempi.

Con decisione n. 8797 del 27 novembre 2015 il Collegio di Roma dichiarava la nullità della clausola di determinazione degli interessi moratori posta in un contratto di finanziamento, ove sommando i tassi corrispettivi a quelli moratori, si superava il valore del tasso soglia anti-usura. Per quanto riguarda il caso di specie ne discendeva, sulla base dei dati ricavabili dal contratto (TAN, 7,45%, TAEG 8,99%), tenuto conto che il tasso soglia nel periodo di riferimento era pari al 15,99%, che non sussisteva la usurarietà per quanto riguarda gli interessi corrispettivi, ma qualora la misura degli interessi moratori risulti manifestamente eccessiva, come si può evincere in base ad alcuni parametri, quale è quello che si desume dal raffronto con gli interessi corrispettivi (ABF dec. n. 3955 del 2014), essa ricade nella previsione dell'art. 33, comma 2, lett. f, cod. cons. che, in combinato disposto con l'art. 36, comma 1 ne commina la nullità. Infatti, "Applicando in concreto tali principi ne discende che, nel caso di specie, la misura prevista del tasso di mora (15,96%), risulta manifestamente eccessiva, prevedendo rispetto agli interessi corrispettivi una maggiorazione significativamente più elevata di quella media, il che determina la nullità della clausola «per manifesta eccessività della "penale" ivi prevista» (ABF dec. n. 3955 del 2014). La nullità non travolge il contratto, ma esclusivamente la clausola che prevede interessi eccessivi e sproporzionati. Tale clausola, tuttavia, non viene conformata, né sostituita, posto che il debitore, a seguito dell'inadempimento, continuerà a pagare solo gli interessi convenuti in applicazione dell'art. 1224 cod. civ.".

 

 

 

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