Responsabilità civile dei magistrati sul modello europeo

 


aggiornamento: 4 agosto 2014 (FONTE: Ministero della giustizia)

Un corretto funzionamento della responsabilità civile dei magistrati costituisce un fondamentale strumento per la tutela dei cittadini ed un necessario corollario all’indipendenza ed all’autonomia della magistratura.

Il meccanismo previsto dalla legge Vassalli adottato in esito al referendum abrogativo del 1987 ha funzionato in modo assolutamente limitato.

La legge, infatti, pur condivisibile nell’impianto, prevede una serie di limitazioni per il ricorrente che, di fatto, finiscono per impedire l’accesso a questo tipo di rimedio e rendono poi aleatoria la concreta rivalsa sul magistrato ritenuto eventualmente responsabile.

Si tratta, quindi, d’intervenire per rendere effettivo questo strumento.

Un’ulteriore esigenza di intervento è rappresentata dalle pronunce della Corte Europea di Giustizia, che sollecita una maggiore effettività nelle procedure previste per il riconoscimento delle responsabilità conseguenti alla errata applicazione del diritto comunitario da parte del giudice.

Ampliamento dell’area di responsabilità


L’ intervento sull’attuale disciplina di settore riguarda in primo luogo il profilo dell’ampliamento dell’area di responsabilità su cui possa far leva chi è pregiudicato dal cattivo uso del potere giudiziario, in linea con il diritto dell’Unione europea che include le ipotesi di violazione manifesta delle norme applicate ovvero manifesto errore nella rilevazione dei fatti e delle prove.
In secondo luogo la responsabilità sarà estesa, nella ricorrenza dei medesimi presupposti, al magistrato onorario.
I giudici popolari resteranno responsabili nei soli casi di dolo.

Superamento del filtro


Uno degli obiettivi del progetto è il superamento di ogni ostacolo frapposto all’azione di rivalsa, nei confronti del magistrato, che lo Stato dovrà esercitare a seguito dell’avvenuta riparazione del pregiudizio subito in conseguenza dello svolgimento dell’attività giudiziaria.

Certezza della rivalsa nei confronti del magistrato


L’azione di rivalsa nei confronti del magistrato, esercitabile quando la violazione risulti essere stata determinata da negligenza inescusabile, diverrà obbligatoria.

Incremento della soglia della rivalsa


Sarà innalzata la soglia dell’azione di rivalsa, attualmente fissata, fuori dei casi di dolo, a un terzo dell’annualità dello stipendio del magistrato: il limite verrà incrementato fino alla metà della medesima annualità. Resterà ferma l’assenza di limite all’azione di rivalsa nell’ipotesi di dolo.

Coordinamento con la responsabilità disciplinare


Saranno rafforzati i rapporti tra la responsabilità civile del magistrato e quella disciplinare.

 


Relazione tecnica sulla responsabilità civile dei magistrati
aggiornamento: 6 agosto 2014

La legge Vassalli, pur condivisibile nell’impianto, prevede limitazioni per il ricorrente che restringono le possibilità di accesso all’azione di responsabilità e producono delle ricadute sull’azione di rivalsa.

Occorre quindi una rivisitazione dell’impianto normativo che dia piena effettività allo strumento di tutela.

Anche la Corte Europea di Giustizia sollecita una maggiore effettività nelle procedure previste per il riconoscimento delle responsabilità conseguenti alla errata applicazione del diritto comunitario da parte del giudice.

Le ricadute sull’ordinamento italiano di detta giurisprudenza derivano dalla puntualizzazione - in sede europea - di principi per cui: - l’affermazione della responsabilità dello Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione europea è inerente al sistema del Trattato, e ciò conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri; - se fosse escluso che i singoli potessero ottenere, a talune condizioni, il risarcimento dei danni loro arrecati da una violazione del diritto comunitario, verrebbe conseguentemente posta in dubbio la piena efficacia delle norme comunitarie che conferiscono simili diritti.

Con riferimento specifico all’effetto vincolante delle richiamate sentenze sull’ordinamento interno nella materia in questione, deve essere considerato che, secondo la Corte di giustizia dell’UE:

è in contrasto con il diritto dell’Unione europea una legislazione nazionale, come quella italiana, che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto sovranazionale imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado, per il motivo che la violazione controversa risulta da un’interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale;
è altresì in contrasto con il diritto dell’Unione una legislazione nazionale, come quella italiana, che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente.
La Commissione europea ha dato inizio al procedimento d’infrazione culminato in una decisione di accertamento della responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell’Unione in relazione ai profili evidenziati.

I principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea si pongono sulla stessa linea della legge n. 117 del 1988, sia sul punto che è lo Stato a dover rispondere degli errori dei giudici, sia sul punto che la responsabilità dello Stato per gli errori dei giudici si concretizza solo a seguito di una violazione «imputabile a un organo giudiziario di ultimo grado».

Piuttosto - secondo le due sentenze della Corte di Lussemburgo - ciò che urta contro il diritto unitario, dei precetti contenuti nell’attuale art. 2 della l. n. 117/1988, è che il danno risarcibile provocato da un giudice non possa in alcun modo derivare anche da interpretazioni di norme di diritto o da valutazioni di fatti e prove (comma 2); e che, in casi diversi dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove, possano essere imposti, per la concretizzazione della responsabilità dei giudici, «requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente» (comma 1).

Con l’intervento regolatorio che si intende proporre, il quale conserva il sistema misto di responsabilità civile dei magistrati della legge Vassalli - strutturato cioè sulla responsabilità diretta dello Stato (in funzione compensativo-satisfattoria) e su quella, in sede di rivalsa, del magistrato (in funzione preventivo-punitiva) - si intendono soddisfare le esigenze di compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea:

modulando lo spettro della responsabilità dello Stato sulla violazione del diritto ovvero sul travisamento del fatto e delle prove, purché manifesti, quali ipotesi paradigmatiche di colpa grave che qualifica l’illecito riferibile a tutte le magistrature, anche quella onoraria;
adeguando di conseguenza la c.d. clausola di salvaguardia per l’attività di interpretazione delle norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove, nel senso di non prevederne la operatività in caso di dolo del magistrato e laddove l’interpretazione si risolva in una violazione manifesta della legge e la valutazione dei fatti e delle prove in un travisamento degli uni e delle altre; va ribadito che non si configura la responsabilità civile del magistrato per l’attività di interpretazione delle norme che non comporti una violazione manifesta della legge.
Ancora, l’intervento normativo incontra l’esigenza di rendere più immediata ed effettiva la responsabilità del magistrato, in specie per il recupero di quanto pagato dallo Stato, attraverso:

l’eliminazione del filtro oggi posto all’azione di risarcimento e costituito da un procedimento di ammissibilità della domanda giudiziale;
la modifica della disciplina dell’azione di rivalsa che lo Stato responsabile è chiamato a promuovere nei confronti del magistrato autore della condotta illecita, per negligenza inescusabile, in tre direzioni:
chiarire la natura obbligatoria dell’azione che lo Stato promuove nei confronti del magistrato per il recupero di quanto pagato al danneggiato;
aumento del tempo utile per proporre la domanda di rivalsa da parte dello Stato;
congruo incremento della misura della rivalsa stessa, fino alla metà dell’annualità dello stipendio del magistrato, ferma l’assenza di ogni limite in caso di dolo;
la chiara distinzione tra i requisiti soggettivi necessari per l’esercizio dell’azione civile nei confronti dello Stato rispetto a quelli che devono sussistere per fondare la responsabilità civile in sede di rivalsa, impone un effettivo raccordo tra il giudizio civile di rivalsa e quello disciplinare, ferma restando l’autonomia di quest’ultimo e l’assenza di ogni automatismo tra esercizio della domanda di rivalsa in sede civile ed esercizio dell’azione disciplinare.