• GIURISDIZIONE

La giurisdizione esclusiva del GA per le controversie involgenti gli accordi si estende all'esecuzione degli stessi (art. 11 L 241/90) mentre quella prevista in tema di applati pubblici riguarda il solo contenzioso involgente il procedimento di formazione del contratto

CORTE COSTITUZIONALE – ordinanza n. 19 del 2 febbraio 2016- cognizione delle controversie relative alla concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale – sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 111 della Costituzione – dell'art. 133, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui non devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le questioni relative alla concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari; infatti, la riserva legislativa prevista dall'art. 103 Cost. in ordine alla delimitazione della giurisdizione esclusiva del G.A. determina l'inammissibilità della questione, essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore l'estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nell'ambito di un ventaglio di possibili soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente imposta »»»»»

 

CdS Sez V 21.10.2015 n. 4799: Giurisdizione in materia di durc e regolarizzazione dello stesso

Vanno rimesse all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, comma 1, del c.p.a., le seguenti due questioni di diritto, rilevanti ai fini della decisione della causa:

1) "se rientri nella giurisdizione del giudice amministrativo, adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l'aggiudicazione di un appalto pubblico, ovvero al giudice ordinario, accertare la regolarità del documento unico di regolarità contributiva, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara";

2) "se la norma di cui all'art. 31, comma 8, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni, nella l. 9 agosto 2013, n. 98, sia limitata al rapporto tra impresa ed Ente preposto al rilascio del d.u.r.c. senza che lo svolgimento di tale fase riguardi la stazione appaltante (dovendo essa applicare comunque l'art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, che richiede il possesso dei requisiti al momento della partecipazione alla gara), ovvero se la disposizione abbia sostanzialmente modificato, per abrogazione tacita derivante da incompatibilità, detto art. 38 e si possa ormai ritenere che la definitività della irregolarità sussista solo al momento di scadenza del termine di quindici giorni da assegnare da parte dell'Ente previdenziale per la regolarizzazione della posizione contributiva".»»»»»»»»»

 

T.A.R. Toscana, Sez. I. 18 gennaio 2016, n. 83 - riparo di giurisdizione in materoa di DURC

sussiste la giurisdizione ordinaria in tema di durc soltanto quando la controversia abbia ad oggetto la contestazione di tale documento nella parte in cui viene dichiarato irregolare dallo Sportello Unico Previdenziale [3]. Infatti in tal caso vengono in rilievo posizioni di diritto soggettivo, afferenti al rapporto contributivo, di cognizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria. Nel caso invece in cui il durc venga in questione come requisito di ammissione ad una gara pubblica, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo verificare la regolarità di tale certificazione [4].

Quest'ultimo orientamento sembra maggiormente convincente, in quanto maggiormente aderente al dato normativo per cui, in forza dell'art. 133, comma 1°, lett. e), n. 1), c.p.a., spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture.

Nell'ambito di tali controversie si colloca la questione della produzione del durc, il quale attesta la situazione contributiva dell'impresa, certificazione la cui regolarità deve essere apprezzata dal giudice amministrativo.

Ancor se si voglia ritenere tale certificazione come dichiarazione di scienza contestabile solo con la proposizione della querela di falso, ciò non esclude la giurisdizione del giudice amministrativo.

Se la regolarità del durc si pone come requisito di ammissione alla gara pubblica e quindi come elemento interno al procedimento, ai fini della legittimità del provvedimento di aggiudicazione, ciò non comporta il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ma semmai un incidente nel processo. Si può applicare l' art. 77, 1° comma, c.p.a per cui si chiede la fissazione di un termine al giudice amministrativo per proporre la querela di falso dinanzi al tribunale ordinario competente, ove si contesti quanto dichiarato nel durc.

Tale orientamento è conforme alla sent. della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 [5], per cui la giurisdizione esclusiva si configura non semplicemente in relazione a materie in cui vi possa essere un interesse pubblico, sia pur rilevante, bensì quando la p.a. agisca in veste di autorità, venendo in considerazione oltre che interessi legittimi, diritti soggettivi.

Se la questione della regolarità del durc è connessa ad una procedura di gara in cui viene in questione un potere autoritativo della p.a. (in relazione all'eventuale annullamento dell'aggiudicazione), seguendo l'orientamento del giudice costituzionale la giurisdizione pertiene al giudice amministrativo.

Se invece si voglia contestare l'autenticità del durc non per la partecipazione alla gara, ma per l'accertamento della regolarità contributiva, la querela di falso andrà proposta direttamente al giudice ordinario in quanto il documento viene impugnato in via principale, costituendo oggetto del processo e non profilandosi come questione pregiudiziale [6].

Altresì anche la censura inerente al mancato invito alla regolarizzazione del durc attiene alla validità del medesimo in relazione alla procedura di gara e quindi rientra a pieno titolo nella giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo.

La questione del riparto di giurisdizione in materia di durc è stata rimessa all'Adunanza Plenaria con ord. Cons. St. Sez V 21.10.2015 n. 4799

T.A.R. Milano, 20 marzo 2014, n.736, sez. II

Rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lettera e), n. 1) cod. proc. amm., oltre che le cause concernenti la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nei confronti dell’operatore economico, anche l’ipotesi inversa, in cui si faccia questione della violazione ad opera della parte privata dei canoni di buona fede nelle trattative. Diversamente opinando, sarebbe violato il principio di concentrazione delle tutele (sancito dall’art. 44 della legge n. 69 del 2009), in quanto la proposizione di domande attinenti alla responsabilità precontrattuale aventi carattere reciproco o riconvenzionale comporterebbe il ricorso giurisdizioni diverse, con conseguenze irragionevoli e potenzialmente lesive del diritto costituzionalmente garantito alla difesa in giudizio (art. 24 Cost.).

Responsabilità precontrattuale. Tutela l'interesse all'adempimento, ossia l'interesse di un soggetto a non essere coinvolto in trattative inutili, a non stipulare contratti invalidi o inefficaci e a non subire « inganni » durante la formazione del contratto. L'interesse protetto è quello dell'altrui libertà negoziale, compromessa da un comportamento doloso o colposo; ovvero, dalla violazione del principio di buona fede.Tale principio viene sancito dall'art. 1337 c.c., che obbliga le parti a comportarsi secondo buona fede durante le trattative per la formazione del contratto, mentre, l'art. 1338 c.c. costituisce una specificazione al suddetto principio, sancendo la responsabilità di una parte che, conoscendo o dovendo conoscere una causa di invalidità del contratto, non ne abbia dato notizia all'altra parte; in tale ipotesi il responsabile è tenuto al risarcimento del danno subito dall'altra parte per aver confidato senza colpa nella validità del contratto.

Ricorsi straordinari al Capo dello Stato - giudizio di ottemperanza Cassazione civile SS.UU., sentenza 18.12.2001 n° 15978

I decreti con i quali vengono decisi i ricorsi straordinari al Capo dello Stato non hanno natura giurisdizionale, in quanto il procedimento ha per protagoni­sta un'autorità amministrativa, che non è neppure vincolata in modo assoluto dal parere espresso dal Consiglio di Stato, e può quindi risolvere la controversia secondo criteri diversi da quelli risultanti dalla pura e semplice applicazione delle norme di diritto. Conseguentemente contro tali decreti non può esperirsi ricorso giurisdizionale in sede di ottemperanza.

Questo Consiglio, in alcune decisioni, di poco antecedenti al succitato arresto del Supremo Collegio, si mostrò di diverso avviso valorizzando, nella prospettiva dell’ammissibilità dell’esecuzione in via giurisdizionale del decreto decisorio del rimedio giustiziale, talune suggestioni rivenienti dall’ordinamento comunitario (ed, in particolare, l’ampia nozione di "giudice" elaborata, ai fini dell’applicazione dell’art. 234 TrCE, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee); tuttavia, la giurisprudenza successiva dell’Istituto, fatta eccezione per qualche isolata pronuncia di segno contrario, è definitivamente rientrata entro l’alveo tradizionale delle precedenti coordinate esegetiche, statuendo che la decisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, pur avendo carattere cogente per l’amministrazione e determinando in capo ad essa l’obbligo di esecuzione, consiste in un provvedimento amministrativo, a contenuto eliminatorio, privo della natura e della forza di giudicato che assiste la sentenza resa nella sede giurisdizionale.

Questa statuizione da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, del lontano 2001, sembra superata dapprima dalle le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cassazione Civile, Sezioni Unite, 28 gennaio 2011, n. 2065) , e poi dal Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sezione VI, 10 giugno 2011, n. 3513) che riconsidera la natura, il ruolo e la funzione del ricorso straordinario, e, anche alla luce del nuovo codice del processo amministrativo, afferma l’esperibilità del ricorso d’ottemperanza per le decisioni sul ricorso straordinario.

La Sezione I^ del Consiglio di Stato nel giro di pochi mesi ha prima sferrato un attacco ai fianchi del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica con ordinanza n. 269 del 20 maggio 2013 e, quindi, con parere n. 1033/2014 del 2-16 luglio 2014, un successivo attacco frontale. La Sezione, infatti, con l’ordinanza n. 269/2013 aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 8, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), per violazione del combinato disposto degli artt. 76 e 77, comma 1, della Costituzione. Ad avviso della Sezione l’oggetto della delega sarebbe circoscritto al coordinamento e al riassetto del settore logico-sistematico della giurisdizione amministrativa, mentre non è dato rinvenire alcun cenno alla disciplina del ricorso straordinario. Ma la Corte costituzionale, con sentenza n. 73 del 2 aprile 2014, ha correttamente ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale del ricordato art. 7, comma 8, del d.lgs. n. 104/2010. Con il successivo parere n. 1033/2014 la medesima Sezione I^, evidentemente non paga, si è spinta oltre affrontando lo spinoso problema della natura giuridica del ricorso straordinario. Dopo un sontuoso excursus storico, il parere conclude che “questo strumento di tutela, che si aggiunge alla tutela giurisdizionale, e costituisce anche mezzo di deflazione del contenzioso amministrativo, che i costituenti vollero mantenere con la previsione del primo comma dell’art. 100, abbia mantenuto la sua originaria natura e peculiarità di rimedio amministrativo, al quale le recenti innovazioni legislative hanno attribuito una maggiore forza... La nuova qualificazione della natura dell’istituto, cioè la sua dichiarata giurisdizionalizzazione, non rappresenterebbe un accrescimento della tutela complessiva e impoverirebbe il sistema delle tutele nell’ordinamento”.

Inoltre, l’asserito impoverimento del sistema delle tutele è affermazione criptica, specie alla luce della sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 6 maggio 2013 che ripercorre le più significative novità normative che hanno inciso in maniera determinante sulla odierna configurazione del gravame straordinario e, buon ultima, della sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 10414 del 14 maggio 2014. Sarebbe, pertanto, maggiormente opportuno che il Consiglio di Stato, sensibile ai problemi della effettività della tutela invocata dal cittadino, tornasse sulla vexata quaestio della ammissibilità, in sede straordinaria, della domanda di risarcimento del danno. In considerazione dell’alternatività del ricorso straordinario rispetto al ricorso giurisdizionale, nonché della natura conseguenziale della tutela risarcitoria riguardo a quella demolitoria, la stessa dovrebbe ritenersi ammissibile anche in sede straordinaria, sia perché nessuna disposizione, ivi incluso il codice del processo amministrativo, ne esclude in modo espresso l’esperibilità, sia perché la concentrazione della tutela demolitoria e di quella aquiliana soddisfano appieno il parametro costituzionale dell’effettività della tutela imposto dall’art. 24 Cost. (D. Zonno, Alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario e impugnativa di atti collegati, in Giur. merito, 2009, 1994 ss.; A. Pozzi, Ricorso straordinario ed effettività della tutela, in Arch. giur., 2004, 490 s.). Comunque, a seguito dell’entrata in vigore del codice, il ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 7, comma 8, è ammesso per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa, salvo eccezioni espressamente disposte (a titolo esemplificativo, si ricorda l’art. 128 cpa che esclude l’ammissibilità del ricorso straordinario in materia di contenzioso elettorale). In definitiva, in difetto di espressa previsione di legge in senso contrario, il ricorso straordinario può e deve coprire l’intera area della tutela accordata in sede giurisdizionale al cittadino nei confronti dell’amministrazione.

Consiglio di Stato n. 9 del 6 maggio 2013. Premessa la conferma della natura sostanzialmente giurisdizionale del decreto presidenziale, alla luce dell’evoluzione normativa che ha segnato la disciplina del ricorso straordinario, l’Adunanza Plenaria si sofferma sulla questione relativa all’individuazione del giudice competente a pronunciarsi sul ricorso per ottemperanza. E, muovendo dalle conclusioni formulate in ordine al decreto presidenziale, il Supremo Consesso assume l’operatività dell’art. 113, co. 1 , c.p.a., con la competenza, dunque, del Consiglio di Stato. L’assunto è supportato anche da argomenti di carattere letterale e sistematico. Sul piano letterale, osserva la Plenaria, “l’articolo 113, in sede di fissazione delle regole della competenza, si riferisce al giudice che ha emesso la sentenza o il provvedimento, così presupponendo la natura giurisdizionale della decisione da eseguire. Il rimedio dell’ottemperanza è, quindi, expressis verbis finalizzato all’attuazione di statuizioni costituenti esercizio di giurisdizione, pubblica o privata, mentre esulano dal raggio della sua azione iniziative finalizzate all’attuazione di determinazioni amministrative”. Ancora, sul versante sistematico, si evidenzia che “la lettera d) del comma 2 dell’articolo 112, è con evidenza riferita, in via residuale, alle sentenze ed ai provvedimenti equiparati imputabili a giudici diversi dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario ai quali si riferiscono le lettere precedenti dello stesso comma. Risulta pertanto confermata, anche sotto questa angolazione, l’estraneità al perimetro del giudizio di ottemperanza dell’attività di esecuzione di provvedimenti amministrativi equiparati, solo a limitati fini, a decisioni giurisdizionali”.

 

 

 

 

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