C conti sez giurisd Trentino sent. n. 130. Prova del danno chance

FATTO

Con atto in data 14. 04.2006 - regolarmente notificato - il Procuratore Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale ha convenuto in giudizio il sig. G.F., nato XXX, per sentirlo condannare al pagamento, in favore dell’IPAB “OMISSIS”, della somma complessiva di euro 9.310,40 - di cui: 4.310,40 per il risarcimento del danno da perdita della migliore aspettativa contrattuale (cd. danno da perdita di chance); 5.000,00 per il risarcimento del danno da disservizio - oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giudizio.

Riferisce il Requirente che, con nota prot. n. 915 del 26/2/2002, il Sig. R.T., direttore della “OMISSIS”, denunziava alla predetta Procura Regionale alcune irregolarità nei procedimenti di appalto di lavori e di acquisto di attrezzature, espletati dal gennaio 2000 presso l’Istituto da lui diretto. Denunziava, in particolare, che il Sig. G.F., funzionario economo della suddetta “Casa”, in violazione dell’obbligo di astensione previsto sia dall’art. 15 della legge 17/7/1890 n. 6972 sia dall’art. 54 della legge n. 165/2001, nell’esercizio della gestione economale aveva partecipato ai procedimenti stessi conclusisi con la aggiudicazione alla ditta “Omissis” di Z.S. & C. S.n.c., i cui soci amministratori risultavano essere G.F. e Z.S., rispettivamente, sorella e cognato del medesimo economo. Il Direttore denunciante forniva un dettagliato elenco delle illegittimità riscontrate e indicava l’attività svolta dall’economo in riferimento ai singoli procedimenti per la fornitura di beni e l’appalto di lavori, così enumerati:

1) acquisto ed installazione di un generatore di vapore a bassa pressione, per una spesa complessiva pari ad euro 22.429,00. Il funzionario economo, nella circostanza, individuava le ditte da invitare alla presentazione dell’offerta (tra cui la “Omissis”), prendendo poi in consegna ed aprendo le buste contenenti le offerte pervenute, che trasmetteva in tempi diversi al protocollo;

2) acquisto di corrimano per il 2° e 3° piano appartamentini, per un valore di lire 8.532.000;

3) acquisto di un servomotore, del costo di lire 1.351.200;

4) acquisto della griglia centrale e valvola di ventilazione, per un corrispettivo di lire 200.160;

5) acquisto di corrimano per il 3° piano appartamentini, per una spesa di lire 4.219.200.

Relativamente alle forniture indicate ai punti 2, 3, 4 e 5 il F. invitava all’offerta soltanto la ditta “Omissis”, poi risultata aggiudicataria, provvedendo personalmente alla stipula del contratto, alla dichiarazione di conformità della merce ed alla proposta di liquidazione della spesa;

6) appalto dei lavori di potenziamento dell’aspirazione del locale bar, per un costo di lire 9.120.000;

7) appalto dei lavori di variante dell’impianto aria di rinnovo per la zona lavaggio piano terra, per una spesa di lire 18.308.400.

Per i suddetti appalti il F., dopo aver individuato le ditte da invitare alla presentazione di un’offerta (tra cui anche la “Omissis”), prendeva in consegna ed apriva personalmente le buste contenenti quelle offerte pervenute, le trasmetteva in tempi diversi al protocollo e predisponeva, infine, la deliberazione di affidamento lavori, l’attestato di conformità e la proposta di liquidazione in favore della “Omissis”, risultata aggiudicataria.

Aggiunge il Requirente che il Tribunale di Rovereto, con sentenza n. 237/04 pronunciata in data 8/10/2004, ha assolto il Sig. F. G.dalla imputazione del reato di cui agli artt. 81 e 323 c.p. “perché il fatto non costituisce reato”. Nella motivazione della

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decisione il Collegio giudicante ha ricostruito le circostanze di fatto che hanno caratterizzato i procedimenti negoziali, affermando che: “Dal gennaio 2000 al gennaio 2002 l’odierno imputato nella sua qualità di funzionario economo della OMISSIS, IPAB di I categoria, prendeva parte attiva alle 7 procedure di acquisto, specificatamente indicate in epigrafe, che hanno poi visto aggiudicare la fornitura alla “Omissis” di Z.S. & C. S.n.c., i cui soci amministratori sono G. F. e Z.S., rispettivamente sorella e cognato dell’imputato e, come tali, suoi prossimi congiunti a norma dell’art. 307 – comma 4 – c.p.. E’ accertato con certezza che l’imputato non solo non si è astenuto ma non ha neppure fatto presente questa sua situazione di conflitto di interesse agli organi competenti interni alla “Casa di Soggiorno”. Peraltro, la delibera del Consiglio di Amministrazione della Casa di Soggiorno di autorizzazione dell’acquisto di una caldaia a vapore n. 12 del 18.01.2002, relativa alla procedura di importo più consistente contestata sub 1) in imputazione è stata poi annullata, in sede di autotutela, con delibera n. 48 del 08.03.2002 proprio sulla scorta dell’incompatibilità dell’economo (...) a svolgere le funzioni di responsabile del procedimento in quanto parente con uno dei soci di una delle ditte che hanno preso parte al sondaggio informale”.

Il Tribunale di Rovereto ha distinto le procedure in cui i contratti furono conclusi mediante deliberazione del C.d.A della Casa di Soggiorno a mezzo di trattativa privata, con confronto concorrenziale, da quelle dei contratti conclusi direttamente dal F., quale economo della Casa di Soggiorno, contattando quale unico offerente la ditta “Omissis”.

Con riferimento alla prima tipologia di procedure, quel Collegio giudicante ha rilevato come, per i contratti di cui ai punti 1) e 6) dell’imputazione, “appare chiaro che l’individuazione delle ditte da invitare a formulare un’offerta, fu fatta con atto a firma del direttore. Sul piano sostanziale, però, il direttore nel corso del suo esame ha dichiarato che le lettere di invito furono materialmente predisposte dall’imputato”. Per il contratto di cui al punto 7) dell’imputazione (rinnovo impianto aria locale lavaggio), la motivazione della sentenza conferisce certezza alla “circostanza di fatto che fu il F. ad individuare le ditte, tra cui l’”Omissis”, da invitare a formulare un preventivo come emerge per tabulas, dalle lettere a sua firma dd. 18 e 31.01.2000, indirizzate la prima al solo Direttore e la seconda anche al Presidente, in cui testualmente viene riferito di aver rispettivamente inviato le lettere di richiesta d’offerta e ricevuto le risposte. Nella seconda si propone di accogliere la proposta della “Omissis”, quale offerta più vantaggiosa”.

Sempre in relazione a tale prima tipologia di procedure, durante l’esame dibattimentale del Direttore della Casa di Soggiorno è emerso che il F. aveva ricevuto in busta chiusa le offerte delle ditte e, anziché trasmetterle sigillate al protocollo, aveva provveduto prima all’apertura e solo successivamente a trasmetterle per l’adempimento degli obblighi formali. Sul punto, il Tribunale di Rovereto osserva che “questa circostanza di fatto è riscontrata con sicurezza dal fatto che tutte le offerte in questione in atti recano il timbro del protocollo non sulla busta che le conteneva bensì sulla lettera stessa” e che la illegittimità del comportamento tenuto dall’economo appare evidente anche alla luce della direttiva interna, adottata con ordine di servizio del 29.09.1997, con la quale il Direttore della Casa di Soggiorno disponeva espressamente: “tengo, inoltre, a precisare che compete al sottoscritto ricevere ed aprire le lettere, le istanze ed i carteggi in genere diretti all’Amministrazione od alla Presidenza e non riservate a persone, curarne la rubricazione e la distribuzione agli uffici competenti. La registrazione a protocollo presuppone pertanto che il documento pervenga prima al sottoscritto, cui compete l’attivazione delle fasi successive”.

Per quanto attiene alla seconda tipologia dei contratti - conclusi dal F. mediante contatto diretto con la ditta “Omissis”, risultata unica offerente nonostante fosse gestita dagli stretti congiunti - il Tribunale ha osservato che la normativa vigente (art. 65 della L.R. n. 3 del 1996), nel disciplinare le spese in economia, consente la conclusione diretta dei contratti per importi di valore non superiore a 20.000.000 di lire. Il Giudice penale ha, però, precisato che il regolamento dell’IPAB prevede il limite di 3.500.000 di lire “per l’acquisto di materiale ed attrezzatura, nonché le opere di piccola entità relativamente alla manutenzione ordinaria degli stabili, dei fondi rustici, dei mobili, degli arredi e delle attrezzature”.Daòscenciedaleapsel.

Il Tribunale di Rovereto, sul fondamento delle prove escusse, ha ritenuto la sussistenza dell’elemento materiale del reato contestato in considerazione tanto della

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violazione dell’obbligo di astensione quanto dell’ingiusto vantaggio patrimoniale conseguito dalla ditta “Omissis”.

Circa la sussistenza dell’elemento psicologico del reato è, invece, pervenuto a diversa conclusione, ritenendo che l’istruttoria dibattimentale non abbia fornito prove dotate di certezza, oltre ogni ragionevole dubbio: infatti, in relazione al contesto nel quale sono state consumate le condotte viziate da illegittimità, il Giudice penale ha valutato alcune circostanze a discarico e ha osservato che:“a) per il periodo dal 2000 al 2002 gli importi liquidati in favore della “Omissis” sono appena di euro 21.552,08 su un totale di euro 9.227.162,00 di spese economali correnti; b) detti importi incidono per una quota irrisoria sui bilanci “Omissis”; c) importi del tutto simili ed anzi superiori sono stati liquidati nello stesso periodo in favore di imprese concorrenti; d) l’ufficio economato della OMISSIS, di cui l’imputato era a capo, soffre da tempo della vacanza dei due impiegati di concetto previsti in pianta organica, tanto che l’imputato ha dovuto sostenere in media 346 ore all’anno di lavoro straordinario ed ha maturato, al 31.05.2004, 145 giorni di ferie non godute”. Per tali motivi il Tribunale ha ritenuto che la condotta gravemente illegittima del F. non sia stata finalizzata al conseguimento di ingiusti vantaggi patrimoniali, in favore dei propri congiunti, bensì sia qualificata e caratterizzata da “una semplice, quanto imperdonabile, sottovalutazione dei propri doveri”; pertanto, non essendo stata raggiunta la prova dell’elemento psicologico del reato, ha assolto il Sig. F. dall’imputazione ascritta.

Espletata l’istruzione documentale, la Procura Regionale, con invito a dedurre del 3.01.2006, ha contestato al sunnominato Sig. F. - nella qualità di economo dell’IPAB - l’ipotesi del danno erariale nella misura sia dell’aspettativa perduta per i minori costi economici realizzabili nell’ipotetica evidenza pubblica esente da vizi sia del disservizio da perdita d’efficienza dell’agire amministrativo. Entrambe le componenti di danno sono state quantificate con criteri equitativi.

Le controdeduzioni fatte pervenire dal sig. F. l’11.3.2006 non sono state condivise dalla Procura Regionale per le seguenti considerazioni:

A) le prove documentali acquisite nell’espletamento dell’istruttoria (e, in particolare, la disamina della fattispecie così come accertata nella sentenza del Tribunale di Rovereto n. 237/04 in data 8/10/2004), evidenzierebbero la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa addebitabile al Sig. F. Giorgio. Costui, infatti, quale funzionario economo dell’IPAB OMISSIS” e di responsabile del procedimento, nell’espletamento dei procedimenti contrattuali per l’appalto di lavori e per l’acquisto di attrezzature, ha consumato condotte connotate da sistematiche illegittimità, in palese e diretto contrasto con i doveri d’ufficio:

a) in primo luogo, per la violazione dell’obbligo di astensione dalla partecipazione a procedimenti negoziali contraddistinti dalla compresenza degli interessi economici dei prossimi congiunti e per non aver informato della situazione personale di conflitto di interesse i competenti organi interni della Casa di Soggiorno;

b) in secondo luogo, per violazione delle norme che disciplinano la stipulazione dei contratti ad evidenza pubblica e la scelta del contraente nonché della direttiva interna, data con ordine di servizio del 29.09.1997, con la quale il Direttore della Casa di Soggiorno sottolineava la propria competenza a ricevere ed aprire le lettere, le istanze e la corrispondenza diretta all’Amministrazione od alla Presidenza;

c) infine, per l’omesso confronto concorrenziale tra più proposte, nelle trattativa private, e per l’omesso rispetto del regolamento dell’IPAB, nella parte in cui prevede il limite di 3.500.000 di lire “per l’acquisto di materiale ed attrezzatura, nonché le opere di piccola entità relativamente alla manutenzione ordinaria degli stabili, dei fondi rustici, dei mobili, degli arredi e delle attrezzature”;

B) circa le patologie nelle condotte della gestione economale il P.R. ritiene - in conformità al contenuto delle risultanze probatorie ed alla ricostruzione dei fatti di gestione come operata dal Tribunale di Rovereto - che i procedimenti negoziali possono suddistinguersi in due tipologie: 1) nella prima (acquisto ed installazione di un generatore di vapore a bassa pressione, appalto dei lavori di potenziamento dell’aspirazione del locale bar, appalto dei lavori di variante dell’impianto aria di rinnovo per la zona lavaggio piano terra), i contratti sono stati conclusi mediante deliberazione del C.d.A della “Casa di Soggiorno” preceduta da trattativa privata per confronto concorrenziale, ma con modalità viziate dalla partecipazione sostanziale del Sig. F., il

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quale ha dapprima predisposto materialmente le lettere d’invito ad offrire (annoverando tra le ditte la “Omissis””) ed ha poi aperto le buste contenenti le proposte di contratto, contravvenendo all’ordine di servizio del Direttore dell’IPAB adottato in data 29/9/97; 2) nella seconda tipologia (acquisto di corrimano per il 2° e 3° piano appartamentini, acquisto della griglia centrale e valvola di ventilazione, acquisto di corrimano per il 3° piano appartamentini), i contratti d’acquisto sono stati stipulati direttamente dal F., nella qualità di economo della Casa di Soggiorno, mediante contatto negoziale diretto con la ditta “Omissis”, risultata unica offerente.

Aggiunge il Requirente - come già osservato dal Tribunale di Rovereto, per la seconda tipologia negoziale, definita mediante contatto diretto con la unica offerente ditta “Omissis”, gestita dagli stretti congiunti del F. - che la normativa vigente in materia (art. 65 della L.R. n. 3 del 1996), nel disciplinare le spese in economia, consente la conclusione diretta dei contratti per importi non superiori ai 20.000.000 di lire, ma rinvia alle previsioni del regolamento dell’IPAB, il quale nella specie prevedeva il limite di 3.500.000 di lire “per l’acquisto di materiale ed attrezzature, nonché le opere di piccola entità relativamente alla manutenzione ordinaria degli stabili, dei fondi rustici, dei mobili, degli arredi e delle attrezzature”. Dalla normativa in questione discende, dunque, la illegittimità per valore dei contratti di fornitura dei ”corrimano”, entrambi stipulati per importi superiori a quelli previsti dal regolamento (rispettivamente lire 8.532.000 e lire 4.219.200, eccedenti il limite di lire 3.500.000 contemplato dal regolamento economale). In ogni caso, su tutti i contratti della seconda tipologia insiste la grave e macroscopica illegittimità della condotta dell’economo il quale ha violato l’obbligo di astensione discendente dal compimento di atti e dalla partecipazione a procedimenti contrattuali che coinvolgevano gli interessi patrimoniali dei prossimi congiunti/soci della “Omissis”, la quale ha assunto su di sé - nella specie - la qualità di controparte negoziale dell’IPAB di Rovereto.

Sul fondamento della prova documentale acquisita, la Procura Regionale ravvisa la sussistenza di elementi di fatto idonei a rappresentare la lesione patrimoniale subita dalla P.A. sotto duplice profilo: perdita della migliore aspettativa economica in procedimenti ad evidenza pubblica esenti da conflitti d’interesse nonché perdita d’avviamento per il disservizio eziologicamente connesso a condotte di gestione difformi dai parametri di legalità finanziaria e d’imparzialità amministrativa.

Sotto il primo profilo, la <perdita di chance> (quantificabile con criteri equitativi) deve collocarsi in relazione di dipendenza patrimoniale con il valore economico complessivo della spesa contrattuale viziata da illiceità. Deve, pertanto, considerarsi che la delibera n. 12 del 18.01.2002 - con la quale il Consiglio di Amministrazione della Casa di Soggiorno ha autorizzato l’acquisto di una caldaia a vapore per il corrispettivo di euro 22.429,00 - è stata annullata in sede di autotutela sul fondamento dell’incompatibilità dell’economo a svolgere le funzioni di responsabile del procedimento, in quanto legato da rapporti di parentela con uno dei soci delle ditte interpellate con sondaggio informale. Dal valore complessivo dei contratti stipulati dalla “OMISSIS” con la “Omissis”, pari ad euro 43.981.00, deve pertanto detrarsi l’importo di euro 22.429,00, relativo all’acquisto della caldaia a vapore, che non è stato perfezionato per effetto dell’annullamento tutorio. Sulla somma residua di euro 21.552,00, equivalente alla spesa contrattuale viziata da plurime illegittimità sostanziali, al fine della quantificazione del danno da <perdita di chance>, deve procedersi alla stima dei potenziali minori costi per ipotesi realizzabili mediante un effettivo e reale confronto concorrenziale tra offerte non contaminato da conflitti d’interesse patrimoniale. Secondo criteri equitativi, in prevalenza desumibili da massime d’esperienza, il danno <da perdita di chance> è provvisoriamente da quantificare nella misura del 20% da computare sul valore complessivo delle somme liquidate in favore della “Omissis” a corrispettivo delle forniture illecitamente commissionate; tale percentuale esprime l’importo di euro 4.310,40, al quale - per stima equitativa - corrisponde il prevedibile ribasso concorrenziale di gara economicamente perduto per il favore contrattuale concesso alla ditta “Omissis”.

Precisa, sul punto, il Procuratore che il criterio equitativo per la quantificazione della aspettativa contrattuale perduta è stato proposto e recepito dalla giurisprudenza della Corte dei conti nelle ipotesi di infruttuosità, inutilità od impossibilità del tentativo di stima - mediante listini ufficiali e/o raffronti con forniture omogenee - del valore storico di mercato dei beni acquistati a seguito delle gare viziate da oggettiva illiceità amministrativa e/o penale

Infatti, < Ove venga nella specie a configurarsi un’ipotesi giuridicamente qualificabile come danno da perdita di chance, con riguardo al quale risulta, come è noto, imprescindibile il ricorso a criteri equitativi di liquidazione> la giurisprudenza finanziaria ha ritenuto che <il venir meno (a seguito della comprovata turbativa del regolare svolgimento delle procedure negoziali) della possibilità di conseguire da parte dell’Amministrazione – secondo l’id quod plerumque accidit - offerte più vantaggiose trovi una ragionevole quantificazione nella percentuale (nella specie 5%), in effetti, alquanto contenuta laddove si consideri che si discute di materiali (tavoli, sedie, poltroncine, attrezzature da bar, ecc.) il cui mercato è notoriamente caratterizzato da un alto livello concorrenziale >; ciò perché <nel giudizio dinanzi alla Corte dei Conti non viene in rilievo la legittimità formale delle procedure e/o la regolarità delle prassi amministrative adottate, bensì “la liceità del comportamento dei soggetti coinvolti (così, Sez. I^ n.77/95; ex multis v. anche Sez. I^ n. 182/91 e n. 383/04) e la conseguente “concreta produzione di un danno ingiusto cui l’ordinamento positivo collega una obbligazione di risarcimento” (SS.RR. n. 22/A del 1996; Sez. Giur. Trentino-Alto Adige, Bolzano, 22.11.2005 n. 80). Peraltro, il criterio della stima equitativa a percentuale con oscillazioni tra il 10% ed il 20% è adottato dalla giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi Regionali e dal Consiglio di Stato ai fini della quantificazione del danno da responsabilità per contatto amministrativo qualificato nei procedimenti di gara, laddove risultino pregiudicate aspettative contrattuali giuridicamente rilevanti secondo valutazioni di tipo probabilistico, salvo il risarcimento integrale per i costi e le spese sostenute nella partecipazione alla gara invalida (v. Cons. St., sez. IV, 6 luglio 2004, n. 5012; 19 luglio 2004 n. 5196 e 27 ottobre 2003, n.6666; idem, sez. V, 27 settembre 2004, n.6302 e 7 aprile 2004 n.1980).

Alla componente del danno da lucro cessante il Requirente aggiunge il danno da disservizio cagionato all’apparato amministrativo. Segnala in proposito che, nei recenti orientamenti della giurisprudenza contabile, il danno da disservizio è utilizzato per misurare valori di difficile espressione economica; la forte vitalità della categoria di detto danno possiede capacità di espansione idonea a recepire ogni tipologia d’illecito, di natura sia dolosa che colposa, purché sia presente il pregiudizio da minore produttività dei fattori e delle risorse umane, economiche e finanziarie concretamente inserite nell’avviamento dell’apparato pubblico (cita Corte dei conti: Sez. Giur. Umbria, 31 luglio 2000, n. 424 e 23 ottobre 2001, n. 511/R; Sez. Giur. Veneto, 29 novembre 2000, n. 238 e questa stessa Sezione che lo ha ravvisato “nel mancato conseguimento dell’obiettivo di legalità, di efficienza, di efficacia, di economicità e di produttività dell’azione di una pubblica amministrazione causato da soggetti rientranti nell’ambito della sua complessiva organizzazione i quali, con la propria condotta, omissiva o commissiva, connotata da dolo o colpa grave, abbiano inciso sulla diminuzione di rendimento del servizio prestato” (sentenza 19/9/2005, n.79).

Secondo la Procura stima del danno da disservizio è, nella specie, provvisoriamente quantificabile con criteri equitativi in euro 5.000,00 (cinqquemila) in considerazione del minore rendimento e/o dell’aggravamento procedimentale, entrambi, desumibili dall’annullamento tutorio della deliberazione n. 12 del 18.01.2002 e dai contenuti della denunzia prot. n. 915 del 26/2/2002 del direttore dell’IPAB “Casa di Soggiorno per Anziani” di Rovereto preceduta da analitici accertamenti documentali sugli acquisti negoziali viziati dal conflitto d’interesse.

Il convenuto si è costituito in giudizio il 5 ottobre 2006, col patrocinio dell’avv. Mario MACCAFERRI, e nella relativa memoria difensiva – premesso di essere stato assolto in sede penale – ha rappresentato in rito che, trattandosi di violazioni risalenti al 2000, il diritto al risarcimento sarebbe da ritenere prescritto (art.1, comma 2, della legge n. 19.1.1994 n. 20). Nel merito, riprendendo ed integrando il contenuto della memoria pervenuta l’11 marzo 2006, in risposta all’invito a dedurre, la difesa ha respinto la sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa ed osservato quanto segue:

a) la parziale e travisata rappresentazione degli antecedenti di fatto, da parte della Procura Regionale, essendo ben conosciuta da tempo, specie dal Direttore T., la parentela tra il F. e gli amministratori della ditta “Omissis” (peraltro, contraente “di fiducia” dell’Ente) e non risultando provvedimenti del direttore medesimo, almeno fino al 2002, riguardanti i criteri di ricezione della posta indirizzata all’Ufficio economato diretto dal F.;

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b) l’o.d.s. dato dal Direttore il 29.09.1997, circa la competenza a ricevere e ad aprire corrispondenza diretta all’Amministrazione o alla Presidenza, fa riferimento ad effetti pervenuti in busta chiusa e non a quelli presentati direttamente in busta aperta o senza custodia (es. fax). D’altra parte il T. non si è attivato immediatamente, come avrebbe dovuto, né ha assunto alcun provvedimento fino al 2002;

c) la scelta del contraente, pur in presenza di gravi carenze organizzative dell’Ufficio, è sempre avvenuta in base a criteri di economicità;

d) il Rag. T. - considerata la sua competenza di organizzare la complessiva attività contrattuale dell’Ente (art. 9 del “Regolamento sull’attività contrattuale” IPAB, come modificato con delibera del C.d.A. n. 173 del 10.5.2000) - ha concorso alla causazione dell’evento (e, quindi, l’addebito andrebbe ripartito anche nei suoi confronti, in base alla giurisprudenza della Corte) essendo venuto meno ai propri obblighi di ufficio ex art. 43 L.R. n. 3/1996 per omessa vigilanza e per omessa comunicazione agli altri organi dell’Ente della situazione di incompatibilità del F.;

e) dal quadro normativo di riferimento in materia di contratti conclusi dalle IPAB (L.R. 1.8.1996 n. 3, artt. 43-66) si desume, comunque, che per i contratti di minore importo è ammesso il sistema della trattativa privata (art. 52, L.R.) e che gli usuali metodi di scelta dei contraenti (tra cui la licitazione privata e la trattativa privata) non si applicano ai contratti in economia disciplinati dall’art. 65;

f) le modifiche introdotte al Regolamento con la delibera n. 173/2000 (in particolare, per gli articoli 9 - 18 e 25) non sembrano contrastare con l’operato del F.;

g) la disamina dei singoli contratti (il cui valore complessivo nel triennio 2000/2002 ammonta ad euro 48.467,26 ed ha inciso nella percentuale di 0,23% sulle complessive spese dello stesso periodo pari ad euro 9.227.162,59) dimostrerebbe la regolarità degli affidamenti - intervenuti in base a criteri di economicità - anche perché il Direttore dell’Ente non ha mai sollevato obiezioni in relazione alle modalità di scelta del contraente adottate nei casi considerati. In particolare, per le forniture in economia entro la soglia dei 20 milioni di lire (soggette all’affidamento diretto), fu effettuato l’esame comparativo preventivo dei costi individuando nella “Omissis” la ditta più economica; per quelle di importo inferiore ai 50 milioni di lire la trattativa fu preceduta dal confronto concorrenziale nel rispetto dell’art. 56 della succitata L.R. n. 3/1996;

h) in ogni caso, per ogni singola procedura, l’individuazione del contraente fu preceduta da una verifica circa la concreta economicità dell’offerta formulata dalla “Omissis” tramite il confronto con le offerte di altre ditte fornitrici degli articoli, di volta in volta, richiesti. Le procedure sono, pertanto, avvenute nel pieno rispetto della disciplina di settore nonostante questa presentasse aspetti obiettivamente equivoci, specie per il profilo del coordinamento delle fonti;

i) talune forniture inferiori ai 20 milioni di lire (servomotori per serrande, griglia centrale Brio, valvole di ventilazione) sono state richieste direttamente alla “Omissis” dal responsabile del servizio di manutenzione (sig. R. M.), senza alcun coinvolgimento del F.;

l) la circostanza che gli amministratori della “Omissis” siano moglie e cognato del F. non determina, comunque, la illegittimità dei contratti;

m) non essendosi verificato alcun pregiudizio risarcibile per l’Ente, mancherebbero i requisiti di concretezza ed attualità idonei a configurare il danno erariale, peraltro, ammesso dalla giurisprudenza della Corte dei conti - tanto più che non vi è prova effettiva di esso e che i prezzi praticati dalla “Omissis” sono, comunque, economici in rapporto a quelli concorrenziali. A comprova depone la delibera n. 48/2002 con la quale il Consiglio della Casa ha annullato in sede di autotutela la precedente delibera di acquisto della caldaia a vapore e, contestualmente, indetto un nuovo confronto concorrenziale cui fu invitata la stessa “Omissis”, contraente “di fiducia” dell’ Ente;

n) neppure si può ipotizzare il danno da perdita di chance e la sua quantificazione, per giunta con criteri equitativi, nella misura del 20% del valore complessivo delle somme liquidate alla “Omissis”, mancandone i presupposti in base a quanto innanzi precisato ed alla copiosa giurisprudenza in materia della Cassazione, Consiglio di Stato e TAR. Nella specie, il P.R. ha fatto ricorso ad una formula di stile inapplicabile per vari motivi (tra cui il parametro del 10% previsto in tema di recesso unilaterale della P.A. dal contratto di appalto), dovendosi la valutazione del pregiudizio essere svolta in concreto;

o) è, altresì, infondata la pretesa risarcitoria del danno da disservizio (la cui effettiva

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ricorrenza non viene dimostrata) non ravvisandosi, come lascerebbe intendere la Procura, danno in re ipsa in base alle numerose affermazioni giurisprudenziali della Corte dei Conti su questa particolare figura e tenuto conto che, comunque, sono state garantite alla ”casa” le prestazioni di cui aveva bisogno, che le forniture non sono mai state contestate da parte dell’ Ente, che le eventuali irregolarità procedimentali non sono sufficienti a comprovare la causazione di un preteso ma non dimostrato danno erariale;

p) dall’atto introduttivo del giudizio resta, infine, non dimostrata - sempre con riferimento alla giurisprudenza di questa Corte e con concreto accertamento ex ante – la presenza dell’elemento soggettivo della colpa grave, e tanto meno del dolo, che neppure il giudice penale ha ravvisato. Anzi, il comportamento dell’economo F. è sempre stato improntato da particolare impegno per sopperire a carenze di organico ed a difficoltà gestionali.

La difesa ha concluso con la richiesta di assoluzione del convenuto - anche mediante prova su numerosi capitoli - ovvero, in via subordinata, con applicazione del potere riduttivo.

La Procura Regionale, nell’atto di citazione, aveva replicato ad alcune controdeduzioni svolte dal rag. F. circa l’invito a dedurre e - oltre a quanto innanzi riportato sub A) e B) - ha osservato che:

1) l’interpretazione proposta della normativa vigente in materia di acquisti delle IPAB non solo è confliggente con alcune espressioni letterali delle norme assoggettate ad operazione d’ermeneutica giuridica ma è, comunque ed in ogni caso, inidonea ad eliminare i palesi vizi delle procedure contrattuali, discendenti dal conflitto di interessi personali e dalla partecipazione sostanziale ad adempimenti procedimentali in diretta elusione dell’obbligo di astensione;

2) circa la presunta economicità degli acquisti dei corrimano, detta prospettazione è fondata sulla comparazione dei dati economici riferiti a forniture eseguite in tempi diversi, e non già sulla comparazione concorrenziale di elementi economici contestualmente acquisiti in relazione alla stessa procedura contrattuale. Pertanto, la conclusione sulla economicità delle forniture non è attendibile a causa della disomogeneità degli elementi prescelti a comparazione;

3) l’affidabilità della ditta “Omissis”, rispetto all’esatto adempimento delle forniture commissionate, assume rilevanza neutrale sui vizi sostanziali degli acquisti;

4) la deduzione della carenza, nelle condotte antidoverose, dei connotati della intensa negligenza è palesemente contraddetta dalla reiterata violazione dell’obbligo di astensione;

5) sui modi e sulle forme dell’indebita partecipazione agli adempimenti procedimentali, la sentenza penale produce valore di giudicato a copertura della storicità oggettiva dei fatti considerati in senso fenomenico per ciascuna fornitura, a nessuna delle quali il rag. F. può ritenersi estraneo;

6) quanto alla decorrenza della prescrizione, la violazione dell’obbligo di astensione e la situazione d’incompatibilità soggettiva del rag. F. con gli interessi economici della ditta “Omissis” risultano nella piena conoscenza dell’IPAB solo con decorrenza 8 marzo 2002, nella quale il Consiglio di amministrazione dell’Ente ha proceduto all’annullamento in autotutela della deliberazione n. 12 del 18/1/2002. Almeno fino a quella data, pertanto, la situazione d’incompatibilità era stata sottaciuta dal rag. F. e, quindi, solo in tempo successivo la fattispecie di danno è divenuta integralmente conoscibile in quanto costituente oggetto di accertamenti procedimentali.

Alla odierna pubblica udienza l’ avv. MACCAFERRI si sofferma sugli aspetti più rilevanti della questione e richiama la sentenza di assoluzione n. 237/04, pronunciata dal Tribunale di Rovereto in data 8/10/2004, nei confronti del rag. G.F., per evidenziare che il Giudice penale, nonostante il legittimo sospetto che la “Omissis” possa esser stata favorita nel formulare le offerte, ha tuttavia chiarito come tale sospetto non sia supportato da alcun elemento probatorio. Nell’esaminare il profilo soggettivo, il Tribunale ha ritenuto che il F. - pur non avendo rispettato l’obbligo di astensione, sottovalutando i propri doveri - non ha, tuttavia, arrecato ai propri stretti congiunti un ingiusto vantaggio patrimoniale; piuttosto, avrebbe agito per non far mancare all’Ente prestazioni di cui aveva urgente bisogno nel perseguimento del pubblico interesse. Pertanto, dalla sentenza di assoluzione non emerge alcun profilo di colpa grave né tanto meno di dolo, in

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capo al F. come prescrive l’art. 1 della legge n. 20/1994 - secondo cui “la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave (...)” - e chiarisce la sentenza della Corte Costituzionale 20/11/1998 n. 371, evidenziando come la stessa disposizione sia preordinata ad evitare che il timore della responsabilità non provochi rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell’attività amministrativa. Il difensore rigetta, inoltre, la pretesa risarcitoria del danno da “disservizio” perché la scelta del contraente è avvenuta in base a criteri di economicità garantendo l’effettiva competitività del prezzo pagato per le forniture in questione, rispetto a quelli ordinariamente praticati dal mercato (cita giurisprudenza della Corte dei conti: Sez. Giur. Umbria 31.7.2000, n. 424; Sez. Giur. Veneto 29.11.2000, n. 238 e Sez. Giur. Toscana 8.10.2002, n. 741). Contesta, inoltre, il preteso danno da “perdita di chance” - inteso come perdita della migliore aspettativa economica in procedimenti ad evidenza pubblica esenti da conflitti d’ interessi - quantificato con criteri equitativi nella misura del 20%. Sottolinea che l’attività contrattuale fu preceduta da preventiva verifica in ordine alla concreta economicità dell’offerta formulata dalla ditta “Omissis” tramite il confronto con le offerte di altre ditte fornitrici degli articoli richiesti effettuato per le forniture in economia, per le quali è ammesso l’affidamento diretto entro la soglia dei 20 milioni di lire, mentre per le forniture di importo inferiore ai 50 milioni di lire fu correttamente e legittimamente esperito un vero e proprio confronto concorrenziale a trattativa privata, come previsto dall’ art. 56 della L.R. n. 3/1996 e dall’art. 43 del Regolamento. Infine, eccepisce la prescrizione del diritto al risarcimento del danno perché i fatti risalgono all’anno 2000; al riguardo, cita la sentenza della 3^ Sez. centrale di appello di questa Corte 14.2.2005, n. 76/A. Conclude con la richiesta di assoluzione e, in subordine, invoca l’applicazione del potere riduttivo.

Il Procuratore Regionale dott. PILATO, focalizza i punti in fatto della vicenda e sottolinea che, nella fattispecie della denunzia, emergono in maniera chiara le illegittimità riscontrate sia per quanto riguarda i fatti sia per la gestione economale. Menziona la sentenza della Corte dei conti Sez. Giur. Lombardia n. 447 del 14.7.2006 (che, contestualmente, deposita) circa l’esistenza di una grave illegittimità nella condotta dell’economo, per aver violato l’obbligo di astensione dalla partecipazione a procedimenti contrattuali riguardanti interessi patrimoniali di prossimi congiunti-soci, con conseguente danno da “perdita di chance” e da disservizio. Quanto alle motivazioni di diritto, il P.M. rileva che la violazione dell’obbligo di astensione e la situazione di incompatibilità soggettiva del rag. F., risultano a piena conoscenza dell’ Ente solo con decorrenza 8 marzo 2002 da quando, cioè, il C. d. A. della “Casa” procedette all’annullamento in autotutela della deliberazione n. 12 del 18.1.2002. Conclude confermando integralmente la propria domanda.

DIRITTO

1 - Preliminarmente, in rito, è da respingere la sollevata eccezione difensiva di prescrizione dell’azione di responsabilità ex art.1, comma 2, della legge 19 gennaio 1994 n. 20 (poiché, ad avviso della difesa, si tratterebbe di violazioni risalenti al 2000 ed essendo stato il convenuto assolto in sede penale) in quanto, come controdedotto dal Procuratore Regionale, nella specie, la violazione dell’obbligo di astensione e la situazione d’incompatibilità soggettiva del rag. G.F. con gli interessi economici della ditta “Omissis” risultano nella “piena conoscenza” della “Casa di soggiorno per anziani” di Rovereto solo dal giorno 08 marzo 2002; in quella data, infatti, con la delibera n. 48 il Consiglio di amministrazione del predetto Ente provvide ad annullare “in via di autotutela” la propria precedente deliberazione n. 12 del 18/1/2002 sicché - anche per mancanza di prova contraria - è da ritenere che, da allora, l’incompatibilità sia divenuta di dominio pubblico. Il richiamo del legale difensore alla giurisprudenza di questa Corte dei Conti (3^ Sez. centrale di appello, sent. 14.2.2005, n. 76/A) non è, perciò, pertinente atteso che, come noto, il danno erariale é perseguibile innanzi al giudice contabile quando rivesta le caratteristiche della certezza e della attualità (Sez. Giur. Basilicata, sent. 29/02/2000, n. 36) atteso che soltanto in quel momento vengono ad obiettiva conoscibilità e resi di pubblico dominio, acquistando una effettiva capacità lesiva (Sez. Giur. Veneto, sent.

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07.1.2003, n. 16), sia il fatto dannoso per la P.A. sia il carattere antigiuridico della condotta dell’agente causativi del danno stesso (Sez. Giur. Lombardia, sent. 12.1.1996, n. 133) sia “i risultati della gestione” delle risorse da assoggettare ad idonea valutazione (Sez. Giur. Umbria, sent. 31.01.2002 n. 39).

1.1.- Altra puntualizzazione va fatta sui rapporti tra la sentenza penale di assoluzione del F. (nella specie n. 237/04, pronunciata dal Tribunale di Rovereto in data 8/10/2004) ed il presente giudizio contabile.

In proposito, è noto che la più recente giurisprudenza della Corte dei Conti è orientata nel ritenere applicabile l’art. 652 c.p.p. (così come modificato dall’art. 9 della legge 25 marzo 2001, n. 97) al giudizio di responsabilità sicché la valutazione del magistrato contabile va condotta, caso per caso, avuto riguardo all’effettivo accertamento contenuto nella sentenza di assoluzione.

Nella specie, é ben vero che il Giudice penale, pur avendo rilevato la sussistenza di un “legittimo sospetto che la “Omissis” possa esser stata favorita nel formulare le offerte” (pag. 9), ha, tuttavia, chiarito come tale sospetto non sia “supportato da alcun elemento probatorio che lo possa far ritenere accertato, oltre ogni ragionevole dubbio” (pag. 9) ed è stato dell’avviso che il F. - nonostante il mancato rispetto dell’obbligo di astensione, sottovalutando i propri doveri - non abbia avuto l’intenzione di “arrecare ai propri stretti congiunti un ingiusto vantaggio patrimoniale” (pag. 12) ma, piuttosto, ha agito per “non far mancare all’Ente prestazioni di cui poteva avere urgente bisogno, dal punto di vista del perseguimento del pubblico interesse” (pag. 12). Osserva, tuttavia, questo Collegio che la circostanza invocata dalla difesa - secondo cui dalla sentenza penale di assoluzione non emerge alcun profilo di colpa grave né tanto meno di dolo, in capo al predetto economo (art. 1 della legge n. 20/1994; sentenza della Corte Costituzionale 20/11/1998, n. 371) - non esclude il vulnus inferto alla “Casa di soggiorno” sotto il profilo dell’illecito contabile quanto ai modi ed alle forme dell’indebita partecipazione del rag. F. agli adempimenti procedimentali di cui è causa; di conseguenza, per questo aspetto, la sentenza stessa riveste valore di giudicato a copertura della storicità oggettiva dei fatti considerati, in senso fenomenico, per ciascuna fornitura a nessuna delle quali il rag. F. può ritenersi estraneo.

Di detto giudicato - pur nei su affermati limiti – occorre, quindi, tenere debito conto, per quanto utile e rilevante, ai fini del presente giudizio.

2 - Nel merito, l’impostazione accusatoria si basa su due motivi fondamentali, entrambi, riconducibili al comportamento dell’economo da un lato, la “perdita di chance” subìta dalla “Casa di soggiorno” a seguito della preferenza accordata alla ditta “Omissis”; dall’altro, il disservizio causato all’Ente stesso per rimediare, almeno in parte, al comportamento antigiuridico del F..

2.1 – Circa la perdita di chance, si tratta di una figura di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale che considera il venir meno della “possibilità di conseguire da parte dell’Amministrazione, secondo l’id quod plerumque accidit, offerte più vantaggiose” (ad es., a seguito della comprovata turbativa del regolare svolgimento delle procedure negoziali) dando luogo alla conseguente “concreta produzione di un danno ingiusto cui l’ordinamento positivo collega una obbligazione di risarcimento” (cfr. Corte dei conti, SS.RR. 18.4.1996, n. 22/A; Sez. Giur. Trentino-Alto Adige, Bolzano, 22.11.2005, n. 80), in un mercato notoriamente caratterizzato da alto livello concorrenziale. Essa consiste, pertanto, nella perdita della possibilità sia di ottenere un risultato utile (positivo) economico più favorevole (ossia un’entrata, come probabilità effettiva e congrua) sia di conseguire un minore esborso mediante la riduzione dei prezzi negoziati (Corte dei Conti, Sez. Giur. Sicilia, 22.07.2003, n. 1282). In entrambi i casi si verifica una lesione del diritto all'integrità del patrimonio da accertare sulla base di elementi frutto di giudizio di tipo prognostico, secondo il calcolo delle probabilità (Sez. Giur. Lazio 13.12.2005, n. 2921; 17.11.2003, n. 2338; Sez. Giur. Veneto 27.7.2004, n. 957; Sez. Giur. Lombardia 13.3.1998, n. 436).

La Cassazione ravvisa la perdita di "chance" sia nel venir meno di una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene - sicché non è assimilabile ad una mera aspettativa di fatto assumendo i caratteri di un' entità patrimoniale a sé, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (Cass. Civ., Sez. 3^, 28.01.2005, n. 1752 e 11.12.2003, n. 18945; Sez. 2^,

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18.03.2003, n. 3999) - sia, per altra fattispecie, nella privazione della possibilità di sviluppi o progressioni (ad es., nell'attività lavorativa) tale da costituire un danno patrimoniale risarcibile qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare). Pregiudizio consistente non in un lucro cessante bensì nel danno emergente da perdita di una possibilità attuale qualora si accerti, anche utilizzando elementi presuntivi, la ragionevole probabilità della esistenza di detta chance intesa come attitudine attuale (Sez. 3^, 21.07.2003, n. 11322). Deve, però, trattarsi di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la consecuzione, secondo la disciplina applicabile ed un criterio di normalità, di un esito favorevole sulla base della normativa applicabile e del procedimento di scelta del contraente autodeterminato dalla P.A. (Cass. Sez. 3^, 29.03.2006, n. 7228).

2.1.1 - Da quanto innanzi esposto si desume, tuttavia, la necessità di specifico onere di prova a carico di chi sostiene esservi stata la perdita di chance: sul punto la Cassazione è inequivoca quando precisa che costituendo la perdita stessa un'ipotesi di danno patrimoniale futuro é, come tale, risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri - anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e regolarmente allegate - la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità di verificazione della “perdita” (Sez. L., 6.6.2006, n. 13241; Sez. 3^, 25.09.1998, n. 9598). Analogo contenuto hanno, in materia, ulteriori pronunce della Suprema Corte secondo cui il danno per la perdita delle asserite "occasioni" che il mercato avrebbe offerto, e non sono state sfruttate (Sez. 2^, 18.03.2003, n. 3999), va ancorato a positive regole di esperienza nonché a precise circostanze di fatto obiettivamente provate, pur se mediante un calcolo di probabilità, circa il raggiungimento del risultato sperato ma impedito dalla condotta illecita della quale il pregiudizio risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta (Sez. 3^, 28.01.2005, n. 1752; 11.12.2003, n. 18945 e 23.07.2002, n. 10739). Circostanze tanto più basilari nel giudizio dinanzi alla Corte dei Conti laddove, come noto, non viene in rilievo la legittimità formale delle procedure e/o la regolarità delle prassi amministrative adottate bensì “la liceità del comportamento dei soggetti coinvolti” (cfr. Corte dei Conti, 1^ Sez. centrale di appello, 24.11.2004 n. 383; Sez. Giur. I^, 15.6.1995, n. 77 e 28.5.1991, n. 182).

In ragione di quanto precede il Collegio è dell’avviso che il nocumento deve essere verificato mediante idonei mezzi di prova (accertamenti tecnici, comparazione con i listini forniti da pubblicazioni ufficiali, confronto con i prezzi dello stesso genere posti in essere in ambiti geografici simili o in periodi prossimi a quelli esaminati, ecc.) e non può essere quantificato col semplice richiamo a fatti notori (Corte dei Conti, Sez. Giur. Lazio 5.9.2002, n. 2464; Sez. Giur. Toscana, 10.03.2000, n. 476; Sez. Giur. Lombardia, 12.05.2003, n. 555). Il sospetto - come qualunque altra ipotesi di responsabilità - non è, pertanto, ex se sufficiente dovendo essere suffragato con elementi probatori tali da avvalorarlo (Sez. Giur. Lazio, 09.09.2002, n. 2465) e, pertanto, trovare riscontro in concreto (ad es., nell' accertamento di irregolarità amministrative o nelle deliberazioni di spesa o nelle procedure di aggiudicazione ovvero di determinazione dei prezzi oppure di liquidazione delle prestazioni effettuate).

Occorre dunque, che l’attore dimostri l'effettivo danno erariale - con riferimento alla non congruità dei prezzi praticati e con qualche riscontro oggettivo (Corte dei conti, Sez. Giur. Lazio, 27.02.2003, n. 469) - mediante l’allegazione di prova specifica (Sez. Giur. Sicilia, 12.05.2003, n. 1004) ovvero con idonei elementi così come la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in materia, costantemente ribadisce quando afferma che “spetta al P.G. l’onere di fornire la prova della esistenza di tutti gli elementi della responsabilità amministrativa attraverso il diretto conseguimento della certezza di un fatto ovvero attraverso indizi e principi di prova che il giudice dovrà verificare” (cfr. ex multis, tra le più recenti: Sez. Giur. Marche, sent. n. 706 del 4.11.2005; Sez. Giur. Umbria, sent. n. 313 del 23.8.2005 e n. 2 del 9.01.2004; Sez. Giur. Lazio, sent. n. 2634 dell’11.10.2004; Sez. Giur. Sardegna, sent. n. 460 del 21.9.2004; Sez. Appello Sicilia, sent. n. 249 del 3.12.2003; Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 390 del 21.12.1999; Sez. Giur. Campania, sent. n. 68 del 20.10.1999; 2^ Sez. Centrale di appello, sent. n. 177 del 23.6.1998). Detto altrimenti, il Procuratore regionale ha l'onere di provare il danno erariale contestato, con la conseguenza che, qualora sia stata eccepita l'incongruità del prezzo “la prova del danno non si intende raggiunta in mancanza di scostamento dal valore prefissato secondo indici obiettivi ovvero per palese e ingiustificato allontanamento dai prezzi e dalle condizioni di libero

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mercato” (Corte dei conti, Sez. Giur. Umbria, sent. n.147 del 5.4.2004).
E’, infatti, generalissimo ed indefettibile principio del nostro ordinamento giuridico (art. 2697 c.c.; art. 115 c.p.p.) - di risalente derivazione romanistica - che l’onere della prova spetta all’attore (incumbit ei qui dicit) sicché, tranne gli sporadici casi in cui eccezionalmente è ammessa la c.d. “inversione”, è il medesimo tenuto a fornire al giudice tutti gli elementi (legali, documentali, testimoniali, logici, fattuali, storici, dell’esperienza, ecc.) su cui fonda la propria pretesa. Tanto più questo principio assume rilevante validità nell’ambito processuale se, come nella specie, si tratta di peculiari ed innovative figure di danno (ad esempio: all’immagine, da perdita di chance, da  disservizio, ecc) che si discostano dai tradizionali parametri civilistici.
Il metodo presuntivo
(es. indizi ex art. 192, comma 2, c.p.p.) - di per sé non utilené sufficiente - può avere ingresso solo allorché sia in grado di offrire presunzioni gravi, precise e concordanti (Sez. Giur. Veneto, sent. n. 87 del 30.05.1994) sicché, in mancanza, non può ritenersi provato il pregiudizio subito dall' Amministrazione (arg. ex Sez. App. Sicilia, 22.4.2004, n. 66).

Nella specie, come esattamente assume la difesa, la Procura muove dalla non dimostrata equazione articolata sul binomio “violazione della norma - danno all’Amministrazione” presupponendo che il semplice rapporto di parentela tra il F. e gli amministratori/soci della “Omissis” abbia necessariamente comportato un danno alla “Casa di soggiorno per Anziani” di Rovereto. La prova del danno effettivo e reale, però, manca: infatti - pur a voler ipotizzare nei procedimenti di appalto di lavori e di acquisto di attrezzature, espletati dal gennaio 2000 presso l’Ente in esame, un diverso confronto concorrenziale basato sul rigoroso rispetto della normativa vigente in materia - appare arduo pervenire ex se alla conclusione che la “Casa” avrebbe, comunque, spuntato offerte più vantaggiose e, di riflesso, prezzi più bassi (e, quindi, migliori) con minore spesa rispetto a quella concretamente sostenuta, in guisa da trarne significativo e consistente risparmio nella ipotizzata misura del 20%. In proposito, il Requirente non ha dimostrato, se non in via presuntiva, astratta e generica, che il diverso e corretto modus procedendi da parte dell’economo sig. G.F. avrebbe, verosimilmente, comportato vantaggi di natura patrimoniale/economica per l’Ente stesso. Eppure è il medesimo Requirente ad affermare che “deve procedersi alla stima dei potenziali minori costi per ipotesi realizzabili mediante un effettivo e reale confronto concorrenziale tra offerte, non contaminato da conflitti d’interesse patrimoniale” (pagg. 15/16 dell’atto di citazione).

Ciò acclarato il Collegio non ha voluto, comunque, tralasciare questo profilo e si è dato carico di una analitica verifica di ciascuna fattispecie sottoposta al suo esame, pervenendo alle seguenti conclusioni:

A) quanto ai contratti conclusi mediante deliberazione del Consiglio di Amministrazione della “Casa di Soggiorno”, preceduta da trattativa privata per confronto concorrenziale, osserva che:

a) per l‘acquisto ed installazione di una caldaia a vapore a bassa pressione, al prezzo di euro 22.429,00 oltre ad iva, previo confronto concorrenziale tra quattro ditte (“Omissis”, “ Omissis ”, “Omissis”, “Omissis”), la delibera dell’Ente n. 12 del 18.01.2002 che autorizzava l’ acquisto della predetta attrezzatura dalla “Omissis” non ebbe esito in quanto fu annullata, in sede di autotutela, con la successiva delibera n. 48/2002 per acclarata incompatibilità dell’economo a svolgere le funzioni di responsabile del procedimento, in quanto legato da rapporti di parentela con uno dei soci delle ditte interpellate. Il nuovo confronto concorrenziale, questa volta, ampliato a sette ditte anche fuori del Comune di Rovereto - tra cui, nuovamente, la stessa “Omissis”, contraente “di fiducia” dell’Ente - si concluse a trattativa privata;

b) per l’appalto dei lavori di potenziamento dell’aspirazione del locale bar, al costo complessivo di lire 9.120.000 (8.0000 - sconto del 5% + iva 20%), bisogna prendere atto che - sulla base degli elaborati predisposti dall’ing. D., concernenti lavori per complessivi 8 milioni di lire, oltre iva - furono interpellate tre ditte (“Omissis” Vicentini di Ala (TN), “Omissis” di Rovereto ed “Omissis” di Rovereto) le cui offerte furono valutate dal Consiglio di Amministrazione della “Casa di Soggiorno” pervenendo all’ affidamento alla “Omissis” (delibera n. 342 del 27 ottobre 2000) il cui sconto del 5% era risultato più conveniente, rispetto al computo estimativo di progetto, sopra tutto se confrontato a quello del 2% della “Omissis” e, addirittura, all’ aumento del 5% della

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“Omissis”;
c) per l’ appalto dei lavori di variante dell’impianto aria di rinnovo per la

zona lavaggio piano terra (al costo complessivo di lire 18.308.400, iva compresa), anche in questo caso, sulla base degli elaborati predisposti dall’ing. D. nel novembre 1999, furono interpellate tre ditte (“Omissis s.r.l.” di Rovereto, “Omissis s.r.l.” di Rovereto ed “Omissis” di Rovereto) e la migliore offerta fu presentata dalla “Omissis” - tanto da giustificare il provvedimento di urgenza del Presidente della “Casa di Soggiorno” (n. 573 in data 01.02.2000, ratificato con delibera del Consiglio di Amministrazione n. 75 del successivo 18 febbraio) - atteso che, rispetto alla valutazione complessiva del progettista, il prezzo offerto dalla “Omissis” era superiore di lire 438.000 e quello della “Omissis”, addirittura, di lire 11.019.600 =.

B) Per i contratti, invece, stipulati direttamente dal F. nella qualità di economo della “Casa di Soggiorno” - mediante rapporto negoziale diretto solo con la ditta “Omissis”, unica offerente, provvedendo alla dichiarazione di conformità della merce ed alla proposta di liquidazione della spesa - riguardanti:

a) l’acquisto di 12 corrimano di varie misure, per il 2° e 3° piano appartamentini (per il valore complessivo di lire 8.532.000, iva inclusa), si osserva che fu interpellata anche la ditta “Omissis s.p.a.”di Trento il cui preventivo in data 6.11.200 indica, per ciascun articolo, prezzi scontati (esclusi, però, iva e trasporto) comunque superiori a quelli della “Omissis”: ad esempio, un corrimano Thermomat rosso Ral 3002 da cm. 465 pagato alla “Omissis” lire 678.000 (565.000+20% iva) compreso il trasporto, sarebbe stato fornito dalla “Omissis” al prezzo di lire 691.000 (688.500-15% di sconto+iva 20%) oltre alle spese di trasporto. Per quanto possa valere, dagli atti si desume che similari acquisti, fatti un decennio prima (1990) presso la ditta “Omissis” di Rovereto, evidenziano per un corrimano di cm. 465 rosso (ma non è specificato se Thermomat Ral) il costo base di lire 334.400 cui vanno aggiunti l’iva (66.800) ed il trasporto sì da superare, all’epoca, lire 400.000;

b) l’acquisto di corrimano per il 3° piano appartamentini (per una spesa complessiva di lire 4.219.200), valgono analoghe considerazioni;

c) l’acquisto di due servomotori per serrande FM 220/S (del costo complessivo di lire 1.351.200, iva compresa), mancano riferimenti precisi sulla congruità, rispetto al mercato, del prezzo unitario offerto ed ottenuto dalla “Omissis” in lire 563.000+ iva 20%. Val notare, comunque, che i servomotori furono chiesti direttamente alla “Omissis” dal sig. R. M., responsabile del servizio manutenzioni della “Casa”, “per interventi necessari alle riparazioni urgenti di impianti termoidraulici dell’Ente” (dichiarazione postuma, in atti, rilasciata dal medesimo il 09.06.2004);.

d) l’ acquisto della griglia centrale “Brio” e della valvola di ventilazione (per il complessivo corrispettivo di lire 200.160, iva compresa), anche in questo caso mancano riferimenti specifici sulla congruità, rispetto al mercato, del prezzo unitario di ciascun bene che la “Omissis” ha indicato (ed ottenuto). A parte la esiguità della fornitura val notare, comunque, che i beni stessi furono chiesti direttamente alla “Omissis” dal sig. R. M., responsabile del servizio manutenzioni della “Casa”, “per interventi necessari alle riparazioni urgenti di impianti termoidraulici dell’Ente” (dichiarazione postuma, in atti, rilasciata dal medesimo il 09.06.2004).

Dalla surriferita verifica, il Collegio ricava un quadro, nel complesso, incerto ed alquanto disomogeneo che induce non solo a caute riserve e perplessità sulle conseguibili differenze in meno dei prezzi ipotizzati dal P.R. - senza la concreta ed effettiva comparazione dei dati economici imperniata su contestuali raffronti concorrenziali - ma, altresì, a condividere la prospettazione difensiva secondo cui i prezzi praticati dalla “Omissis”, tenendo presenti alcune tabelle di confronto prodotte dalla stessa difesa, non si discostano dalla normale concorrenza del mercato e sono sostanzialmente economici.

D’altra parte giova, per completezza, considerare che - pur nei considerati limiti del rapporto tra giudizio penale e giudizio contabile (v. supra 1.1.) - la sentenza penale di assoluzione del rag. F. non si sofferma ad individuare scostamenti e/o differenze tra i prezzi di mercato e quelli corrisposti dalla “Casa di soggiorno” per le forniture e gli appalti innanzi specificati. Neppure la analitica lettera prot. 915 in data 26 febbraio 202 (trasmessa dal direttore T. alla Procura della Repubblica di Rovereto ad alla Procura Regionale presso questa Sezione) indica quanto, eventualmente, sarebbe stato

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corrisposto in più dalla menzionata “Casa”, rispetto al prevedibile dovuto, limitandosi a segnalare “attività amministrativa e procedure difformi ed in violazione” di norme regolamentari (circa appalti ed acquisti) oltre che delle disposizioni in tema di astensione; così come nulla si dice, nella comunicazione prot. n. 917 del 28 febbraio 2002, a firma del medesimo direttore, indirizzata alla Presidente della “Casa”.

Da tutto quanto precede può, conclusivamente, desumersi la carenza di prova certa, concreta ed attuale per configurare nel presente giudizio il danno da “perdita di chance” non essendo al riguardo sufficiente, giova ribadirlo, la semplice prospettazione di esso in via teorica e/o presuntiva.

Solo per queste ragioni ed entro questi limiti la Sezione non può fare utile riferimento alla motivazione della pur apprezzabile, recentissima sentenza di questa Corte (Sez. Giur. Lombardia n. 447/2006) depositata in udienza dal Procuratore. Del pari, considera superati ed ininfluenti, in questa sede, gli ulteriori argomenti giustificativi addotti dalla difesa quali: la esiguità degli importi liquidati alla Omissis rispetto al totale delle spese economali, la loro minima incidenza sui bilanci della stessa Omissis, la maggior rilevanza degli importi negli ultimi anni corrisposti ad altre ditte concorrenti, il confronto concorrenziale comunque sostanzialmente avvenuto per alcune forniture, la situazione di parziale scopertura dell’organico dell’Ente ed il maggior lavoro da parte del F. (compresi straordinari e ferie arretrate), la necessità di evitare che la “Casa di soggiorno” rimanesse priva dei beni di cui aveva bisogno, la circostanza che le lettere siano state firmate dal T., la comunque pregressa conoscenza della parentela da parte del medesimo direttore nonché del sig. R., ecc..

Rimane, infine, assorbita - poiché sostanzialmente superflua - l’indagine e la puntuale disamina del quadro normativo di riferimento in materia di contratti conclusi dall’Ente (Legge Regionale T.A.A. 01.8.1996, n. 3 e “Regolamento sull’attività contrattuale” IPAB, di cui alla delibera n. 173 del 10.5.2000) avuto riguardo alla “breve sintesi della normativa applicabile” ricostruita, in proposito, dal Giudice penale (pagg. 5, 6 e 7 della succitata sentenza n. 237).

E’, peraltro, indiscussa certezza (ed il Collegio ne è ben consapevole al pari del Tribunale penale) che tutti i surriferiti contratti risentono del vizio di partecipazione del Sig. F. il quale: a) per alcuni, dapprima, predispose materialmente le lettere d’invito ad offrire (annoverando tra le ditte la “Omissis”) e, poi, procedette all’apertura delle buste contenenti le proposte di contratto, contravvenendo all’ordine di servizio del Direttore dell’ Ente in data 29/9/97; b) per altri, invece, dopo aver individuato le ditte da invitare alla presentazione dell’offerta (tra cui la “Omissis”), prese in consegna ed aprì personalmente le buste contenenti le offerte trasmettendole in tempi diversi al protocollo e predisponendo, infine, la deliberazione di affidamento lavori, l’attestato di conformità e la proposta di liquidazione in favore della aggiudicataria “Omissis”.

In tutte le circostanze innanzi esaminate il medesimo funzionario/economo, mediante (ed oltre al) la violazione dell’obbligo di astensione di cui all’art. 15 della legge n. 6972 del 1890 nonché all’art. 54 della legge n. 165 del 2001 (per non citare le disposizioni del CCPL) - obbligo tanto più necessario se si opera nella delicata materia contrattuale nella quale, in ottemperanza alle rigorose procedure ad hoc a garanzia del miglior risultato, occorre perseguire il più efficace ed economico rapporto costi/benefici - tenne un comportamento contrario sia agli artt. 2 e 3 del “Regolamento per i lavori e gli acquisti in economia” nonché all’art. 25 del Regolamento IPAB sull’attività contrattuale (delibera n. 173 del 10.5.2000) sia ai canoni di fedeltà e diligenza, propri del pubblico dipendente (v. anche CCPL), tanto da essere sottoposto a giudizio penale per i reati di cui agli artt. 81 e 323 c.p..

Di conseguenza, è da stigmatizzare il vulnus palesemente inferto dal F. all’Ente a causa di questo suo modus procedendi, quanto meno, discutibile (per usare un eufemismo): dal predetto funzionario/economo, invece - proprio per la particolare posizione rivestita all’interno dell’Ente e per i peculiari doveri verso di esso – sarebbe stato lecito attendersi, nell’elementare rispetto della vigente normativa in materia, un comportamento tale da evitare qualsiasi possibile sospetto di favoritismo e/o di interesse (cfr. pagg. 9 e 10 sentenza penale) nei confronti della ditta gestita da suoi stretti parenti (la sorella ed il marito di costei): è, infatti, precipuo obbligo nonché buona regola astenersi dal prendere parte, in qualsiasi modo, ad affari suscettibili di presentare profili

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di incompatibilità per motivi personali come, peraltro, esige il generalissimo principio costituzionale del buon andamento dell’Amministrazione, per quanto attiene all’ imparzialità ed alla terzietà dell’agire da parte del pubblico dipendente e/o amministratore.

2.2 – Diverso discorso si attaglia, invece, al danno da disservizio cagionato all’apparato amministrativo della “Casa di Soggiorno”, ravvisato dalla Procura in re ipsa avuto riguardo alla più recente giurisprudenza di questa Corte focalizzata, prevalentemente, sull’efficienza della organizzazione amministrativa: detto danno è, infatti, utilizzato per misurare valori di difficile espressione economica quale, ad esempio, la diminuzione di rendimento dell’azione amministrativa etiologicamente connesso alla lesione dell’agire amministrativo nei suoi valori fondamentali, tra cui l’imparzialità (art. 97 Cost.).

La Corte dei Conti non ha cristallizzato questa particolare figura in fattispecie tipizzate ma segue un criterio, per così dire, “espansivo” epperciò idoneo a recepire le possibili varie tipologie d’illecito, di natura sia dolosa che colposa, attinenti ai settori della pubblica amministrazione (in generale, ospedaliero, scolastico, lavorativo, ecc.) nonché ricadenti nel pregiudizio della minore produttività dei fattori e delle risorse umane, economiche e finanziarie concretamente inserite nell’avviamento dell’apparato pubblico sì da procurare un danno “aggiuntivo” a quello diretto. Al riguardo, ed a mo’ di esempio, si menzionano senza pretesa di completezza le numerose pronunce concernenti: il dispendio di risorse umane e di mezzi strumentali pubblici (2^ Sez. centrale di appello, sent. n.125 del 10/04/2000), l’espletamento di un servizio aggiuntivo rispetto a quello ordinario dell’Amministrazione (Sez. Giur. Umbria, sent. n. 72 del 9.2.2000), lo svolgimento di attività personale e non di ufficio (Sez. Giur. Lombardia, sent. n. 648 del 16.5.2000), i costi generali sopportati per il mancato conseguimento della legalità- efficienza-efficacia-economicità e produttività dell’azione amministrativa (Sez. Giur. Trentino Alto Adige/Trento, sent. n. 79 del 19/9/2005; Sez. Giur.Umbria, sent. n. 424 del 31.7.2000), il mancato raggiungimento delle utilità previste in rapporto alle risorse impiegate ed i maggiori costi dovuti a spreco delle risorse economiche (Sez. Giur. Umbria, sent. n.315 del 12.07.2001), il mancato conseguimento del buon andamento dell'azione pubblica (Sez. Giur. Umbria, sent. n. 511 del 29/11/2001), i costi sostenuti per il ripristino della funzionalità dell'ufficio (Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 881 del 20/05/2002), gli effetti negativi sull'organizzazione delle strutture e degli uffici in conseguenza di comportamenti dolosi di un dipendente (Sez. Giur. Marche, sent. n. 195 del 10/03/2003), il dispendio di risorse umane e di mezzi strumentali pubblici (Sez. Giur. Sicilia, sent. n.795 del 17/03/2004); il danno derivante dallo sviamento dalle finalità istituzionali dell'ente conseguente alla condotta illecita del funzionario pubblico (Sez. Giur. Veneto, sent. n. 304 del 9/02/2005), i maggiori costi sostenuti dall'amministrazione per le attività accertamento e controverifica fiscale (Sez. Giur. Veneto, sent. n. 304 del 9/02/2005), il dispendio di energie per la ricostruzione di contabilità mancanti o contraffatte (Sez. Giur. Marche, sent. n. 18 dell’ 11/01/2005), il funzionamento del servizio coinvolto dal comportamento illecito del soggetto colpevole (Sez. Giur. Basilicata, sent. n.161 del 7/07/2005), e via dicendo.

Alla luce della surriferita giurisprudenza non può essere, dunque, condiviso il pur apprezzabile sforzo difensivo dell’ avv. MACCAFERRI inteso ad escludere la sussistenza di questo peculiare danno: tentativo basato, tra l’altro, anche sulla considerazione che, comunque, sarebbero state garantite all’ Ente le prestazioni di cui aveva bisogno, che le forniture non sono mai state contestate, che le eventuali irregolarità del procedimento non sarebbero sufficienti a comprovare la causazione del danno erariale.

Al contrario, il Collegio è pienamente convito che - in seno all’apparato “Casa di Soggiorno per Anziani” di Rovereto - si verificarono minore rendimento nonché aggravio procedimentale desumibili, entrambi, non solo dalle fasi precedente e susseguente l’adozione della deliberazione n. 12 del 18.01.2002 nonché dall’annullamento tutorio di essa ma, altresì, dalla ripetizione della gara nonché dalla denunzia prot. n. 915 del 26/2/2002 del Direttore T., dagli analitici accertamenti documentali sugli acquisti negoziali viziati dal conflitto d’interesse, dalla dovuta collaborazione con l’Autorità Giudiziaria, dall’avvio in data 26.02.2002 del procedimento disciplinare nei confronti del F. e, infine, dalle ulteriori intuibili attività che hanno costellato gli accertamenti del caso.

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In ragione di quanto precede e vagliata la peculiarità dei fatti, risulta chiaro il conseguente danno da disservizio subito dalla “Casa di Soggiorno “ a causa del comportamento - palesemente contrario alle regole di diligenza, fedeltà e buon andamento dell’azione amministrativa - tenuto dall’economo sig. G.F. in tutte le vicende innanzi descritte: è evidente, infatti, il pregiudizio concreto, effettivo ed attuale arrecato all’ Ente - da riferirsi sia al costo del servizio che all’utilità collettiva mancata - per non aver raggiunto, nei tempi dovuti e con la prevedibile efficienza, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall’impiego delle risorse produttive andate, perciò, sprecate.

E’, pertanto, ultronea una specifica prova ad hoc.

2.2.1 - Si conviene con la Procura Regionale che, per la quantificazione concreta del danno stesso è necessario, nella specie, fare ricorso al parametro di cui all’art. 1226 c.c. (Sez. Giur. Veneto, sent. n. 598 del 6.5.2003; Sez. Giur. Marche, sent. n. 195 del 10.3.2003) affidato al prudente apprezzamento del Giudice; in proposito la Sezione - tenuto conto dei criteri obiettivi di rilevazione delle risorse impiegate (procedimenti posti in essere, organi intervenuti, mezzi utilizzati, ecc.) - ritiene, in parziale difformità dalla richiesta della Procura Regionale, di determinare più equamente ed in maniera omnicomprensiva in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) il danno da disservizio arrecato dal rag. G.F. alla “Casa di Soggiorno per Anziani” di Rovereto.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige, con sede in Trento, definitivamente pronunciando, respinta ogni altra eccezione,

CONDANNA

il signor G.F., nato xxx - al pagamento in favore della “Casa di soggiorno per anziani” di Rovereto (TN) della somma di euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza sino al soddisfo.

Le spese di giustizia seguono la soccombenza e sono liquidate in euro 431,31 (diconsi euro quattrocentotrentuno/31).

Trento, Camera di Consiglio del 25 ottobre 2006 proseguita il giorno 07 novembre 2006.

Depositata in Segreteria il 14 dicembre 2006

 

 

 

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