Sentenza n. 88/2014 (red. Coraggio)
La Corte evidenzia la derivazione europea della riforma costituzionale introduttiva del principio dell’equilibrio di bilancio, nonché il rapporto ancillare tra la disciplina dell’indebitamento delle autonomie territoriali e i principi dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico.
Gli impegni assunti in sede europea sono riferibili a tutte le pubbliche amministrazioni ed anche a tutti i cittadini, nell’ottica dell’uguaglianza e della solidarietà intergenerazionale.
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica – Legge c.d. “rinforzata”, attuativa della legge costituzionale n. 1 del 2012 – Disciplina dell’indebitamento delle Regioni e degli enti locali.
Bilancio e contabilità pubblica – Legge c.d. “rinforzata”, attuativa della legge costituzionale n. 1 del 2012 – Misure per la sostenibilità del debito pubblico – Istituzione di un fondo per il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali, alimentato “dalle risorse derivanti dal ricorso all’indebitamento consentito dalla correzione per gli effetti del ciclo economico del saldo del conto consolidato”, e destinato ad essere ripartito tra tutti gli enti territoriali – Previsione che le Regioni e gli enti locali contribuiscano, nelle fasi favorevoli del ciclo economico, al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, in una misura definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base del documento di programmazione finanziaria.


Estratto dalla motivazione
“Con il patto “Euro Plus”, approvato dai Capi di Stato e di Governo della zona euro l’11 marzo 2011 e condiviso dal Consiglio europeo il 24-25 marzo 2011, gli Stati membri dell’Unione europea si sono impegnati ad adottare misure volte a perseguire gli obiettivi della sostenibilità delle finanze pubbliche, della competitività, dell’occupazione e della stabilità finanziaria, e in particolare a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio dell’Unione europea fissate nel patto di stabilità e crescita, ferma restando «la facoltà di scegliere lo specifico strumento giuridico nazionale cui ricorrere», purché avente «una natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio costituzione o normativa quadro)» e tale da «garantire la disciplina di bilancio a livello sia nazionale che subnazionale». Con il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria (meglio noto come Fiscal Compact), sottoscritto a Bruxelles il 2 marzo 2012 e in vigore dal 1° gennaio 2013, ratificato in Italia con la legge 23 luglio 2012, n. 114 (Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria [...]), poi, gli Stati contraenti, all’art. 3, comma 2, si sono impegnati a recepire le regole del «patto di bilancio» «tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio». Lo Stato italiano ha ritenuto di adempiere a questi impegni con un’apposita legge costituzionale – la n. 1 del 2012 – la quale, in primo luogo e per quanto qui rileva, ha riformato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. L’art. 81, sesto comma, novellato, afferma per il «complesso delle pubbliche amministrazioni» i principi dell’equilibrio di bilancio tra entrate e spese e della sostenibilità del debito, riservando ad una legge del Parlamento approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, il potere di stabilire, oltre che il contenuto della legge di bilancio, «le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare» l’implementazione dei due menzionati principi. Secondo il nuovo primo comma dell’art. 97 Cost., «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». L’art. 117 Cost. è stato modificato mediante lo scorporo della «armonizzazione dei bilanci pubblici» dall’endiadi con il «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» e la sua inclusione nell’ambito delle materie attribuite dal secondo comma alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. All’art. 119 Cost. dopo il riconoscimento dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle autonomie territoriali, è stata aggiunta la seguente specificazione: «nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci», nonché l’inciso: «concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea». Al secondo periodo del sesto comma, secondo cui le autonomie «Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento», è stato poi aggiunto l’inciso: «con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio». Sotto il versante delle disposizioni della legge cost. n. 1 del 2012 non incorporate nella Costituzione rilevano in questa sede quelle che determinano il contenuto necessario della legge rinforzata. Ad essa è attribuito, in particolare, il compito di disciplinare «l’introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica» (art. 5, comma 1, lettera e); «le modalità attraverso le quali i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni» (art. 5, comma 2, lettera c); e, da ultimo, «la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all’indebitamento, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione, come modificato dall’articolo 4 della presente legge costituzionale» (art. 5, comma 2, lettera b). [...] in questa complessa riforma della finanza pubblica, l’unica nuova competenza esclusiva dello Stato [...] è quella dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, che sino alla modifica operata con la legge cost. n. 1 del 2012 si presentava in «endiadi» (sentenza n. 17 del 2004) con il coordinamento della finanza pubblica. Essa, tuttavia, non può essere interpretata così estensivamente da coprire l’intero ambito materiale regolato dalla legge n. 243 del 2012: basti a tal fine considerare che la disciplina dell’indebitamento delle autonomie territoriali [...] è stata da questa Corte ricondotta al coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 284 del 2009, n. 285 del 2007, n. 320 del 2004, n. 376 del 2003), pur sottolineandosi come sia «inscindibilmente connessa» alla «salvaguardia degli equilibri di bilancio» (sentenza n. 70 del 2012). Altro deve essere dunque l’approccio per definire la natura e la portata dei princìpi di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito pubblico [...]. Come già affermato da questa Corte nel caso analogo del divieto di indebitamento se non per spese di investimento (art. 119, sesto comma, Cost.), questo tipo di disposizioni enunciano «un vincolo [...] di carattere generale» (sentenza n. 245 del 2004) a cui deve soggiacere la finanza pubblica. [...] il legislatore costituzionale non si è limitato a fissare principi generali, lasciando così all’interprete la ricerca dei presupposti giustificativi della disciplina statale attuativa (rinvenuti dalla sentenza citata nell’art. 5 Cost. e nella competenza concorrente del coordinamento della finanza pubblica), ma ha puntualmente disciplinato sia la fonte – la legge rinforzata − sia i suoi contenuti. Il nuovo sistema di finanza pubblica disegnato dalla legge cost. n. 1 del 2012 ha dunque una sua interna coerenza e una sua completezza [...]. [...] Viene in rilievo, al riguardo, l’art. 5, comma 2, lettera b), della legge cost. n. 1 del 2012, secondo cui la legge rinforzata disciplina «la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all’indebitamento, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione, come modificato dall’articolo 4 della presente legge costituzionale». La disposizione, dunque, prevede l’adozione di una disciplina statale attuativa che non appare in alcun modo limitata ai principi generali e che deve avere un contenuto eguale per tutte le autonomie. Pertanto, la circostanza che la normativa censurata abbia un contenuto dettagliato e il fatto che sia più rigorosa di quella contenuta negli statuti delle ricorrenti non comportano violazione del parametro costituzionale. La garanzia dell’omogeneità delladisciplina è connaturata alla logica della riforma, poiché, oggi ancor più che in passato, non si può «ammettere che ogni ente, e così ogni Regione, faccia in proprio le scelte di concretizzazione» (sentenza n. 425 del 2004) dei vincoli posti in materia di indebitamento. Si tratta infatti di vincoli generali che devono valere «in modo uniforme per tutti gli enti, [e pertanto] solo lo Stato può legittimamente provvedere a tali scelte» (sentenza n. 425, citata). [...] Questa esigenza di uniformità, del resto, è il riflesso della natura ancillare della disciplina dell’indebitamento rispetto ai princìpi dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico: essa, al pari di questi ultimi, deve intendersi riferita al «complesso delle pubbliche amministrazioni» (così gli attuali artt. 81, sesto comma, e 97 Cost., e, con forme ancora più esplicite, il nuovo art. 119 Cost., nonché l’art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012). I vincoli imposti alla finanza pubblica, infatti, se hanno come primo destinatario lo Stato, non possono non coinvolgere tutti i soggetti istituzionali che concorrono alla formazione di quel «bilancio consolidato delle pubbliche amministrazioni» (sentenza n. 40 del 2014; si vedano anche le sentenze n. 39 del 2014, n. 138 del 2013, n. 425 e n. 36 del 2004), in relazione al quale va verificato il rispetto degli impegni assunti in sede europea e sovranazionale. La riforma poggia dunque anche sugli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., oltre che – e soprattutto − sui principi fondamentali di unitarietà della Repubblica (art. 5 Cost.) e di unità economica e giuridica dell’ordinamento (art. 120, secondo comma, Cost.), unità che già nel precedente quadro costituzionale era sottesa alla disciplina della finanza pubblica e che nel nuovo ha accentuato la sua pregnanza. Si deve aggiungere che l’attuazione dei nuovi principi, e in particolare di quello della sostenibilità del debito pubblico, implica una responsabilità che, in attuazione di quelli «fondanti» (sentenza n. 264 del 2012) di solidarietà e di eguaglianza, non è solo delle istituzioni ma anche di ciascun cittadino nei confronti degli altri, ivi compresi quelli delle generazioni future. [...] anche per i nuovi vincoli, per quanto più incisivi e pregnanti che in passato, vale il principio enunciato nella più volte citata sentenza n. 425 del 2004, secondo cui la disciplina attuativa dei limiti all’indebitamento posti dall’art. 119, sesto comma, Cost. trova «applicazione nei confronti di tutte le autonomie, ordinarie e speciali, senza che sia necessario all’uopo ricorrere a meccanismi concertati di attuazione statutaria». [...] la necessità di garantire, anche a costo di sacrifici non indifferenti, il rigore finanziario” non può “essere disgiunta da quella, non meno rilevante, di tutelare i livelli essenziali delle prestazioni e l’esercizio delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali [...]. Entrambe le previsioni, nella loro complementarità, trovano, dunque, la ragion d’essere in quel complesso di principi costituzionali già richiamati, ed in particolare in quelli di solidarietà e di eguaglianza, alla cui stregua tutte le autonomie territoriali, e in definitiva tutti i cittadini, devono, anche nella ricordata ottica di equità intergenerazionale, essere coinvolti nei sacrifici necessari per garantire la sostenibilità del debito pubblico. [...] Se è innegabile che il concorso alla sostenibilità del debito nazionale è un aspetto fondamentale della riforma, è anche vero che esso ha una rilevante incidenza sull’autonomia finanziaria delle ricorrenti. S’impone, quindi, l’esigenza di «contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite» alle autonomie (sentenze n. 139 del 2012 e n. 165 del 2011; nello stesso senso, sentenza n. 27 del 2010): è quindi indispensabile garantire il loro pieno coinvolgimento”. (Considerato in diritto, 5., 6., 7.1., 7.2., 7.4., 10.2.)
(Illegittimità costituzionale + Non fondatezza + Inammissibilità)

 

Sent. n. 85/2014 (red. Tesauro)
Il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio

Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica - Norme della Regione Abruzzo - Anticipazioni di liquidità autorizzate dallo Stato per la copertura dei debiti sanitari pregressi - Destinazione a finalità diverse da quelle sanitarie - Violazione del principio di contenimento della spesa pubblica espresso dall'art. 2, comma 98, della legge n. 191 del 2009 - Violazione dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica che, in costanza di piano di rientro, vietano l'adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano - Illegittimità costituzionale.


Estratto dalla motivazione
“Questa Corte ha ripetutamente affermato che «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenza n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010). Su queste premesse, è stato anche più volte ribadito che la norma di cui all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006 «può essere qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tale norma ha, infatti, reso vincolanti – al pari dell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009 – per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato. In tale contesto, la norma impugnata, destinando a finalità diverse da quelle sanitarie le anticipazioni di liquidità autorizzate dallo Stato per la copertura dei debiti sanitari pregressi, si pone in aperta violazione del principio di contenimento della spesa pubblica espresso dall’art. 2, comma 98, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), nonché dei principi fondamentali della legislazione statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» contenuti nell’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006 e nell’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali, in costanza di piano di rientro, è preclusa alla Regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, anche in vista della funzione di valutazione e di monitoraggio attribuita ai tavoli tecnici dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006. L’interferenza con il piano di rientro è evidente, mentre le difese regionali sono smentite dalle dichiarazioni stesse del Commissario ad acta nella riunione del 14 dicembre 2011, il quale sulla premessa di non aver terminato la ricognizione delle partite debitorie, afferma che «la Regione si riserva di ricorrere a tale anticipazione una volta terminata tale ricognizione». Risulta pertanto evidente che la norma
maggio 2014 39
impugnata incide negativamente, modificandolo, sull’impegno delle somme destinate a coprire il ricorso all’anticipazione di liquidità”. (Considerato in diritto, 5.2)
(Illegittimità costituzionale)
***

 

 

Sentenza n. 44/2014 (red. Criscuolo)
L’obbligo di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale rientra tra i vincoli derivanti all’Italia dall’appartenenza all’Unione europea.
Titolo della sentenza
Enti locali – Disposizioni per la riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali – Unione di comuni per l’esercizio associato delle funzioni e dei servizi.



Estratto dalla motivazione
“Nella giurisprudenza di questa Corte, poi, è ormai costante l’orientamento secondo cui «il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti territoriali (ex plurimis, sentenze n. 182 del 2011, n. 207 e n. 128 del 2010)» (sentenza n. 236 del 2013). Infatti, per un verso, non si può dubitare che la finanza delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali sia parte della finanza pubblica allargata (sentenze n. 267 del 2006 e n. 425 del 2004); per altro verso, va considerato che, tra i vincoli derivanti all’Italia dall’appartenenza all’Unione europea, vi è l’obbligo di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale, «secondo quanto precisato dalla risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997 relativa al “patto di stabilità e di crescita”» (sentenza n. 267 del 2006)”. (Considerato in diritto, 6.)
(Illegittimità costituzionale + Cessazione della materia del contendere + Inammissibilità + Non fondatezza)
***

Sentenza n. 40/2014 (red. Carosi)
I vincoli di finanza pubblica – direttamente riconducibili, oltre che al «coordinamento della finanza pubblica», anche ai parametri di cui agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. – obbligano l’Italia nei confronti dell’Unione europea ad adottare politiche di contenimento della spesa, il cui rispetto viene verificato in relazione al bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica – Corte dei conti – Norme della Provincia di Bolzano – Controlli della Corte dei conti sulla legittimità e regolarità delle gestioni degli enti locali, nonché sul funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio, previsti nell’art. 148 del testo unico enti locali (TUEL) – Controlli della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento, della sostenibilità dell’indebitamento e dell’assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare gli equilibri economico-finanziari degli enti, previsti nell’art. 148-bis del TUEL – Attribuzione dei controlli medesimi all’“organismo di valutazione per l’effettuazione dei controlli”, istituito presso la direzione generale della Provincia – Lesione delle competenze della Corte dei conti a tutela dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva – Violazione del principio dell’equilibrio del bilancio – Violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica – Esorbitanza dalle competenze statutarie – Illegittimità costituzionale.




Estratto dalla motivazione
“[...] la competenza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di istituire forme di sindacato sugli enti locali del proprio territorio non pone in discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo affidato alla Corte dei conti, «in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio dello “Stato-comunità” (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997), [garante del rispetto] dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. [...] Il patto di stabilità esterno e, più in generale, i vincoli di finanza pubblica obbligano l’Italia nei confronti dell’Unione europea ad adottare politiche di contenimento della spesa, il cui rispetto viene verificato in relazione al bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche (sentenze n. 138 del 2013, n. 425 e n. 36 del 2004). Al fine di assicurare il rispetto di detti obblighi comunitari, è necessario predisporre controlli sui bilanci preventivi e successivi delle amministrazioni interessate al consolidamento, operazione indispensabile per verificare il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica sottesi ai predetti vincoli. Questi ultimi, in quanto derivanti dal Trattato sull’Unione europea e dagli altri accordi stipulati in materia, sono direttamente riconducibili, oltre che al «coordinamento della finanza pubblica» invocato dal ricorrente, anche ai parametri di cui agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., che vi sono inscindibilmente collegati, poiché nel caso specifico il coordinamento adempie principalmente alla finalità di predisporre strumenti efficaci di sindacato sul rispetto del vincolo gravante sul complesso dei conti pubblici, dalla cui sommatoria dipendono i risultati suscettibili di comparazione per verificare il conseguimento degli obiettivi programmati. Detti obblighi hanno origine – come già sottolineato [...] (sentenza n. 36 del 2004) – nel momento in cui il patto di stabilità ha assunto cogenza anche nei confronti delle amministrazioni pubbliche che partecipano al bilancio nazionale consolidato. Quest’ultimo deve corrispondere ai canoni stabiliti dalla stessa Unione europea mentre le sue componenti aggregate, costituite dai bilanci degli enti del settore allargato, sono soggette alla disciplina statale che ne coordina il concorso al raggiungimento dell’obiettivo stabilito in sede comunitaria. I controlli delle sezioni regionali della Corte dei conti [...] hanno assunto progressivamente caratteri cogenti nei confronti dei destinatari (sentenza n. 60 del 2013), proprio per prevenire o contrastare gestioni contabili non corrette, suscettibili di alterare l’equilibrio del bilancio (art. 81 Cost.) e di riverberare tali disfunzioni sul conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, vanificando conseguentemente la funzione di coordinamento dello Stato finalizzata al rispetto degli obblighi comunitari. Dunque, tale tipo di sindacato [...] è esercitato nell’interesse dello Stato per finalità che riguardano la finanza pubblica nel suo complesso [...]. Le considerazioni precedentemente svolte circa la finalità del controllo di legittimità e regolarità di cui agli artt. 148, comma 1, e 148-bis del TUEL e la stretta correlazione di tale attività con gli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, Cost. giustificano anche il conferimento alla Corte dei conti di poteri atti a prevenire con efficacia diretta pratiche lesive del principio della previa copertura e dell’equilibrio dinamico del bilancio degli enti locali (sentenze n. 266, n. 250 e n. 60 del 2013). Dette misure interdittive non sono indici di una supremazia statale né di un potere sanzionatorio nei confronti degli enti locali e neppure sono riconducibili al controllo collaborativo in senso stretto, ma sono strumentali al rispetto degli «obblighi che lo Stato ha assunto nei confronti dell’Unione europea in ordine alle politiche di bilancio. In questa prospettiva, funzionale ai principi di coordinamento e di armonizzazione dei conti pubblici, [detti controlli] [...] possono essere accompagnati anche da misure atte a prevenire pratiche contrarie ai principi della previa copertura e dell’equilibrio di bilancio (sentenze n. 266 e n. 60 del 2013), che ben si giustificano in ragione dei caratteri di neutralità e indipendenza del controllo di legittimità della Corte dei conti (sentenza 226 del 1976)» (sentenza n. 39 del 2014). [...] il sindacato di legittimità e regolarità sui conti circoscrive la funzione della magistratura contabile alla tutela preventiva e concomitante degli equilibri economici dei bilanci e della sana gestione finanziaria secondo regole di coordinamento della finanza pubblica conformate in modo uniforme su tutto il territorio, non interferendo con la
particolare autonomia politica ed amministrativa delle amministrazioni destinatarie (sentenza n. 39 del 2014)”. (Considerato in diritto, 4.2., 4.3., 4.6.)
(Illegittimità costituzionale + Inammissibilità + Estinzione)
***

 

Sent. n. 40/2014 (red. Carosi)
Obbligo di contenimento della spesa derivante dal Patto di stabilità esterno

Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica - Corte dei conti - Norme della Provincia di Bolzano - Controlli della Corte dei conti sulla legittimità e regolarità delle gestioni degli enti locali, nonché sul funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell'equilibrio di
maggio 2014 42
bilancio, previsti nell'art. 148 del testo unico enti locali (TUEL) - Controlli della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento, della sostenibilità dell'indebitamento e dell'assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare gli equilibri economico-finanziari degli enti, previsti nell'art. 148-bis del TUEL - Attribuzione dei controlli medesimi all'"Organismo di valutazione per l'effettuazione dei controlli", istituito presso la Direzione generale della Provincia - Lesione delle competenze della Corte dei conti a tutela dell'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva - Violazione del principio dell'equilibrio del bilancio - Violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica - Esorbitanza dalle competenze statutarie - Illegittimità costituzionale - Assorbimento di ulteriore censura.


Estratto dalla motivazione
“Questa Corte ha già precisato che la competenza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di istituire forme di sindacato sugli enti locali del proprio territorio non pone in discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo affidato alla Corte dei conti, «in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio dello “Stato-comunità” (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997), [garante del rispetto] dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Del resto, la necessità di coordinamento della finanza pubblica [...] riguarda pure le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della “finanza pubblica allargata”, come già affermato da questa Corte (in particolare, sentenza n. 425 del 2004)» (sentenza n. 267 del 2006). La coesistenza di competenze parallele della Corte dei conti e degli enti territoriali ad autonomia speciale non comporta affatto – come di seguito meglio precisato – che i controlli così intestati siano coincidenti e sovrapponibili e neppure che la Provincia autonoma sia titolare di una potestà legislativa in grado di concentrarle nella propria sfera di attribuzione. Innanzitutto, le due tipologie di sindacato attribuite alla Corte dei conti ed alla Provincia autonoma di Bolzano sono ispirate a ragioni e modalità di esercizio diverse, anche con riguardo agli interessi in concreto tutelati; che nel primo caso riguardano la finanza statale nel suo complesso, nel secondo quella provinciale. La diversità finalistica e morfologica tra i controlli in materia finanziaria, di cui possono essere intestatarie le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e quelli spettanti alla Corte dei conti rende opportuno un richiamo circa i vigenti rapporti tra la disciplina del patto di stabilità esterno e quello interno, e – più in generale – tra i vincoli finanziari concordati dall’Italia in ambito comunitario ed i criteri attraverso cui lo Stato ripartisce la portata delle restrizioni tra gli enti del settore pubblico allargato, in primis quelli territoriali. Infatti, è proprio con riguardo alle complesse relazioni finanziarie nascenti da tali obblighi che si pongono in regime di strumentalità le disposizioni contenute nell’art. 148, comma 1, e nell’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, come rispettivamente modificato ed introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera e), del d.l. n. 174 del 2012. Il patto di stabilità esterno e, più in generale, i vincoli di finanza pubblica obbligano l’Italia nei confronti dell’Unione europea ad adottare politiche di contenimento della spesa, il cui rispetto viene verificato in relazione al bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche (sentenze n. 138 del 2013, n. 425 e n. 36 del 2004). Al fine di assicurare il rispetto di detti obblighi comunitari, è necessario predisporre controlli sui bilanci preventivi e successivi delle amministrazioni interessate al consolidamento, operazione indispensabile per verificare il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica sottesi ai predetti vincoli. Questi ultimi, in quanto derivanti dal Trattato sull’Unione europea e dagli altri accordi stipulati in materia, sono direttamente riconducibili, oltre che al «coordinamento della finanza pubblica» invocato dal ricorrente, anche ai parametri di cui agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., che vi sono inscindibilmente collegati, poiché nel caso specifico il coordinamento adempie principalmente alla finalità di predisporre strumenti efficaci di sindacato sul rispetto del vincolo gravante sul complesso dei conti pubblici, dalla cui sommatoria dipendono i risultati suscettibili di comparazione per verificare il conseguimento degli obiettivi programmati. Detti obblighi hanno origine – come già sottolineato da questa Corte (sentenza n. 36 del 2004) – nel momento in cui il patto di stabilità ha assunto cogenza anche nei confronti delle amministrazioni pubbliche che partecipano al bilancio nazionale consolidato. Quest’ultimo deve corrispondere ai canoni stabiliti dalla stessa Unione europea mentre le sue componenti aggregate, costituite dai bilanci degli enti del settore allargato, sono soggette alla disciplina statale che ne coordina il concorso al raggiungimento dell’obiettivo stabilito in sede comunitaria. I controlli delle sezioni regionali della Corte dei conti – previsti a partire dalla emanazione dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2006) e poi trasfusi nell’art. 148-bis del TUEL – hanno assunto progressivamente caratteri cogenti nei confronti dei destinatari (sentenza n. 60 del 2013), proprio per prevenire o contrastare gestioni contabili non corrette, suscettibili di alterare l’equilibrio del bilancio (art. 81 Cost.) e di riverberare tali disfunzioni sul conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, vanificando conseguentemente la funzione di coordinamento dello Stato finalizzata al rispetto degli obblighi comunitari. Dunque, tale tipo di sindacato, che la norma impugnata vorrebbe concentrare nella sfera di attribuzioni della Provincia autonoma di Bolzano, è esercitato nell’interesse dello Stato per finalità che riguardano la finanza pubblica nel suo complesso e non può essere confuso e sovrapposto a controlli esercitati da un ente ad autonomia speciale. Per la sua intrinseca finalità questo tipo di verifica non può essere affidato ad un singolo ente autonomo territoriale, ancorché a statuto speciale, che non ne potrebbe assicurare la conformità ai canoni nazionali, la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza con riguardo agli interessi generali della finanza pubblica coinvolti. Questi ultimi trascendono l’ambito territoriale provinciale e si pongono potenzialmente anche in rapporto dialettico con gli interessi della Provincia autonoma sotto il profilo del concreto riscontro delle modalità con cui i singoli enti del territorio provinciale rispettano i limiti di contenimento della spesa. Al riguardo, non è fondata l’eccezione della Provincia autonoma, secondo cui la materia sarebbe dominata – per quel che concerne le autonomie speciali – dal principio dell’accordo, che nel caso di specie mancherebbe completamente. È vero, invece, che la disciplina statale, debitamente integrata da specifici accordi con le autonomie speciali, costituisce parametro normativo per la nuova tipologia di controlli nei confronti degli enti locali, che il legislatore nazionale ha assegnato alla Corte dei conti a far data dall’esercizio 2006. La Provincia autonoma confonde la disciplina delle modalità di conformazione dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali – profili suscettibili di accordo, fermo restando il doveroso concorso di queste ultime al raggiungimento degli obiettivi in materia (ex multis, sentenza n. 425 del 2004) – con quella afferente al sindacato uniforme e generale sui conti degli enti locali ai fini del rispetto dei limiti complessivi di finanza pubblica anche in relazione ai vincoli comunitari, che il legislatore statale ha assegnato alla Corte dei conti in ragione della sua natura di organo posto al servizio dello Stato-ordinamento (sentenze n. 60 del 2013, n. 198 del 2012 e n. 267 del 2006). Acclarato che il contenuto e gli effetti delle pronunce della Corte dei conti non possono essere disciplinati dal legislatore regionale (sentenza n. 39 del 2014), è conseguentemente fuor di dubbio che la Provincia autonoma non possa impadronirsi di tale conformazione del controllo, assumendolo nella propria sfera funzionale. Dunque, gli accordi con le Regioni a statuto speciale, riguardando le peculiari modalità di attuazione dei vincoli comunitari e nazionali nell’ambito del territorio provinciale e regionale, assumono sotto tale profilo carattere di parametro normativo primario per la gestione finanziaria degli enti subregionali tra i quali, appunto, gli enti locali territorialmente interessati, mentre non possono riguardare la disciplina del sindacato sulla gestione finanziaria degli enti locali, che deve essere uniforme, neutro ed imparziale nell’intero territorio nazionale e che – in ragione di tale esigenza – è stato assegnato alla Corte dei conti. Ciò non vuol dire che, pur nella loro teleologica diversità, i controlli della Corte dei conti e quelli regionali non possano essere funzionalmente collegati. In tale prospettiva risulta perfettamente coerente la stessa impostazione dell’art. 79, terzo comma, dello statuto del Trentino-Alto Adige, invocato dalla resistente a sostegno della propria tesi. Detta disposizione prevede che: «Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell’economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilità interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire inciascun periodo. Fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilità interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie, alle università non statali di cui all’articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127, alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria. Non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale. A decorrere dall’anno 2010, gli obiettivi del patto di stabilità interno sono determinati tenendo conto anche degli effetti positivi in termini di indebitamento netto derivanti dall’applicazione delle disposizioni recate dal presente articolo e dalle relative norme di attuazione. Le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti». È evidente il collegamento funzionale di tale norma con il controllo assegnato dal legislatore statale alla Corte dei conti: essa prevede che gli esiti del controllo della Regione e delle Province autonome finalizzato al coordinamento territoriale siano comunicati alle competenti sezioni della Corte dei conti, al fine di integrare in modo appropriato l’istruttoria di quest’ultima, necessaria per esercitare il sindacato di legittimità e regolarità sui bilanci dei singoli enti locali, a sua volta strumentale alla verifica degli esiti di conformità ai vincoli comunitari e nazionali sui bilanci degli enti pubblici operanti nell’intero territorio nazionale. Dunque, lo statuto non attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano una competenza diretta di controllo di legittimità e regolarità sui conti degli enti locali, ma collega le sue attribuzioni in materia di sindacato sulla gestione e sulla finanza locale a quelle demandate alla Corte dei conti, in tal modo indirettamente riconoscendone l’alterità”. (Considerato in diritto, 4.2- 4.3- 4.4-4.5)
(Illegittimità costituzionale)
***

 

Sentenza n. 39/2014 (red. Mattarella)
L’appartenenza all’Unione europea impone all’Italia di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale e di assicurare la sostenibilità del debito pubblico.
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica – Decreto legge n. 174 del 2012 in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali – Disposizioni per il rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni – Riconoscimento alle norme impugnate della natura di principio fondamentale nella materia “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica”, valevole nell’intero territorio nazionale - Competenza dello Stato a prevedere forme di controllo della Corte dei conti ulteriori rispetto a quelle disciplinate dagli statuti speciali – Non fondatezza delle questioni.
Bilancio e contabilità pubblica – Decreto legge n. 174 del 2012 in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali – Disposizioni per il rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni – Bilanci preventivi (annuali e pluriennali) e rendiconti consuntivi delle Regioni – Esito dei controlli previsti dai commi 3 e 4 del censurato art. 1 – Accertamento di squilibri economico-finanziari, mancata copertura di spese, violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno – Conseguente «obbligo», per le amministrazioni interessate, di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito di tale pronuncia, «i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio» - Preclusione, in caso di inadempienza, all’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria – Violazione della potestà legislativa regionale – Introduzione di un sindacato di legittimità costituzionale sulle leggi regionali di approvazione dei bilanci e dei rendiconti, che illegittimamente si aggiunge a quello effettuato dalla Corte costituzionale, cui è affidato in via esclusiva il compito di garantire la legittimità costituzionale della legislazione – Illegittimità costituzionale in parte qua – Efficacia nei confronti di tutte le Regioni, a statuto ordinario e a statuto speciale, e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Bilancio e contabilità pubblica – Decreto legge n. 174 del 2012 in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali – Disposizioni per il rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni – Bilanci preventivi (annuali e pluriennali) e rendiconti consuntivi degli enti del servizio sanitario nazionale – Esito dei controlli previsti dai commi 3 e 4 del censurato art. 1 – Accertamento di squilibri economico-finanziari, mancata copertura di spese, violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno – Conseguente «obbligo», per le amministrazioni interessate, di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito di tale pronuncia, «i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio» – Preclusione, in caso di inadempienza, all’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria – Disciplina volta ad evitare danni irreparabili agli equilibri di bilancio degli enti del servizio sanitario nazionale, nell’interesse della legalità costituzionale- finanziaria e della tutela dell’unità economica della Repubblica, anche in considerazione delle esigenze di rispetto dei vincoli posti dal diritto dell’Unione europea – Non fondatezza delle questioni.
Bilancio e contabilità pubblica – Decreto legge n. 174 del 2012 in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali – Disposizioni per il rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni – Procedimenti di controllo sui gruppi consiliari dei consigli regionali – Previsione che, in caso di riscontrate irregolarità da parte della sezione regionale di controllo della corte dei conti, il gruppo consiliare che non provveda alla regolarizzazione del rendiconto entro il termine fissato decada, per l’anno in corso (quindi per l’esercizio successivo a quello rendicontato), dal diritto all’erogazione di risorse da parte del consiglio regionale – Obbligo di restituzione delle somme ricevute, in caso di accertate irregolarità in esito ai controlli sui rendiconti – Sanzione ex lege potenzialmente in grado di pregiudicare il fisiologico funzionamento dell’assemblea regionale – Lesione dell’autonomia legislativa e finanziaria delle Regioni – Illegittimità costituzionale – Efficacia nei confronti di tutte le Regioni, a statuto ordinario e a statuto speciale, e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Bilancio e contabilità pubblica – Enti locali – Sviluppo degli strumenti di controllo della gestione finalizzati all’applicazione della revisione della spesa presso gli enti locali e ruolo della Corte dei conti – Non fondatezza delle questioni.


Estratto dalla motivazione
“[...] la disciplina posta dal legislatore statale in materia di controlli sugli enti territoriali ha assunto maggior rilievo a seguito dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, tra cui, in particolare, l’obbligo imposto agli Stati membri di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale. A tali vincoli, si riconnette essenzialmente la normativa nazionale sul “patto di stabilità interno”, il quale coinvolge Regioni ed enti locali nella realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica scaturenti, appunto, dai richiamati vincoli europei, diversamente modulati negli anni in forza di disposizioni legislative, costantemente qualificate come «princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione» (sentenza n. 267 del 2006). [...] Il rispetto dei vincoli europei discende direttamente, oltre che dai principi di coordinamento della finanza pubblica, dall’art. 117, primo comma, Cost. e dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che, nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, ad assicurare in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico (sentenza n. 60 del 2013). Da ciò consegue la differenza tra i controlli di regolarità e legittimità contabile, attribuiti alla Corte dei conti al fine di prevenire squilibri di bilancio, e i controlli istituiti dalle autonomie speciali sulla contabilità degli enti insistenti sul loro territorio e, più in generale, sulla finanza pubblica di interesse regionale. Mentre questi ultimi sono resi nell’interesse della Regione stessa e delle Province autonome, quelli affidati alla Corte dei conti sono strumentali al rispetto degli obblighi che lo Stato ha assunto nei confronti dell’Unione europea in ordine alle politiche di bilancio. In questa prospettiva, funzionale ai principi di coordinamento e di armonizzazione dei conti pubblici, essi possono essere accompagnati anche da misure atte a prevenire pratiche contrarie ai principi della previa copertura e dell’equilibrio di bilancio (sentenze n. 266 e n. 60 del 2013), che ben si giustificano in ragione dei caratteri di neutralità e indipendenza del controllo di legittimità della Corte dei conti (sentenza n. 226 del 1976). Detti controlli si risolvono in un esito alternativo, nel senso che devono decidere se i bilanci preventivi e successivi degli enti territoriali siano o meno rispettosi del patto di stabilità e del principio di equilibrio (sentenze n. 60 del 2013 e n. 179 del 2007). Cionondimeno, essi non impingono nella discrezionalità propria della particolare autonomia di cui sono dotati gli enti territoriali destinatari, ma sono mirati unicamente a garantire la sana gestione finanziaria, prevenendo o contrastando pratiche non conformi ai richiamati principi costituzionali. [...] la costante giurisprudenza di questa Corte [...] ha chiarito che i principi fondamentali fissati dalla legislazione statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» – funzionali anche ad assicurare il rispetto del parametro dell’unità economica della Repubblica (sentenze n. 104, n. 79, n. 51, n. 28 del 2013, n. 78 del 2011) e a prevenire squilibri di bilancio (sentenza n. 60 del 2013) – sono applicabili anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome (ex plurimis, sentenze n. 229 del 2011; n. 120 del 2008, n. 169 del 2007). Ciò in riferimento alla necessità di preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.): equilibrio e vincoli oggi ancor più pregnanti – da cui consegue la conferma dell’estensione alle autonomie speciali dei principi di coordinamento della finanza pubblica – nel quadro delineato dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale n. 1 del 2012, che nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama, come già osservato, il complesso delle pubbliche amministrazioni ad assicurare, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico (sentenza n. 60 del 2013). Dinanzi ad un intervento legislativo statale di coordinamento della finanza pubblica riferito alle Regioni, e cioè nell’ambito di una materia di tipo concorrente, è naturale che da esso derivi una, per quanto parziale, compressione degli spazi entro cui possano esercitarsi le competenze legislative ed amministrative di Regioni e Province autonome, nonché della stessa autonomia di spesa loro spettante (fra le molte, sentenze n. 159 del 2008, n. 169 e n. 162 del 2007, n. 353 e n. 36 del 2004)”. [...] Le attribuzioni della Corte dei conti in tema di controllo sulla gestione finanziaria delle amministrazioni pubbliche [...] trovano fondamento [...] oltre che nell’art. 100, secondo comma, Cost. (il cui riferimento al controllo della Corte dei conti «sulla gestione del bilancio dello Stato» deve oggi intendersi esteso al controllo sui bilanci di tutti gli enti che costituiscono, nel loro insieme, la finanza pubblica allargata), nella tutela dei principi del buon andamento dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), della responsabilità dei funzionari pubblici (art. 28 Cost.), del tendenziale equilibrio di bilancio (art. 81 Cost.) e del coordinamento della finanza delle Regioni con quella dello Stato, delle Province e dei Comuni (art. 119 Cost.), cioè di principi che sono anch’essi riferiti a tutti gli enti che fanno parte della finanza pubblica allargata. [...] il legislatore è libero di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi altra forma di controllo con queste caratteristiche (ex plurimis, sentenze n. 29 del 1995; nonché n. 179 del 2007, n. 267 del 2006), stante la posizione di indipendenza e neutralità del giudice contabile al servizio dello Stato-ordinamento, quale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico nel suo complesso e della corretta gestione delle risorse (sentenza n. 60 del 2013). [...] Come [...] ripetutamente affermato (sentenze n. 60 del 2013, n. 198 del 2012, n. 179 del 2007), il controllo finanziario attribuito alla Corte dei conti e, in particolare, quello che questa è chiamata a svolgere sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, va ascritto alla categoria del sindacato di legalità e di regolarità – da intendere come verifica della conformità delle (complessive) gestioni di detti enti alle regole contabili e finanziarie – e ha lo scopo, in una prospettiva non più statica (com’era il tradizionale controllo di legalità-regolarità), ma dinamica, di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo all’adozione di effettive misure correttive, funzionali a garantire l’equilibrio del bilancio e il rispetto delle regole contabili e finanziarie. [...] Siffatti esiti del controllo sulla legittimità e sulla regolarità dei conti degli enti del Servizio sanitario nazionale sono volti a evitare danni irreparabili agli equilibri di bilancio di tali enti. Essi comportano, in tutta evidenza, una limitazione dell’autonomia degli enti del Servizio sanitario nazionale, che, tuttavia − come [...] già incidentalmente rilevato nella sentenza n. 60 del 2013 − si giustifica «in forza del diverso interesse alla legalità costituzionale-finanziaria e alla tutela dell’unità economica della Repubblica perseguito [...] in riferimento agli artt. 81, 119 e 120 Cost.», anche in considerazione delle esigenze di rispetto dei vincoli posti dal diritto dell’Unione europea. [...] Tale conclusione, del resto, è ancor più valida a séguito dell’imposizione a tutte le pubbliche amministrazioni, ad opera della legge cost. n. 1 del 2012, della fondamentale regola dell’equilibrio dei bilanci (art. 97, primo comma, Cost., nel testo
maggio 2014 27
modificato dalla citata legge costituzionale), del cui rispetto la copertura e la sostenibilità finanziaria della spesa costituiscono essenziali presidi”. (Considerato in diritto, 2., 6.3.2., 6.3.3., 6.3.4.3.2.)
(Illegittimità costituzionale + Inammissibilità + Non fondatezza)
***


Sent. n. 22/2014 (red. Morelli)
Il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio

Titolo della sentenza
Enti locali - Unione di comuni montani - Istituzione e disciplina - Ricorso delle Regioni Campania, Puglia, Lazio, Veneto - Asserita violazione dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali - Insussistenza - Normativa finalizzata al contenimento della spesa pubblica - Legittimo esercizio della potestà statale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica - Non fondatezza della questione.


Estratto dalla motivazione
“La giurisprudenza di questa Corte in tema di forme associative di enti locali ha riguardato, segnatamente, le comunità montane, che rappresentano «un caso speciale di unioni di Comuni, create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei comuni montani, “funzioni proprie”, “funzioni conferite” e funzioni comunali» (così la citata sentenza n. 244 del 2005). Si è già detto, peraltro, come la competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. sia, in tale ambito, inconferente, giacché l’ordinamento delle comunità montane è riservato alla competenza legislativa residuale delle Regioni, di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost., pur in presenza della qualificazione di dette comunità come enti locali contenuta nel d.lgs. n. 267 del 2000, in quanto le stesse non sono contemplate dall’art. 114 Cost. (oltre che, come detto, dalla citata lettera p). La Corte, ha, quindi, ritenuto (sentenze n. 237 del 2009 e n. 456 del 2005) che non possono venire in rilievo neppure i principi fondamentali desumibili dal Testo unico sugli enti locali (d.lgs. n. 267 del 2000) e, dunque, non può trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 117, terzo comma, ultima parte, Cost., «la quale presuppone, invece, che si verta nelle materie di legislazione concorrente». Tuttavia, si è pure affermato (sentenze n. 151 del 2012, n. 91 del 2011, n. 326 del 2010, n. 27 del 2010 e n. 237 del 2009) che un titolo di legittimazione statale per intervenire nell’ambito anzidetto comunque si rinviene nei principi fondamentali di «coordinamento della finanza pubblica», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., ove la disciplina dettata, nell’esercizio di siffatta potestà legislativa concorrente, sia indirizzata ad obiettivi di contenimento della spesa pubblica. A questi fini, come messo in rilievo in molteplici occasioni da questa Corte (tra le tante, sentenze n. 236 del 2013, n. 193 del 2012, n. 151 del 2012, n. 182 del 2011, n. 207 del 2010, n. 297 del 2009), il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti territoriali. Vincoli che possono considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscano un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa»; e siano rispettosi del canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento normativo rispetto all’obiettivo prefissato”. (Considerato in diritto, 2.2.2)
(Non fondatezza)
***

 


Sentenza n. 310/2013 (red. Coraggio)
Il rispetto dell’equilibrio dei bilanci nelle pubbliche amministrazioni deve essere valutato nel più ampio contesto economico europeo e in una prospettiva necessariamente pluriennale.
Titolo della sentenza
Università – Personale cosiddetto non contrattualizzato di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, tra cui i docenti universitari – Blocco per il triennio 2011-2013 dei meccanismi di adeguamento retributivo, degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all’anzianità di servizio, e di ogni effetto economico delle progressioni in carriera comunque denominate – Sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza – Insussistenza della natura tributaria delle norme impugnate – Inconferenza dei parametri relativi alla libertà di insegnamento – Inidoneità del personale di magistratura a fungere da tertium comparationis – Sussistenza delle condizioni di legittimità dei meccanismi di risparmio della spesa pubblica – Non fondatezza delle questioni.



Estratto dalla motivazione
“La recente riforma dell’art. 81 Cost., a cui ha dato attuazione la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), con l’introduzione, tra l’altro, di regole sulla spesa, e dell’art. 97, primo comma, Cost., rispettivamente ad opera degli artt. 1 e 2 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), ma ancor prima il nuovo primo comma dell’art. 119 Cost., pongono l’accento sul rispetto dell’equilibrio dei bilanci da parte delle pubbliche amministrazioni, anche in ragione del più ampio contesto economico europeo. Non è senza significato che la direttiva 8 novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri), evidenzi come «la maggior parte delle misure finanziarie hanno implicazioni sul bilancio che vanno oltre il ciclo di bilancio annuale» e che «Una prospettiva annuale non costituisce pertanto una base adeguata per politiche di bilancio solide» (20° Considerando)”. (Considerato in diritto, 13.4.)
(Manifesta inammissibilità + Non fondatezza)

 


***



Sent. n. 19/2014 (red. Tesauro)
Anche le Province autonome sono vincolate al vincolo del rispetto dei princípi statali di coordinamento della finanza pubblica connessi ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari
Titolo della sentenza
Impiego pubblico - Norme della Provincia di Bolzano - Personale che svolge le funzioni dirigenziali a titolo di reggenza - Trasformazione dell'indennità di funzione in assegno pensionabile - Previsione che la misura è raddoppiata con decorrenza dall'assunzione delle funzioni dirigenziali in atto - Contrasto con la norma statale che impone che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, del pubblico impiego, compreso il trattamento accessorio, non possa superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010 - Violazione della competenza legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica - Illegittimità costituzionale.


Estratto dalla motivazione
La disposizione impugnata si pone in evidente contrasto con l’art. 9, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, norma ricondotta dalla giurisprudenza di questa Corte nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica, in quanto riguarda il trattamento economico di tutti i dipendenti delle Regioni e degli enti regionali, con l’effetto finale di fissare, per gli anni del triennio 2011-2013, l’entità complessiva degli esborsi a carico delle Regioni a titolo di trattamento economico del personale in misura non superiore al trattamento economico ordinario, per l’anno 2010, così da imporre un limite generale ad una rilevante voce del bilancio regionale (sentenze n. 217 e n. 215 del 2012). Peraltro, non v’è dubbio che il vincolo del rispetto dei princípi statali di coordinamento della finanza pubblica connessi ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, che grava
sulle Regioni in base all’art. 119, Cost., si impone anche alle Province autonome nell’esercizio dell’autonomia finanziaria di cui allo statuto speciale, sussistendo, sotto questo aspetto, una sostanziale coincidenza tra limiti posti alla autonomia finanziaria delle Regioni di diritto comune dall’art. 119 Cost. e quelli stabiliti per le Province autonome dallo statuto speciale (sentenza n. 190 del 2008).
Nel caso di specie, la tesi della difesa provinciale, secondo cui il raddoppio dell’indennità di reggenza non comporterebbe la violazione del vincolo, in quanto costituirebbe soltanto un passo per la graduale trasformazione dell’indennità di funzione in assegno personale, di cui alla legge provinciale n. 10 del 1992 e alla legge provinciale 16 ottobre 1992, n. 36 (Riordinamento dello stato giuridico del personale), compensando la diminuzione dell’indennità di funzione, è contraddittoria e priva di rilevanza. In primo luogo, infatti, la stessa Provincia autonoma afferma che, a distanza di 11 anni dalla prevista trasformazione, l’attuazione di quella norma non è ancora completata, sicchè l’indennità di funzione, in difetto di altre previsioni, continua ad essere corrisposta. Inoltre, un’indennità come quella di reggenza, meramente accessoria ed eventuale rispetto al trattamento dirigenziale ordinario, non può entrare nel gioco economico compensativo prefigurato, dovendosi invece ritenere che per ciò stesso il risultato finanziario della disposizione in esame ecceda il vincolo statale in questione. (Considerato in diritto, 4.2)
(Illegittimità costituzionale)
***

 



Sent. n. 310/2013 (red. Coraggio)
Necessità che le pubbliche amministrazioni rispettino l’equilibrio dei bilanci, anche in ragione del più ampio contesto economico europeo, con misure finanziarie che hanno implicazioni oltre il ciclo di bilancio annuale.
Titolo della sentenza
Università – Personale cosiddetto non contrattualizzato di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, tra cui i docenti universitari – Blocco per il triennio 2011-2013 dei meccanismi di adeguamento retributivo, degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all’anzianità di servizio, e di ogni effetto economico delle progressioni in carriera comunque denominate – Asserite irragionevolezza dell’azione legislativa, disparità di trattamento, lesione dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, violazione del principio di proporzionalità della retribuzione, lesione del principio di promozione della ricerca scientifica e del valore dell’insegnamento – Insussistenza - Sussistenza dei presupposti di necessità e urgenza – Insussistenza della natura tributaria delle norme impugnate - Inconferenza dei parametri relativi alla libertà di insegnamento – Inidoneità del personale di magistratura a fungere da tertium comparationis – Sussistenza delle condizioni di legittimità dei meccanismi di risparmio della spesa pubblica - Non fondatezza delle questioni.

 


Estratto dalla motivazione
Con particolare riferimento poi alla ragionevolezza dello sviluppo temporale delle misure, non ci si può esimere dal considerare l’evoluzione che è intervenuta nel complessivo quadro, giuridico-economico, nazionale ed europeo. La recente riforma dell’art. 81 Cost., a cui ha dato attuazione la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), con l’introduzione, tra l’altro, di regole sulla spesa, e dell’art. 97, primo comma, Cost., rispettivamente ad opera degli artt. 1 e 2 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), ma ancor prima il nuovo primo comma dell’art. 119 Cost., pongono l’accento sul rispetto dell’equilibrio dei bilanci da parte delle pubbliche amministrazioni, anche in ragione del più
maggio 2014 47
ampio contesto economico europeo. Non è senza significato che la direttiva 8 novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri), evidenzi come «la maggior parte delle misure finanziarie hanno implicazioni sul bilancio che vanno oltre il ciclo di bilancio annuale» e che «Una prospettiva annuale non costituisce pertanto una base adeguata per politiche di bilancio solide» (20° Considerando), tenuto conto che, come prospettato anche dalla difesa dello Stato, vi è l’esigenza che misure strutturali di risparmio di spesa non prescindano dalle politiche economiche europee. Ebbene, il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, attraverso cui può attuarsi una politica di riequilibrio del bilancio, implicano sacrifici gravosi, quali quelli in esame, che trovano giustificazione nella situazione di crisi economica. In particolare, in ragione delle necessarie attuali prospettive pluriennali del ciclo di bilancio, tali sacrifici non possono non interessare periodi, certo definiti, ma più lunghi rispetto a quelli presi in considerazione dalle richiamate sentenze di questa Corte, pronunciate con riguardo alla manovra economica del 1992. Le norme impugnate, dunque, superano il vaglio di ragionevolezza, in quanto mirate ad un risparmio di spesa che opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica − sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti professionali delle categorie che vi appartengono − e per un periodo di tempo limitato, che comprende più anni in considerazione della programmazione pluriennale delle politiche di bilancio. (Considerato in diritto, 13.4 e 13.5.)
(Non fondatezza)
***

 


Sent. n. 236/2013 (red. Napolitano)
Il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti territoriali
. Titolo della sentenza
Regioni (in genere) - Enti locali - Previsione che “Regioni, Province e Comuni sopprimono o accorpano o, in ogni caso, assicurano la riduzione dei relativi oneri finanziari in misura non inferiore al 20%, enti, agenzie e organismi comunque denominati che esercitano, alla data di entrata in vigore del decreto, anche in via strumentale, funzioni fondamentali di cui all’art. 117, secondo comma, lett. p), Cost., o funzioni amministrative spettanti a Comuni, province e Città metropolitane ai sensi dell’art. 118 della Costituzione” - Ricorsi delle Regioni Lazio e Veneto - Asserita lesione della potestà legislativa in materia di organizzazione regionale – Asserita violazione dell’autonomia finanziaria regionale – Asserita violazione dell’autonomia statutaria – Insussistenza – Erroneo presupposto interpretativo circa l’ambito applicativo della disposizione censurata, che non concerne l’organizzazione e le funzioni delle Regioni - Non fondatezza della questione.



Estratto dalla motivazione
“Le questioni non sono fondate. Il legislatore motiva la previsione di obblighi di soppressione o accorpamento o riduzione degli oneri finanziari con le «esigenze di coordinamento, conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, (di) contenimento della spesa e [...] migliore svolgimento delle funzioni amministrative». Nella giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidato l’orientamento secondo cui il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni e agli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si
traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti territoriali (ex plurimis, sentenze n. 182 del 2011, n. 207 e n. 128 del 2010). Questi vincoli possono considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009, n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007). In altri termini, le norme statali devono limitarsi a porre obiettivi di contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi in modo che rimanga uno spazio aperto all’esercizio dell’autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011). Inoltre, la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento normativo rispetto all’obiettivo prefissato. Sulla base delle considerazioni che precedono e in applicazione dei canoni interpretativi sopra indicati deve ritenersi che le disposizioni contenute nell’art. 9, comma 1, del d.l. n. 95 del 2012 costituiscono effettivamente espressione di principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica proprio per la chiara finalità di riduzione della spesa e per la proporzionalità dell’intervento rispetto al fine che il legislatore statale intende perseguire. La norma impugnata, infatti, dopo aver indicativamente previsto la possibilità di una soppressione o di un accorpamento degli «enti, agenzie e organismi comunque denominati», limita il contenuto inderogabile della disposizione al risultato di una riduzione del 20 per cento dei costi del funzionamento degli enti strumentali degli enti locali. In sostanza, l’accorpamento o la soppressione di taluni di questi enti può essere lo strumento, ma non il solo, per ottenere l’obiettivo di una riduzione del 20 per cento dei costi. Per il raggiungimento di questo obiettivo, i commi 2 e 3 prevedono un duplice procedimento volto alla ricognizione di tali enti e all’individuazione dei criteri e della tempistica per l’attuazione del principio posto dal comma 1 con il coinvolgimento delle autonomie locali. Il comma 2 dell’art. 9, infatti, prevede che «con accordo sancito in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si provvede alla complessiva ricognizione degli enti, delle agenzie e degli organismi, comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica di cui al comma 1» mentre il comma 3 rimanda l’individuazione dei criteri e della tempistica per l’attuazione della norma e per la definizione delle modalità di monitoraggio ad un’intesa «ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e sulla base del principio di leale collaborazione». Il legislatore statale ha, dunque, previsto un ampio coinvolgimento anche delle autonomie locali nell’individuare le modalità della riduzione dei costi degli enti strumentali mediante lo strumento dell’intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali). Deve, pertanto, ritenersi che quanto disposto dal comma in questione non comporti, di per sé, una indebita invasione dell’area riservata dall’art. 119 Cost. all’autonomia degli enti locali, cui la legge statale può legittimamente prescrivere criteri ed obiettivi di riduzione dei costi. Va anche sottolineato che l’obiettivo di riduzione degli oneri finanziari relativi agli enti strumentali in misura non inferiore al 20 per cento è rispettoso del canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento normativo rispetto alla sfera di autonomia degli enti locali”. (Considerato in diritto, 3.3)
(Non fondatezza)

 


Sent. n. 219/2013 (red. Lattanzi)
Le Regioni e gli enti locali sono tenuti a concorrere alle manovre volte al risanamento dei conti pubblici, anche al fine di garantire l’osservanza degli obblighi assunti in sede europea
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica - Attuazione della legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale – Meccanismi premiali e sanzionatori nei confronti di Regioni ed enti locali - Sanzioni applicabili a Regioni ed enti locali, in caso di inosservanza del patto di stabilità interno, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza – Ricorso della Regione Lazio – Asserita violazione dell’autonomia finanziaria – Asserita violazione della competenza legislativa regionale nella materia concorrente della finanza pubblica – Asserita violazione della competenza legislativa regionale residuale in materia di organizzazione - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

 



Estratto dalla motivazione
“La Regione Lazio impugna l’art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 119 Cost. La disposizione censurata disciplina gli effetti conseguenti alla mancata osservanza del patto di stabilità interno da parte della Regione e degli enti locali, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza. La ricorrente circoscrive le proprie censure all’incisione dell’autonomia regionale, e ritiene che si sia in presenza di “sanzioni” così gravi e dettagliate, da ledere l’autonomia finanziaria tutelata dall’art. 119 Cost. e da eccedere la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica. Quanto, poi, alla specifica misura regolata dalla norma impugnata alla lettera d) del comma 1, ovvero al divieto di assumere personale a qualsiasi titolo, vi sarebbe anche la lesione dell’art. 117, quarto comma, Cost., relativo alla competenza residuale della Regione in materia di organizzazione interna e del personale. Le questioni non sono fondate. Questa Corte ha ripetutamente affermato che Regioni ed enti locali sono tenuti a concorrere alle manovre volte al risanamento dei conti pubblici, anche al fine di garantire l’osservanza degli obblighi assunti in sede europea, e che le misure adottate a tal fine dallo Stato costituiscono inevitabili limitazioni, in via indiretta, all’autonomia finanziaria e organizzativa regionale e locale (sentenza n. 36 del 2004). Quest’ultima non è perciò lesa, quando lo Stato abbia adottato misure contenute nei limiti di un principio di coordinamento della finanza pubblica. Si è però aggiunto che i margini costituzionalmente tutelati dell’autonomia finanziaria e organizzativa della Regione si riducono, quando essa ha trasgredito agli obblighi legittimamente imposti dalla legislazione dello Stato, al fine di garantire la tenuta della finanza pubblica allargata (sentenza n. 155 del 2011). È questo il caso su cui interviene la disposizione censurata: essa non è fonte di obblighi direttamente applicabili alle Regioni, ma piuttosto, come la stessa ricorrente mostra di sapere, di sanzioni cagionate proprio dalla violazione pregressa del patto di stabilità interno da parte della Regione. Posto che esso non è stato rispettato, rientra senza dubbio nei limiti, resi più ampi, del coordinamento della finanza pubblica un insieme di misure stringenti, divenute necessarie proprio a causa dell’inadempimento regionale, e che ben avrebbero potuto essere evitate se fosse stato osservato il patto di stabilità”. (Considerato in diritto, 17)
(Non fondatezza)
***


Sentenza n. 8/2013 (red. Cartabia)
Il Patto europeo di stabilità e crescita, che è alla base del Patto di stabilità interno, esige il rispetto di alcuni indici che mettono in relazione il prodotto interno lordo, solitamente preso a riferimento quale misura della crescita economica di un Paese, con il debito delle amministrazioni pubbliche e con il deficit pubblico.
Titolo della sentenza
Iniziativa economica – Liberalizzazione delle attività economiche – Vincolo per le Regioni e gli enti locali di adeguamento ai principi stabiliti dal legislatore statale – Previsione che detto adeguamento “costituisce elemento di valutazione della virtuosità” produttivo di conseguenze finanziarie – Non fondatezza delle questioni.


Estratto dalla motivazione
L’attuazione del principio di liberalizzazione viene considerata tra i parametri di virtuosità, sulla base dei quali, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011, “gli enti territoriali vengono suddivisi in due classi, ai fini del rispetto del patto di stabilità interno. Gli enti stimati complessivamente virtuosi sono chiamati a rispettare vincoli di finanza pubblica meno stringenti rispetto agli enti meno virtuosi [...]. Al contrario, gli enti collocati nella classe meno virtuosa subiscono una riduzione dei trasferimenti e concorrono alla realizzazione di obiettivi di finanza pubblica maggiormente onerosi [...]. La valutazione della “virtuosità” degli enti si basa su un complesso di parametri assai articolato [...], tra i quali la disposizione impugnata introduce anche l’adeguamento ai principi della razionalizzazione della regolazione economica, quale elemento aggiuntivo rispetto agli altri fattori già previsti dal legislatore. [...] Non è difficile cogliere la ratio del legame tracciato dal legislatore fra le politiche economiche di liberalizzazione, intesa come
razionalizzazione della regolazione, e le implicazioni finanziarie delle stesse. Secondo l’impostazione di fondo della normativa – ispirata a quelle evidenze economiche empiriche che individuano una significativa relazione fra liberalizzazioni e crescita economica, su cui poggiano anche molti interventi delle istituzioni europee – è ragionevole ritenere che le politiche economiche volte ad alleggerire la regolazione, liberandola dagli oneri inutili e sproporzionati, perseguano lo scopo di sostenere lo sviluppo dell’economia nazionale. Questa relazione tra liberalizzazione e crescita economica appare ulteriormente rilevante in quanto, da un lato, la crescita economica è uno dei fattori che può contribuire all’aumento del gettito tributario, che, a sua volta, concorre alla riduzione del disavanzo della finanza pubblica; dall’altro, non si può trascurare il fatto che il Patto europeo di stabilità e crescita – che è alla base del Patto di stabilità interno – esige il rispetto di alcuni indici che mettono in relazione il prodotto interno lordo, solitamente preso a riferimento quale misura della crescita economica di un Paese, con il debito delle amministrazioni pubbliche e con il deficit pubblico. Il rispetto di tali indici può essere raggiunto, sia attraverso la crescita del prodotto interno lordo, sia attraverso il contenimento e la riduzione del debito delle amministrazioni pubbliche e del deficit pubblico. In questa prospettiva, è ragionevole che la norma impugnata consenta di valutare l’adeguamento di ciascun ente territoriale ai principi della razionalizzazione della regolazione, anche al fine di stabilire le modalità con cui questo debba partecipare al risanamento della finanza pubblica. L’attuazione di politiche economiche locali e regionali volte alla liberalizzazione ordinata e ragionevole e allo sviluppo dei mercati, infatti, produce dei riflessi sul piano nazionale, sia quanto alla crescita, sia quanto alle entrate tributarie, sia, infine, quanto al rispetto delle condizioni dettate dal Patto europeo di stabilità e crescita. [...] Complessivamente, dunque, non è irragionevole che il legislatore abbia previsto un trattamento differenziato fra enti che decidono di perseguire un maggiore sviluppo economico attraverso politiche di ri-regolazione dei mercati ed enti che, al contrario, non lo fanno, purché, naturalmente, lo Stato operi tale valutazione attraverso strumenti dotati di un certo grado di oggettività e comparabilità, che precisino ex ante i criteri per apprezzare il grado di adeguamento raggiunto da ciascun ente nell’ambito del processo complessivo di razionalizzazione della regolazione, all’interno dei diversi mercati singolarmente individuati”. (Considerato in diritto, 5.1., 5.2., 5.3.)
(Inammissibilità + Non fondatezza)
***

 



Sent. n. 182/2011
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 12, comma 2, lett. b ), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65, il quale dispone che, per l'anno 2011, enti ed aziende del servizio sanitario regionale limitino le spese per il personale all'ammontare sostenuto nel 2006, ridotto dell'1,4%, per contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, secondo cui tali spese non possono, per il triennio 2010-2012, eccedere il livello raggiunto nel 2004, diminuito anche in tal caso dell'1,4%, posto che tale ultima norma esprime un principio di coordinamento della finanza pubblica.

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 12, comma 2, lett. b ), della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65, il quale dispone che, per l'anno 2011, enti ed aziende del servizio sanitario regionale limitino le spese per il personale all'ammontare sostenuto nel 2006, ridotto dell'1,4%, per contrasto con l'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, secondo cui tali spese non possono, per il triennio 2010-2012, eccedere il livello raggiunto nel 2004, diminuito anche in tal caso dell'1,4%, posto che tale ultima norma esprime un principio di coordinamento della finanza pubblica.

Non è fondata, per erroneo presupposto interpretativo, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Toscana 29 dicembre 2010, n. 65, in quanto la disposizione censurata, nel consentire alla Giunta regionale di determinare l'ammontare complessivo della riduzione delle proprie spese di funzionamento, rispetto al livello raggiunto nel 2009, contrasterebbe con l'art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, il quale, al fine di ridurre il costo degli apparati amministrativi, prescrive un taglio, secondo percentuali prestabilite, di numerose voci di spesa proprie delle amministrazioni statali, stabilendo altresì, al comma 20, che le singole disposizioni con cui tali tagli sono stati indicati nel corpo dello stesso art. 6 costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica per Regioni, Province autonome ed enti del Servizio sanitario nazionale. Infatti, la norma impugnata non è contraria a quella interposta assunta nel significato che correttamente la Regione le ha attribuito, in quanto l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 non intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale solo come limite complessivo di spesa.

 

 

 




Sent. n. 163/2011 (red. Tesauro)
L’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari
Titolo della sentenza
Appalti pubblici - Norme della Regione Calabria - Gare concernenti acquisizioni di servizi e forniture a favore degli enti del servizio sanitario regionale - Definizione del sistema di finanziamento dell'autorità regionale denominata "stazione unica appaltante" ad opera della Giunta regionale - Inosservanza del piano di rientro del disavanzo sanitario, oggetto di accordo stipulato con lo Stato - Conseguente violazione di disposizione statale di principio nella materia "coordinamento della finanza pubblica" - Illegittimità costituzionale.


Estratto dalla motivazione
“Questa Corte, con riferimento all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, ha affermato che tale norma «può essere qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 123 del 2011, n. 100 e n. 141 del 2010), poiché la «esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» determina una situazione nella quale «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa» (sentenza n. 193 del 2007). Ciò in quanto le «norme statali che fissano limiti alla spesa di enti pubblici regionali sono espressione della finalità di coordinamento finanziario (sentenze n. 237 e n. 139 del 2009)», per cui il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenza n. 52 del 2010)”.(Considerato in diritto, 3)
(Illegittimità costituzionale)
***

 

 

 

 



Sent. n. 52/2010 (red. Quaranta)
Il legislatore statale può legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica - Misure per contenere l'indebitamento - Disciplina a regime dei contratti di finanziamento mediante strumenti finanziari derivati - Individuazione, con regolamento statale, della tipologia dei contratti che regioni, Province Autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali territoriali possono stipulare - Ricorso della Regione Calabria - Asserita violazione della competenza concorrente regionale nella materia "coordinamento della finanza pubblica", con esorbitanza dal potere regolamentare statale, nonché del principio di leale collaborazione - Riconducibilità della disposizione denunciata alle materie di competenza esclusiva statale "tutela del risparmio e mercati finanziari" e "ordinamento civile" - Previsione, comunque, di adeguato meccanismo concertativo tra Stato e Regioni - Non fondatezza della questione.

 


Estratto dalla motivazione
Infine, un terzo ambito materiale che viene in rilievo è rappresentato dal coordinamento della finanza pubblica di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost. La giurisprudenza di questa Corte è ormai costante nel ritenere che norme statali che fissano limiti alla spese di enti pubblici regionali sono espressione della finalità di coordinamento finanziario (da ultimo, sentenze numeri 237 e 139 del 2009). Il legislatore statale può, dunque, legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari (sentenza n. 237 del 2009). Questa Corte, inoltre, pur affermando che le misure statali non devono prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obbiettivi (sentenza n. 289 del 2008), ha chiarito che possono essere ricondotti nell’ambito dei principio di coordinamento della finanza pubblica «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli
maggio 2014 61
territoriali sub-statali» (sentenza n. 237 del 2009 e già sentenza n. 417 del 2005). (Considerato in diritto, 12.3)
(Non fondatezza)
maggio

 

 


Sentenza n. 425/2004 (red. Onida)
La soggezione a vincoli generali di equilibrio finanziario e dei bilanci accomuna tutti gli enti operanti nell’ambito del sistema della finanza pubblica allargata.

Titolo della sentenza
Finanza regionale – Ricorso all’indebitamento – Finanziamento di spese di investimento – Estensione della disciplina alle autonomie speciali – Tipologie di operazioni costituenti indebitamento e investimento definite dalla legge statale – Non fondatezza delle questioni.
Finanza regionale – Ricorso all’indebitamento – Finanziamento di spese di investimento – Tipologie di operazioni costituenti indebitamento e investimento definite dalla legge – Potere del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito l’ISTAT, di modificare le tipologie – Lesione del principio di legalità sostanziale, sostanziale delegificazione, lesione dell’autonomia regionale – Illegittimità costituzionale.
Estratto dalla motivazione



“L’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, nel testo novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, non introduce nuove restrizioni all’autonomia regionale, ma enuncia espressamente un vincolo - quello a ricorrere all’indebitamento solo per spese di investimento - che già nel previgente regime costituzionale e statutario il legislatore statale ben poteva imporre anche alle Regioni a statuto speciale, in attuazione del principio unitario (art. 5 della Costituzione) e dei poteri di coordinamento della finanza pubblica, nonché del potere di dettare norme di riforma economico-sociale vincolanti anche nei confronti della potestà legislativa primaria delle Regioni ad autonomia differenziata. [...] La finanza delle Regioni a statuto speciale è infatti parte della ‘finanza pubblica allargata’ nei cui riguardi lo Stato aveva e conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento, nell’esercizio dei quali poteva e può chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei (cfr. sentenze n. 416 del 1995; n. 421 del 1998), come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno (cfr. sentenza n. 36 del 2004). Il nuovo sesto comma dell’art. 119 della Costituzione trova
dunque applicazione nei confronti di tutte le autonomie, ordinarie e speciali, senza che sia necessario all’uopo ricorrere a meccanismi concertati di attuazione statutaria [...]. Né si potrebbero rinvenire ragioni giustificatrici di una così radicale differenziazione fra i due tipi di autonomia regionale, in relazione ad un aspetto - quello della soggezione a vincoli generali di equilibrio finanziario e dei bilanci - che non può non accomunare tutti gli enti operanti nell’ambito del sistema della finanza pubblica allargata”. (Considerato in diritto, 5.)
(Illegittimità costituzionale + Inammissibilità + Non fondatezza)
***


Sentenza n. 36/2004 (red. Onida)
Il patto di stabilità interno concerne il concorso delle Regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il paese ha adottato con l’adesione al patto di stabilità e crescita definito in sede di Unione europea e comporta l’impegno degli enti medesimi a ridurre il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo.
Titolo della sentenza
Finanza pubblica – Enti locali – Patto di stabilità – Legge finanziaria dello Stato – Limite agli impegni per spese correnti – Convenzioni per acquisto di beni e servizi ed affidamento all’esterno dei servizi strumentali – Riduzione in misura fissa dei trasferimenti agli enti locali (anni 2002 - 2004) – Obblighi informativi nei confronti dell’amministrazione centrale – Non fondatezza della questione.

 



Estratto dalla motivazione
“Il cosiddetto patto di stabilità interno, concernente il concorso delle Regioni e degli enti locali «alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il paese ha adottato con l’adesione al patto di stabilità e crescita» definito in sede di Unione europea, e comportante l’impegno degli enti medesimi a ridurre il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo, è stato introdotto con l’art. 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 [...]. Esso si è tradotto all'inizio in un vincolo alla riduzione o alla stabilità del disavanzo annuo degli enti [...], successivamente in un limite massimo alla crescita del disavanzo [...] o ancora in un vincolo alla riduzione o alla stabilità di esso [...]. Non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti. La natura stessa e la finalità di tali vincoli escludono che si possano considerare le disposizioni impugnate come esorbitanti dall’ambito di una disciplina di principio spettante alla competenza dello Stato. È ben vero che, stabilito il vincolo alla entità del disavanzo di parte corrente, potrebbe apparire superfluo un ulteriore vincolo alla crescita della spesa corrente, potendo il primo obiettivo conseguirsi sia riducendo le spese, sia accrescendo le entrate. Tuttavia il contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto agli anni precedenti costituisce pur sempre uno degli strumenti principali per la realizzazione degli obiettivi di riequilibrio finanziario [...]. Non può dunque negarsi che, in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale, quest’ultimo possa, nell’esercizio non irragionevole della sua discrezionalità, introdurre per un anno anche un limite alla crescita della spesa corrente degli enti autonomi, tenendo conto che si tratta di un limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa. Quanto poi alla natura indifferenziata del vincolo, imposto a tutti
maggio 2014 37
gli enti senza tener conto della loro concreta situazione, essa certo sottolinea come si tratti di una misura in qualche modo di emergenza, che tende a realizzare, nell’ambito della manovra finanziaria annuale disposta con la legge, un obiettivo di carattere nazionale, applicandosi allo stesso modo a tutti gli enti locali di una certa dimensione: ma tale elemento non è sufficiente a rendere manifestamente irragionevole la misura in questione”. (Considerato in diritto, 5., 6.)
(Cessazione della materia del contendere + Non fondatezza)
maggio 2014

 

 

 

»»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» 


Informazioni generali sul sito