Corte dei conti - Delibera della Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, concernente l'approvazione del programma dei controlli e delle analisi della sezione di controllo di Bolzano per l'anno 2012 - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano - Asserita usurpazione delle funzioni provinciali di controllo e vigilanza sulla finanza pubblica degli enti locali e delle aziende sanitarie, nonché del relativo controllo successivo sulla gestione (c cost. 60/2013)

il controllo della Corte dei conti in relazione agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale (art. 1, commi da 166 a 172, della legge n. 266 del 2005) si pone su un piano distinto da quello ascrivibile alle funzioni di controllo e vigilanza sulla gestione amministrativa spettanti alla Provincia autonoma di Bolzano, non potendosi desumere dalle norme statutarie e dalle relative norme di attuazione, invocate a parametro nel presente giudizio, alcun principio di esclusività in merito alla titolarità di funzioni di controllo e di vigilanza sul conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica degli enti locali e delle aziende sanitarie (né, in maniera speculare, il suddetto controllo della Corte dei conti sulla gestione economico-finanziaria preclude in alcun modo l'istituzione di ulteriori controlli riconducibili all'amministrazione provinciale ai sensi di quanto previsto dall'art. 79, terzo comma, del d.P.R. n. 670 del 1972 e dall'art. 6, comma 3- bis , del d.P.R. n. 305 del 1988). In relazione al secondo argomento secondo il quale l'impugnata delibera dell'organo di controllo sarebbe illegittima in quanto lesiva delle prerogative provinciali nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», garantite dagli invocati parametri statutari e dalle relative norme di attuazione, interpretate anche alla luce della "clausola di maggior favore" di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, la Corte ha già affermato che il controllo di legalità e regolarità della gestione economico-finanziaria attribuito alla Corte dei conti (in specie, art. 1, commi da 166 a 172, della legge n. 266 del 2005) risulta estensibile alle Regioni e alle Province dotate di autonomia differenziata, non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della "finanza pubblica allargata" e che pertanto sono ad esse opponibili i principi di coordinamento della finanza pubblica. Inoltre, alla luce del quadro normativo già delineato dall'art. 3, comma 4, della legge n. 20 de1 1994, la Corte ha invece chiarito che il controllo sulla gestione economico-finanziaria degli enti territoriali non si connota, in senso stretto, come controllo di secondo grado, intervenendo infatti anche in via preventiva e in corso di esercizio, ed essendo attribuito alla Corte dei conti in veste di organo terzo, al servizio dello Stato-ordinamento; sicché, esso risulta piuttosto collocabile nel quadro delle complessive relazioni sinergiche e funzionali con riguardo all'esercizio dell'attività di controllo esterno, finalizzate a garantire il rispetto dei richiamati parametri costituzionali e degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea; in particolare il controllo sull'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell'unità economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.): equilibrio e vincoli che trovano generale presidio nel sindacato della Corte dei conti quale magistratura neutrale ed indipendente, garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico; alla Provincia autonoma spettano invece diverse forme di controllo interno sulla gestione delle risorse finanziarie, ancorché declinate in forma differenziata rispetto agli altri enti territoriali secondo quanto previsto dalle peculiari condizioni dello statuto di autonomia; né può trascurarsi che tale distinzione, su cui poggia l'estensione agli enti territoriali dotati di autonomia speciale del controllo sulla legalità e sulla regolarità della gestione economico-finanziaria, assuma ancora maggior rilievo nel quadro delineato dall'art. 2, comma 1, della legge costituzionale n. 1 del 2012, che, nel comma premesso all'art. 97 Cost., richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, ad assicurare l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. -

I principi fondamentali fissati dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica sono applicabili anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, tenuto conto della necessità di preservare l'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.). (c cost 39/2014)

ll d.l. 10 ottobre 2012, n. 174 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213) contiene, tra le altre, disposizioni riguardanti il rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni, i controlli sui gruppi consiliari dei consigli regionali, le modalità di adeguamento degli ordinamenti degli enti ad autonomia differenziata, i controlli esterni sugli enti locali, i controlli sulla gestione economico-finanziaria finalizzati all'applicazione della revisione della spesa pubblica degli enti locali e la clausola di salvaguardia per le autonomie speciali. Le disposizioni impugnate dalle Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna e dalla Provincia autonoma di Trento (artt. 1, commi da 1 a 12 e 16, 3, comma 1, lett. e ), 6 e 11- bis ) sono ascrivibili all'ambito materiale dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quale spetta al legislatore statale porre i principi fondamentali di riferimento. La disciplina dei controlli sugli enti territoriali ha assunto maggior rilievo a seguito dei vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, tra cui, in particolare, l'obbligo imposto agli Stati membri di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale. A tali vincoli si riconnette la normativa nazionale sul patto di stabilità interno, il quale coinvolge Regioni ed enti locali nella realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica scaturenti dai richiamati vincoli europei, diversamente modulati negli anni in forza di disposizioni legislative, costantemente qualificate come principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica. Il rispetto dei vincoli europei discende direttamente, oltre che dai predetti principi di coordinamento, dall'art. 117, primo comma, Cost. e dall'art. 2, comma 1, della legge costituzionale n. 1 del 2012, che, nel comma premesso all'art. 97 Cost., impone al complesso delle pubbliche amministrazioni di assicurare, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico. Da ciò consegue la differenza tra i controlli di regolarità e legittimità contabile attribuiti alla Corte dei conti al fine di prevenire squilibri di bilancio e i controlli istituiti dalle autonomie speciali sulla contabilità degli enti insistenti sul loro territorio e, più in generale, sulla finanza pubblica di interesse regionale. Mentre questi ultimi sono resi nell'interesse della Regione e delle Province autonome, quelli affidati alla Corte dei conti sono strumentali al rispetto degli obblighi che lo Stato ha assunto nei confronti dell'Unione europea in ordine alle politiche di bilancio. In questa prospettiva, funzionale alle esigenze di coordinamento e di armonizzazione dei conti pubblici, essi possono essere accompagnati anche da misure atte a prevenire pratiche contrarie ai principi della previa copertura e dell'equilibrio di bilancio, che ben si giustificano in ragione dei caratteri di neutralità e indipendenza del controllo di legittimità della Corte dei conti. Detti controlli si risolvono in un esito alternativo, nel senso che devono decidere se i bilanci preventivi e successivi degli enti territoriali siano o meno rispettosi del patto di stabilità e del principio di equilibrio. Cionondimeno, essi non impingono nella discrezionalità propria della particolare autonomia degli enti territoriali, né si sovrappongono alle funzioni e ai compiti riservati alle autonomie speciali dalle pertinenti norme statutarie e di attuazione, poiché, venendo in rilievo il diverso interesse alla legalità costituzionale-finanziaria e alla tutela dell'unità economica della Repubblica, sono dichiaratamente finalizzati ad assicurare la sana gestione finanziaria degli enti territoriali, a prevenire squilibri di bilancio e a garantire il rispetto del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall'ultimo comma dell'art. 119 Cost. Inoltre, tutte le tipologie dei controlli sugli enti territoriali definite dal legislatore statale devono avere comunque natura collaborativa, ancorché quest'ultimo sia libero di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi altra forma di controllo, purché esso abbia fondamento costituzionale. I principi fondamentali fissati dalla legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica sono applicabili anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, tenuto conto della necessità di preservare l'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.). Dinanzi ad un intervento legislativo statale di coordinamento della finanza pubblica riferito alle Regioni, e cioè nell'ambito di una materia di tipo concorrente, è naturale che da esso derivi una, per quanto parziale, compressione degli spazi entro cui possano esercitarsi le competenze legislative ed amministrative di Regioni e Province autonome, nonché della loro stessa autonomia di spesa.

 

Sul principio di unicità della giurisdizione costituzionale, che non tollera deroghe o attenuazioni di alcun genere, v. le citate sentenze nn. 6/1970, 31/1961, 21/1959 e 38/1957. - Corte cost 39/2014

E' costituzionalmente illegittimo, per lesione dei parametri costituzionali e statutari posti a garanzia della potestà legislativa regionale, l'art. 1, comma 7, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174 in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213), limitatamente alla parte in cui si riferisce al controllo dei bilanci preventivi e dei rendiconti consuntivi delle Regioni. Il predetto comma disciplina gli interventi che gli enti assoggettati al controllo della Corte dei conti, ivi comprese le Regioni, sono tenuti a porre in essere in seguito al giudizio operato dalla magistratura contabile ai sensi dei precedenti commi 3 e 4 nonché le conseguenze della mancata adozione degli stessi. In particolare, dalla pronuncia di accertamento adottata dalla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti consegue l'obbligo per le amministrazioni interessate - ove vengano rilevati squilibri economico-finanziari, la mancata copertura di spese, la violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno - di assumere, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito di tale pronuncia, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio, cioè, nella specie, l'obbligo di modificare la legge di approvazione del bilancio o del rendiconto mediante i necessari provvedimenti, anch'essi legislativi. Dall'omissione della trasmissione di detti provvedimenti o dalla verifica negativa della sezione regionale di controllo in ordine agli stessi, deriva la preclusione dell'attuazione dei programmi di spesa per i quali fosse accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria, ciò che equivale, nella sostanza, all'attribuzione, a tali omissioni e verifica negativa, di un vero e proprio effetto impeditivo dell'efficacia della legge regionale in base alla quale dovevano essere realizzati i programmi di spesa la cui attuazione è interdetta. La disposizione impugnata conferisce, dunque, alle pronunce di accertamento e di verifica delle sezioni regionali di controllo l'effetto, da un canto, di vincolare il contenuto della produzione legislativa delle Regioni, obbligate a modificare le proprie leggi di bilancio, dall'altro, di inibire l'efficacia di tali leggi in caso di inosservanza del suddetto obbligo. Tali effetti non possono, tuttavia, essere fatti discendere da una pronuncia della Corte dei conti, le cui funzioni di controllo non possono essere spinte sino a vincolare il contenuto degli atti legislativi o a privarli dei loro effetti. Le funzioni di controllo della magistratura contabile trovano infatti un limite nella potestà legislativa dei Consigli regionali che, in base all'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, la esercitano in piena autonomia politica, senza che organi a essi estranei possano né vincolarla né incidere sull'efficacia degli atti che ne sono espressione (salvo, beninteso, il sindacato di costituzionalità delle leggi regionali spettante alla Corte costituzionale). La Corte dei conti, d'altro canto, è organo che - come, in generale, la giurisdizione e l'amministrazione - è sottoposto alla legge (statale e regionale); la previsione che una pronuncia delle sezioni regionali di controllo possa avere l'effetto di inibire l'efficacia di una legge si configura, perciò, come palesemente estranea all'ordinamento costituzionale e lesiva della potestà legislativa regionale. Inoltre, il controllo delle sezioni regionali della Corte dei conti sulle leggi regionali con le quali sono approvati i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi delle Regioni è diretto alla verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'art. 119, sesto comma, Cost., della sostenibilità dell'indebitamento e dell'assenza di irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti. Tale controllo ha, dunque, come parametro, almeno in parte, norme costituzionali, quali gli artt. 119, sesto comma, e 81 Cost., che costituisce la garanzia costituzionale dei menzionati equilibri economico-finanziari. Il giudizio in esame si configura quindi, almeno per la parte in cui si svolge alla stregua di norme costituzionali, come un sindacato di legittimità costituzionale delle leggi regionali di approvazione dei bilanci e dei rendiconti, al quale l'impugnato comma 7 riconnette la possibile inibizione dell'efficacia di dette leggi. Tale disposizione ha così introdotto una nuova forma di controllo di legittimità costituzionale delle leggi che illegittimamente si aggiunge a quello effettuato dalla Corte costituzionale, alla quale l'art. 134 Cost. affida in via esclusiva il compito di garantire la legittimità costituzionale della legislazione (anche regionale) attraverso pronunce idonee a determinare la cessazione dell'efficacia giuridica delle leggi dichiarate illegittime. La dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della norma censurata, essendo fondata anche sulla violazione di disposizioni della Costituzione, ha efficacia per tutte le Regioni, a statuto ordinario e speciale, nonché per le Province autonome di Trento e di Bolzano (le ulteriori questioni sono assorbite). -

 

DOTTRINA

GIURISPRUDENZA

PRASSI


Informazioni generali sul sito