La spesa pubblica in base alla destinazione economica si ripartisce in spese correnti, spese in conto capitale e spese per il rimborso dei prestiti.
Le spese correnti comprendono le erogazioni necessarie per il funzionamento delle amministrazioni, per redditi di lavoro dipendente, per consumi intermedi, per prestazioni sociali e per interessi passivi.
La spese in conto capitale comprendono le spese per investimenti fissi e per contributi ed altri trasferimenti in conto capitale.
Con riferimento all’andamento della spesa corrente e capitale rispetto al PIL è possibile evincere come la forbice esistente rispettivamente tra le spese correnti e le spese in conto capitale rispetto al PIL (con eccezione della Grecia) è comune ai paesi dell’UE: Italia, Germania, Spagna, Francia ed Inghilterra.

TABELLA 3 - Spese correnti (in % PIL)Fonte: Banca d’Italia.

  1996 2000 2003 2008 2009 2012
2013
 Italia  52,4 45,9 48,4 49,2 52,5 51,1 51,2
Germania  49,1 45,1 48,5 44,1 48,3 44,7 44,7
Grecia 44,5 47,1 45,1 50,5 54 53,3 58,5
Spagna 43,2 39,2 38,4 41,4 46,2 47,8 44,9
Francia 54,5 51,7 53,4 53,3 56,7 56,7 57
Regno Unito 41,5 36,4 41,8 47,1 50,9 48,1 47,1
Media Paesi UME BCE 17 50,5 46,2 48 47,1 51,2 50 49,9
Media Paesi UE 27 49,7 44,7 47,1 47 51 49,4 49,1

Per l’anno 2014, in base al DEF 2014, i provvedimenti adottati determinano una riduzione della spesa corrente di 2,7 punti in termini di prodotto rispetto al 2013.

Dalle precedenti tabelle, si evince per l’Italia che, in linea con la media dei paesi UE, il rapporto spese/PIL è aumentato fino al 2009, per poi contrarsi per effetto dei tagli alla spesa pubblica.
Il fenomeno, trova conferma osservando i saldi della spesa corrente e della spesa in conto capitale.

TABELLA 4 - Spese in c/capitale ( in % PIL)

  1996 2000 2003 2008 2009 2012
2013
 Italia  3,7 2,6 4,3 3,8 4,4 3,1 2,7
Germania  3,2 0,8 3,2 2,8 3,1 2,5 2,4
Grecia 3,9 6,5 5,6 5,7 5,2 6,6 15,2
Spagna 4,9 4,6 4,8 5,4 5,8 6,3 2,5
Francia 4,2 3,9 3,9 4,2 4,4 4 4
Regno Unito 2,5 -0,5 2,6 5,2 5,1 3 2,6
Media Paesi UME BCE 17 3,8 2,8 3,9 3,9 4,3 3,7 3,2
Media Paesi UE 27 3,7 2,3 3,7 4,2 4,4 3,7 3,2

Dalle precedenti tabelle, si evince per l’Italia che, in linea con la media dei paesi UE, il rapporto spese/PIL è aumentato fino al 2009, per poi contrarsi per effetto dei tagli alla spesa pubblica.
Tale fenomeno, trova conferma osservando i saldi della spesa corrente e della spesa in conto capitale.

TABELLA 5 - Saldo corrente di bilancio -Fonte Banca d’Italia: Differenza fra le spese correnti e le entrate correnti. Un saldo positivo indica una situazione di disavanzo, un saldo negativo indica una situazione di avanzo, ovvero il risparmio pubblico.

  1996 2000 2003 2008 2009 2012
2013
 Italia  3,7 -1,3 1 -0,8 2,1 0,3 0,9
Germania  0,5 -1,5 1,3 -2,4 0,4 -2,2 -2
Grecia 4,7 0,1 1,8 6,4 11,9 4,9 0,9
Spagna 1,2 -3,1 -3,8 -0,6 5,3 4,5 4,9
Francia 0,1 -2,1 0,7 -0,6 3,3 1,1 0,5
Regno Unito 2 -2,7 1,2 1,6 6,7 5,2 3,5
Media Paesi UME BCE 17 1 -2,2 0,1 -1,3 2,6 0,4 0,3
Media Paesi UE 27 1 -2,4 0,2 -1,1 2,9 1 0,6

TABELLA 6 – Saldo in conto capitale di bilancio -Fonte Banca d’Italia: Differenza fra le spese in conto capitale e le entrate in conto capitale.

  1996 2000 2003 2008 2009 2012
2013
 Italia  3,3 2,2 2,7 3,5 3,4 2,7 2,1
Germania  2,8 0,4 2,8 2,5 2,7 2,1 2
Grecia 2 3,6 3,9 3,4 3,8 4 11,8
Spagna 4,3 4 4,1 5,1 5,8 6,1 2,2
Francia 3,9 3,6 3,3 4 4,1 3,7 3,8
Regno Unito 2,2 -0,8 2,3 3,4 4,7 0,9 2,3
Media Paesi UME BCE 17 3,3 2,3 3,1 3,5 3,8 3,3 2,7
Media Paesi UE 27 3,2 1,8 3 3,5 3,9 3 2,7

 

Dalle precedenti tabelle, si evince, altresì, che negli ultimi anni, per fronteggiare la crisi finanziaria, le manovre di bilancio hanno riguardato soprattutto il taglio della spesa pubblica.
Un’analisi comparativa tra l’Italia e alcuni Paesi europei (Germania, Francia, Spagna e Regno Unito) con riferimento ai principali aggregati di spesa pubblica (spesa complessiva, spesa per interessi e spesa primaria), nel periodo 2002-2012 mette in rilievo come in tutti i Paesi (e per la media EU), ad eccezione della Germania, nell’ultimo decennio la quota della spesa pubblica rispetto al PIL sia cresciuta, in particolare negli anni della crisi economica e finanziaria.
L’Italia presentava, all’inizio del periodo, una spesa primaria più bassa di quella tedesca (41,5 per cento rispetto a 45,0 per cento). A fine 2012 tale rapporto risultava invertito (45,2 per cento l’Italia, 42,3 per cento la Germania).
Nei primi anni del decennio la Germania ha avviato un piano di importanti riforme che l’ha condotta a ridurre considerevolmente il rapporto tra spesa pubblica e Pil. Ciò le ha consentito, al giungere della crisi, nel 2008, una gestione anticiclica della spesa, senza che ciò travolgesse gli equilibri di bilancio.
Ha potuto attraversare la crisi e approcciare la nuova fase di ripresa globale in una situazione economica decisamente migliore sia della media dell’Unione, sia, in particolare, di quella italiana.
All’inizio del decennio scorso la Germania seppe cogliere l’occasione che le era offerta da un periodo di forte espansione dell’economia globale per introdurre radicali riforme del mercato del lavoro e per ridurre in modo sensibile il valore della propria spesa pubblica. In appena un decennio la “grande malata” è tornata ad essere “la locomotiva d’Europa”, capace di fronteggiare meglio degli altri la crisi economica globale. Oggi la Germania ha un reddito pro-capite (a prezzi correnti) che è del 21 per cento superiore a quello italiano (nel 2002 era sostanzialmente uguale) e un tasso di disoccupazione (5,3 per cento) pari a meno della metà di quello italiano (12,2 per cento).
L’Italia, invece, negli anni di espansione dell’economia mondiale che hanno contraddistinto la prima parte del decennio scorso, ha lasciato crescere la propria spesa pubblica e ha rinviato le necessarie riforme dal lato dell’offerta. Si è così giunti, nel 2007, all’apice della fase di espansione, con un valore della spesa pubblica in rapporto al Pil pari al 47,6 per cento, di quasi quattro punti superiore a quello tedesco (43,5 per cento). La sfiducia dei mercati ci ha costretto a compiere un severo aggiustamento di finanza pubblica nel corso della recessione, con evidenti effetti pro ciclici.

Di seguito si esamina l’andamento della finanza pubblica nei principali paesi europei - Fonte: MEF. Documeto di economia e finanze 2013- :
GERMANIA.
L’economia tedesca ha risentito della profonda crisi economica del biennio 2008-2009, riuscendo, tuttavia, a uscirne agevolmente, trainata già dalla fine del 2009 dalla ripresa dell’export. Della recessione del biennio 2008-2009 ne ha comunque risentito la finanza pubblica: da una situazione prossima al pareggio nel 2008, si è passati nel 2009 a un disavanzo in rapporto al PIL superiore al parametro di Maastricht (3,1%), per arrivare nel 2010 al 4,1 per cento. In linea con gli altri Stati membri, le finanze pubbliche tedesche hanno risentito dell'aumento della spesa per protezione sociale (passata da una media del 28 per cento di PIL nel biennio 2007-2008 a una media del 31 per cento nel biennio 2009-20103) e delle misure discrezionali adottate in linea con il piano europeo di ripresa economica. La spesa pubblica ha, tuttavia, svolto un ruolo importante di stimolo alla domanda interna, favorendo il rilancio del sistema economico tedesco nel biennio 2010-2011: la spesa per consumi finali della PA ha contribuito positivamente alla crescita del PIL per tutto l’arco di riferimento (2008-2012). Nel 2010 il Consiglio dell’Unione europea ha posto la Germania sotto procedura per disavanzi eccessivi. Nel 2011, la Germania ha potuto mettere in atto azioni di consolidamento fiscale in una fase espansiva del ciclo economico, seppur in rallentamento rispetto all’anno precedente, consentendole una più efficace azione di riduzione del deficit: nel 2011, il rapporto deficit/PIL scende allo 0,8 per cento, per poi registrare nel 2012 un avanzo netto della PA dello 0,2 per cento. Risultato, questo, conseguito anche grazie ai bassi tassi di interesse.
FRANCIA.
Le imponenti politiche di stimolo che il Governo francese ha adottato nel triennio 2009-2011 per far fronte alla crisi economica si sono riflesse in un peggioramento dei principali indicatori di finanza pubblica (deficit/PIL e debito/PIL). La Francia è sotto procedura di disavanzi eccessivi sin dal 2009: il rapporto deficit/PIL, pari al 3,3 per cento nel 2008, è aumentato oltre il 7 per cento nel biennio 2009-2010. Nel 2011, la ripresa economica, anche se più debole del previsto, ha favorito l’andamento delle entrate, passate dal 49,5 per cento del PIL del 2010 al 50,8 nel 2011. Tale andamento, associato a una politica della spesa più accorta (in particolare, per quella sanitaria), ha consentito il miglioramento di quasi due punti percentuali del rapporto deficit/PIL, giunto al 5,2 per cento. Le stime della Commissione Europea prevedono un’ulteriore riduzione nel 2012 al 4,6 per cento.
La Francia si è posta come obiettivo deficit/PIL per il 2013 il raggiungimento della soglia di Maastricht del 3 per cento e l’avvio della riduzione del rapporto debito/PIL. Sul fronte del debito, la Francia ha visto costantemente crescere la propria quota rispetto al PIL, dal 68,2 per cento del 2008 all’86 per cento del 2011. Per il 2012 la Commissione Europea prevede che tale rapporto arrivi a superare il 90 per cento, in parte a causa del forte rallentamento economico
SPAGNA.
E’ dal 2009 che la Spagna presenta condizioni di finanza pubblica molto critiche. Nonostante qualche lieve miglioramento in termini di disavanzo ottenuto nel biennio 2010-2011 (il 2011 ha chiuso con un deficit al 9,4 per cento di PIL, rispetto all’11,2 del 2009), la situazione è prevista in deterioramento nel 2012. Il disavanzo spagnolo in rapporto al PIL dovrebbe attestarsi nel 2012 al 10,2 per cento, il più elevato dell’Eurozona: i tre diversi piani di correzione fiscale intrapresi dal governo in corso d’anno si sono rilevati insufficienti per garantire il rispetto degli obiettivi concordati in sede europea e l’obiettivo di deficit sotto il 3 per cento del PIL è slittato dal 2013 al 2014.
Nel 2012, inoltre, è divenuta stringente la necessità di ricapitalizzare quattordici istituti bancari colpiti dalla recessione e dalla crisi del mercato immobiliare. Al fine di evitare il crollo finanziario, la Spagna è ricorsa all’assistenza europea. L’accordo raggiunto nell’estate del 2012 prevede che il fondo europeo di stabilità finanziaria possa erogare fino a 100 miliardi di prestiti a lungo termine - con una scadenza media di 12,5 anni - al governo spagnolo. I fondi sono destinati, in primo luogo, alla ricapitalizzazione delle banche e, nel caso in cui ne rimanga una parte inutilizzata, questa potrà essere impiegata dallo EFSF per l’acquisto di titoli del debito pubblico spagnolo sul mercato primario e su quello secondario. Questo meccanismo può aiutare la Spagna a riportare il costo del debito pubblico a livelli sostenibili. Al momento, tuttavia, la Spagna deve fronteggiare un rapporto debito/PIL che, in quattro anni, potrebbe risultare più che raddoppiato se venisse confermata l’ultima stima della Commissione europea per il 2012: dal 40 per cento del 2008 (risultato che la poneva ben al di sotto della media dell’Eurozona pari al 70% di PIL), passerebbe all’88,4 per cento del 2012. Nei prossimi anni la Spagna dovrà dimostrare di non essersi avvitata in un sentiero simile a quello greco.
GRECIA.
La recessione greca del biennio 2011-2012 ha reso più ardua la correzione degli squilibri di finanza pubblica perseguita dal governo greco, intervenuto a febbraio e a novembre 2012 con ulteriori misure restrittive sul lato della spesa, tra cui tagli alla spesa sanitaria (in particolare quella farmaceutica), alle pensioni di anzianità, riduzione dei salari minimi, dei salari per alcune categorie di lavoratori pubblici (magistrati, docenti universitari, diplomatici, etc.), nonché riduzioni del numero di dipendenti pubblici. Le ultime stime della Commissione Europea proiettano il disavanzo greco nel 2012 a 6,6 per cento rispetto al PIL.
Nel corso dell’anno appena passato sono risultate evidenti le difficoltà della Grecia nel perseguire una politica di risanamento della finanza pubblica e di rispetto degli impegni assunti in sede europea di riduzione del debito, nonostante gli aiuti finanziari versati congiuntamente da EFSF e dal Fondo Monetario Internazionale. Preso atto della situazione, a novembre l’Eurogruppo ha posticipato di due anni, dal 2014 al 2016, il raggiungimento degli obiettivi di bilancio (in particolare dell’avanzo primario) e ha incrementato il target del rapporto debito/PIL da 120 a 124 per cento da raggiungere nel 2020.
L’intervento dell’Unione europea mediante l’EFSF (fine 2010) e le manovre correttive adottate dal governo irlandese per risanare le finanze pubbliche, ricorrendo soprattutto a tagli della spesa pubblica, hanno mostrato effetti positivi soprattutto in termini di indebitamento netto. In un solo anno, il disavanzo si è ridotto di circa la metà, raggiungendo il 13,4 per cento di PIL nel 2011 (a fronte del 30,9% del 2010). Seppure continui a rappresentare il risultato peggiore dell’Unione europea, è tuttavia da rilevare come la riduzione del deficit stia seguendo il percorso programmato (nel 2012 è previsto migliorare di circa sei punti, attestandosi al 7,7%) verso l’obiettivo del 3 per cento entro il 2015.

REGNO UNITO.
Gli ingenti sforzi compiuti nel biennio 2009-2010 per contrastare la grave crisi economico- finanziaria hanno impattato negativamente sulle finanze pubbliche del Regno Unito. La riduzione delle entrate per effetto della crisi e l’aumento di spesa pubblica necessario per fronteggiare la caduta del sistema finanziario hanno anche contribuito a un peggioramento “storico” del rapporto disavanzo/PIL nel 2009 che, in un solo anno, è incrementato di oltre sei punti, passando dal 5,1 per cento nel 2008 all’11,5 per cento nel 2009. Nello stesso periodo, il debito pubblico è aumentato di oltre quindici punti di PIL. A fronte di tale situazione, il Governo ha adottato un piano quinquennale (Emergency Budget, 2010-2015) di risanamento di medio periodo: il programma realizza interventi progressivamente più restrittivi, in un primo periodo mediante politiche anticicliche per incentivare la crescita, seguite da politiche di rientro più stringenti. Il Governo è intervenuto soprattutto sul fronte della spesa, mediante un’efficace azione di spending review, congelando i salari del pubblico impiego e riducendo i tetti di spesa dei ministeri, con conseguente prevista riduzione degli occupati per oltre 400mila unità entro il 2015-2016. Sul lato delle entrate, il piano di risanamento prevede diversi interventi - tra cui, aumento dell’Iva, incremento del prelievo sui redditi delle persone fisiche, introduzione di un'imposta sulle transazioni bancarie e diminuzione delle imposte sul reddito d’impresa - volti a incrementare in misura contenuta la pressione tributaria (passata da 39,9% di PIL nel 2009 al 42,1% nel 2012).
Il piano di risanamento sta ottenendo risultati positivi nel contenimento del disavanzo, che dal 2010 registra, in rapporto al PIL, una continua diminuzione e nel 2012 si è attestato al 6,3 per cento. Nonostante la politica di bilancio restrittiva perseguita in questi anni, il rapporto debito/PIL è, invece, in crescita ed ha raggiunto nel 2012 il 90 per cento, segnando un incremento di oltre 37 punti di PIL rispetto al dato pre-crisi del 2008. Sul peggioramento del debito ha pesato la nazionalizzazione di importanti istituti bancari falliti, tra cui Northern Rock, RBS e Lloyds