Riduzione della spesa pubblica ed autonomia degli enti territoriali

La Corte, alla luce dell’integrazione con l’ordinamento comunitario, attraverso le proprie pronunce ha chiarito che sono estensibili a tutte le Regioni, e dunque anche a quelle ad autonomia differenziata, i vincoli posti dalla legislazione statale riconducibili ai principi fondamentali di “coordinamento di finanza pubblica”, in ragione dell’imprescindibile esigenza di assicurare l’unitarietà delle politiche complessive di spesa che lo Stato deve realizzare – sul versante sia interno che comunitario e internazionale – attraverso la partecipazione di tutte le Regioni all’azione di risanamento della finanza pubblica e al rispetto del cosiddetto “patto di stabilità” .
La Corte osserva che le norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi princıpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione:

  1. devono limitarsi a porre obiettivi di riequilibrio, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente ;
  2. non devono prevedere in modo esaustivo strumenti o modalita` per il perseguimento dei suddetti obiettivi , in modo che rimanga uno spazio aperto per l’esercizio dell’autonomia regionale .

I vincoli imposti con tali norme possono «considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un “limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa”(sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009; n. 289 del 2008; n. 169 del 2007)» .        
Sulla base di questi presupposti, la Corte ha ritenuto legittimo il meccanismo sanzionatorio dei tagli ai trasferimenti prevista quale sanzione per il mancato adeguamento delle regioni alle disposizioni sil taglio ai costi della politica (art. 2 del D.L. 92/2012) . Occorre, però, tenere presente la struttura di quest’ultima disposizione, che è ispirata alla logica premiale e sanzionatoria già delineata dal legislatore all’art. 2, comma 2, lettera z), della legge n. 42 del 2009, quale criterio direttivo generale nell’esercizio della delega al Governo in materia di federalismo fiscale. Il censurato art. 2, comma 1, infatti, pur contenendo alcune previsioni puntuali, le configura non come obblighi bensì come oneri. Esso non utilizza, dunque, la tecnica tradizionale d’imposizione di vincoli alla spesa ma un meccanismo indiretto che lascia alle Regioni la scelta se adeguarsi o meno, prevedendo, in caso negativo, la conseguenza sanzionatoria del taglio dei trasferimenti erariali. Il meccanismo così delineato realizza il duplice obiettivo di indurre a tagli qualitativamente determinati e di garantire il contenimento della spesa pubblica secondo la tradizionale logica quantitativa: in linea di principio, dunque, le norme censurate non esorbitano dai limiti propri della competenza statale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. «la stessa nozione di principio fondamentalenon può essere cristallizzata in una formula valida in ogni circostanza, ma deve tenere conto del contesto, del momento congiunturale in relazione ai quali l’accertamento va compiuto e della peculiarità della materia» (sentenza n. 16 del 2010); di guisa che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest’ottica, «possono essere ricondotti nell’ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica “norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali”(sentenza n. 237 del 2009 e già sentenza n. 417 del 2005)» (sentenza n. 52 del 2010). Pertanto, le prescrizioni dell’art. 2, comma 1, che costituiscono espressione di tale principio, nonché le conseguenze del mancato adeguamento, essendo legate al principio medesimo da un «evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione» (sentenze n. 16 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007), non possono considerarsi una irragionevole limitazione dell’autonomia finanziaria regionale
Inoltre, la Corte in merito al ridimensionamento delle partecipazioni in società che svolgono attività strumentali per le pubbliche amministrazioni, con volumi di fatturato superiori al 90% (nel 2011) previsto dall’art. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, ha dichiarato costituzionalemnte illegittima la citata  disposizione in quanto incide sia sulla materia dell'organizzazione e funzionamento della Regione (art. 117 c. 4 Cost) e sia sulla competenza regionale concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Nel caso in argomento,  il legislatore delinea  una disciplina puntuale e dettagliata che vincola totalmente le amministrazioni regionali, senza lasciare ad esse alcun margine di adeguamento e poiché la disciplina impugnata obbedisce anche alla finalità del contenimento della spesa pubblica, la Corte  ha rilevato che  le singole disposizioni non sono riconducibili a principi di coordinamento della finanza pubblica in quanto non ricorre la duplice condizione che deve caratterizzare l'imposizione di limiti alla spesa di enti pubblici regionali, ossia: a) di porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; b) di non prevedere in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi.
In merito alle misure di vario contenuto volte al contenimento della spesa pubblica, quali la riduzione di indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità corrisposti ai componenti di organi collegiali e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, riduzione del numero dei componenti di organi collegiali, riduzione della spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, riduzione di spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, divieto di sponsorizzazioni, riduzione di spese per missioni, riduzione di spese per formazione non è fondata la questione di legittimità costituzionale della norma. Essa non opera in via diretta, ma solo come disposizione di principioe, pertanto, gli enti locali possono calcolare l'ammontare complessivo dei risparmi da conseguire  e modulare in modo discrezionale, tenendo fermo il limite di spesa complessivo assumibile, le percentuali di riduzione delle singole voci .


Corte Cost. sent. nn. 169, 82/2007; 102/2008.

Corte cost. 14 novembre 2005, n. 417. Nel dichiarare incostituzionale le disposisioni di alcune norme del DL 168 del 12 luglio 2014, sul contenimento delle spese di funzionamento dei Comuni e delle Regioni ha affermato che “I vincoli di bilancio che il legislatore statale può legittimamente imporre agli enti autonomi vanno circoscritti alla “disciplina di principio” e vanno fondati su “ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi comunitari”. Pertanto detti vincoli “debbono avere ad oggetto o l’entità del disavanzo di parte corrente oppure –ma solo in via transitoria ed in vista di specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale –la crescita della spesa corrente degli enti autonomi e non invece limiti all’entità di una singola voce di spesa” .

Corte Cost., sent.16 novembre 2009, n. 297 - Pres. Amirante - Red. Gallo. La Corte afferma che le disposizioni richiamate dal censurato c. 600 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) stabiliscono che il contenimento della spesa pubblica deve essere perseguito dalle Regioni attraverso le specifiche misure indicate dai commi 588-602: come e` evidente, dette disposizioni non si prestano in alcun modo, per il loro livello di estremo dettaglio, ad individuare, neppure in via di astrazione, un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quale limite complessivo, anche se non generale, della spesa corrente. Esse sono idonee solo a incidere sulle indicate singole voci di spesa, in quanto introducono vincoli puntuali e specifiche modalita` di contenimento della spesa, e di conseguenza, la disposizione censurata, nella parte in cui afferma che possono essere desunti «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica» da norme che, per il loro contenuto, sono inidonee a esprimere tali princıpi, realizza un’inammissibile ingerenza nell’autonomia finanziaria regionale.

Corte Cost. n. 182 del 2011.

Corte Cost. n. 236 del 2013.

Corte Cost. n. 23 del 13 febbraio 2014.

FORMEZ. La Spending review e il controllo della spesa negli EELL, G.  Alessandro (magistrato Corte dei Conti).

Corte costituzionale 229 del 16 luglio 2013.

Corte Cost., 23 maggio 2012, n. 139.