ACCORDI TRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E PRIVATI - ART 11 L 241/90 -

La progressiva diffusione dello strumento di azione non autoritativo ha costituito il presupposto per l’intervento del legislatore che, nel 1990, ha – come noto – emanato la fondamentale legge sul procedimento amministrativo, nell’ambito della quale ha trovato collocazione anche la materia degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento, che, per certi versi, si può accostare al “contratto di diritto pubblico” di area tedesca o al “contratto amministrativo” di origine francese.

La fattispecie è appunto regolata dall’art. 11 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, inserita nel capo riguardante la partecipazione del privato al procedimento: l’istituto è stato cofigurato come uno strumento di cooperazione fra l’amministrazione e la parte non pubblica, rivestendo la precipua funzione di consentire proprio ai privati l’assunzione di un ruolo propulsivo nel contemperamento dei diversi interessi in gioco, altrimenti appannaggio esclusivo dell'ente. Il citato articolo 11 consente infatti all'amministrazione di stipulare accordi allo scopo di fissare il contenuto del provvedimento finale oppure in sostituzione del provvedimento stesso.

L'accordo rivela un nesso strettissimo con la partecipazione procedimentale, tanto che può dirsi che non vi può essere accordo senza che vi sia stato avvio del procedimento, per cui può senz'altro dirsi che non possono concludersi accordi al di fuori e prima dell'avvio del procedimento e che non siano espressione della partecipazione procedimentale tesa a stabilire nel caso concreto quale sia l'interesse pubblico.

La L 241/90 prevede che le amministrazioni pubbliche possano sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. Inoltre dispone che “in accoglimento di osservazioni o proposte presentate a norma dell’art. 10 , l’amministrazione procedente puo' concludere senza pregiudizio dei diritti dei terzi e, in ogni caso, nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo” (art. 11)

L'art.11 distingue due ipotesi, due tipi di contratto ad oggetto pubblico aventi diverse funzioni, la prima è quella degli accordi procedimentali o preliminari al provvedimento, la seconda è quella degli accordi sostitutivi.

a) accordi procedimentali
b) accordi sostitutivi (la L 15/2015 ha abrogato la prevIsione della tipicità)

L'accordo pubblico deve essere stipulato "in ogni caso nel perseguimento dell'interesse pubblico" e "per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo".
Gli accordi devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità, salvo che la legge disponga diversamente.
L'amministrazione puo' recedere unilateralmente dall'accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse "salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato".
Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione sono riservate alla giurisdizione esclusiva.

L'accordo è strettamente legato al tema della partecipazione: esso puo' essere concluso "in accoglimento di osservazioni e proposte".

L'ACCORDO PROCEDIMENTALE

L'accordo procedimentale è concluso "al fine di determinare il contenuto del provvedimento finale" (non quindi il provvedimento discrezionale finale ma il suo contenuto e ciò significa che può essere adottato anche in presenza di provvedimenti finali vincolati per aspetti che possono presentare - nel quando o nel quomodo - elementi di discrezionalità e che può essere stipulato se fornisce ad entrambe le parti un'utilità maggiore di quella della mera adozione del provvedimento finale altrimenti non vi sarebbe alcun motivo pratico di stipulare l'accordo che finirebbe con l'essere un doppione del normale canale autoritativo).

L'accordo determinativo del contenuto non elimina la necessità del provvedimento nel quale confluisce, sicchè il procedimento si conclude pur sempre con un classico provvedimento unilaterale produttivo di effetti.

L' accordo integrativo è un accordo endoprocedimentale destinato a riversarsi nel provvedimento finale. Esso, ammissibile soltanto nell'ipotesi in cui il provvedimento sia discrezionale, fa sorgere un vincolo tra le parti, in particolare l'amministrazione è tenuta ad emanare un provvedimento corrispondente al tenore dell'accordo. Il provvedimento non è revocabile, almeno per quella parte che corrisponde all'accordo, in ordine alla quale si puo' esercitare il potere di recesso.

Agli accordi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili.

L'ACCORDO SOSTITUTIVO


L'accordo sostitutivo è ammesso nei soli casi previsti dalla legge, mentre l'accordo integrativo può sempre essere concluso.

L' accordo sostitutivo elimina la necessità di emanare un provvedimento ed è soggetto ai medesimi controlli previsti per il provvedimento sostituito. Nel nostro ordinamento sono previsti pochi casi di accordo sostitutivo tra i quali si ricorda l'accordo di cessione che produce effetti del decreto di esproprio.

L'ipotesi in esame innesca una serie di problematiche, fra le quali spicca quella legata alla necessità o meno della pendenza di un procedimento amministrativo in cui far cofluire l'accordo integrativo o sostitutivo del provvedimento.
La questione è stata esaminata dal T.A.R. Lombardia nel 2006, che, in maniera assolutamente innovativa rispetto alla precedente giurisprudenza, ha prospettato un'interpretazione estensiva della norma, affermando che gli accordi, riconducibili al genus dell'art. 11, possono essere conclusi anche in as- senza di un procedimento amministrativo pendente.
In senso contrario si era invece orientata la giurisprudenza precedente, specie quella del Consiglio di Stato, che ha sempre negato la natura di accordo sostitutivo di un provvedimento, qualora non fosse stato preventivamente avviato un procedimento in cui situare l'accordo medesimo.

Per la verità, la pronuncia dei giudici milanesi dev'essere segnalata anche per un altro motivo. La stessa cofigura infatti un'ipotesi di cogenza dell'accordo non soltanto nei confronti del privato, ma anche dell'amministrazione: secondo il Tribunale, l'inadempimento dell'ente pubblico agli obblighi derivanti dal contratto assume una rilevanza diretta sul piano dell'azione amministrativa, con conseguente annullabilità del provvedimento difforme per violazione di legge, con riferimento all'art. 1372 cod. civ., in forza del rinvio, contenuto nell'art. 11, comma 2, della legge n. 241 del 1990 ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti37. In virtù della spiccata affinità con la materia delle concessioni, la menzionata sentenza del T.A.R. Lombardia offre lo spunto per una sintetica ricostruzione della natura giuridica degli accordi. In proposito, la dottrina ha elaborato molteplici e variegate teorie, che sono sostanzialmente riconducibili a quattro diversi filoni.

LA NATURA GIURIDICA DEGLI ACCORDI

 

LA TESI PRIVATISTICA

Secondo una prima teorica panprivatistica, gli accordi ex art. 11 sono da considerare dei veri e propri "contratti" di diritto privato, trovando nel codice civile la principale sede di disciplina della materia. Il fondamento di tale ricostruzione è costituito dal tenore letterale del citato articolo 11, il quale testualmente dispone che sono applicabili, ove non diversamente previsto, i principi del codice in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili.
È necessario evidenziare che la legge fondamentale sul procedimento pone una duplice limitazione, costituita dall'insussistenza di una diversa previsione e dalla compatibilità dei principi civilistici, ma, in sostanza, il rinvio assume un carattere generale, espressivo di una piena fungibilità fra il diritto privato e quello pubblico.

A tale proposito è stato infatti prospettato che il rimando ai principi codicistici,"in quanto compatibili", debba essere interpretato nel senso che la loro applicabilità è esclusa solo da norme che disciplinano gli accordi (o talune tipologie di essi) in maniera espressamente incompatibile con quegli stessi principi civilistici.

Allo stesso modo, l'ulteriore limite, costituito dall'insussistenza di una diversa previsione, deve intendersi come riferibile ad eventuali future discipline di settore, derogatorie di siffatta regolamentazione, ovvero come deroga pattizia dei suddetti principi. In ogni caso, in base alla sopra richiamata impostazione teorica, la clausola di compatibilità implicherebbe la diretta estensione della disciplina civilistica e con negherebbe pertanto tutta la materia nell'ambito di un'unica categoria giuridica di riferimento: quella del contratto. D'altra parte, la stessa terminologia lessicale, utilizzata dal legislatore nella legge n. 241/990 a proposito dell'"accordo", è identica a quella, contenuta  nell'art. 1321 cod. civ., in riferimento al contratto. Di qui, la completa fungibilità – secondo alcuni autori – fra gli strumenti pubblicistici e quelli di diritto privato in funzione di uno scopo comune, costituito appunto dall'interesse generale.
Il nostro legislatore, attraverso l'art. 11 della legge n. 241 del 1990 ha peraltro chiaramente manifestato la sua volontà di ricondurre tali accordi alla disciplina civilistica del nostro codice. Anche la giurisprudenza ha invero mostrato di accogliere la suddetta impostazione concettuale: lo stesso Consiglio di Stato ha infatti affermato che la finalità dell'atto e l'intensità del nesso teleologico con la migliore cura dell'interesse pubblico non costituiscono di per sé soli elementi signficativi per attribuire a tale atto natura autoritativa e provvedimentale, essendo ormai pacfico che la pubblica amministrazione possa perseguire i propri compiti istituzionali con atti tanto autoritativi quanto paritetici; per altro verso, la finalità pubblicistica è realizzabile con strumenti di diritto comune senza per ciò escludere la cura dell'interesse pubblico e, anzi, la previsione d'una giurisdizione amministrativa esclusiva nei contratti ad oggetto pubblico ex art. 11, l. 7 agosto 1990 n. 241, scaturisce proprio dall'implicito riconoscimento che, in tali rapporti, possono aver rilievo anche le posizioni di diritto soggettivo delle parti, ancorché basate su accordi, ma pur sempre tese alla realizzazione dell'interesse medesimo. In base ad una differente teoria, gli accordi procedimentali assumerebbero sempre natura negoziale, ma di diritto privato speciale, ad autonomia ristretta.

GLI EFFETTI DELLA TESI PRIVATISTICA sono:
- l'esclusione dell'esercizio dei poteri unilaterali diversi dal recesso previsto dall'art.11 e quindi l'impossibilità di esercitare poteri di autotutela;
- l'applicazione della disciplina coicistica dell'invalidità dei contratti e non delle speciali regole dell'invalidità dei provvedimenti di cui alla L 241;
- l'esperibilità delle azioni di adempimento della tutela ez art 2932
- l'esperibilità della risoluzione per inadempimento

 

LA TESI PUBBLICISTICA

Gli indici sono rappresentati:
1) collocazione della norma;
2) duplice clausola di salvezza nel rinvio ai principi civilistici;
3) poteri di recesso per sopravvenuti motivi di pubblico interesse;
4) la giurisdizione esclusiva del GA

 

GLI EFFETTI DELLA TESI PUBBLICISTICA sono:
- autotutela pubblicistica;
- applicabilità della disciplina della patologia del provvedimento;
- esclusione delle azioni civilistiche (quale quella ex art 2932 cc);
- agire davanti al GA attraverso l'impugnazione dell'atto di recepimento;
- previa determina della PA
- Autotutela (questione della revoca dell'aggiudicazione e recesso dal contratto)

L'adozione della previa determinazione della PA consente ai terzi controinteressati di esercitare un tipico strumento di tutela pubblicistica impugnando tale determinazione. All'eventuale invalidità della determina consegue l'invalidità derivata dell'accordo

IL RECESSO DELLA PA ED INDENNIZZO PER IL PRIVATO

SOPRAVVENUTI MOTIVI DI PUBBLICO INTERESSE

RECESSO UNILATERALE

INDENNIZZO

Il recesso ex art 11 è assimilabile al potere di revoca ex art 21-quinquies

Indennizzo riguarda Danno emegente o anche mancato guadagno?

GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GA

Art 11 c.5: abrogato

Art 133 cpa Materie di giurisdizione esclusiva

2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni;

La giurisdizione esclusiva riguarda una determinata tipologia di atto e non una materia:
- inadempimento dell'obbligo di concludere una convenzione riconducibilie agli accordi procedimentali;
- adempimento o in subordine risoluzione di una convenzione di lottizzazione
- cessione volontaria di beni in luogo dell'espropriazione. Spetta al GA quando la controversia riguarda la conclusione o l'esecuzione dell'accordo per aspetti che non riguardano l'indennità (art. 53 TU espropriazioni)

 


 

 

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