CONTRATTI DERIVATI

 

Gli strumenti finanziari derivati sono contratti il cui valore dipende dall'andamento del cosiddetto sottostante (o underlying asset), ovverosia di una o più variabili aventi natura finanziaria o reale quali:
- tassi di interesse;
- azioni o indici azionari;
- merci, materie prime;
- tassi di cambio
.

Esistono più categorie di prodotti derivati, ma a grandi linee si può affermare che i contratti derivati traggono fondamento dalle diverse aspettative che i contraenti nutrono sull'evoluzione del valore dell'underlying asset.

Sempre in prima approssimazione, si può aggiungere che il valore del derivato è strettamente connesso all'andamento del sottostante, sulla base di una relazione rappresentata da una funzione matematica.

Questi prodotti sono stati creati soprattutto per la tutela dei rischi legati alla volatilità dei mercati, ovverosia per la copertura delrischio connesso alle oscillazioni dei tassi di interesse, dei cambi e della quotazione dei titoli azionari ed obbligazionari. Estremamente dinamici, in grado di rispondere alle più diverse esigenze e indicati per mantenere il proprio portafoglio di attività produttivo e protetto al tempo stesso, i derivati garantiscono grossi flussi di liquidità nei mercati finanziari e devono la loro crescente diffusione alla circostanza che ogni strumento derivato può essere utilizzato per soddisfare esigenze speculative, di copertura e di arbitraggio. I derivati sfruttano l'effetto leva e consentono, anche a fronte di un investimento ridotto, un guadagno più che proporzionale. Le loro caratteristiche intrinseche, però, possono anche determinare perdite consistenti della cifra investita, senza dimenticare il fatto che i derivati hanno dei costi commissionali molto alti e prevedono un profilo del cliente alquanto aggressivo. È, però, vero che chi ha in portafoglio azioni o obbligazioni o chi detiene strumenti costruiti con queste due componenti non può non prendere in considerazione un investimento in prodotti derivati per garantirsi una protezione dalle oscillazioni negative degli strumenti stessi nell'arco temporale che abbraccia l'intera durata dell'investimento.

LA STORIA

 

La storia dei derivati è relativamente recente, soprattutto se si guarda alla loro diffusione sul mercato dei capitali. Risale alla prima metà del Seicento l'ammissione alla negoziazione al Royal Exchange di Londa di contratti forward. È datata 1821 e 1848 la costituzione del Liverpool Cotton Exchange e della Chicago Board of Trade, in cui erano negoziati i futures, rispettivamente, sul cotone e sul grano. Intorno al 1970 fu, temporalmente, molto ravvicinato il passaggio dai derivati su valute e sull'oro ai derivati su indici o strumenti finanziari, oltre che ai derivati su tassi d'interesse e su titoli sovrani. Negli anni '80 i derivati giungono ad avere, quale riferimento, qualsiasi tipologia di sottostante e nel decennio successivo le sottoscrizioni di questi contratti raggiungono dimensioni ragguardevoli disvelando, però, la loro ambivalenza. Da un lato, rappresentano strumenti che consentono una redistribuzione del rischio e che facilitano il funzionamento dei mercati finanziari, ma dall'altro risultano non immuni da rischi causando anche ingenti perdite presso il pubblico dei consumatori e delle imprese verso cui sono stati collocati.

FINALITA'

Essi sono utilizzati, principalmente, per tre finalità:
1) ridurre il rischio finanziario di un portafoglio preesistente in modo tale da neutralizzare l'andamento avverso del mercato, le perdite o i guadagni sulla posizione da coprire, che vengono bilanciati con i guadagni o le perdite sul mercato dei derivati. (finalità di copertura o, anche, hedging);
2) assumere esposizioni al rischio al fine di conseguire un profitto basato sull'evoluzione attesa del prezzo dell'attività sottostante (finalità speculativa);
3) conseguire un profitto privo di rischio attraverso transazioni combinate sul derivato e sul sottostante tali da cogliere eventuali differenze di valorizzazione (finalità di arbitraggio).

DERIVATI SIMMETRICI E DERIVATI ASIMMETRICI

si parla di derivati simmetrici quando l'acquirente e il venditore si impegnano ad effettuare una prestazione alla data di scadenza,

mentre si denominano derivati asimmetrici gli strumenti finanziari in cui il compratore, con il pagamento di un prezzo, acquista il diritto di decidere in una data futura se effettuare o meno la compravendita del sottostante.

Derivati negoziati sui mercati regolamentati e i derivati over the counter .

I derivati negoziati sui mercati regolamentati sono contratti in cui tutte le condizioni contrattuali sono sottratte all'autonomia negoziale in quanto le caratteristiche (tra cui l'attività sottostante, la durata, il taglio minimo di negoziazione e le modalità di liquidazione) sono standardizzate e definite dall'autorità del mercato su cui vengono negoziati.
Nel nostro Paese, il mercato telematico di Borsa Italiana dedicato agli strumenti derivati è denominato IDEM.
Il SeDeX è, invece, il mercato di Borsa Italiana dedicato ai derivati cartolarizzati: questi ultimi si differenziano dagli altri derivati per la circostanza che non sono contratti, bensì titoli. Ne discende che possono essere emessi solo da un intermediario finanziario e da società che rispondano a stringenti requisiti patrimoniali e di vigilanza, oppure da Stati e organismi internazionali, fermo restando che il soggetto che emette il titolo non può essere lo stesso che emette l'attività sottostante.

I derivati over the counter (OTC) sono, invece, negoziati direttamente tra le due parti al di fuori dei mercati regolamentati e si caratterizzano per la presenza di clausole contrattuali non standardizzate, ma preventivamente discusse e concordate.
I principali contratti derivati negoziati fuori Borsa sono gli swaps e i forward

Commodities e financial derivatives

il sottostante è rappresentato nel primo caso da merci e, nel secondo caso, da attività finanziarie quali azioni, obbligazioni, valute e strumenti finanziari derivati.

Plain vanilla

Infine, in considerazione della complessità dello strumento, si parla di derivati plain vanilla per indicare quei contratti che hanno una struttura elementare e standardizzata con l'aggiunta di derivati cd. "esotici", cioè strumenti che sono il prodotto dell'ingegnerizzazione finanziaria di diverse tipologie di derivati.

Passando alle principali tipologie di derivati finanziari, i contratti a termine sono accordi tra due soggetti aventi ad oggetto la consegna di una determinata quantità di un sottostante (attività finanziarie o merci) ad un prezzo e ad una data prefissati.
Le principali tipologie di contratti a termine sono i contratti futures e forward

In questi contratti, le variazioni del valore del sottostante determinano il profilo di rischio/rendimento: per il venditore del contratto il rischio è rappresentato dall'apprezzamento del bene e, quale rovescio della medaglia, per l'acquirente il rischio è costituito dal deprezzamento del bene.

Il future è un contratto derivato negoziato su mercati regolamentati, in base al quale le due parti si impegnano a vendere e a comprare una determinata attività a una data futura prestabilita e ad un prezzo prefissato.
Il contratto future si estingue prima della scadenza, mediante la stipula di un contratto di segno opposto, ovvero alla scadenza, con la consegna del sottostante o la liquidazione per contanti.

Il forward è un contratto di compravendita a termine negoziato over the counter , avente come sottostante un bene reale oppure un'attività finanziaria: le parti si obbligano ad effettuare la prestazione a scadenza, ovverosia a vendere e ad acquistare l'attività sottostante alla data pattuita, pagando il prezzo concordato. Tale prezzo viene concordato all'atto della stipula del forward, in modo tale che il valore iniziale del contratto sia nullo: l'assunzione di una posizione in forward non comporta, di conseguenza, alcun esborso monetario immediato.

L' OPZIONE

L'opzione è un contratto asimmetrico che, a fronte del pagamento di un premio, conferisce all'acquirente (holder) il diritto, ma non l'obbligo, di comprare (opzione call ) o di vendere (opzione put ) il sottostante (che può essere un'attività finanziaria, una merce o un evento di varia natura) ad un prezzo prefissato ( strike price o prezzo d'esercizio).
Il venditore dell'opzione (writer) riceve in ogni caso il pagamento del premio, ma resta vincolato alla decisione del compratore in merito all'esercizio dell'opzione: si parla di opzione americana e di opzione europea a seconda che la facoltà attribuita all'holder si manifesti entro una data certa oppure ad una data prefissata. Nell'ipotesi in cui il diritto d'opzione venga esercitato, il ricavo consisterà nella differenza tra il prezzo corrente del sottostante e lo strike pricenel caso di opzione call , e nella differenza tra il prezzo di esercizio e il prezzo corrente del sottostante nel caso di opzione put .

In concreto, nel caso dell'opzione call , l'esercizio della facoltà di acquisto si rivela conveniente per il buyer quando il prezzo del sottostante supera il prezzo d'esercizio, mentre nel caso dell'opzione put la convenienza si palesa quando il prezzo del sottostante è inferiore al prezzo di esercizio.

Lo swap

Lo swap è il contratto (non negoziato sui mercati regolamentati, ma stipulato mediante un accordo bilaterale tra le parti interessate) con il quale due parti si impegnano a scambiarsi una serie di flussi monetari per un certo periodo di tempo secondo regole predeterminate.
È il contratto stesso a definire le date in cui verranno effettuati i pagamenti reciproci e le modalità per il calcolo delle rispettive somme.
In base al tipo di parametro o variabile di mercato, si individuano due principali categorie di swap: gli interest rate swaps e i currency swaps .

Nel primo caso, due parti si accordano di scambiarsi reciprocamente i tassi di interesse (fissi o variabili) su un importo nominale di base che funge da base di calcolo e che non costituisce oggetto di trasferimento. Il contratto, pertanto, non dà luogo allo scambio, ma semplicemente viene definito il saldo periodico tra il tasso fisso e quello variabile vigente alla scadenza intermedia o finale. Questa tipologia di swap non è solo uno strumento speculativo, ma offre la chance di sfruttare le opportunità di arbitraggio esistenti tra i diversi segmenti del mercato creditizio e di modificare il profilo dei flussi finanziari di attività o passività in presenza di situazioni di mismatching (squilibrio nella struttura delle scadenze degli attivi e passivi di bilancio, nella stessa moneta).

Per quanto concerne invece i currency swaps , si tratta di un contratto swap in cui i flussi periodici sono denominati in valute diverse. Il che comporta uno scambio a pronti di una data quantità di una valuta in cambio di un'altra valuta al tasso di cambio corrente, uno scambio di segno opposto a termine e la corresponsione da parte delle controparti, per tutta la durata del contratto, degli interessi periodici maturati sull'ammontare delle valute scambiate.

Esistono, poi, gli asset swap e i credit default swap . I primi sono contratti in cui due parti si scambiano pagamenti periodici liquidati in relazione ad un titolo obbligazionario, per cui una parte corrisponde l'interesse connesso all'obbligazione e l'altra riceve l'interesse dell'obbligazione e paga un tasso di natura diversa. I secondi sono contratti in cui un soggetto effettua pagamenti periodici a favore della controparte per proteggersi dal rischio di credito associato ad un determinato sottostante.

 

Lo swap consiste in uno scambio di flussi di somme di denaro, le parti devono essere in posizione di parità finanziaria, così che il valore di mercato dello swap sia uguale a zero, secondo la costante e moderna prassi internazionale degli affari che regola questo mercato.
In sostanza gli interest rate swap sono una vera e propria scommessa: su un tasso variabile si scambia il proprio euribor variabile vendendolo alla banca, e la banca vende il tasso fisso: due parti, quindi, si accordano per scambiarsi flussi di pagamenti (anche detti flussi di cassa) a date certe. Per il periodo della durata del finanziamento, il cliente investitore si accorda con la banca perché, ad una certa data avrà una rilevazione sull’euribor, scambiando il variabile con il fisso che la banca sta vendendo. Come si è visto, l’ammontare dei pagamenti è determinato in base al cosiddetto “sottostante”.

Se invece lo swap è non par  (cioè se al momento della stipula il valore è negativo per una parte, che è gravata da condizioni più onerose) bisogna riequilibrare il sinallagma attraverso il pagamento, sempre al momento della stipula, di una somma di denaro (up front) corrispondente al valore negativo del contratto.
La presenza di uno squilibrio iniziale, non compensato dal riconoscimento del suddetto premio (up front) costituisce quello che genericamente è stato definito un “costo occulto” ed un indebito profitto da parte della banca  

Secondo la Suprema Corte, il “mark to market” (cioè il valore del contratto ad una certa data) non esprime affatto un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore tecnico di mercato in caso di risoluzione anticipata e d'altronde, il valore del mark to market è influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell'andamento dei mercati finanziari, dovendosi poi attrarre nell'ambito dei relativi parametri di determinazione anche l'up front erogato e l'utile per la banca: in sostanza, quindi, esso è considerato come lo strumento impiegato per determinare il valore del contratto derivato in scenari di incertezza

Con l'espressione mark to market si intende definire il metodo di valutazione in base al quale il valore di uno contratto finanziario (in tal caso, derivato) è sistematicamente modificato in funzione dei prezzi correnti di mercato: letteralmente, infatti, significa "valutare secondo il mercato". Le attività finanziarie, infatti, possono essere valutate secondo il “costo storico” (cristallizzato), secondo una procedura detta di "costo corrente" (un valore attualizzato tramite l’indicizzazione dei prezzi), o secondo il prezzo di mercato; al fine di produrre un bilancio che sia informato al necessario carattere di verità, i principi contabili solitamente impongono di usare il mark to market per valutare attività e passività finanziarie.

Il “Mark to market è un’espressione che designa – in larga approssimazione – un metodo di valutazione delle attività finanziarie, che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante il ricorso a indici d’aggiornamento monetario. Il mark to market è detto anche costo di sostituzione, perché corrisponde al prezzo, dettato dal mercato in un dato momento storico, che i terzi sarebbero disposti a sostenere per subentrare nel contratto stesso -  Cass. Pen., Sez. II, 8 luglio 2016, n. 14059 -

I costi occulti non sono oggetto di definizione da parte di una qualche norma giuridica: anche e proprio alla luce di tale ultima considerazione deve escludersi che un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata. Il valore del mark to market, infatti, è influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari, dovendosi poi attrarre nell’ambito dei relativi parametri di determinazione anche l’up to front erogato e l’utile per banca”. Esso, infatti “non è un vero e proprio prezzo di mercato concreto ed attuale, ma una grandezza monetaria teorica che è calcolata per l’ipotesi in cui il contratto cessi prima della sua scadenza naturale”.

il valore del contratto derivato non è un valore concreto ed attuale, bensì, come si è visto, una proiezione finanziaria basata su un valore teorico, tra l’altro - ed anche tale aspetto è molto rilevante ai fini in questione - nella determinatezza del valore del contratto deve tenersi conto vieppiù dell’utile della banca. Di talché lo squilibrio di uno swap (quando, quindi, è non par), soprattutto quando una banca contrae non con un’altra banca ma con un cliente privato o con una PA è un dato del tutto normale e fisiologico: quelli che sono stati definiti “costi occulti” dalla A.G. procedente, altro non sono se non valori indicativi del presumibile ricavo atteso dalla banca dall’operazione, all’esito della stessa; in quanto tali ed in quanto fisiologici, non possono essere considerati come occulti,

Gli unici elementi sui quali la banca deve essere chiara sono quelli inerenti alla determinazione delle prestazioni (tassi applicati, se fissi o variabili; in quest’ultimo caso eventualmente i dati del collar, il tasso del cap, il tasso del floor, eventuali sprea.

Il cap costituisce un’assicurazione contro un aumento del tasso variabile (ed essendo un’assicurazione contro il rischio, andrà pagato un premio al venditore. Essi quindi sono pure forme di assicurazione, con cui pagando il premio in un unico shot, il soggetto acquista un tasso fisso, bloccando in sostanza la fluttuazione del tasso; così facendo, l’acquirente di tali derivati ottiene un finanziamento pagando solo lo spread e azzerando l’Euribor);
il floor costituisce un’assicurazione contro una diminuzione del tasso variabile. Orbene, nel caso in cui il prenditore di fondi stipuli il primo in acquisto ed il secondo in vendita, si parla di interest rate collar. Per finanziarie il costo assicurativo del cap, può quindi vendersi il floor.

 

Il reato di truffa (contrattuale) è regolato dall’art. 640 c.p., in base al quale è punito “chiunque procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, inducendo taluno in errore con artifizi e raggiri”: questi ultimi, posti in essere da uno dei due contraenti, devono essere caratterizzati dal fine di trarre in inganno la controparte del negozio giuridico, inducendolo a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato e, quindi, a compiere un atto a sé stesso pregiudizievole: in particolare, la modalità contrattuale della truffa può manifestarsi in differenti condotte, ma richiede sempre e comunque la sussistenza dell'intento negoziale, la capacità creativa e la condotta fraudolenta.

Il reato può porsi in essere sia nel momento delle trattative , che nella fase dello svolgimento del rapporto contrattuale, con condotte sia commissive che omissive, fase nella quale le parti debbono agire secondo buona fede, così come previsto dal codice civile, ex art. 137 (

Una parte della dottrina è propensa, in casi di tal fatta, a ritenere non integrato il delitto di truffa, dal momento che, per natura, i contratti derivati sono ricompresi nell’ambito dei contratti aleatori, caratterizzati da fattori esogeni alle parti (l’oscillazione dei tassi di interesse); altra parte, sostiene che il rapporto tra istituti finanziari e clienti (nella fattispecie, gli enti locali) debba essere sempre informato a criteri di correttezza e completezza dell’informazione, tale che, in caso di assenza, incompletezza o falsità di quest’ultima si configurino i necessari raggiri ed artifizi richiesti dalla norma di cui all’art. 640 c.p.

 

 

 

 


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