EQUILIBRI DI BILANCIO

 

Nuovo art. 81 della Cost.. Il principio del pareggio (rectius: equilibrio)

Tra le riforme costituzionali più discusse un posto di rilievo occupa la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, nell’introdurre con il nuovo art. 81 il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ha imposto vincoli più stringenti e puntuali in materia di bilancio, contabilità pubblica e stabilità finanziaria, mentre, con la modifica degli artt. 117 e 119, ha fissato le regole in tali materie anche per le Regioni e gli enti locali.

Il ricorso al debito viene, infatti, consentito dalla novella costituzionale solo in funzione anticiclica oppure al verificarsi di eventi eccezionali(«gravi recessioni economiche», «crisi finanziarie» e «gravi calamità naturali» (comma 1, lett. d), previa autorizzazione in tal caso delle Camere, adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti. La regola dell’equilibrio, inoltre, è estesa dalla revisione costituzionale degli artt. 97 e 119 anche ai bilanci delle Regioni e degli enti locali, senza peraltro i correttivi e le deroghe eccezionali previste invece per il bilancio statale.

La revisione dell’art. 81 Cost. non solo rende il vincolo del pareggio di bilancio fonte di responsabilità giuridica, ma consente alla Corte costituzionale il controllo di ciò che in precedenza costituiva solo un obiettivo politico e non un obbligo giuridico

SI sostiene che la costituzionalizzazione dei vincoli di bilancio abbia modificato radicalmente la nostra Carta costituzionale, che, se prima poteva contemperare le scelte economico-finanziarie con i diritti fondamentali dei cittadini, ora, dopo la riforma, deve privilegiare le procedure di contenimento della spesa pubblica, condizionando i diritti di prestazione al potere di spesa.

La novella costituzionale ha modificato anche il titolo V della parte seconda della Costituzione,

Da un lato, trasferendo nella legislazione esclusiva dello Stato la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», dall’altro, adeguando anche l’art. 119 Cost. al principio dell’equilibrio di bilancio.
L’estensione dei vincoli finanziari a Regioni ed Enti locali consente a questi di ricorrere all’indebitamento, ma «con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio»

Il giudice amministrativo viene – sempre più – qualificato come giudice “naturale” in materia di diritti, titolato a decidere sulle controversie che derivano dalle limitazioni ai servizi alle persone, rispetto a esigenze di risparmio di spesa

La giustizia amministrativa è così chiamata a vagliare le opzioni adottate nei finanziamenti ai servizi, secondo il prisma della piena tutela dei diritti incomprimibili della persona. É una tutela giurisdizionale divenuta “forte”, offerta ai cittadini e agli enti pubblici contro provvedimenti che tendono a degradare le posizioni giuridiche soggettive in diritti finanziariamente condizionati.
Una delle più significative manifestazioni di questa sublimazione del ruolo del giudice amministrativo si manifesta proprio nell'interlocuzione tra quest'ultimo e la Corte costituzionale finalizzata ad assicurare il pieno godimento dei diritti.

se da un lato anche le Regioni e gli enti territoriali devono concorrere al rispetto dell’equilibrio di bilancio e dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’Unione europea, dall’altro, però, è consentito allo Stato concorrere a garantire, in attuazione dell’art. 5, comma 1, lett. g), della legge cost. n. 1 del 2012, i livelli essenziali delle prestazioni e dei diritti fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali

A fugare ogni dubbio in ordine all’ipotesi che il pareggio di bilancio possa essere perseguito a scapito delle garanzie dei diritti fondamentali, vi è la previsione di quei meccanismi, qual è, ad esempio, il «Fondo straordinario per il concorso dello Stato», mediante i quali «lo Stato, tanto nelle fasi avverse del ciclo, quanto in occasione di eventi eccezionali, deve concorrere ad assicurare il finanziamento da parte delle autonomie territoriali dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali

In altri termini, anche in presenza di stringenti vincoli finanziari conseguenti all’introduzione del principio dell’equilibrio di bilancio e dei limiti per procedere all’indebitamento, le pubbliche amministrazioni regionali e locali possono continuare ad erogare prestazioni pubbliche considerate "essenziali" o collegate a funzioni "fondamentali"

 

La rimodulazione del bilanciamento tra l’equilibrio finanziario e la tutela dei diritti fondamentali, tra cui, in particolare, la garanzia dei diritti sociali, non poteva sfuggire all’attenzione della Corte costituzionale, che, a partire dagli anni ’90, mostra maggiore sensibilità al necessario contenimento della spesa pubblica

Trova così giustificazione il ricorso della Corte a formule come quelle dei:
►►►  diritti finanziariamente condizionati, (i diritti di prestazione di un servizio pubblico non sono diritti assoluti, come i diritti politici, bensì diritti finanziariamente condizionati. Ne deriva che anche i diritti sociali garantiti dalla Costituzione, ai quali corrisponde la prestazione di un servizio, non sono diritti assoluti, ma relativi». In giurisprudenza, parla per la prima volta di diritto costituzionale condizionato , in relazione al diritto alla salute, Corte cost. sent. 16 ottobre 1990, n. 455.)
►►►  principio di gradualità delle riforme onerose. Il principio di gradualità prevede un regime transitorio in modo da consentire un passaggio progressivo e meno traumatico ad una disciplina legislativa meno favorevole.(Corte cost. sentt. nn. 356/1992; 243/1993; 240/1994; 99/1995; 205/1995; 218/1995; 416/1996; 30/2004, e ord. n. 125/1998).
►►►   limitatezza delle risorse disponibili
►►►  diritti sociali condizionati o derivati (consistono in quei diritti sociali «il cui godimento dipende dall'esistenza di un'organizzazione necessaria e idonea all'erogazione della prestazione oggetto dei diritti stessi (ad es., il diritto all'assistenza ed alla previdenza sociale), e presuppongono, quindi, l'intervento legislativo». La loro attuazione «è, pertanto, caratterizzata da necessaria gradualità, da ragionevole ponderazione con gli altri valori costituzionali primari e con le esigenze del bilancio statale, da non irragionevoli inerzie o ritardi, da corrispondenza con quella che è la ratio dello specifico diritto sociale»).
►►► (auto)attribuzione del potere di modulazione degli effetti temporali delle proprie decisioni(Corte cost. nn. 10 e 178 del 2015)

formule tutte che rendono palese lo sforzo dei giudici costituzionali di bilanciare la tutela dei diritti onerosi con le esigenze finanziare per non gravare ulteriormente con le loro decisioni i conti dello Stato

Quindi, nella zona di frizione del principio dell’equilibrio finanziario con la concretizzazione dei diritti sociali, è riconosciuta da parte della giurisprudenza costituzionale la discrezionalità politica del legislatore, residuando alla Corte la sola sindacabilità della manifesta irragionevolezza della scelta legislativa, «in realtà integrata prevalentemente dal rispetto del nucleo irriducibile dei diritti in questione, del loro contenuto minimo essenziale», non modificabile in sede legislativa.

Ciò vale a dire che nel bilanciamento tra diritti sociali ed esigenze finanziarie non prevalgono i diritti, se non, rispetto ai vincoli di bilancio, il loro nucleo essenziale, che non può essere vanificato dal legislatore, senza violare la dignità della persona umana

Da uno sguardo sommario e necessariamente sintetico della giurisprudenza costituzionale risulta, allora, come ai giudici costituzionali competa di volta in volta effettuare un sindacato sulla legittimità delle misure legislative di compressione delle politiche del welfare mediante il controllo di ragionevolezza e di rispetto del contenuto minimo essenziale dei diritti sociali, che integrano il nucleo indefettibile dell’attuale forma di Stato democratico

Infatti, quando la questione è giunta alla Corte attraverso la via incidentale, come nella sentenza n. 80 del 2010 in tema di diritto all’istruzione dei disabili, i giudici costituzionali, pur riconoscendo come il legislatore goda di ampia discrezionalità nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili, hanno avuto modo di affermare che «detto potere discrezionale non ha carattere assoluto e trova un limite nel “(...) rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati” (sentenza n. 251 del 2008 che richiama sentenza n. 226 del 2000) (...) limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore».

Nella precedente decisione n. 467 del 2002, la Corte aveva dichiarato il diritto all’educazione dei disabili sin dagli asili nido, riconoscendo a costoro la relativa indennità di frequenza, ed aveva negato che l’attribuzione di tale assegno fosse riservata alla discrezionalità legislativa, ritenendo che anche l’asilo fosse utile alla formazione e socializzazione dei disabili.

Ancor prima la stessa Corte, con la sentenza n. 215 del 1987, aveva chiarito che al disabile deve essere garantito il diritto all’istruzione «malgrado ogni possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona», ponendo l’accento proprio sugli ostacoli di ordine economico, ben consapevole della necessità di annullare la disuguaglianza delle posizioni di partenza.

Secondo i giudici costituzionali, infatti, «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri (...) La Costituzione italiana, come la altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi (...) Il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato- dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo- secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale».

Negli ordinamenti pluralisti come il nostro, quindi, in caso di conflitto occorre ricercare la soluzione, che non si limiti a proteggere solo uno dei valori, con l’effetto di comprimere in modo insopportabile ed oltre ogni limite gli altri, ma consenta, avendo di mira gli artt.2 e 3 Cost., di rinvenire un ragionevole equilibrio tra le opposte esigenze ed i contrapposti principi

Su tali posizioni è solita attestarsi anche la giurisprudenza amministrativa, che ribadisce la propria giurisdizione in tema di offerta formativa nei confronti degli studenti affetti da disabilità e riconosce il primato del loro diritto costituzionale all’istruzione sulle esigenze finanziarie e di bilancio.

Finanche la giurisprudenza contabile, che rappresenta il «giudice naturale del controllo della spesa pubblica», si è pronunciata con recenti arresti in tema di spese per il personale, ritenendo, ad esempio, non sussistere i presupposti dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori locali di un Comune, che aveva assunti nuovi insegnanti, nonostante il rapporto tra spese del personale e spese correnti superasse i limiti di legge. Nella specie, infatti, il Comune di Napoli aveva proceduto al reclutamento di personale a tempo determinato «nella misura strettamente necessaria» per soddisfare le esigenze di continuità dei servizi educativi della scuola dell’infanzia e degli asili nido comunali nel rispetto delle risorse finanziarie, nonostante il notevole disavanzo del conto di bilancio 2011.

In tale occasione, infatti, il Giudice contabile non ha esitato a mandare esenti da responsabilità gli amministratori locali, in quanto le norme sul contenimento della spesa pubblica non possono sacrificare la scuola e comprimere funzioni fondamentali come l’istruzione pubblica.

 

 

Non deve tuttavia sfuggire che il percorso argomentativo della Corte trova il suo vero thema decidendi nell'art. 38 Cost. e, in particolare, nel suo terzo comma

 

É con riferimento ai soli diritti e ai soli soggetti individuati nell’art. 38 che il giudice costituzionale indica al legislatore – in questo caso regionale – di superare il canone della sostenibilità economica nella disciplina relativa alle attribuzioni di risorse a favore di quelle posizioni giuridiche soggettive

Tra questi orientamenti rientra il principio della “gradualità” nell’attuazione dei diritti a prestazioni positive, e in particolare dei diritti sociali, i quali vengono necessariamente ad essere condizionati, nella loro attuazione, dal bilanciamento con altri interessi tutelati dalla Costituzione, tenuto conto dei limiti oggettivi derivanti dalle risorse organizzative e finanziarie disponibili. Nella stessa prospettiva si colloca altresì la tendenza ad esercitare uno scrutinio più severo sul rispetto dell’obbligo di copertura finanziaria delle leggi previsto dall’art. 81 della Costituzione.

 

 

 

 


 

 

 

»»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» 


Informazioni generali sul sito