Violazione di legge

È una figura residuale comprensiva di tutti gli altri vizi di legittimità che non con figurano né incompetenza relativa né eccesso di potere.

I casi di violazione di legge possono così raggrupparsi:

  1. vizio di forma: e cioè inosservanza delle regole prescritte per la manifestazione di volontà (la mancanza assoluta di forma è, invece, causa di nullità);
  2. difetto di motivazione o motivazione insufficiente;
  3. inosservanza delle disposizioni relative alla valida costituzione dei collegi: quali le norme per la convocazione, le votazioni, i quorum, la verbalizzazione etc.;
  4. contenuto illegittimo;
  5. difetto di presupposti legali necessari per l'adozione del provvedimento o dalla loro errata valutazione,
  6. violazione di norme procedimentali (comprese, ovviamente, quelle della legge n. 241/1990),
  7. violazione dei criteri di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 1 L. 241/1990 (come novellato nel 2005 e nel 2009).

 

L’espressione «legge» è da intendere in senso ampio.

La legittimità del provvedimento amministrativo va valutato anche alla stregua delle norme comunitarie applicabili: il provvedimento dell'autorità amministrativa nazionale, che violi simili norme, è illegittimo.
Ciò vale anche nel caso in cui la violazione del diritto comunitario dipende dal rispetto di quello interno, cioè se il provvedimento rispetta le norme nazionali ma viola quelle comunitarie.
Per la diretta applicabilità del diritto comunitario, infatti, in presenza di un contrasto tra diritto comunitario e diritto interno le amministrazioni pubbliche devono applicare il primo e non il secondo: se ciò non avviene, il provvedimento è illegittimo.

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