Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 4537/2016 - Il diritto di accesso agli atti coperti da segreto
Vanno esclusi dal diritto di accesso tutti gli atti che, pur costituendo "documenti amministrativi", risultino essere coperti da segreto o da divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge.

Secondo l'art. 24, comma 1, lettera a), della legge 241/90, come sostituito dall'art. 16 della legge 15/2005, vanno esclusi dal diritto di accesso tutti gli atti che, pur costituendo dei "documenti amministrativi", risultino essere coperti da segreto o da divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge.
In particolare, non sono estensibili e visionabili i documenti dell'Amministrazione che costituiscono atti di polizia giudiziaria i quali sono soggetti esclusivamente alla disciplina stabilita dall'art. 329 c.p.p.: "sono coperti da segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari" (Cons. Stato, sez. VI, sentenza 10 aprile 2003, n. 1923); tali atti, inoltre, sono soggetti alla disciplina sul divieto di pubblicazione stabilita dall'art. 114 ss. c.p.p..
La giurisprudenza amministrativa sostiene che, con riferimento ai documenti per i quali il diritto di richiedere copie, estratti, o certificati sia riconosciuto da singole disposizioni del codice di procedura penale nelle diverse fasi del procedimento penale, l'accesso vada esercitato secondo le modalità previste dal medesimo codice (così Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 2780 del 2011; Cons. Stato, sez. VI, sentenza 9 dicembre 2008, n. 6117);
In altri termini, tali atti, anche se redatti da una pubblica amministrazione, sono sottratti al diritto di accesso regolato dalla legge n. 241/90 (Cons. Stato, sez. VI, sentenza 9 dicembre 2008, n. 6117; Cons. Stato, sez. VI, sentenza10 aprile 2003, n. 1923).

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7251 del 2016, proposto da:

Ministero della Difesa, Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in Roma, via (...);

contro

Vi. Sq., rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Pe., con domicilio eletto presso Fe. Ba. in Roma, via (...);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE III n. 00861/2016, resa tra le parti, concernente diniego accesso ai documenti concernenti attività investigativa.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Vi. Sq.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2016 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parte appellante l'Avvocato dello Stato Co.;

Avvisate le parti circa la possibilità di sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a.

In via preliminare il Collegio rileva che l'Avvocato dello Stato comparso per l'Amministrazione appellante ha dato atto, con dichiarazione a verbale, che per mero errore materiale è stata indicata a carico dell'appellato avvocato Vi. Sq. l'imputazione di associazione a delinquere di stampo mafioso e ciò vale esentare il giudicante dal pronunciarsi sulla richiesta di cancellazione formulata da quest'ultimo ai sensi dell'art. 89 c.p.c.

Sempre in via preliminare va respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello, risultando la medesima del tutto destituita di fondamento atteso che parte appellante ha correttamente appuntato le sue critiche in ordine alle osservazioni e prese conclusioni del primo giudice.

Passando al merito della causa, prive di fondamento si rivelano le censure dedotte in prime cure con l'unico mezzo d'impugnazione e qui riprodotte pedissequamente dalla parte appellata.

Con tali profili di doglianza parte appellante lamenta in sostanza la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 22 e 24 della legge n. 241/90, rivendicando l'esercizio del diritto di accesso ai documenti relativi all'attività investigativa svolta dall'Arma dei carabinieri nei suoi confronti, ma il vizio dedotto è insussistente per le seguenti ragioni:

a) ai sensi dell'art. 24 comma 1 lettera a) della legge n. 241/90 come sostituito dall'art. 16 della legge 11 febbraio 2005 n. 15, sono esclusi dal diritto di accesso i documenti amministrativi coperti da segreto o da divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge. In particolare, i documenti dell'amministrazione che costituiscono atti di polizia giudiziaria sono soggetti esclusivamente alla disciplina stabilita dall'art. 329 c.p.p. in base alla quale " sono coperti da segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari (Cons Stato Sez. VI 10 aprile 2003 n. 1923); tali atti inoltre sono soggetti alla disciplina sul divieto di pubblicazione stabilita dall'art. 114 ss. c.p.p.;

b) fermo restando quanto previsto dal c.p.p., la giurisprudenza amministrativa sostiene che con riferimento ai documenti per i quali il diritto di richiedere copie, estratti, o certificati sia riconosciuto da singole disposizioni del codice di procedura penale nelle diverse fasi del procedimento penale, l'accesso vada esercitato secondo le modalità previste dal medesimo codice (così, Cons Stato Sez. VI n. 2780 del 2011; Cons Stato Sez. VI 9/12/2008 n. 6117);

c) l'art. 329 c.p.p. concerne gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria o comunque su loro iniziativa; di conseguenza la giurisprudenza amministrativa ritiene che tali atti, anche se redatti da una pubblica amministrazione, siano sottratti al diritto di accesso regolato dalla legge n. 241/90 (Cons Stato sez. VI 9/12/2008 n. 6117; Cons Stato Sez. VI 10/4/2003 n. 1923).

Conclusivamente l'appello all'esame si rivela fondato e va, pertanto, accolto.

Le spese del doppio grado del giudizio vanno poste a carico della parte appellata, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre accessori come per legge nonché alla corresponsione del contributo unificato in relazione ad entrambi i gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

 


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