CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 18 febbraio 2016. Nel caso in cui il G.A., in relazione ad una occupazione illegittima di un immobile da parte della P.A. nell'ambito di una procedura espropriativa, abbia ordinato alla P.A. stessa di procedere o alla restituzione dei beni occupati ai legittimi proprietari, risarcendo loro il danno per l'occupazione illegittima, ovvero, in alternativa, ad acquisire uno o più dei beni occupati, risarcendo il danno ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 42 bis del DPR n. 327/2001, è illegittima la determinazione della P.A. che, optando per questa seconda soluzione, non ha applicato, per la determinazione dell'ammontare dell'indennità dovuta, i criteri indicati nei commi 2 e 3 dell'art. 42 bis del DPR n. 327/2001 (il quale nel detto comma 3 rinvia, per i terreni edificabili, al precedente art. 37, commi dal 3 al 7), ma ha ritenuto di determinare le indennità secondo criteri altri.

 

N. 00047/2016REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 965 del 2014, proposto da:

Comune di Rosolini, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Innocenti, con domicilio eletto presso Consiglio Di Giustizia Amministrativa in Palermo, Via F. Cordova 76;

contro

Corrada Di Mari, Vincenzo Giurdanella, Carmela Gennuso, Rosalia Calabrese, Francesca Puglisi, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Gennaro, con domicilio eletto presso Lucilia Ciccarello in Palermo, Via Briuccia,84;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE II n. 02602/2014

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Corrada Di Mari e di Vincenzo Giurdanella e di Carmela Gennuso e di Rosalia Calabrese e di Francesca Puglisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 il Cons. Alessandro Corbino e uditi per le parti gli avvocati G. Innocenti e G. Gennaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L'appello è proposto contro la decisione n. 2602/2014 del TAR per la Sicilia-sezione staccata di Catania, con la quale è stato accolto il ricorso per l'esecuzione della decisione n. 1462/2012 del medesimo Tribunale.

I fatti di causa si possono riassumere come segue.

Con la sentenza n. 1462/2012 del 23 Maggio/8 Giugno 2012, il TAR aveva – accogliendo i ricorsi degli interessati – annullato, per intevenuta decorrenza dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, l'ordinanza del Comune di Rosolini n. 40/2009, con la quale era stata disposta l'espropriazione dei terreni degli interessati.

Il Giudice aveva conseguentemente ordinato al Comune di Rosolini di procedere o alla restituzione dei beni occupati ai legittimi proprietari, risarcendo loro il danno per l'occupazione illegittima, ovvero, di procedere, in alternativa, ad acquisire uno o più dei beni occupati, risarcendo il danno derivante dall'occupazione illegittima ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 42-bis DPR n. 327/2001, salva ogni altra ipotesi di acquisto legittimo del bene o dei beni medesimi. All' Amministrazione Municipale veniva assegnato, per determinarsi, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione (se anteriore) della sentenza. L'eventuale provvedimento di acquisizione avrebbe dovuto essere tempestivamente notificato ai proprietari, trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell'Amministrazione procedente, nonché comunicato alla Corte dei Conti.

Assumendo l'inerzia del Comune, gli interessati (che avevano notificato la sentenza in data 9 Luglio 2012) hanno proposto, in data 6 Dicembre 2012, ricorso al TAR per l'esecuzione di detta decisione n. 1462/2012.

Con successive note del 19 Dicembre 2012, l'Amministrazione comunicava agli interessati l'avvio del procedimento amministrativo di cui all'art. 42 bis del DPR n. 327/2001. E con deliberazioni n. 12, 13,14,15,16 del 24 Gennaio 2013, la Giunta Municipale disponeva l'acquisizione al patrimonio Comunale delle aree dei ricorrenti, approvando anche le relative perizie estimative predisposte dall'UTC.

Tali deliberazioni venivano impugnate con ricorso per motivi aggiunti.

Con ordinanze n. 38,39,41,42,43 del 25 Marzo 2013, il Comune ha proceduto ad acquisire al proprio patrimonio indisponibile le aree dei ricorrenti, determinando il relativo risarcimento del danno nella misura di € 5.198,98 per Di Mari Giuseppa; € 8.555,56 per Calabrese Rosalia; € 3.954,92 per Giurdanella Vincenzo e Giannuso Carmela; € 3.465,92 per Puglisi Francesca; € 5.909,34 per Calvo Concetta.

Anche tali ordinanze venivano impugnate con secondi motivi aggiunti.

Il TAR – disposta verificazione – ha accolto il ricorso e, in adesione alle conclusioni del verificatore, ha determinato (essendo stato dichiarato estinto il giudizio quanto alla ricorrente Calvo Concetta) gli importi dovuti ai ricorrenti: € 66.353,06 per Di Mari Corrada; € 118.682,33 per Calabrese Rosalia; € 206.279,95 per Giurdanella Vincenzo e Giannuso Carmelo; € 51.590,80 per Puglisi Francesca.

Avverso tale decisione propone appello l'amministrazione soccombente che ne chiede la riforma proponendo molteplici censure, e, in particolare, difetto di giurisdizione (circa la materia della quantificazione delle somme da corrispondere), improcedibilità del ricorso per l'esecuzione (in considerazione dell'intervenuta emanazione dei decreti di acquisizione in sanatoria), infondatezza nel merito delle pretese dei ricorrenti.

Con ordinanza n. 6/2015 questo CGA ha disposto la sospensione degli effetti della sentenza impugnata, anche per l'opportunità di attendere gli esiti dell'intervenuta ordinanza della Corte di Cassazione n. 441/2014, con la quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 42 bis del DPR 327/2001.

Con sentenza n. 71/2015 la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione sollevata e riaffermata la conseguente compatibilità dell'art. 42 bis con l'ordine costituzionale vigente.

La causa giunge all'odierna udienza pubblica per la decisione.

DIRITTO

L'appello è fondato nei limiti dei quali ora si dirà.

Va preliminarmente disattesa l'eccezione di giurisdizione sollevata dall'Amministrazione appellante.

Al riguardo appaiono invero a questo Collegio (che non ignora l'esistenza di diversi, ma anche meno recenti, orientamenti: vedi CdS n. 1438/2012) del tutto condivisibili e decisive le considerazioni contenute nella recente pronuncia n. 993/2014 del Consiglio di Stato, che ha chiarito come, da un lato, "il risarcimento del danno rientra a pieno titolo nell'ambito della giurisdizione amministrativa, sia esso derivante dalla lesione di interessi legittimi, sia esso derivante dalla lesione di diritti soggettivi ove la relativa tutela rientri nelle materie di giurisdizione esclusive". E, dall'altro, soprattutto, come il contrario orientamento determinerebbe un effetto perverso "in termini di ragionevolezza e sostenibilità del sistema" quale sarebbe quello "non solo di suddividere la controversia nei suoi profili pubblicistici e patrimoniali, ma anche quello di spezzettare ulteriormente le questioni patrimoniali derivanti dal medesimo fatto storico: il Giudice ordinario dovrebbe occuparsi della congruità del quantum fissato dall'amministrazione per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale derivante dal trasferimento autoritativo della proprietà, mentre il Giudice amministrativo, delle somme dovute per il periodo di occupazione non giustificata da valido titolo, espressamente qualificate come di natura risarcitoria (art. 42 bis comma 3: il periodo di occupazione senza titolo e' computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entita' del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma).

Senza dire che la vicenda oggetto della presente causa viene comunque in considerazione in sede di ottemperanza e che appare pertanto – anche sotto questo profilo – vieppiù rilevante la richiamata irragionevolezza di una remissione al altra giurisdizione di una materia che muove da un giudicato del Giudice Amministrativo, del quale deve ora solo governarsi la corretta attuazione, che anche per questo non può non avere la sua sede naturale nella giurisdizione del medesimo giudice.

Quanto alle censure di merito sollevate dall'Amministrazione appellante, deve dirsi che non possono essere accolte quelle di improcedibilità per asserita intervenuta ottemperanza e che possono esserlo invece solo in parte quelle di intervenuta erronea applicazione da parte del verificatore dei criteri di quantificazione del danno.

Sotto il primo profilo, deve infatti osservarsi che "ottemperanza" può esservi (come bene per altro il TAR ha già chiarito) non se l'Amministrazione assuma determinazioni a valle della decisione sull'oggetto, ma – ovviamente – solo se essa esegua correttamente e integralmente il decisum del Giudice, il quale, nella circostanza, prevedeva la facoltà per l'Amministrazione di scegliere tra le modalità di provvedere (il che è accaduto, se anche tardivamente rispetto al termine assegnato in sentenza) ma anche (ove avesse scelto la via di acquisire i beni) di "corrispondere ai proprietari l'indennizzo di cui al primo comma della disposizione indicata (corrispondente al valore venale della superficie occupata al momento dell'adozione del provvedimento di acquisizione, oltre il 10% di tale valore per il ristoro del danno non patrimoniale) e il risarcimento per l'occupazione illegittima, nella misura dell'interesse del 5% annuo del valore venale della superficie occupata al momento dell'adozione del provvedimento di acquisizione (come prescritto dal citato art. 42-bis, terzo comma)".

Con la conseguenza che gli importi da determinare avrebbero dovuto rispettare i criteri indicati appunto nei commi 2 e 3 dell'art. 42 bis del DPR 327/2001 (il quale nel detto comma 3 rinvia, per i terreni edificabili, al precedente art. 37 commi dal 3 al 7) , il che invece non è accaduto, avendo l'Amministrazione ritenuto di determinare le indennità dovute secondo criteri altri, affatto corrispondenti a quelli dovuti, come appunto il Giudice di primo grado ha chiarito nella decisione qui impugnata, avendolo accertato attraverso la disposta verificazione (che aveva potuto stabilire che i fondi in questione erano – prima di essere interessati dal vincolo espropriativo decaduto – terreni edificabili), a contrastare le cui complessive conclusioni non possono per altro valere le generiche contestazioni (non supportate da puntuali ed univoci elementi idonei) dell'Amministrazione appellante.

Fondata è, al riguardo, solo l'eccepita erronea determinazione del dies a quo dal quale il verificatore ha fatto decorrere il diritto degli appellati al risarcimento.

Non essendo mai stata contestata infatti la legittimità dell'intervenuta occupazione di urgenza, il relativo triennio non può dare luogo ad alcun risarcimento in favore dei proprietari dei terreni occupati, sicché le quantificazioni del verificatore devono essere conseguentemente corrette, sulla base del fatto che l'occupazione sine titulo (e pertanto da risarcire) decorre dalla data di scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e non da quello dell'immissione in possesso intervenuta in forza del (legittimo e mai impugnato) decreto di occupazione di urgenza delle aree.

Per tali premesse, l'appello può essere accolto solo nei limiti indicati e cioè unicamente alla conseguenze che derivano dalla erronea determinazione del termine dal quale decorre l'illegittimità dell'occupazione delle aree in oggetto, il quale deve infatti farsi coincidere con lo spirare di quello dell'efficacia della dichiarazione di pubblica utilità.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Sussistono comunque – in ragione della reciproca soccombenza – giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello nei sensi e nei limiti di cui in motivazione

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Antonino Anastasi, Consigliere

Vincenzo Neri, Consigliere

Giuseppe Mineo, Consigliere

Alessandro Corbino, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 18/02/2016.

 

 

 

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