TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 12 febbraio 2016 n. 73 –non è precluso alla stazione appaltante di procedere alla revoca o all'annullamento dell'aggiudicazione allorché la gara stessa non risponda più alle esigenze dell'ente e sussista un interesse pubblico, concreto ed attuale, all'eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dell'aggiudicatario nei confronti dell'Amministrazione.

Un tale potere si fonda, tuttavia, oltre che sulla disciplina di contabilità generale dello Stato, che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113, r.d. 23 maggio 1924 n. 827), sul principio generale dell'autotutela della Pubblica Amministrazione, che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica

2. Anche se sussiste un generale potere dell'Amministrazione aggiudicatrice di procedere alla revoca in autotutela dell'appalto anche dopo l'aggiudicazione definitiva, la verifica in concreto della legittimità dell'atto di ritiro passa attraverso un attento scrutinio della motivazione del provvedimento, quale fondamentale elemento di riscontro, attraverso l'analisi delle ragioni giustificative del corretto esercizio della relativa pubblica potestà e la chiara indicazione di un preciso e concreto interesse pubblico

3. E' illegittima la revoca di una gara disposta dopo l'aggiudicazione definitiva, ove: a) in modo contraddittorio l'Amministrazione abbia affermato di aver effettivamente atteso l'esito del giudizio di appello prima di procedere al ritiro in autotutela, per salvaguardare la posizione dell' aggiudicataria definitiva, mentre, per altro verso, ha sostenuto la sopravvenienza di un interesse pubblico che imporrebbe di stipulare una convenzione per l'affidamento del servizio posto in gara ad un Ente pubblico (nella specie, l'Agenzia del Demanio); b) la revoca sia stata giustificata facendo riferimento ad un generico efficientamento conseguente ad un affidamento in favore di un Ente pubblico, ma non è stata indicata la misura dell'atteso risparmio, di modo che esso si traduce in un generico auspicio non suffragato da alcun elemento concreto; inoltre lo stesso affidamento diretto del servizio ad altro Ente pubblico, da cui l'Amministrazione appaltante ha affermato che conseguirebbe un risparmio di spesa (peraltro non quantificato), potrebbe comportare la violazione, dei principi di concorrenzialità imposti dal diritto europeo che prescrivono il ricorso alla procedura selettiva anche nel caso in cui il soggetto offerente sia un ente pubblico

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 178 del 2015, proposto da:

EFM S.r.l., in persona del legale rappresentante p. t., Ing. Nicola Martinelli, in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo R.T.I. EFM s.r.l./BNP Paribas Real Estate Property Management Italy s.r.l./REAG Real Estate Advisory Group S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Clarizia e Paolo Clarizia, con domicilio eletto presso l'avvocato Luigi Quaranta, in Campobasso, Via Monte S. Gabriele, n. 22;

contro

Regione Molise, in persona del Presidente p. t., Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia- della deliberazione n. 165 del 13.4.2015 della Giunta della Regione Molise notificata alla EFM S.r.l. il 20.4.2015 avente ad oggetto: "Deliberazione Giunta Regionale n. 790/201 – procedura aperta per la conclusione di un Accordo quadro per la ricognizione immobiliare e censuaria dei beni appartenenti al demanio e patrimonio, preordinata all'acquisizione della obiettiva consistenza el patrimonio immobiliare della Regione e dei singoli Enti territoriali e propedeutica alla valorizzazione – Art. 58 del D.L. 112/2008, convertito nella legge 133/2008- Conclusione del procedimento e revoca della gara ai sensi dell'art. 21 quinques della legge n. 241 del 1990"; di ogni altro presupposto, connesso o conseguente, ancorché non conosciuto;

e, in via subordinata, nel caso di accertamento della legittimità del provvedimento di revoca, per la condanna dell'indennizzo di cui all'art. 21 quinques, della L. n. 241/1990,

nonché per la condanna al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente derivanti da responsabilità precontrattuale della Regione;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Molise e di Agenzia del Demanio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2015 il dott. Domenico De Falco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La EFM s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo di un costituendo RTI, espone che con delibera 31 agosto 2011, n. 790 la Giunta Regionale approvava gli atti aventi ad oggetto una "procedura aperta per la conclusione di un Accordo quadro per la ricognizione immobiliare e censuaria dei beni appartenenti al demanio e patrimonio, preordinata all'acquisizione della obiettiva consistenza del patrimonio immobiliare della Regione e dei singoli enti territoriali e propedeutica alla valorizzazione – Art. 58 del d.l. 112/2008".

Alla selezione partecipavano solo il costituendo raggruppamento dell'esponente EFM s.r.l. e il costituendo RTI guidato dalla EXITone S.p.A.; sennonché la commissione dopo aver escluso la EFM, disponeva l'aggiudicazione in favore di quest'ultimo raggruppamento, ma avverso tali statuizioni, l'RTI escluso proponeva ricorso innanzi a questo Tribunale che, con sentenza 23 gennaio 2014, n. 53, annullava entrambi i predetti provvedimenti.

La EFM s.r.l. espone, altresì, che poco dopo la sentenza con cui il del Consiglio di Stato ha confermato la pronuncia di questo Tribunale (19 dicembre 2014, n. 6104), la Regione ha avviato il procedimento per la revoca della gara, ritenendo che sarebbero mutate le condizioni sulla base delle quali la gara era stata indetta, in forza di un sopravvenuto interesse pubblico legato al contenimento della spesa, che suggeriva di incaricare del servizio l'Agenzia del Demanio la quale include tra i suoi compiti anche quelli oggetto dell'appalto.

Nonostante le osservazioni contrarie al ritiro proposte dalla EFM s.r.l. nel corso del procedimento, con provvedimento 13 aprile 2015, n. 165, comunicato in data 20 aprile 2015, la Regione Molise ha disposto la revoca della gara; avverso tale provvedimento la EFM s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria delle altre imprese del costituendo raggruppamento, ha proposto ricorso notificato in data 18 maggio 2015 e depositato il successivo 22 maggio, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, sulla base dei motivi così di seguito rubricati.

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 21 quinquies della l. n. 241/1990. Violazione dell'art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990. Sviamento di potere. Eccesso di potere per irragionevolezza e arbitrarietà. Erronea valutazione dei fatti. Carenza e contraddittorietà della motivazione. Assoluta genericità ed irragionevolezza della motivazione. Ingiustizia manifesta. Contraddittorietà con atti precedenti. Elusione del giudicato;

II) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 21 quinquies della l. n. 241/1990 e dell'art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990. Sviamento di potere. Eccesso di potere per irragionevolezza e arbitrarietà. Erronea valutazione dei fatti. Carenza e contraddittorietà della motivazione. Assoluta genericità ed irragionevolezza della motivazione. Ingiustizia manifesta. Contraddittorietà con atti precedenti. Elusione del giudicato;

III) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 21 quinquies della l. n. 241/1990 e dell'art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990. Sviamento di potere. Eccesso di potere per irragionevolezza e arbitrarietà. Erronea valutazione dei fatti. Carenza e contraddittorietà della motivazione. Assoluta genericità ed irragionevolezza della motivazione. Ingiustizia manifesta. Contraddittorietà con atti precedenti. Elusione del giudicato.

La ricorrente domanda, inoltre, il risarcimento del danno asseritamente subito per effetto dell'invocata illegittimità del gravato provvedimento di revoca.

Con atto depositato in data 8 giugno 2015 si è costituita in giudizio la Regione Molise, chiedendo il rigetto del ricorso e della domanda risarcitoria. In particolare, la Regione premette in fatto che la gravata revoca si fonda su due presupposti: a) l'esigenza di adeguarsi dopo quattro anni agli indirizzi promananti dal Governo e dalla stessa Regione, incentrati sul ruolo collaborativo dell'agenzia del Demanio nella funzionalizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, anche al fine di contenere la spesa pubblica; b) la mancata indicazione negli atti di indizione della gara della copertura finanziaria.

Sempre in via preliminare, la Regione precisa che l'atto impugnato, benché identificato come revoca, debba in realtà qualificarsi alla stregua di un annullamento d'ufficio, in quanto privo dell'indicazione sulla copertura finanziaria e non fatto oggetto sul punto di impugnativa da parte ricorrente, di modo che tale profilo motivazionale sarebbe di per sé idoneo a sorreggere la decisione gravata.

In ogni caso, l'esigenza di garantire risparmi di spesa, imposti da una crisi economica di portata epocale, costituirebbero ai sensi degli artt. 11, co. 7 e 9, del codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006) e dell'art. 21-quinquies della l. n. 241/1990 valide ragioni per disporre la revoca dell'affidamento.

Peraltro, l'eventuale affidamento del privato di fronte ad un atto di autotutela espressivo di piena discrezionalità, adottato, inoltre, in tempi ragionevoli, avrebbe natura recessiva, tenuto anche conto della mancata esecuzione dell'appalto e della persistenza del potere dell'Amministrazione di rimeditare l'opportunità della gara.

Né alcun vincolo, prosegue l'Amministrazione, potrebbe rinvenirsi quale effetto della sentenza n. 53/2014 di questo Tribunale (confermata dal Consiglio di Stato) che ha disposto l'annullamento dell'esclusione e dell'aggiudicazione in favore dell'RTI guidato dalla EXITone S.p.A., atteso che tale pronuncia non vincolava comunque la Regione a procedere all'affidamento nei confronti della ricorrente, facendo solo regredire la procedura di gara all'affidamento provvisorio operato in favore del costituendo raggruppamento attore.

La Regione nega, poi, che a tale raggruppamento debba essere corrisposto alcun indennizzo, tenuto conto che nelle gare pubbliche l'indennizzo non spetterebbe per effetto di un atto di carattere ancora instabile come l'aggiudicazione provvisoria di cui esso risulta nella specie destinatario.

Con memoria depositata in data 2 novembre 2015, la ricorrente ha contestato che il provvedimento impugnato sia qualificabile come annullamento d'ufficio, rilevando che nella motivazione del medesimo non vi è alcun riferimento all'assenza di copertura finanziaria, limitandosi solo ad affermare che la delibera di spesa non conteneva l'indicazione della copertura che, dunque, sarebbe incerta.

Inoltre, la Regione non avrebbe addotto alcun elemento a concreta dimostrazione del risparmio di spesa che sarebbe conseguito per effetto dell'accordo con l'Agenzia del Demanio, lasciando quindi indimostrata l'effettiva convenienza economica del ricorso a quest'ultima e, di conseguenza, lo stesso fondamento della revoca.

In ogni caso, quand'anche si ipotizzasse la legittimità della revoca, dovrebbe comunque essere liquidata in favore della ricorrente l'indennità ai sensi dell'art. 21 quinquies della l. n. 241/1990.

Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Riveste carattere preliminare lo scrutinio dell'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Amministrazione resistente, secondo cui il provvedimento impugnato dovrebbe in realtà qualificarsi come annullamento d'ufficio e non come revoca, in quanto espressione dello jus poenitendi dell'Amministrazione che avrebbe doverosamente adottato l'atto di autotutela, in assenza di copertura finanziaria nell'atto di approvazione degli atti di gara.

Operata tale riqualificazione, il ricorso dovrebbe ritenersi inammissibile, in quanto l'assenza di copertura non sarebbe stata censurata nel ricorso introduttivo, rendendo quindi inoppugnabile l'atto di ritiro.

Sennonché, rileva in contrario il Collegio, che a prescindere dalla concreta qualificazione del provvedimento, la sua motivazione si limita a rilevare che la copertura sarebbe "presumibilmente rinviata agli esercizi finanziari successivi, con la conseguente impossibilità di verificare, ad oggi, la concreta sostenibilità complessiva degli eventuali costi", esprimendo solo incertezza sulla copertura ma non la certezza della sua assenza.

Ma una tale incertezza nella copertura non costituisce ragione sufficiente per inficiare la legittimità della procedura (e nemmeno la si intende come tale nella motivazione del provvedimento impugnato), di modo che non può condurre a qualificare il contestato intervento in autotutela alla stregua di un annullamento d'ufficio, non avendo, peraltro, l'Amministrazione invocato la violazione di alcun precetto normativo al riguardo.

In ogni caso, il rilevato profilo di inammissibilità si rivela insussistente anche tenuto conto dell'espresso rilievo operato da parte ricorrente sulla questione della copertura finanziaria con il II motivo di ricorso, sia pure al fine di sottolineare la perplessità e contraddittorietà della motivazione dell'impugnato atto di ritiro.

Può quindi passarsi allo scrutinio delle censure di merito proposte dal costituendo raggruppamento.

A tal fine è utile brevemente richiamare l'iter motivazionale del gravato provvedimento di revoca.

Dopo aver premesso di aver approvato con delibera del 31 agosto 2011, n. 790 la procedura di gara oggetto di causa, la Regione ha rappresentato che con sentenza 19 dicembre 2013, n. 53 questo Tribunale ha annullato l'esclusione dalla selezione dell'odierna ricorrente e ha conseguentemente annullato l'aggiudicazione definitiva disposta in favore del raggruppamento concorrente, con pronuncia poi confermata dal Consiglio di Stato (sez. V, 11 dicembre 2014 n. 6104).

Sennonché, secondo quanto rappresentato nella gravata delibera, la regione avviava un'interlocuzione con l'agenzia del demanio dalla quale emergeva l'opportunità di affidare il servizio a quest'ultima, revocando così gli atti di gara.

In particolare la Regione rilevava, tra l'altro, che:

1) con atto di indirizzo per il conseguimento di obiettivi di politica fiscale 2015-2017, del 29 dicembre 2014, il Ministero dell'Economia e Finanze ha previsto espressamente che l'Agenzia del Demanio svolgesse funzioni di supporto agli enti pubblici, inclusi quelli territoriali;

2) con nota congiunta numero 12244 del 13 febbraio 2015 il Dipartimento del Tesoro dell'Agenzia del Demanio annunciava l'avvio di incontri ai fini: "della creazione di una nuova governance degli immobili pubblici basata su un maggiore raccordo tra centro e territorio, che consenta di mettere a sistema i patrimoni immobiliari di tutti gli enti pubblici, territoriali e non nonché i soggetti decisori, ponendo come elemento unificante la progettualità volta ad allocare nuove funzioni residenziali, di imprese di servizi alla collettività, in un disegno organico e condiviso...... Tale attività sarà coordinata dal Dipartimento del Tesoro e dell'Agenzia del Demanio, alla quale, in particolare, come ribadito nell'atto di indirizzo emanato dal ministero dell'economia e delle finanze per il triennio 2015 2017, è affidato oltre alla responsabilità di gestione del patrimonio immobiliare dello Stato, il compito di supportare gli enti pubblici, territoriali e non, nelle attività di valorizzazione razionalizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà, anche al fine di contribuire alla riduzione del debito pubblico e alpino conseguimento di obiettivi del federalismo demaniale";

3) la Regione rilevava inoltre che "l'annullamento dell'aggiudicazione definitiva alla EXITone S.p.A., disposto al consiglio di Stato, senza contestuale esplicito riconoscimento del diritto all'aggiudicazione del contratto alla EFM S.r.l., fa, in ogni caso, venir meno il vincolo negoziale insorto con l'adozione del provvedimento rimosso" con la conseguenza di "restituire all'amministrazione, nell'ambito delle potestà di diritto pubblico di cui è titolare, la facoltà di effettuare ogni più opportuna valutazione sulle modalità di riedizione del potere amministrativo, fino alla decisione motivata di non avvalersi della procedura espletata e di revocare gli atti che mi hanno dato luogo, a fronte della quale non sono rinvenibili posizioni di diritto soggettivo in capo agli altri partecipanti alla gara, ancorché in posizione utile per subentrare aggiudicatario rimosso";

4) rispetto alla decisione di indire una procedura selettiva risalente al 2011 sarebbe, poi, "sopravvenuto un interesse pubblico superiore a quello formarsi non solo per ragioni di convenienza economica, ma anche degli indubbi vantaggi che la collaborazione orizzontale, in un'ottica di rete tra l'istituzione dei diversi livelli, può portare alla strategia complessiva dell'azione amministrativa dell'ente";

5) ragionevole sarebbe poi l'attesa dell'esito dell'appello innanzi al Consiglio di Stato, in quanto l'accoglimento dell'impugnazione avrebbe determinato il consolidamento dell'aggiudicazione definitiva già disposta in favore di EXITone che non avrebbe consentito l'intervento in autoutela; viceversa, il rigetto dell'appello (poi verificatosi) non determinava l'insorgere di posizioni di diritto soggettivo;

6) la revoca sarebbe poi imposta, oltre che dall'attuale fase di spending review che imporrebbe la collaborazione con l'Agenzia del Demanio (che "comporterà certamente costi inferiori a quelli della remunerazione del servizio all'operatore"), anche dalla mancata indicazione nell'approvazione degli atti di gara della copertura finanziaria "presumibilmente rinviata agli esercizi finanziari successivi".

Con i primi due motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, parte ricorrente lamenta l'illegittimità della revoca, asserendo che essa più che da fatti sopravvenuti incidenti sull'interesse pubblico, deriverebbe dall'annullamento dell'aggiudicazione disposta in favore del costituendo raggruppamento guidato dalla EXITone, come sarebbe confermato dalla stessa motivazione della revoca nella quale si afferma che si sarebbe atteso l'esito del giudizio, prima di procedere alla revoca per non pregiudicare la posizione dell'aggiudicataria definitiva.

Sennonché, rileva ancora la ricorrente, lo stesso rigetto dell'appello ha consolidato la sua posizione, facendo rivivere l'aggiudicazione provvisoria in proprio favore dalla quale non può non derivare la titolarità di una posizione differenziata che nella motivazione del gravato provvedimento non sarebbe stata bilanciata con il presunto interesse pubblico alla revoca della gara.

Peraltro l'invocata esigenza di garantire l'economicità dell'azione amministrativa non costituirebbe un interesse sopravvenuto, ma rappresenterebbe una tendenza consolidata della legislazione, così come 'non sopravvenute' sarebbero le competenze dell'Agenzia del Demanio a fornire supporto alle Amministrazioni territoriali, con funzioni che non permetterebbero, peraltro, una perfetta surroga delle prestazioni oggetto dell'appalto revocato.

Il Collegio ritiene preliminarmente di chiarire che nella fattispecie non si pone una questione di corretta ottemperanza alla più volte citata sentenza n. 53/2014 con cui questo Tribunale ha annullato l'esclusione dalla gara dell'odierna ricorrente, atteso che anche a seguito del passaggio in giudicato di tale pronuncia, l'Amministrazione è rimasta titolare del potere di adottare provvedimenti di autotutela con riguardo all'intera procedura, sia pure nei limiti che di seguito di illustreranno.

Ciò chiarito, possono esaminarsi le censure di merito proposte con il ricorso.

Esse sono fondate sia pure nei limiti e alla stregua delle considerazioni che di seguito si espongono.

Da tempo la giurisprudenza ha affermato che non è precluso alla stazione appaltante di procedere alla revoca o all'annullamento dell'aggiudicazione allorché la gara stessa non risponda più alle esigenze dell'ente e sussista un interesse pubblico, concreto ed attuale, all'eliminazione degli atti divenuti inopportuni, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse dell'aggiudicatario nei confronti dell'Amministrazione. Un tale potere si fonda, tuttavia, oltre che sulla disciplina di contabilità generale dello Stato, che consente il diniego di approvazione per motivi di interesse pubblico (art. 113, r.d. 23 maggio 1924 n. 827), sul principio generale dell'autotutela della Pubblica Amministrazione, che rappresenta una delle manifestazioni tipiche del potere amministrativo, direttamente connesso ai criteri costituzionali di imparzialità e buon andamento della funzione pubblica. Si è altresì chiarito che la nuova valutazione dell'interesse pubblico, cui l'Amministrazione deve accedere, non debba necessariamente basarsi sulla intervenuta formale adozione di atti, essendo sufficiente che dallo stesso provvedimento di revoca emergano le ragioni, plausibili e concrete, che determinano la suddetta rivalutazione dell'interesse pubblico. (cfr ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 1996 n. 1263 e sez. VI, 29 marzo 1996 n. 518, 30 aprile 1994 n. 652 e 16 novembre 1987 n. 890, Cons. Stato sez. IV 662/2012, TAR Campania, sez. VIII, 8 novembre 2012, n. 4500, Id., 09 febbraio 2011 , n. 764, Id. 3 maggio 2010 n.2263).

Una volta affermata la sussistenza di un potere dell'Amministrazione aggiudicatrice di procedere alla revoca in autotutela dell'appalto anche dopo l'aggiudicazione definitiva, la verifica in concreto della legittimità dell'atto di ritiro passa attraverso un attento scrutinio della motivazione del provvedimento, quale fondamentale elemento di riscontro, attraverso l'analisi delle ragioni giustificative del corretto esercizio della relativa pubblica potestà e la chiara indicazione di un preciso e concreto interesse pubblico (ex multis TAR Puglia, Lecce, sez. I, 13 febbraio 2015, n. 579).

Tenuto conto dei principi appena esposti, la revoca gravata non resiste alle censure proposte da parte ricorrente, mostrando evidenti lacune motivazionali sintomatiche di un sensibile sviamento del potere esercitato dall'interesse pubblico.

E infatti, deve ravvisarsi un'intrinseca contraddittorietà della motivazione dell'impugnata revoca ove, per un verso, l'Amministrazione afferma di aver effettivamente atteso l'esito del giudizio di appello prima di procedere al ritiro in autotutela, per salvaguardare la posizione della EXITone aggiudicataria definitiva, mentre, per altro verso, sostiene la sopravvenienza di un interesse pubblico che imporrebbe di stipulare una convenzione con l'Agenzia del Demanio.

Sennonché, non si comprende per quale motivo l'interesse pubblico alla stipula di una convenzione con l'Agenzia del Demanio in luogo del ricorso all'appalto oggetto di gara debba prevalere sulla posizione della ricorrente e non, invece, su quella del raggruppamento guidato dalla EXITone, posto che in entrambi i casi l'Amministrazione doveva considerarsi pur sempre titolare del potere di intervenire in autotutela.

La giustificazione di tale attesa non può certo ravvisarsi, come invece sostenuto dalla resistente, nel conseguimento da parte del raggruppamento facente capo alla EXITone dell'aggiudicazione definitiva, atteso che quest'ultima non precludeva l'intervento in autotutela, con la conseguenza che in entrambi casi l'Amministrazione avrebbe potuto procedere al ritiro (cfr. ex multis da ultimo, TAR Campania, Napoli, sez. I, 27 gennaio 2016, n. 444).

Ma anche le ulteriori motivazioni espresse nel provvedimento impugnato si appalesano inconsistenti alla luce delle censure attoree.

Quanto al preteso efficientamento conseguente ad un affidamento in favore dell'Agenzia del Demanio, il Collegio osserva che, per un verso, non è stata indicata la misura dell'atteso risparmio, di modo che esso si traduce in un generico auspicio non suffragato da alcun elemento concreto, per altro verso, lo stesso affidamento diretto all'Agenzia del Demanio da cui l'Amministrazione ha affermato che conseguirebbe un risparmio di spesa (peraltro non quantificato), potrebbe comportare la violazione, dei principi di concorrenzialità imposti dal diritto europeo che prescrivono il ricorso alla procedura selettiva anche nel caso in cui il soggetto offerente sia un ente pubblico (cfr. inter alia, Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2015, n. 1193; Corte di giustizia UE nella sentenza 19 dicembre 2012 in C-159/11).

Al riguardo, l'Amministrazione avrebbe dovuto dare conto nella motivazione che l'invocato accordo con l'Agenzia del Demanio non violava alcuna disposizione e poteva, quindi, ricondursi al genus degli accordi tra pubbliche amministrazioni ai sensi dell'art. 15 l. n 241/1990, tenuto conto che, alla luce della giurisprudenza comunitaria, un appalto di servizi concluso tra due Amministrazioni pubbliche può, in astratto, dare luogo ad un accordo sottratto alle norme sull'evidenza pubblica, solo se finalizzato "a garantire l'adempimento di una funzione di servizio pubblico comune".

Inoltre, come correttamente osservato da parte ricorrente, gli atti di indirizzo citati nella gravata delibera non esprimono una precisa direttiva che imponga l'affidamento diretto all'Agenzia del Demanio di servizi del tipo di quello oggetto di causa, limitandosi ad indicare una preferenza all'instaurazione in generale di un rapporto di collaborazione tra questa e gli enti pubblici, anche territoriali.

Il tutto in attuazione di principi di efficienza e di contenimento dei costi che, tuttavia, erano già ampiamente presenti nell'ordinamento al momento in cui l'Amministrazione ha stabilito di indire la procedura oggetto della gravata revoca e che, quindi, non possono essere ora invocati, come affermato dalla resistente Amministrazione, alla stregua di un interesse pubblico sopravvenuto ovvero come un "factum principis" che legittimi il gravato ritiro.

Pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato si manifesta contraddittoria e lacunosa, con la conseguenza che, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, il gravato provvedimento di revoca deve essere annullato, ferma restando la persistenza del potere dell'Amministrazione di rideterminarsi al ricorrere dei presupposti di legge e tenendo conto delle considerazioni sopraesposte.

L'annullamento del provvedimento determina, ovviamente, l'assorbimento del terzo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente lamenta la mancata corresponsione dell'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies l. n. 241/1990, sul presupposto però della legittimità della revoca.

Inoltre, la presente pronuncia demolitoria appare integralmente satisfattiva della domanda con cui parte ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno. Sul punto, la giurisprudenza ha affermato che l'accoglimento del ricorso non comporta il riconoscimento in capo al ricorrente del diritto al risarcimento del danno, qualora "a seguito dell'annullamento giurisdizionale degli atti, la pubblica amministrazione debba provvedere alla riedizione della attività amministrativa e alla rinnovazione dei procedimenti secondo i principi contenuti nella statuizione giurisdizionale ed essendo, nella specie, l'annullamento immediatamente satisfattivo e ripristinatorio della situazione lesa, senza che vi sia stata la dimostrazione di ulteriori danni patrimoniali medio tempore verificatisi" (cfr. Cons. stato, sez. IV, 12 marzo 2015, n. 1313; Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2008, n. 4971).

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato, nei sensi di cui in motivazione.

Condanna l'Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali, che liquida forfettariamente nella misura di euro 2.500 (duemilacinquecento), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Orazio Ciliberti, Presidente

Luca Monteferrante, Consigliere

Domenico De Falco, Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 12/02/2016

 

»»»»»»»»»»»»