CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 dicembre 2014, n. 26511-

 

L'applicazione del metodo più aggiornato ed aderente alla rappresentazione della realtà effettuale non può costituire oggetto di scelta discrezionale da parte della Amministrazione finanziaria, avuto riguardo sia al principio costituzionale di imparzialità dell'azione amministrativa tributaria, sia al principio di efficienza dell'attività di accertamento tributario (art. 97 Cost.): non è, infatti, compatibile con i predetti principi costituzionali l'applicazione da parte della Amministrazione finanziaria, secondo un criterio di mera convenienza, del livello di reddito standard 'maggiore' tra quelli elaborati statisticamente nei diversi provvedimenti succedutisi nel tempo, tenuto conto che il metodo tecnicamente più avanzato viene ad escludere l'attendibilità del metodo che adotta criteri di elaborazione ritenuti superati.
L'applicazione del 'metodo standard' più aggiornato, rientra a pieno titolo nell'esercizio della competenza attribuita al Giudice tributario, chiamato a definire il rapporto obbligatorio controverso nell'an e nel quantum: le Commissioni tributarie, infatti, nei casi in cui ritengano in tutto od in parte di accogliere i motivi di impugnazione dedotti dal contribuente sono tenute a rideterminare l'esatto importo della imposta dovuta, alla stregua degli elementi istruttori emersi all'esito del giudizio.
Le conclusioni. La Corte di Cassazione rileva che la determinazione della entità dello scostamento reddituale, in quanto incidente sulla liquidazione del quantum dovuto a titolo d'imposta, si riverbera sulla prova dei fatti costitutivi della pretesa fiscale; prova che se fatta valere dalla Amministrazione finanziaria attraverso il rinvio ad elaborazioni statistiche di tipo standard, contenute in provvedimenti amministrativi a contenuto generale, bene può essere contestata dal contribuente in giudizio mediante indicazione della elaborazione statistica più recente alla quale l'Amministrazione finanziaria è tenuta ad adeguarsi qualora intenda fondare la propria pretesa sul 'metodo di accertamento standard'.

 

Tributi - Imposte sui redditi - Studi di settore - Applicabilità dello standard più aggiornato


Svolgimento del processo

Con sentenza in data 3.3.2011 n. 23 la Commissione tributaria della regione Emilia Romagna rigettava l’appello principale del contribuente D.M.G. e l’appello incidentale dell’Ufficio di S. della Agenzia delle Entrate rilevando che:
- l’avviso di accertamento, con il quale venivano recuperati ad imponibile ai fini IVA, IRPEF ed IRAP i maggiori redditi ed il maggior volume di affari prodotti dai contribuente nell’anno 1998, in applicazione dei parametri di cui all’art. 3 comma 184 e ss. della legge n. 549/1995, era adeguatamente motivato risultando dallo stesso che l’Ufficio aveva osservato l’obbligo di instaurazione preventiva del contraddittorio con il contribuente - la circostanza della riduzione dell’attività professionale nell’anno d'imposta dovuta al fatto che il contribuente si era dovuto dedicare alla amministrazione della impresa paterna S. s.r.l., che versava in gravi difficoltà finanziarie, ed aveva svolto anche attività diverse ed accessorie (consulenze in materia di sicurezza sul lavoro) costitutiva elemento idoneo a giustificare parzialmente lo scostamento reddituale e dunque andava confermata la decisione della CIP che aveva diminuito del 50% i maggiori redditi accettati, come peraltro emergeva anche dal verbale istruttorio relativo alla proposta dell'Ufficio di definizione dell’accertamento con adesione, non accettata dal contribuente.
Avverso la sentenza di appello non notificata, avuto riguardo al periodo di sospensione ex lege disposto dall’art. 39 co 12 del DL n. 98/2011 conv. in legge n. 111/2011, ha proposto rituale ricorso per cassazione il contribuente decidendo quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate non ha notificato controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Dpr n. 600/73, dell’art. 3 legge n. 241/1990 e dell’art. 7 legge n. 212/2000, in relazione all’art. 360 co 1 n. 3 c.p.c.
Assume il ricorrente che l’avviso opposto sarebbe affetto da vizio di nullità in quanto fondato esclusivamente sul richiamo ai parametri e privo di riferimenti alle giustificazioni dello scostamento dei redditi dai parametri addotte dal contribuente nel contradditorio svoltosi nella fase istruttoria.
Costituisce principio di diritto affermato da questa Corte che in tema di "accertamento standardizzato" mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l'azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sé soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli dementi idonei a commisurare la "presunzione" alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente (cfr. Corte cass. Sez U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009; id, Sez. 5, Sentenza n 13594 del 04/06/2010; id. Sez 6 - 5, Ordinanza n. 12428 del 18/07/2001; id. Sez. 5, Sentenza n 11633 del 15/05/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 27822 del 12/12/2013).
Tanto premesso la doglianza del ricorrente formulata con il primo motivo (nullità dell’avviso di rettifica) risulta smentita "per tabulas" dalla lettura della motivazione dell’avviso di rettifica - riportata alla pag. 3 del ricorso per cassazione - laddove viene espressamente riferito che, essendo stato rilevato lo scostamento reddituale rispetto al livello parametrico di categoria professionale, il contribuente è stato invitato presso l’Ufficio ai fini della instaurazione del contraddittorio e che - come risultava dai verbali del 15.1.2003 e del 26.7.2005 - l’ente impositore aveva ritenuto fondata la giustificazione fornita dal contribuente in ordine al diversificato impegno dallo stesso profuso nel corso dell’anno nell’attività di sostegno alla impresa paterna, proponendo una riduzione dei maggiori compensi accertati (pari al 50% del valore reddituale parametrico, calcolato in base alle stesse dichiarazioni del contribuente che aveva affermato come l'attività di amministratore unico, progettista e direttore lavori della società paterna S. s.r.l. lo aveva impegnato "per circa il 50% delle giornate lavorative") che, tuttavia, non era stata accettata dal contribuente essendo stato in conseguenza determinato l'imponibile in base ai parametri. E’ inesatta, pertanto, l'affermazione del ricorrente secondo cui l’atto impositivo è stato motivato "esclusivamente" con riferimento ai parametri di cui al DPCM 29.1.1996 e 27.3.1997, contenendo l’atto impositivo, invece, un espresso riferimento al contraddittorio preventivo ed all’esame della obiezione, in quella sede formulata dal contribuente, a giustificazione della riduzione dei redditi prodotti nell’ anno.
Diversa questione è se la motivazione addotta dall'Ufficio a sostegno della pretesa sia o meno fondata (nella specie dalla motivazione dell’avviso emerge che si era fatto riferimento al valore reddituale indicato dal parametro non avendo il contribuente aderito alla definizione proposta dall'Ufficio), trattandosi di questione che attiene al merito della pretesa e non al requisito formale di validità dell’avviso di accertamento prescritto dagli artt. 42 co 2 Dpr n. 600/73 e dall’art. 56 co 5 Dpr n. 633/72.
Inconferente, e dunque inammissibile, in quanto non coglie la "ratio decidendi" è il secondo motivo, con il quale il ricorrente censura la sentenza di appello per violazione dell’art. 23 Cost. e dell’art. 39 Dpr n. 600/73 sostenendo che la CTR avrebbe erroneamente attribuito valore di prova sufficiente a sostenere la pretesa tributaria ai parametri elaborati dai DDPPCCM del 29.1.1996 e del 27.3.1997.
I Giudici di merito, diversamente da quanto ipotizzato dal ricorrente, non hanno affatto affermato che i "parametri" (e non gli "studi di settore" come erroneamente riportato nella esposizione del motivo) costituiscono "ex se" prova sufficiente a sostenere la pretesa fiscale, ma al contrario hanno valutato in concreto gli elementi probatori dedotti dalle parti, ritenendo non probanti i valori parametrici posti a base dell’avviso di accertamento, in considerazione delle ragioni giustificative del contribuente che dimostravano una diminuzione dell’attività lavorativa professionale, ed hanno accertato che lo scostamento reddituale trovava parziale riscontro nell’impegno profuso dal contribuente nell’occuparsi della impresa paterna in stato di insolvenza nonché nello svolgimento di "attività accessorie" non riconducibili a quelle proprie del geometra, determinando in conseguenza un maggiore imponibile inferiore del 50% rispetto al livello massimo reddituale indicato dall’Ufficio con riferimento ai parametri della legge n. 549/1995, confermando la decisione di prime cure e rigettando l’appello principale del D.M. volto ad ottenere il totale azzeramento del maggiore imponibile accertato.
Il terzo motivo, con il quale si deduce il vizio di nullità processuale per avere omesso la CTR di motivare in ordine al motivo di gravame con il quale si contestava Io scostamento reddituale indicato nell’avviso di accertamento opposto, dovendo trovare applicazione i diversi e più recenti coefficienti elaborati dagli studi di settore, è invece fondato (il motivo dedotto ex art. 360 co 1 n. 4 c.p.c., con riferimento alla violazione dell’art. 36 co 2 n. 4 DIgs n. 546/1992 deve essere correttamente qualificato, giusta l’inequivoco tenore della esposizione argomentativa, come violazione dell’art. 112 c.p.c.).
Il ricorrente ha trascritto, riassumendolo, il contenuto dell’atto di appello con il quale era stata impugnata la sentenza di primo grado anche in relazione alla mancata applicazione dei coefficienti standard più aggiornati.
Il rilevato vizio processuale non determina per ciò stesso la cassazione con rinvio della sentenza laddove il motivo di gravame pretermesso dal Giudice di merito involga una questione di mero diritto. In tal caso infatti è consentito alla Corte, per ragioni di economia dei mezzi processuali che trovano espressione nel principe di ragionevole durata del processo ex art. 111 co 2 Cost., esaminale nel merito la questione di diritto.
Tanto premesso, osserva il Collegio che, come affermato da questa Corte, "la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, che giustifica la prevalenza, in ogni caso, dello strumento più recente su quello precedente con la conseguente applicazione retroattiva dello standard più affinato è, pertanto, più affidabile" (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009; id. Se.z. 5, Sentenza n. 143 del 29/01/2014). Ne segue che l’applicazione del metodo più aggiornato ed aderente alla rappresentazione della realtà effettuale non può costituire oggetto di scelta discrezionale da parte della Amministrazione finanziaria, avuto riguardo sia al principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa tributaria, sia al principio di efficienza dell’attività di accertamento tributario (art. 97 Cost.): non è, infatti, compatibile con i predetti principi costituzionali l’applicazione da parte della Amministrazione finanziaria, secondo un criterio di mera convenienza, del livello di reddito standard "maggiore" tra quelli elaborati statisticamente nei diversi provvedimenti succedutisi nel tempo, tenuto conto che il metodo tecnicamente più avanzato viene ad escludere l’attendibilità del metodo che adotta criteri di elaborazione ritenuti superati. Nè la scelta del metodo di accertamento standard può essere ricondotto a materia oggetto del potere dispositivo delle parti: l’accertamento fiscale, in quanto diletto al recupero di diritti patrimoniali indisponibili per lo Stato, non può essere, infatti, oggetto di atti di rinuncia transattiva: la "proposta" di definizione della lite potenziale formulata dall’Ufficio nella fase istruttoria del procedimento, non è espressione di scelte discrezionali, ma si risolve nella "correzione" dell’astratto dato parametrico - ricavato sullo standard del settore - alla stregua della valutazione della concreta situazione economica del contribuente (del tutto incongruo sul piano logico deve quindi ritenersi il comportamento della P.A. che, dopo aver riconosciuto fondato il fatto specifico addotto dal contribuente a giustificazione del calo reddituale, ha poi determinato l’imponibile in base al dato paramedico, sul presupposto - inconferente - della mancata adesione del contribuente alla proposta di definizione: comportamento dell'ufficio la cui illogicità è stata correttamente stigmatizzata dai Giudici di merito che hanno ritenuto di ridurre l’imponibile proprio in considerazione della concreta circostanza giustificativa riconosciuta dalla stessa Amministrazione finanziaria).
La applicazione del "metodo standard" più aggiornato, rientra a pieno titolo nell’esercizio della competenza attribuita al Giudice tributario, chiamato a definire il rapporto obbligatorio controverso nell’un e nel quantum: le Commissioni tributarie, infatti, nei casi in cui ritengano in tutto od in parte di accogliere i motivi di impugnazione dedotti dal contribuente sono tenute a rideterminare l’esatto importo della imposta dovuta, alla stregua degli elementi istruttori emersi all'esito del giudizio.
Ne segue che la determinazione della entità dello scostamento reddituale, in quanto incidente sulla liquidazione del "quantum" dovuto a titolo d'imposta, si riverbera sulla prova dei fatti costitutivi della pretesa fiscale: prova che se fatta valere dalla Amministrazione finanziaria attraverso il rinvio ad elaborazioni statistiche di tipo standard, contenute in provvedimenti amministrativi a contenuto generale, bene può essere contestata dal contribuente in giudizio mediante indicazione della elaborazione statistica più recente alla quale l'Amministrazione finanziaria è tenuta ad adeguarsi qualora intenda fondare la propria pretesa sul "metodo di accertamento standard".
La CTR ha omesso di pronunciare sul motivo di gravame in questione, incorrendo in conseguenza nel vizio di violazione della norma processuale dedotto dal ricorrente: la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio della causa alla CTR in diversa composizione che procederà a nuovo esame, attenendosi alle indicazioni fornite dalla richiamata giurisprudenza di legittimità in ordine alla immediata applicabilità, alla fattispecie controversa, dei coefficienti standard più aggiornati, verificando in particolare se i nuovi livelli reddituali (indicati dal contribuente a pag. 6 del ricorso principale) siano correttamente riferiti alla categoria economica di lavoro autonomo cui appartiene il contribuente, quale sia lo scostamento dal reddito dichiarato, e rideterminando quindi, anche in considerazione della ridotta attività svolta dal contribuente nel periodo d’imposta, il "quantum" del tributo. La applicazione dei nuovi e più recenti coefficienti, in quanto fondata su diversi criteri di determinazione del reddito, impone infatti anche una nuova valutazione della percentuale di abbattimento riconosciuta dalla CTR in relazione a parametri reddituali che debbono considerarsi imprecisi e comunque superati.
Con il quarto motivo il contribuente censura la sentenza di appello per omessa, carente e contraddittoria motivazione ex art. 360 co 1 n, 5 c.p.c. nella parte in cui, la CTR dopo aver rilevato che l’Ufficio in sede di contraddittorio anticipato aveva proposto di ridurre del 50% il "quantum" accertato in considerazione della minore attività libero professionale svolta a causa degli impegni sostenuti in relazione all’attività imprenditoriale paterna, ha poi ritenuto di confermare la medesima entità del 50% di riduzione dell’imponibile rispetto al livello parametrico, sebbene avesse riconosciuto che anche gran parte della ulteriore attività di consulenza in materia di sicurezza del lavoro esulava da quella professionale di geometra, con la conseguenza che avrebbe allora dovuto ulteriormente incrementare la percentuale di abbattimento dell’imponibile, e così annullare l’avviso di accertamento.
Il motivo è inammissibile.
La CTR non ha motivato "per relationem" al verbale istruttorio del procedimento di definizione dell’accertamento per adesione, ma ha inteso procedere ad autonoma ed onnicomprensiva valutazione dei fatti giustificativi dello scostamento reddituale addotti dal contribuente, considerando a tal fine, tanto l'attività svolta a sostegno dell'azienda paterna, quanto "gli altri servizi in materia di legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro", entrambi ricondotti nella generica dizione "altre attività" e pervenendo in base ad una valutazione di merito comprensiva di tutti gli indicati elementi a ridurre del 50% l’imponibile accertato dall'Ufficio con riferimento al livello reddituale massimo del parametro di cui alla legge n. 549/1995.
Ne segue che il motivo di ricorso - fondato su una ipotetica applicazione aritmetica del cumulo di riduzioni - non coglie la "ratio decidendi" della sentenza fondata su una rinnovata (rispetto alla valutazione compiuta dal Giudice di prime cure) e complessiva valutazione di tutte le attività ritenute non riconducibili a quella tipica del geometra.
In conclusione il ricorso trova accoglimento, quanto ai terzo motivo (inammissibili od infondati gli altri), la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Emilia Romagna che provvederà ad emendare i vizi riscontrati uniformandosi al principio di diritto enunciato dai precedenti della Corte e liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

- Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Emilia Romagna che provvederà ad emendare i vizi riscontrati uniformandosi al principio di diritto enunciato dai precedenti della Corte e liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.