Sentenza n 38/2016 del 10/02/2016. Le dismissioni patrimoniali non possono essere impiegate per spese di natura corrente, fra le quali ricade anche il pagamento di oneri tributari. Infatti, l'impiego dei proventi di alienazioni per spese correnti provoca un pregiudizio all'equilibrio finanziario e patrimoniale dell'ente che lo pratica, pari al valore della dismissione stessa. La norma regionale impugnata, consentendo agli enti gestori che non versano in stato di dissesto finanziario di destinare una quota dei proventi delle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica al pagamento di imposte gravanti sugli immobili di loro proprietà, violerebbe la competenza legislativa statale nelle materie del «governo del territorio» e del «coordinamento della finanza pubblica», entrambe espressamente menzionate dal legislatore statale quali presupposti della disciplina dell'art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014.

L'art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014, nell'imporre la destinazione esclusiva dei proventi delle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente, esprime una scelta di politica nazionale di potenziamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, diretta a fronteggiare l'emergenza abitativa e, al tempo stesso, la crisi del mercato delle costruzioni. Si tratta di una scelta che, nell'ambito di un più ampio disegno di politica economica nazionale delineato dal legislatore, mira a finanziare il programma straordinario di edilizia residenziale attraverso piani di alienazioni che privilegiano, come dispone lo stesso art. 3, comma 1, lettera a), la «possibilità di favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti nei quali la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento oltre che in quelli inseriti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica, al fine di conseguire una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione degli oneri a carico della finanza locale», quindi al fine di conseguire un altro obiettivo generale di finanza pubblica. Il vincolo di destinazione esclusiva stabilito dalla norma va considerato pertanto come l'espressione di un principio fondamentale nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», con il quale il legislatore statale ha inteso stabilire una regola generale di uso uniforme delle risorse disponibili provenienti dalle alienazioni immobiliari.
La circostanza che la norma si traduca, per gli enti pubblici ai quali il vincolo è imposto, in una prescrizione puntuale sull'uso delle risorse in oggetto non esclude, di per sé, il carattere di principio della norma stessa. Come questa Corte ha ripetutamente affermato (da ultimo, nella sentenza n. 153 del 2015), possono essere ricondotte nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica anche «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali» (sentenza n. 237 del 2009; in precedenza, nello stesso senso, sentenza n. 417 del 2005), giacché «il finalismo» insito in tale genere di disposizioni esclude che possa invocarsi «la logica della norma di dettaglio» (sentenza n. 205 del 2013). Coerentemente con questa ricostruzione finalistica del coordinamento, che può essere perseguito anche tramite norme finanziarie che non si limitino a porre un obiettivo di riequilibrio della finanza pubblica, ma prescrivano le specifiche modalità per il suo perseguimento, questa Corte ha affermato che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010).»»»»»»»»»»»»

 



Sentenza n. 138/2013 (red. Carosi) Le regole di convergenza e di stabilità dei conti pubblici provengono sia dall’ordinamento comunitario che da quello nazionale. Titolo della sentenza Bilancio e contabilità pubblica – Norme della Regione Molise – Redazione del rendiconto finanziario – Contabilizzazione nel bilancio consuntivo di residui attivi senza il previo accertamento degli stessi – Contrasto con il corrispondente principio contenuto nella legge quadro in materia di finanza regionale, strettamente inerente ai concetti di certezza e attendibilità delle risultanze della gestione economica e finanziaria – Violazione della competenza legislativa statale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica – Illegittimità costituzionale. Estratto dalla motivazione



“[...] il coordinamento della finanza pubblica attiene soprattutto al rispetto delle regole di convergenza e di stabilità dei conti pubblici, regole provenienti sia dall’ordinamento comunitario che da quello nazionale. In particolare, il patto di stabilità interno [...] stabilisce, tra l’altro, che, ai fini del concorso degli enti territoriali al rispetto degli obblighi comunitari della Repubblica ed alla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, il disavanzo di ciascun ente territoriale non può superare determinati limiti, fissati dalle leggi finanziarie e di stabilità che si sono succedute a partire dal 2002 [...]. Gli obiettivi finanziari in questione vengono pertanto accertati attraverso il consolidamento delle risultanze dei conti pubblici in quella prospettiva che è stata definita di “finanza pubblica allargata” (sentenze n. 267 del 2006 e n. 425 del 2004). Gli eventuali disavanzi di ciascun ente, i quali costituiscono la componente analitica dell’aggregato finanziario complessivo preso come punto di riferimento per il rispetto degli obblighi comunitari e nazionali, si accertano – per quel che riguarda la gestione annuale – attraverso il risultato di amministrazione, che costituisce l’epilogo del rendiconto finanziario. Si può pertanto concludere che le norme finanziarie contenute nei rendiconti, le quali risultano idonee a violare il rispetto dei limiti derivanti dall’ordinamento comunitario e dalla pertinente legislazione nazionale in materia oppure a non consentirne la verifica, possono risultare in contrasto con principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica”. (Considerato in diritto, 2.)
(Illegittimità costituzionale + Inammissibilità)
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