Sent. n. 219/2013 (red. Lattanzi)
Il controllo della Corte dei Conti è finalizzato a verificare il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea
Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica - Attuazione della legge delega n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale – Meccanismi premiali e sanzionatori nei confronti di Regioni ed enti locali - Potere di verifica da parte dello Stato sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile di Regioni ed enti, che, per effetto del d.l. n. 174 del 2012, è preliminare al controllo della Corte dei conti - Ricorso della Regione autonoma Valle d’Aosta – Difetto di motivazione - Inammissibilità della questione.


Estratto dalla motivazione
“La Corte esclude che l’art. 5 del d.lgs. n. 149 del 2011, nel testo introdotto dall’art. 1-bis, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, abbia disciplinato una nuova forma di controllo sul sistema regionale e locale, affidato alla Corte dei conti, come erroneamente opinano tutte le ricorrenti. La disposizione impugnata non spende parola sui confini e sugli effetti di un simile controllo, come invece sarebbe stato necessario, ove davvero il legislatore fosse stato mosso dall’intenzione di ampliare il campo di azione del giudice contabile. È invece evidente che la norma si colloca in una fase anteriore, attribuendo al Ministero dell’economia e delle finanze un potere di verifica strumentale all’esercizio delle funzioni che l’ordinamento già riconosce alla Corte dei conti, e la cui legittimità costituzionale non è oggi in discussione. Una conclusione diversa potrebbe essere tratta, solo se si ritenesse fin d’ora che lo “squilibrio finanziario” su cui verte il potere di verifica assegnato dalla norma impugnata sia in linea di principio estraneo all’oggetto del controllo di gestione esercitabile nei confronti delle Regioni. Ma questa affermazione, sviluppata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, è già stata smentita da questa Corte, fin dalla sentenza n. 29 del 1995, con la quale si è ritenuta la legittimità costituzionale di «un tipo di controllo, come quello previsto dalle disposizioni contestate, che abbia ad oggetto, non già i singoli atti amministrativi, ma l’attività amministrativa, considerata nel suo concreto e complessivo svolgimento, e che debba essere eseguito, non già in rapporto a parametri di stretta legalità, ma in riferimento ai risultati effettivamente raggiunti collegati agli obiettivi programmati nelle leggi o nel bilancio, tenuto conto delle procedure e dei mezzi utilizzati per il loro raggiungimento. Infatti, il disegno costituzionale della pubblica amministrazione - delineato in base ai principi del buon andamento dei pubblici uffici (art. 97), della responsabilità dei funzionari (art. 28), del tendenziale equilibrio di bilancio (art. 81) e del coordinamento dell’autonomia finanziaria delle regioni con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni (art. 119) - permette al legislatore ordinario di sviluppare le potenzialità in esso contenute attraverso la previsione di forme di controllo ulteriori rispetto al controllo, essenzialmente esterno, di legittimità e l’estensione di tali forme ulteriori alle amministrazioni regionali» (sentenza n. 29 del 1995, punto 9.1 del Considerato in diritto). È pacifico che entro una nozione così larga, e così attenta a rimarcare in particolar modo l’impatto dell’attività amministrativa sulle finanze pubbliche, debba rientrare non solo il controllo sulla gestione amministrativa, ma anche quello sulla gestione finanziaria. In seguito, tale profilo è stato ribadito dall’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), per il quale «la Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea». Questo principio, senza dubbio applicabile ai soggetti ad autonomia speciale (sentenze n. 60 del 2013 e n. 267 del 2006), convive, ma non viene meno per effetto della «potestà delle Regioni a statuto speciale, nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità». Si tratta di attribuzione, anch’essa prevista dall’art. 7, comma 7, della legge n. 131 del 2003 concernente infatti le sole modalità di adattamento del controllo della Corte dei conti alle peculiarità recepite dagli statuti speciali, al pari dell’analogo art. 20 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione). Né la Corte ha mai mutato avviso sul punto: la sentenza n. 236 del 2004, richiamata in senso contrario dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, ha riguardato il solo comma 1 dell’art. 7 della legge n. 131 del 2003, in tema di conferimento delle funzioni amministrative, e dunque materia affatto diversa dal controllo di gestione. Più in generale, è costante nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui legittimamente il legislatore statale conferisce alla Corte dei conti funzioni esercitabili nei confronti non solo delle Regioni a statuto ordinario, ma anche delle autonomie speciali (sentenza n. 29 del 1995; in seguito, sentenze n. 60 del 2013; n. 267 del 2006; n. 171 del 2005). Ben si comprende, infatti, che attribuzioni fondate sugli artt. 28, 81 e 97 Cost., anche in riferimento all’art. 119 Cost. ed al coordinamento della finanza pubblica, non possano incontrare i limiti peculiari dell’autonomia speciale, ma si impongano uniformemente, perlomeno nei tratti costitutivi ed essenziali, sull’intero territorio della Repubblica. Non hanno perciò mai avuto successo i tentativi delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di opporre al legislatore statale, in questa materia, sfere di più ampia autonomia legislativa e amministrativa, rispetto a quelle di cui godono le Regioni a statuto ordinario. Non a caso, sono state di regola le norme di attuazione degli statuti delle parti ricorrenti ad adeguarsi alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), istitutiva del controllo di gestione, e non il contrario (art. 3 del d.lgs. 15 maggio 2003, n. 125 per la Regione Friuli-Venezia Giulia; art. 1 del d.lgs. 14 settembre 2011, n. 166 per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige; art. 1 del d.lgs. 5 ottobre 2010, n. 179 per la Regione Valle d’Aosta), mentre, altrove, la normativa dello Stato si è naturalmente sovrapposta alla disciplina statutaria e di attuazione (d.P.R. n. 21 del 1978 per la Regione Sardegna)”. (Considerato in diritto, 16.3)
(Inammissibilità)
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Sentenza n. 60/2013 (red. Mattarella)
I controlli attribuiti alle sezioni regionali della Corte dei conti sono finalizzati ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria del complesso degli enti territoriali, nonché il rispetto del patto di stabilità interno e degli obiettivi di governo dei conti pubblici concordati in sede europea.

Titolo della sentenza
Corte dei conti – Delibera della Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, concernente l’approvazione del programma dei controlli e delle analisi della sezione di controllo di Bolzano per l’anno 2012 – Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano – Riconoscimento di distinte e concorrenti funzioni di controllo spettanti alla Corte dei conti e alla Provincia di Bolzano – Riconoscimento alla Corte dei conti del ruolo di organo terzo e imparziale di garanzia dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive, al servizio dello Stato- ordinamento – Dichiarazione che spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Trentino-Alto Adige, sede di Bolzano, adottare la deliberazione n. 4/2011/inpr, concernente l’approvazione del programma dei controlli e delle analisi della sezione di controllo di Bolzano per l’anno 2012.


Estratto dalla motivazione
“[...] il controllo successivo sulla gestione economico-finanziaria del complesso delle amministrazioni pubbliche, assunto in funzione di referto al Parlamento e alle altre assemblee elettive, è volto a verificare, anche in corso di esercizio, la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni di ciascuna amministrazione. La funzione di controllo sugli equilibri di bilancio spettante alla Corte dei conti è stata espressamente estesa a tutti gli enti territoriali dall’articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131 [...], ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in relazione al patto di stabilità interno e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Successivamente, in punto di controlli sugli enti locali e sugli enti del Servizio sanitario nazionale [...], l’articolo 1, commi da 166 a 172, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 [...] ha attribuito alla Corte dei conti un controllo diretto sui bilanci anche attraverso i revisori dei conti [...]. Le richiamate disposizioni hanno pertanto esteso a tutto il territorio nazionale i controlli sugli enti locali e sugli enti del Servizio sanitario nazionale ai fini del rispetto del patto di stabilità interno e degli equilibri della finanza pubblica, configurando un sindacato generale ed obbligatorio sui bilanci preventivi e consuntivi di ciascun ente locale. Infine, l’art. 148-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 [...] ha rafforzato i controlli attribuiti alle sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali, ai fini della verifica degli equilibri di bilancio, in esito ai quali – in caso di mancato adeguamento dell’ente locale alle pronunce di accertamento di irregolarità contabili o di eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica – è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria. [...] il suddetto controllo [...] è finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria del complesso degli enti territoriali, nonché il rispetto del patto di stabilità interno e degli obiettivi di governo dei conti pubblici concordati in sede europea (ex plurimis, sentenze n. 198 del 2012, n. 37 del 2011, n. 179 del 2007, n. 267 del 2006). Esso si colloca nell’ambito materiale del coordinamento della finanza pubblica, in riferimento agli articoli 97, primo comma, 28, 81 e 119 della Costituzione, che la Corte dei conti contribuisce ad assicurare, quale organo terzo ed imparziale di garanzia dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive, in quanto al servizio dello Stato-ordinamento (sentenze n. 267 del 2006; analogamente, anche le sentenze n. 198 del 2012, n. 37 del 2011 e n. 179 del 2007). Ne consegue che tale controllo si pone in una prospettiva non più statica – come, invece, il tradizionale controllo di legalità-regolarità – ma dinamica, in grado di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo alla adozione di effettive misure correttive funzionali a garantire il rispetto complessivo degli equilibri di bilancio (sentenze n. 198 del 2012, n. 179 del 2007 e n. 267 del 2006). Nel pronunciarsi sulla conformità a Costituzione delle norme che disciplinano tale tipologia di controllo, in relazione agli enti locali e agli enti del Servizio sanitario nazionale (...), questa Corte ha altresì affermato che esso «è ascrivibile alla categoria del sindacato di legalità e di regolarità, di tipo complementare al controllo sulla gestione amministrativa» (sentenza n. 179 del 2007) [...]. [...] il sopra ricostruito controllo di legalità e regolarità della gestione economico-finanziaria risulta estensibile alle Regioni e alle Province dotate di autonomia differenziata (sentenze n. 198 del 2012, n. 179 del 2007 e n. 267 del 2006), non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della “finanza pubblica allargata” (sentenza n. 425 del 2004) e che pertanto sono ad esse opponibili i principi di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis, sentenze n. 229 del 2011, n. 289 e n. 120 del 2008). Infatti, le norme sopra menzionate [...] concorrendo «alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio
finanziario e di osservanza del patto di stabilità interno» (sentenze n. 198 del 2012 e n. 179 del 2007), hanno introdotto controlli di legalità e di regolarità sulle finanze pubbliche attribuiti alla Corte dei conti in riferimento alle compatibilità poste dagli articoli 81 e 119 Cost. e agli obiettivi parametrici di governo dei conti pubblici concordati in sede europea ai quali il legislatore regionale, ancorché dotato di autonomia speciale, non può sottrarre gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. [...] Alla Corte dei conti è infatti attribuito il controllo sull’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell’unità economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.): equilibrio e vincoli che trovano generale presidio nel sindacato della Corte dei conti quale magistratura neutrale ed indipendente, garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico. Alla Provincia autonoma spettano invece diverse forme di controllo interno sulla gestione delle risorse finanziarie, ancorché declinate in forma differenziata rispetto agli altri enti territoriali secondo quanto previsto dalle peculiari condizioni dello statuto di autonomia. Né può trascurarsi che tale distinzione, su cui poggia l’estensione agli enti territoriali dotati di autonomia speciale del controllo sulla legalità e sulla regolarità della gestione economico-finanziaria, assuma ancora maggior rilievo nel quadro delineato dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che, nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. (Considerato in diritto, 4.1., 4.2., 5.1., 5.2.)
(Spettanza allo Stato)
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Sent. n. 198/2012 (red. Cassese)
Il controllo della Corte dei Conti è finalizzato a verificare il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea
Titolo della sentenza
Regione (in genere) - Istituzione di un collegio dei revisori dei conti, quale "organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente" - Raccordo con le Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, ai fini di coordinamento della finanza pubblica - Ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Umbria - Asserita delegazione di poteri di natura regolamentare nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, con violazione della potestà legislativa e regolamentare regionale - Asserita violazione della funzione della corte dei conti - Asserita violazione della potestà statutaria e legislativa regionale in materia di organi regionali non necessari - Insussistenza - Non fondatezza della questione.



Estratto dalla motivazione
maggio 2014 57
“La disposizione impugnata mira a introdurre per le amministrazioni regionali un sistema di controllo analogo a quello già previsto, per le amministrazioni locali, dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2006), «ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica» (art. 1, comma 166). Tale legge prevede che gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria trasmettano alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo, e che le sezioni regionali accertino, anche sulla base di dette relazioni, il conseguimento, da parte degli enti locali, degli equilibri di bilancio fissati a livello nazionale. Laddove vengano accertati «comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto [di stabilità interno]», le sezioni regionali della Corte dei conti segnalano dette irregolarità agli organi rappresentativi dell’ente, perché adottino idonee misure correttive. L’art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011, per il «conseguimento degli obiettivi stabiliti nell’ambito del coordinamento della finanza pubblica», stabilisce un «raccordo» fra il Collegio dei revisori dei conti della Regione e la sezione regionale di controllo della Corte dei conti. La norma censurata si collega alle disposizioni relative alle funzioni di controllo della Corte dei conti sulla gestione delle amministrazioni regionali: per un verso, l’art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), su cui si è già espressa questa Corte con la sentenza n. 29 del 1995; per altro verso, l’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che ha rimesso alla Corte dei conti, «ai fini del coordinamento della finanza pubblica», il compito di «verifica[re] il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea». Nel quadro normativo descritto, la disposizione impugnata ha previsto un collegamento fra i controlli interni alle amministrazioni regionali e i controlli esterni della Corte dei conti, secondo il modello che, in attuazione del citato art. 7, comma 7, della legge n. 131 del 2003, è stato sperimentato, per gli enti locali, dalla menzionata legge n. 266 del 2005. Chiamata a pronunciarsi sulle disposizioni di tale ultima legge, questa Corte ha affermato – fra l’altro – che il controllo esterno esercitato dalla Corte dei conti nei confronti degli enti locali, con l’ausilio dei collegi dei revisori dei conti, è «ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità», e che esso concorre «alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e di osservanza del patto di stabilità interno» (sentenza n. 179 del 2007). Questa Corte ha altresì ritenuto che tale attribuzione trovi diretto fondamento nell’art. 100 Cost., il quale «assegna alla Corte dei conti il controllo successivo sulla gestione del bilancio, come controllo esterno ed imparziale» e che il riferimento dello stesso art. 100 Cost. al controllo «sulla gestione del bilancio dello Stato» debba intendersi oggi esteso ai bilanci di tutti gli enti pubblici che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata. A quest’ultima, del resto, vanno riferiti sia i principi derivanti dagli artt. 81, 97, primo comma, 28 e 119, ultimo comma, Cost. (sentenza n. 179 del 2007), sia il principio di cui all’art. 1, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), per cui «[l]e amministrazioni pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base dei princìpi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, e ne condividono le conseguenti responsabilità». L’art. 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011 consente alla Corte dei conti, organo dello Stato-ordinamento (sentenze n. 267 del 2006 e n. 29 del 1995), il controllo complessivo della finanza pubblica per tutelare l’unità economica della Repubblica (art. 120 Cost.) ed assicurare, da parte dell’amministrazione controllata, il «riesame» (sentenza n. 179 del 2007) diretto a ripristinare la regolarità amministrativa e contabile. Al contempo, la disposizione censurata garantisce l’autonomia delle Regioni, stabilendo che i componenti dell’organo di controllo interno debbano possedere speciali requisiti professionali ed essere nominati mediante sorteggio – al di fuori, quindi, dall’influenza della politica –, e che tale organo sia collegato con la Corte dei conti, istituto indipendente dal Governo (art. 100, terzo comma, Cost.). Il collegamento fra controllo interno e controllo esterno assolve anche a una funzione di razionalità nelle verifiche di regolarità e di efficienza sulla gestione delle singole amministrazioni, come risulta, del resto, dalla disciplina della legge n. 20 del 1994, secondo cui «la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge» è accertata dalla Corte dei conti «anche in base all’esito di altri controlli. Infine, la disposizione impugnata non implica alcuna delegazione di potere regolamentare, né nella parte in cui prevede l’istituzione del Collegio dei revisori, né nella parte in cui assegna alla Corte dei conti il potere di definire i criteri di qualificazione professionale dei membri di tale organo. La scelta di rimettere alla Corte dei conti la definizione di tali criteri si giustifica con la specializzazione della stessa Corte nella materia della contabilità pubblica. Ne discende che la disposizione non viola l’art. 117, comma sesto, Cost.”. (Considerato in diritto, 6.3)
(Non fondatezza)
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Sentenza n. 37/2011 (red. Maddalena)
La Corte dei conti concorre alla visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e dell’osservanza del patto di stabilità interno.

Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica – Legge finanziaria 2007 – Rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno 2007 – Obbligo per gli enti di conseguire un saldo finanziario in termini di cassa pari a quello medio riferito agli anni 2003-2005, calcolato secondo la procedura stabilita dalle norme censurate – Inammissibilità della questione.

Estratto dalla motivazione
“[...] le norme anzidette introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost. Esso assume, quindi, anche i caratteri propri del controllo sulla gestione in senso stretto e concorre, insieme a quest’ultimo, alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e dell’osservanza del patto di stabilità interno, che la Corte dei conti può garantire in un’ottica “collaborativa”. Pertanto, nell’esercizio di tale controllo, detta Corte si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie. [...] il tipo di controllo in esame non può essere considerato “attività giurisdizionale”, trattandosi di un controllo diretto non a dirimere una controversia, ma ad assicurare, in via collaborativa, la sana gestione degli enti locali, nonché il rispetto da parte di questi ultimi del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento di cui all’art. 119 Cost.”. (Considerato in diritto, 2.2., 2.3.)
(Inammissibilità)
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Sentenza n. 179/2007 (red. Maddalena)
I controlli della Corte dei conti concorrono ad una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e dell’osservanza del patto di stabilità interno.

Titolo della sentenza
Corte dei conti – Norme della legge finanziaria 2006 – Controllo della Corte dei conti – Obbligo di trasmissione da parte degli organi locali di revisione economico-finanziaria alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti di una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo – Attribuzione alle predette sezioni regionali di specifici poteri sanzionatori – Definizione dei criteri e delle linee guida per la predisposizione delle relazioni sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo – Controllo dettato da esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e di coordinamento della finanza pubblica – Non fondatezza delle questioni.

Estratto dalla motivazione
“[...] le norme censurate introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost. Nella sua configurazione, questa nuova forma di controllo sviluppa il quadro delle misure necessarie per garantire la stabilità dei bilanci ed il rispetto del patto di stabilità interno, prescritti dall’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131 [...]. Infatti è evidente che, a detti fini, oltre al controllo sulla gestione in senso stretto, che ha ad oggetto l’azione amministrativa e serve ad assicurare che l’uso delle risorse avvenga nel modo più efficace, più economico e più efficiente, occorre avere riguardo anche all’aspetto, particolarmente rilevante nell'ambito del fenomeno finanziario considerato nel suo complesso, che attiene alla allocazione delle risorse e, quindi, alla struttura ed alla gestione del bilancio. Il controllo in esame, [...] che integra una disposizione già contenuta nell’art. 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 [...], secondo la quale spetta alla Corte dei conti il controllo finanziario sui bilanci pubblici, pone come oggetto del controllo i bilanci preventivi ed il rendiconto consuntivo, definendo i confini contabili nell’ambito dei quali può svolgersi l’azione amministrativa. Esso, peraltro, a differenza del controllo sulla gestione in senso stretto, che si attua mediante programmi stabiliti dalla Corte dei conti, sulla base delle priorità stabilite dalle Commissioni parlamentari [...], su materie scelte a campione, si svolge su documenti di carattere complessivo e necessario, e con cadenza annuale, poiché i bilanci ed i rendiconti sui quali si esercita hanno, per l’appunto, una cadenza annuale. Tale controllo, che è ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità, ha tuttavia la caratteristica, in una prospettiva non più statica (com’era il tradizionale controllo di legalità-regolarità), ma dinamica, di finalizzare il confronto tra fattispecie e parametro normativo alla adozione di effettive misure correttive. Ne consegue che esso assume anche i caratteri propri del controllo sulla gestione in senso stretto e concorre, insieme a quest’ultimo, alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e di osservanza del patto di stabilità interno, che la Corte dei conti può garantire (sentenza n. 267 del 2006). Si deve peraltro sottolineare la natura collaborativa del controllo disciplinato dalle norme impugnate, che si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie: c’è, dunque, una netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso. Né può dirsi che la vigilanza sull’adozione delle misure necessarie da parte degli enti interessati implichi un’invasione delle competenze amministrative di questi ultimi, poiché l’attività di vigilanza, limitatamente ai fini suddetti, è indispensabile per l’effettività del controllo stesso. In questo quadro, appare evidente che il controllo sulla gestione finanziaria è complementare rispetto al controllo sulla gestione amministrativa, ed è utile per soddisfare l’esigenza degli equilibri di bilancio. [...] come già affermato da questa Corte (tra le altre, sentenza n. 29 del 1995 e, da ultimo, sentenza n. 267 del 2006), il legislatore è libero di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi altra forma di controllo, purché questo abbia un suo fondamento costituzionale. La sussistenza di detto fondamento è confortata, in primo luogo, dall’art. 100 della Costituzione, il quale assegna alla Corte dei conti il controllo successivo sulla gestione del bilancio, come controllo esterno ed imparziale. Infatti, se è vero che, al momento dell’emanazione della Costituzione, per indicare l’intera finanza pubblica non poteva non farsi riferimento al bilancio dello Stato, è altrettanto vero che oggi tale dizione deve intendersi riferita non solo al bilancio dello Stato, ma anche a quello di tutti gli altri enti pubblici che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata. Sono inoltre da richiamare al fine suddetto oltre all’art. 81 Cost., che pone il principio indefettibile dell’equilibrio di bilancio, anche gli articoli 97, primo comma, 28 e 119, ultimo comma, Cost. Peraltro, la previsione da parte di una legge dello Stato del controllo in esame rientra nella competenza propria di quest’ultimo di dettare principi nella materia concorrente della «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo comma, Cost.). [...] il controllo previsto dai commi da 166 a 169 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, risulta dettato da esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e di coordinamento della finanza pubblica, ed è finalizzato (nel quadro del controllo disciplinato dalla legge n. 131 del 2003), con funzione collaborativa, alla tempestiva segnalazione agli Enti interessati di situazioni inerenti agli equilibri di bilancio, per l’adozione delle necessarie misure correttive. [...] la sentenza n. 267 del 2006 ha, tra l'altro, precisato che la possibilità data, dal comma 7 dell’art. 7 della legge n. 131 del 2003, alle Regioni a statuto speciale, «nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità», non pone in nessun caso in discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo sulla gestione delle risorse collettive, affidato alla Corte dei conti, in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio della Repubblica (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997), che garantisca il rispetto dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Anche perché [...] la necessità di coordinamento della finanza pubblica, nel cui ambito materiale si colloca il controllo esterno sulla gestione, riguarda pure le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della «finanza pubblica allargata»”. (Considerato in diritto, 3.1., 3.2., 4.1.)
(Non fondatezza)

 


Sentenza n. 267/2006 (red. Maddalena)
La Corte dei conti – in quanto organo al servizio dello ‘Stato-comunità’, quale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità – verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

Titolo della sentenza
Bilancio e contabilità pubblica – Legge della Regione Valle d’Aosta – Disposizioni in materia di controllo sulla gestione finanziaria della Regione e degli enti da essa dipendenti – Istituzione dell’autorità di vigilanza sulla gestione finanziaria presso il consiglio regionale – Individuazione dei relativi compiti – Attribuzione all’autorità di funzioni di controllo interno alla Regione, che non si sovrappongono alle attività di controllo di gestione esercitate dalla Corte dei conti, né le limitano – Riconducibilità delle disposizioni censurate alle potestà legislative regionali in materia di ordinamento degli uffici e di attuazione e integrazione delle leggi della Repubblica in tema di finanze regionali e comunali – Non fondatezza della questione.



Estratto dalla motivazione
“[...] in base all’art. 3 della legge n. 20 del 1994, il controllo sulla gestione, differenziandosi dal controllo interno ‘di gestione’, concomitante all’azione della pubblica amministrazione e di natura amministrativa, costituisce un controllo successivo ed esterno all’amministrazione, di natura imparziale e collaborativa. L’estensione di tale controllo a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese le Regioni e gli enti locali, è il frutto di una scelta del legislatore che ha inteso superare la dimensione un tempo ‘statale’ della finanza pubblica riflessa dall’art. 100 Cost. ed ha riconosciuto alla Corte dei conti, nell’ambito del disegno tracciato dagli artt. 97, primo comma, 28, 81 e 119 (nel testo originario) Cost., il ruolo di organo posto al servizio dello ‘Stato-comunità’, quale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico e della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997). La disciplina posta dalla legge n. 20 del 1994 ha assunto peraltro maggior rilievo a seguito dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, tra cui, in particolare, l’obbligo imposto agli Stati membri di rispettare un determinato equilibrio complessivo del bilancio nazionale, secondo quanto precisato dalla risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997 relativa al ‘patto di stabilità e crescita’. A tali vincoli si riconnette essenzialmente la normativa nazionale sul ‘patto di stabilità interno’, il quale coinvolge Regioni ed enti locali nella «realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica» scaturenti, appunto, dalla ricordata risoluzione e che è stato diversamente modulato negli anni in forza di disposizioni legislative che, in ogni caso, a partire dalla legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003), sono qualificate come «principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione». In linea di continuità si pone, quindi, l’art. 7, commi da 7 a 9, della legge n. 131 del 2003, che, nel mutato quadro costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V, valorizza, in un’ottica collaborativa, il controllo sulla gestione, attribuendo alla Corte dei conti, «ai fini del coordinamento della finanza pubblica», il compito di verificare «il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea». Una previsione, quest’ultima, che va letta anche nella prospettiva di quanto stabilito dall’art. 248 del Trattato CE, in ordine al controllo negli Stati membri della Corte dei conti europea, da effettuarsi «in collaborazione con le istituzioni nazionali di controllo». In tale più ampio, ma unitario contesto, essenzialmente volto a salvaguardare l’equilibrio complessivo della finanza pubblica, si inserisce il
controllo affidato alle sezioni regionali della Corte dei conti dal comma 7 del citato art. 7, secondo cui è compito delle predette sezioni verificare, «nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni», riferendo sugli esiti delle verifiche «esclusivamente ai consigli degli enti controllati». Risulta, quindi, evidente che la possibilità data, dal già richiamato comma 7 dell’art. 7 della legge n. 131 del 2003, alle Regioni a statuto speciale, «nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità», non pone in nessun caso in discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo sulla gestione delle risorse collettive, affidato alla Corte dei conti, in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio dello ‘Stato-comunità’ (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997), che garantisca il rispetto dell'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Del resto, la necessità di coordinamento della finanza pubblica, nel cui ambito materiale si colloca il controllo esterno sulla gestione, riguarda pure le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della ‘finanza pubblica allargata’, come già affermato da questa Corte (in particolare, sentenza n. 425 del 2004)”. (Considerato in diritto, 4.)
(Non fondatezza)
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