CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV, 29 febbraio 2016, n. 853 -
Sussiste la giurisdizione del giudice tributario sulle controversie aventi ad oggetto gli atti
immediatamente e direttamente incidenti sugli aspetti tributari del rapporto giuridico e quindi direttamente determinativi un aspetto fondamentale della obbligazione tributaria. Nel caso esaminato i decreti del presidente dell’Autorità portuale (con cui viene disposto l’aumento del 100% della tassa portuale per le voci merceologiche) hanno la caratteristica di essere atti direttamente impositivi in quanto determinano in via immediata un elemento essenziale della obbligazione tributaria ed atti autoesecutivi, immediatamente lesivi, e non necessitanti di alcun ulteriore atto specificativo (l’importo dell’imposta dovuta discende unicamente dal dato quantitativo riposante nelle merci movimentate).

 

Il Collegio – quanto a tale profilo -non ravvisa motivo di discostarsi dall’orientamento consolidato della Corte Costituzionale e della Corte Suprema di Cassazione secondo cui la giurisdizione del giudice tributario è ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto immediato e diretto la contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria o dei relativi accessori normativamente individuati, ossia l’an o il quantum di un particolare tributo, di modo che la stessa sia imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto controverso (v. Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 64; Corte Cost. 14 maggio 2008, n. 130; Cass. Civ., Sez. Un., 15 maggio 2007, n. 11077; Cass. Civ., Sez. Un., 10 agosto 2005, n. 16776).

La Corte Costituzionale aveva in precedenza chiarito (Corte costituzionale, 14 marzo 2008 , n. 64) che “la giurisdizione del giudice tributario, in base all'art. 102, comma 2 cost., deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto. Pertanto, l'attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria - sia che derivi direttamente da un'espressa disposizione legislativa ovvero, indirettamente, dall'erronea qualificazione di "tributaria" data dal legislatore (o dall'interprete) ad una particolare materia - comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali.”.

Conserva attualità, quindi, il principio in passato affermato dal Giudice regolatore della giurisdizione (Cassazione civile sez. un. 24/02/1987 n. 1948 ) secondo il quale in sede di disamina della spettanza della giurisdizione tra plesso amministrativo e Commissione tributaria occorre interrogarsi in ordine alla circostanza se “la controversia abbia o non abbia ad oggetto la concreta disciplina di tale rapporto".

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SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 2837 del 2015, proposto da:

Autorità Portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica,tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;

contro

Totalerg Spa, Raffineria di Roma Spa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Cavasola, con domicilio eletto presso Pietro Cavasola in Roma, Via A. Depretis, 86;

e con l'intervento di ad opponendum:

Soc Enel Produzione Spa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso Fabio Cintioli in Roma, Via Vittoria Colonna 32;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sede di ROMA - SEZIONE III TER n. 02411/2015;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Totalerg Spa e di Raffineria di Roma Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato dello Stato Paola Palmieri, e gli Avvocati Pietro Cavasola e Fabio Cintioli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma – ha accolto due ricorsi integrati da motivi aggiunti proposti dalla TotalErg s.p.a. e Raffineria di Roma s.p.a. volti ad ottenere l’ annullamento (quanto al ricorso n. 7850 del 2012)

 

a) del decreto del presidente dell’Autorità portuale n. 182/2012 del 18.6.2012, comunicato con nota dell’Agenzia delle dogane del 28.6.2012, con cui è stata aumentata del 100%, a decorrere dall’1.7.2012, la tassa portuale per le voci merceologiche di cui al punto 3 della tabella allegata al d.P.R. 28 maggio 2009, n. 107, quali il “carbone, oli minerali alla rinfusa, esclusi i laterizi”;

b) della delibera del Comitato portuale n. 75 del 14.6.2012 e dell’allegata “memoria per il Comitato portuale”, conosciute a seguito di accesso agli atti effettuato in data 3.8.2012 e, per quanto occorrer possa, della nota dell’Agenzia delle dogane - Ufficio delle dogane di Civitavecchia dell’8.1.2013, recante comunicazione delle nuove aliquote riferite alle menzionate tasse portuali.

Con il ricorso n. 9292 del 2013 , invece, era stato chiesto l’annullamento

a) del decreto del presidente dell’Autorità portuale n. 308/2013 del 4.7.2013, mai comunicato alle ricorrenti, con cui è stato disposto l’aumento del 100% della tassa portuale per le voci merceologiche di cui al punto 3 della tabella allegata al d.P.R. 28 maggio 2009, n. 107, “quali il carbone, oli minerali alla rinfusa, esclusi i laterizi”, dall’1.7.2013 al 31.12.2013, e un ulteriore aumento a decorrere dall’1.1.2014;

b) della nota prot. 11628/13 dell’Autorità portuale di trasmissione dell’anzidetto decreto agli uffici dell’Agenzia delle dogane.

Erano state prospettate articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere, che sono state vagliate –ed accolte – dal Tar.

Disposta la riunione dei giudizi, ed affermata implicitamente la propria giurisdizione, il Tar ha ricostruito il quadro normativo sotteso alle determinazioni gravate, ed ha sostenuto che  era fondata la censura incentrata sulla assenza di motivazione dei decreti gravati, non risultando percepibili né l’an né il quantum dell’incremento.

Parimenti ha sostenuto che era illegittima la scelta di incidere, peraltro in modo parziale, solo su una delle categorie merceologiche previste dalla norma impositiva, in quanto immotivata e contrastante sia con le disposizioni attributive del potere, non abilitanti all’alterazione del predeterminato carico fiscale, sia con il principio di parità degli operatori economici.

Ha quindi affermato la illegittimità della scelta dell’amministrazione di incidere unicamente su una delle categorie indicate nella norma impositiva (con assorbimento della residua parte della doglianza, attinente all’enucleazione dei “laterizi” dalla medesima categoria di appartenenza).

Il Tar ha poi escluso la fondatezza del profilo di censura, poggiante sulla natura di essential facility delle infrastrutture portuali in riferimento agli specifici ambiti di operatività delle parti odierne appellate; ha poi dichiarato inammissibile per difetto di interesse la critica prospettante l’illegittimità del trattamento differenziato per il traffico internazionale rispetto al traffico nazionale (cabotaggio) e intraUE, delineato dai provvedimenti impugnati e, più a monte, anche dal d.m. 24.12.2012.

Il primo giudice ha parimenti escluso (capo 3.2.3.)la fondatezza delle censure relative alla asserita violazione degli obblighi partecipativi e la dedotta lesione del principio di gradualità.

Al capo 3.3. sono state scrutinate anche le rimanenti censure relative all’ambito (temporale) di efficacia dei provvedimenti, ed anche queste sono state accolte dal Tar alla luce del principio di irretroattività, ritenuto dal primo giudice indefettibile corollario dell’art. 23 della Costituzione.

L’amministrazione originaria resistente rimasta soccombente ha proposto un articolato appello.

Ha in primo luogo sostenuto che il petitum introdotto atteneva direttamente e immediatamente alla determinazione delle aliquote dell’obbligazione tributaria ( tali erano, certamente, le tasse portuali).

Ne discendeva quindi che la controversia doveva essere devoluta alla giurisdizione tributaria in quanto essa aveva assunto i caratteri di una giurisdizione generale e l’elencazione degli atti impugnabili davanti a quel giudice, e di cui all’art. 19 del d. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , non poteva considerarsi tassativa.
Sotto altro profilo, da tale giurisdizione esulavano, secondo il disposto dell’art 7, comma 5 del citato decreto legislativo , soltanto gli atti a carattere generale: tuttavia il riferimento ivi contenuto riguardava unicamente gli atti generali che fossero adottati nell’esercizio di un potere amministrativo di carattere discrezionale.

Né in senso contrario poteva essere invocata la disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212( “la natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa quando ne ricorrano i presupposti”) in quanto essa non fondava, ma presupponeva, la sussistenza della giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo.

Ne discendeva la necessaria devoluzione della controversia al giudice tributario.

Nel merito, ha contestato la gravata decisione, sia nella parte in cui introduceva un obbligo di  motivazione non prescritto ex lege sia nella parte in cui non aveva tenuto conto che l’Autorità  Portuale avrebbe potuto deliberare in ordine a singole categorie di prodotti.

Parte appellata ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione del mezzo –anche sotto il profilo della contestazione della giurisdizione- perché infondato.

Soc Enel Produzione Spa, si è costituita in giudizio depositando atto di intervento ad opponendum, chiarendo la fonte della propria legittimazione attiva e chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

Alla camera di consiglio del 16 giugno 2105 la domanda cautelare di sospensione della provvisoria esecutività della gravata decisione è stata respinta con ordinanza n.2645/2015 alla stregua delle seguenti considerazioni “rilevato che, sotto il profilo del periculum in mora, parte appellante non ha documentato alcun decisivo pregiudizio, e men che meno con carattere di irreparabilità;

rilevato che – quanto al fumus -appare comunque opportuna la sollecita fissazione della decisione di merito alla prossima pubblica udienza del 17 novembre 2015, tenuto conto della circostanza che vi sono problematiche di ampio spessore da esaminare, sia con riferimento al profilo della giurisdizione (es: Cassazione civile , sez. trib., 25 febbraio 2009 , n. 4513 Cassazione civile , sez. un., 07 maggio 2010 , n. 11082) che con riferimento al profilo del merito (con riguardo alla contestata “scelta” di due categorie di prodotti su tre, nell’ambito della tabella) che processuali (in riferimento alla possibilità di intervento in appello per il soggetto che vanta una posizione di cointeresse);”.

Con la medesima ordinanza, quindi, la trattazione definitiva della causa è stata fissata alla pubblica udienza del 17 novembre 2015.

Con successiva ordinanza n. 03353/2015 in data 28 luglio 2015 la Sezione ha respinto una ulteriore istanza cautelare, alla stregua del convincimento per cui “ritenuto che la nuova istanza cautelare non appare supportata da significativi fatti nuovi idonei a modificare le conclusioni di cui alla precedente ordinanza nr. 2645 del 2015, tale non potendo considerarsi la circostanza – peraltro adombrata in via di mera ipotesi – che ulteriori soggetti, estranei al presente giudizio, possano avanzare richieste di rimborso della maggior tassa portuale corrisposta (specie in considerazione degli argomenti spesi nella pregressa ordinanza, che qui si condividono integralmente, circa l’insussistenza di un danno grave e irreparabile per l’Amministrazione, dovendo valutarsi l’incidenza dei rimborsi richiesti sul complesso delle entrate patrimoniali dell’Amministrazione stessa, e non già in rapporto al mero dato del gettito previsto in conseguenza degli aumenti del tributo annullati con la sentenza qui appellata);”.

Alla istanza cautelare dell’appellante depositata il 7 luglio 2015, ha replicato con memoria depositata in data 24.7.2015 TotalErg, chiedendone la reiezione.

L’Autorità Portuale e TotalErg SPA hanno depositato memorie insistendo nelle rispettive conclusioni.

Enel Produzione Spa, parimenti, ha depositato una memoria ribadendo la propria legittimazione ad intervenire nell’odierno giudizio e chiedendo la reiezione dell’istanza cautelare e dell’intero appello.

Alla odierna pubblica udienza del 17 novembre 2105 la causa è stata posta in decisione dal Collegio

DIRITTO

1.L’appello è fondato e merita di essere accolto dovendo essere affermata la insussistenza della giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo sulla controversia all’esame del Collegio; per l’effetto, l’impugnata decisione deve essere annullata con conseguente affermazione della giurisdizione sulla controversia alla competente Commissione Tributaria presso la quale il processo potrà essere riassunto ex art. 11 del cpa.

1.1. Deve in primo luogo accertarsi (ex aliis Corte Conti sez. III 12/12/1984 n. 57334” la regolare costituzione del rapporto processuale precede ogni altra questione, ivi compresa quella dell'eventuale difetto di giurisdizione del giudice adito”) se la parte interveniente ad opponendum Enel Produzione SPA abbia legittimazione a partecipare all’odierno grado di giudizio (essa, peraltro, neppure era stata presente in primo grado).

1.1.1. Ad avviso del Collegio tale legittimazione non sussiste, e l’intervento deve essere dichiarato inammissibile.

Invero la giurisprudenza formatasi antecedentemente al cpa ha sempre costantemente negato tale possibilità di intervento in capo a colui che rivestisse la qualità di cointeressato, legittimato ad impugnare autonomamente i provvedimenti sottoposti a scrutinio giudiziale.

E’ stato infatti affermato che ( Cons. Stato Sez. IV, 06-05-2002, n. 2429) “e ' inammissibile l'intervento "ad opponendum", dispiegato in appello, da parte di chi cointeressato dell'originario ricorrente sarebbe stato legittimato ad impugnare l'atto annullato dal giudice di primo grado.”; parimenti, è stato rilevato che (Cons. Stato Sez. IV Sent., 31/05/2007, n. 2795, ma si veda anche Cons. Stato Sez. IV, 06-09-2006, n. 5151) “si deve ritenere inammissibile l'intervento ad  adiuvandum spiegato in grado di appello nel processo... Giudizio amministrativo - Intervento... amministrativo da un soggetto, che, cointeressato rispetto all'appellante e parte nel primo grado di giudizio...”.

L’art. 28 del cpa non ha innovato alcunché rispetto alla disciplina previgente.

Tanto che, di recente, avveduta giurisprudenza ha sostenuto - correttamente, ad avviso del Collegio - che (T A.R. Lazio 02/12/2013 n. 10329) “nel giudizio amministrativo è, di norma, inammissibile l'intervento da parte del soggetto legittimato alla proposizione del ricorso autonomo poiché in contrasto con la regola secondo cui l'intervento ad adiuvandum ovvero ad opponendum può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da un soggetto che sia portatore di un interesse che lo abiliti a proporre ricorso in via principale. L'intervento nel processo amministrativo, infatti, sia nella previgente disciplina sia secondo il disposto di cui all'art. 28 comma 2, c.p.a., non è litisconsorzio autonomo, bensì adesivo dipendente, a sostegno delle ragioni di una o di altra parte, consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento amministrativo. Sarebbe, infatti, inammissibile l'intervento ad opera del soggetto che sia comunque legittimato a proporre direttamente ricorso in via principale avverso il medesimo atto impugnato da terzi nel procedimento in cui ritiene di intervenire, eludendosi altrimenti il rispetto dei termini decadenziali individuati dalla legge.”

In grado di appello, è stato affermato analogo principio (Consiglio di Stato sez. V 22/03/2012 n.1640) : “ai sensi dell'art. 28 comma 2, c. proc. amm. l'intervento nel processo amministrativo non è litisconsortile autonomo, ma adesivo dipendente, cioè a sostegno delle ragioni di una o di altra parte, ed è consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento amministrativo.”.

Ora, non è contestato che l’interveniente sarebbe stato legittimato a gravare gli atti impugnati nell’odierno procedimento, e che ciò non sia avvenuto: l’intervento spiegato da Enel va pertanto dichiarato inammissibile.

2.Ciò premesso,la prima tematica da accertare si incentra sulla spettanza –o meno -della giurisdizione al plesso giurisdizionale amministrativo. Tale accertamento si pone in termini pregiudiziali, in quanto la eventuale fondatezza della tesi secondo cui il giudice amministrativo sarebbe stato privo di giurisdizione precluderebbe l’esame nel merito delle censure ed imporrebbe l’annullamento della gravata sentenza.

2.1.La spettanza della giurisdizione sulla controversia al plesso giurisdizionale amministrativo è stata implicitamente ritenuta dal Tar, ed è contestata dalla odierna appellante.

L’esame della problematica non è precluso al Collegio (art. 9 del cpa) essendo stato proposto specifico motivo dalla parte non ricorrente di primo grado (Consiglio di Stato sez. V 18/02/2013 n.968 “ai sensi dell'art. 9 c. proc. amm. la sentenza che decide nel merito la causa senza affrontare espressamente la questione della giurisdizione comporta l'affermazione implicita della stessa e quindi deve essere contestata, a questo riguardo, con specifico motivo di appello, altrimenti si forma, sul punto, un giudicato implicito.”; Consiglio di Stato sez. V 09/03/2015 n. 1192 “integra un abuso del processo la contestazione in appello della giurisdizione del giudice amministrativo da parte del soggetto che in primo grado aveva proposto ad esso il suo ricorso e che, anche se soccombente nel merito, aveva visto riconosciuta tale giurisdizione in forza di una pronuncia esplicita o di una situazione implicita.”).

2.2. Il Collegio – quanto a tale profilo -non ravvisa motivo di discostarsi dall’orientamento consolidato della Corte Costituzionale e della Corte Suprema di Cassazione secondo cui la giurisdizione del giudice tributario è ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto immediato e diretto la contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria o dei relativi accessori normativamente individuati, ossia l’an o il quantum di un particolare tributo, di modo che la stessa sia imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto controverso (v. Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 64; Corte Cost. 14 maggio 2008, n. 130; Cass. Civ., Sez. Un., 15 maggio 2007, n. 11077; Cass. Civ., Sez. Un., 10 agosto 2005, n. 16776).

In particolare, si rammenta che con la decisione n. 130 del 14 maggio 2008 la Corte costituzionale, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 comma 1 d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, nella parte in cui questo attribuiva alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche nel caso in cui esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria. E’ stato in particolare affermato che “la norma in parola - così interpretata dal diritto vivente - conclude con l'attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie relative a sanzioni unicamente sulla base del mero criterio soggettivo costituito dalla natura finanziaria dell'organo competente ad irrogarle e, pertanto, a prescindere dalla natura tributaria del rapporto cui tali sanzioni ineriscono. La norma censurata è dunque in contrasto con l'art. 102, comma 2, e con la VI disp. trans. della Costituzione, risolvendosi nella creazione di un nuovo giudice speciale.”.

La Corte Costituzionale aveva in precedenza chiarito (Corte costituzionale, 14 marzo 2008 , n. 64) che “la giurisdizione del giudice tributario, in base all'art. 102, comma 2 cost., deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto. Pertanto, l'attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria - sia che derivi direttamente da un'espressa disposizione legislativa ovvero, indirettamente, dall'erronea qualificazione di "tributaria" data dal legislatore (o dall'interprete) ad una particolare materia - comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali.”.

In questi limiti, va condivisa la ricorrente affermazione – correttamente fatta propria anche dal primo giudice- secondo cui la giurisdizione del giudice tributario ha carattere pieno ed esclusivo (si veda Cassazione civile , sez. un., 07 maggio 2010 , n. 11082)ed ha natura “generale”, in quanto non limitata alle fattispecie elencate sub art. 19 del d.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

3.Nel caso di specie si rileva che gli avversati decreti hanno inciso, in via immediata e diretta sugli aspetti tributari del rapporto giuridico tra l’appellante amministrazione appellata.

E ritiene il Collegio che tale dato non sia stato adeguatamente valorizzato dal Tar che, laddove ne avesse colto appieno la portata, avrebbe necessariamente dovuto interrogarsi sulla spettanza della controversia al Plesso giurisdizionale amministrativo (fermo restando che sulla natura tributaria della imposizione che gli atti avversati normavano non v’è da dubitare: ex aliis si veda Cassazione civile sez. trib. 07/03/2012 n. 3528).

3.1.Invero, come è noto, secondo la Dottrina e la giurisprudenza consolidata gli elementi dell’imposta sono i seguenti: il soggetto attivo, il soggetto passivo, il presupposto la base imponibile, l’aliquota, la fonte (più in dettaglio, in via di sintesi, si rammenta che :

Soggetto attivo è lo Stato e l’ente locale, titolare della capacità impositiva;
Soggetto passivo è il contribuente obbligato ad adempiere all’obbligazione tributaria;

Presupposto è la situazione, l’atto, il fatto al cui verificarsi l’ordinamento giuridico ricollega la nascita dell’obbligazione tributaria;

Base imponibile è la grandezza cui va commisurata l’imposta
L’aliquota costituisce la misura del prelievo tributario
La fonte dell’imposta è la ricchezza dove il contribuente attinge per corrispondere l’imposta stessa).

Base imponibile ed aliquota integrano criteri determinativi dell’importo delle prestazioni: la determinazione della prima è rimessa esclusivamente alla legge, mentre la determinazione della seconda può essere rimessa dalla legge a fonti secondarie (arg. ex artt. 23 e 53 Cost).

3.2. In una recente decisione (n. 6152/2011 su ricorso n. 08043/2010) la Sezione ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa in ordine alla impugnazione di un “atto generale, di natura organizzativa, e solo indirettamente produttivo di conseguenze di natura tributaria”: la giurisdizione in ordine alle controversie relative alla legittimità dello stesso – si è ivi affermato - dovrebbe rientrare pienamente nell’alveo della giurisdizione amministrativa senza che su tale profilo possa incidere il tasso di discrezionalità ad esso sotteso.

3.3. Nel caso di specie, tuttavia, ci si trova al cospetto di atti direttamente determinativi un aspetto fondamentale della obbligazione tributaria; e trattasi di atti che, nella sostanza, sono direttamente impositivi, in quanto il computo dell’imposta dovuta discende dal mero conteggio matematico delle merci soggette all’aliquota trasportate nel porto di riferimento.

Le società operanti liquidano l’imposta dovuta senza ulteriori intimazioni/avvisi/ ma sulla sola base del computo delle merci trasportate imbarcate o sbarcate.

L’aspetto di formazione generale, ed organizzativo, enfatizzato dalle parti appellate, appare sicuramente recessivo rispetto alla sicura direzione degli atti gravati in senso immediatamente impositivo di una pretesa avente chiara natura tributaria.

3.4. Conserva attualità, quindi, il principio in passato affermato dal Giudice regolatore della giurisdizione (Cassazione civile sez. un. 24/02/1987 n. 1948 ) secondo il quale in sede di disamina della spettanza della giurisdizione tra plesso amministrativo e Commissione tributaria occorre interrogarsi in ordine alla circostanza se “la controversia abbia o non abbia ad oggetto la concreta disciplina di tale rapporto".

Ed in ipotesi positiva laddove risulti “ chiara la stretta inerenza dell'atto al rapporto tributario”, è necessario affermare la spettanza della giurisdizione al Giudice tributario, essendo “ inutile discutere, ai fini del riparto della giurisdizione, della consistenza di tale posizione rispetto all'atto in questione - se, cioè, si configuri un interesse legittimo o un diritto soggettivo - giacchè, una volta stabilita la natura tributaria dell'atto medesimo e, di conseguenza, della controversia cui dà luogo la sua impugnazione, deve essere tout court affermata la giurisdizione esclusiva del giudice tributario,”.

In base all'art. 2, primo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, a tale giurisdizione è affidata la tutela del contribuente avverso provvedimenti impositivi di tributi di ogni genere e specie, emessi dall'amministrazione finanziaria, nella richiesta del cui annullamento consiste il petitum sostanziale idoneo a radicare la potestas decidendi delle commissioni tributarie (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 21 marzo 2006 n. 6224).

Nel caso di specie, la controversia ha proprio per oggetto la contestazione, sotto il profilo dell'an o del quantum, di un atto impositivo dell'amministrazione finanziaria; non si colloca "a valle" di un rapporto tributario non contestato che ha esaurito i propri effetti; e pertanto ricorre la giurisdizione del Giudice tributario.

3.5. Alla stregua delle superiori affermazioni risulta evidente, ad avviso del Collegio, la spettanza della giurisdizione a conoscere della odierna causa al Giudice tributario.

Ciò in quanto:

a)si è al cospetto di atti che determinano in via immediata un elemento essenziale della obbligazione tributaria in quanto fissano la misura dell’aliquota dovuta, ed indicano e “perimetrano” le merci sulle quali è dovuta;

b)trattasi di atti autoesecutivi, immediatamente lesivi, e non necessitanti di alcun ulteriore atto specificativo: l’importo dell’imposta dovuta discende unicamente dal dato quantitativo riposante nelle merci movimentate.

Ne consegue che, in accoglimento dell’appello, la decisione di primo grado va annullata, e la causa potrà essere riproposta innanzi al Giudice fornito di giurisdizione (Commissione tributaria territorialmente competente) nei termini di cui all’art. 11 comma 2 del cpa di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione (T. A.R. sez. I Napoli , Campania 07/05/2015 n. 2538; T.A.R. Aosta -Valle d'Aosta)- sez. I 20/03/2015

n. 23) .

3.5. Quanto sinora rilevato, nell’imporre l’annullamento della gravata decisione, ha portata assorbente ed impedisce al Collegio di prendere in esame le censure di merito proposte avverso la sentenza, e quelle afferenti la legittimità – o meno- degli atti gravati in primo grado.

4. Quanto alle spese processuali, esse all’evidenza vanno integralmente compensate tra tutte le parti, a cagione della complessità e particolarità delle questioni esaminate.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui alla motivazione che precede e, per l’effetto, in riforma della gravata decisione, annulla la sentenza di primo grado e dichiara la giurisdizione del Giudice tributario a conoscere della presente controversia, presso il quale la causa potrà essere riassunta ex art. 11 comma 2 del cpa.

Spese processuali del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati: