La legge 69/2015 (in vigore dal 14 giugno 2015), oltre a modificare alcuni reati contro la pubblica amministrazione, ha apportato mutamenti significativi al reato di falso in bilancio.

I soggetti attivi delle "nuove" false comunicazioni sociali, così come avveniva anche in passato, sono coloro che svolgono le attività tipiche legate alla documentazione contabile della società per cui operano. Si tratta, quindi, di amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori. Per l'individuazione della condotta occorre invece distinguere tre ipotesi:
- società non quotate;
- società quotate;
- società non fallibili;

Ai fini della responsabilità penale non ci si limita a rintracciare l'autore del reato sulla base della sola investitura formale, ma occorre che lo stesso svolga anche sul piano funzionale il proprio incarico.
È infatti prevista un'estensione delle qualifiche soggettive e, pertanto, vengono inclusi nel novero dei soggetti attivi anche i cosiddetti responsabili del fatto, ossia chi, pur in assenza di un'investitura formale, esercita i poteri tipici inerenti ad una precisa qualifica o funzione, in modo continuativo e significativo (cosiddetti mministratori di fatto)

Società non quotate. La fattispecie, sanzionata con la reclusione da uno a cinque anni, riguarda la consapevole esposizione di fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero l'omissione di fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore. Vi rientrano, quindi, non solo conto economico e stato patrimoniale ma anche la nota integrativa, oltre alle varie relazioni di amministratori e sindaci.
Nella nozione di «fatto materiale» rientrano tutti i dati oggettivi che attengono alla realtà economica, patrimoniale e finanziaria della società.
È prevista una riduzione della pena (da sei mesi a tre anni) allorché i fatti siano di «lieve entità» da valutare, per espressa previsione, tenendo conto di natura e dimensioni della società e di modalità o effetti della condotta.

Società non fallibili. Per le società non soggette alle disposizioni sul fallimento (nei tre esercizi antecedenti o dall'inizio dell'attività, se di durata inferiore, che hanno un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a 300mila euro, ricavi lordi annui non superiori a 200mila euro, debiti anche non scaduti non superiori a 500mila euro) il delitto è procedibile solo a querela ed è sanzionato con la reclusione da sei mesi a tre anni. Per queste società viene esclusa la rilevanza penale in caso di «lieve entità» che invece per le altre società costituisce una mera attenuante.
Va ricordato che per le false comunicazioni sociali commesse in danno di società non quotate o non fallibili è possibile l'applicazione dell'istituto della non punibilità per «particolare tenuità del fatto». Il giudice deve valutare, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato a società, soci o creditori conseguente ai reati.

Società quotate. Per le quotate, cui sono equiparate le emittenti strumenti finanziari negoziati e le loro controllanti, è prevista una disciplina di particolare rigore (reclusione da tre a otto anni). Anche in questa ipotesi il delitto si consuma attraverso le due condotte di esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero ovvero di omissione dei medesimi.
Rispetto alle non quotate, i fatti materiali non rispondenti al vero non devono essere «rilevanti». Vi è così un'estensione della rilevanza penale per le società quotate, anche per fatti non veritieri ritenuti di scarsa rilevanza.


La principale novità che caratterizza il nuovo falso in bilancio (sia per le società quotate che per quelle non quotate) è consistita nella delimitazione della fattispecie criminosa ai soli «fatti materiali», eliminando l'inciso «ancorché oggetto di valutazioni». All'indomani della pubblicazione della nuova norma era stato detto che l'aggettivo «materiali», a seguito dell'abrogazione dell' inciso, stava inequivocabilmente a significare l'espressa volontà del legislatore di escludere dall'ambito di rilevanza penale le «valutazioni». All'atto pratico, quindi, a partire dal 14 giugno 2015, avrebbe potuto rispondere di falso in bilancio solo chi indicava in bilanci, relazioni o altre comunicazioni sociali imposte dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, fatti storici oggettivi non veritieri (ad esempio, beni non posseduti, crediti inesistenti o passività fittizie). Sarebbero rimaste escluse le poste valutative (quali stime immobiliari o di magazzino, valutazioni del know how, di marchi e brevetti, di perdite su crediti).
La questione è stata da subito oggetto di discussione. Il tema atteneva al se la nozione di fatto, cui i nuovi articoli 2621 e 2622 del Codice civile fanno riferimento, ricomprendesse nell'area punitiva della norma incriminatrice solo i dati oggettivi, oppure potessero essere false anche le valutazioni di bilancio, ossia le stime di valore contabile in esso contenute. Le conseguenze di una risposta negativa sarebbero dirompenti anche dal punto di vista della disciplina intertemporale, poiché una tale esclusione comporterebbe l'applicabilità del principio del favor rei , in forza del quale la nuova formulazione del falso in bilancio avrebbe effetto anche nei confronti di condotte poste in essere precedentemente. La soluzione, dopo un ondeggiamento giursprudenziale, è arrivata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno ritenuto come le valutazioni debbano continuare ade vere rilevanza penale.


GIURISPRUDENZA

01 CASSAZIONE 33774/15
Le false valutazioni in bilancio non sono più previste dalla legge come reato. Ciò comportava che chi fosse stato condannato (o aveva un procedimento in corso) per un falso in bilancio di tipo valutativo commesso prima del 14 giugno 15, avrebbe potuto ottenere la revoca della sentenza di condanna, un'archiviazione o una sentenza di assoluzione
02 CassAZIONE 890/16:
Nel nuovo falso in bilancio il riferimento ai fatti materiali oggetto di falsa rappresentazione non vale a escludere la rilevanza penale delle valutazioni. Il falso valutativo, dunque, continua ad essere reato
03 CAssAZIONE 6916/16
Riaffermata l'irrilevanza penale del falso valutativo

Il falso valutativo continuare ad avere rilevanza penale anche dopo la riforma intervenuta con la legge 69/15. La conferma è arrivata con la sentenza delle Sezioni Unite n. 22474/16, secondo cui il falso valutativo continua ad avere rilevanza penale

Errata, allora, l'interpretazione che contrappone «fatti materiali» e «valutazioni». Ciò perché un bilancio non contiene «fatti», ma il loro racconto.

La condotta del nuovo falso in bilancio è sempre articolata in due diverse tipologie:
- la prima (commissiva) consiste nell'esporre consapevolmente, in bilanci, relazioni o altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, fatti materiali rilevanti (tale aggettivo viene meno per le società quotate) non rispondenti al vero;
- la seconda (omissiva) nell'omettere fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene.
Le disposizioni parlano testualmente di «fatti materiali non rispondenti al vero», venendo meno l'inciso «ancorché oggetto di valutazioni». Questa circostanza, tuttavia, non ha comportato – secondo l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Cassazione (da ultimo Sezioni Unite n. 22474/16) – l'esclusione dall'ambito di rilevanza penale delle «valutazioni», con conseguente perseguibilità del falso di tipo valutativo.

Cass. ordinanza n. 9186 del 4 marzo 2016.
Rilevanza penale dei falsi valutativi ex art. 2621 c.c. al vaglio delle sezioni unite

La corte rimette alle Sezioni Unite la questione relativa alla rilevanza dei falsi valutativi. Nel dettaglio, le Sezioni Unite sono chiamate a esprimersi sul seguente quesito: se la modifica dell'art. 2621 c.c., per effetto dell'art. 9 della L. 69/2015, nella parte in cui, disciplinando le false comunicazioni sociali, non ha riportato l'inciso "ancorche' oggetto di valutazioni", abbia determinato o meno un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie. »»»»

 

 

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