RIFIUTO DEL DONATARIO
L'art. 769 cc. definisce la donazione come il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione. Il legislatore del 1942 compie, dunque, una precisa scelta di discontinuità con la tradizionale configurazione dell'istituto, nel senso della natura contrattuale della donazione. Il cod. civ. del 1865, invece, all'art. 1050, definiva la donazione come atto di spontanea liberalità, col quale il donante si spoglia attualmente e irrevocabilmente della cosa donata in favore del donatario che l'accetta.
La collocazione della donazione nel novero dei contratti è particolarmente significativa, in quanto dovrebbe comportarne l'applicazione della disciplina generale del contratto, laddove il legislatore non preveda norme specifiche per l'istituto. Sul punto però è oppurtuno fare qualche precisazione. E' vero che la donazione è concepita come un contratto, ma è altrettanto vero che, sotto numerosi e decisivi profili, la sua disciplina differisce da quella generale del contratto: resta valida, allora, la corrente conclusione che tende a sottolineare le peculiarità dell'istituto donativo rispetto alla regolamentazione generale del contratto, con le conseguenze che ne derivano in ordine ai limiti di una diretta applicabilità ad esso delle relative norme. Tale ordine di considerazioni sembrerebbe essere avvalorato dalla collocazione della disciplina relativa alla donazione nel libro delle successioni, quindi, in posizione del tutto autonoma rispetto al contratto, e ciò per la semplice ragione che molte sue norme riecheggiano le previsioni contemplate in materia testamentaria.
Donazione e testamento sono tuttavia istituti da tenere ben distinti e non solo per essere il primo atto tra vivi e il secondo atto mortis causa. Il testamento non è in sostanza per chi lo compie un atto di effettiva liberalità perchè la successione avviene per un fatto estraneo alla volontà del testatore, il quale dispone soltanto che essa si svolga a favore di uno invece che di altri successibili; la liberalità tra vivi costituisce invece un effettivo ed immediato impoverimento che avviene per volontà del disponente.
Sotto il profilo del contenuto del contratto di donazione si distinguono le donazioni ad efficacia reale (o traslative), con le quali si trasferisce o si costituisce il diritto su di un bene (ad es. Tizio dona a Caio il fondo Tuscolano), le donazioni obbligatorie, con le quali il donatario acquista un diritto di credito nei confronti del donante (ad es. Tizio assume nei confronti di Caio l'obbligazione di pagargli le spese mensili per talune forniture necessarie alla sua azienda) e le donazioni liberatorie, con le quali si rinunzia ad un diritto quale un usufrutto, una servitù o un credito.
La donazione, al pari di tutti i contratti, necessita di accettazione. Ed invero, il negozio si conclude nel momento in cui interviene l'accordo tra donante e donatario. Per la formazione del contratto occorre quindi che intervengano due dichiarazioni di volontà: la proposta e l'accettazione. Le ragioni che giustificano la necessità di accettazione sono facilmente intuibili ove si consideri che non necessariamente il donatario può avere interesse a ricevere la donazione, per motivi più svariati, di carattere morale, non apparire come beneficiario delle elargizioni di soggetti equivoci, o di carattere economico, evitare le donazioni gravate da oneri eccessivi o ancora evitare di essere gravato da obblighi di natura alimentare nei confronti del donante. In base a quanto dispone l'art. 782, co. 2° cc., l'accettazione può essere contestuale o successiva rispetto all'offerta di donazione: in tale ipotesi, però, deve comunque risultare da atto pubblico posteriore e la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione è notificato al donante. Si tratta di una norma che introduce una vistosa deroga rispetto al regime ordinario di conclusione del contratto. In materia di donazione non è infatti sufficiente che la dichiarazione di accettazione pervenga a conoscenza del proponente ai sensi dell'art. 1326 cc., ma si richiede che abbia luogo la notifica della dichiarazione di accettazione al donante. L'esatta individuazione del momento della conclusione del contratto di donazione assume rilievo con riguardo alla relativa impegnatività: fino a che la donazione non sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione (art. 782, co. 3° cc.).Il legislatore non precisa i caratteri dell'accettazione, ma vi provvede l'interprete.
►►► In primo luogo l'accettazione deve essere perfettamente adesiva rispetto all'offerta; in caso contrario il contratto di donazione non potrebbe perfezionarsi. Si consideri ancora che in materia di donazione un'eventuale difformità dell'accettazione rispetto alla proposta non vale a trasformarla in una controproposta, ma si limita ad impedire il perfezionamento della donazione; a questo punto l'iniziativa dovrà nuovamente essere assunta dal donante con una nuova offerta, la quale a sua volta dovrà essere accettata da parte del donatario. In virtù del principio di conformità tra proposta e accettazione, ne consegue altresì che l'accettazione non tollera l'apposizione di termini o di condizioni.►►► In conformità ai principi generali, l'accettazione oltre che conforme, deve altresì essere tempestiva. Il legislatore non precisa il tempo in cui deve aver luogo l'accettazione; occorre pertanto far riferimento alla disciplina generale del contratto, ed in particolare al disposto dell'art. 1326, co. 2° cc., ai sensi del quale l'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o degli usi. Rientra quindi in primo luogo nei poteri del disponente fissare un termine per l'accettazione dell'offerta, scaduto il quale l'offerta si intende revocata; in assenza di fissazione di un termine sarà necessario far riferimento alla natura dell'affare o a agli usi; fermo restando il potere del disponente di revocare in qualsiasi momento, in conformità ai principi generali. L'accettazione deve quindi rivestire la forma dell'atto pubblico ed essere conforme all'offerta e tempestiva.
In termini generali il legislatore, richiedendo che la donazione sia accettata in virtù di un atto pubblico, ancorchè successivo rispetto all'atto di donazione, ha escluso che in materia di donazione possa trovare applicazione lo schema di conclusione del contratto di cui all'art. 1333 cc. a norma del quale la proposta diretta a concludere un contratto da cui derivano obbligazioni a carico del solo proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza del destinatario. Quest'ultimo però ha il potere di rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura degli affari o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso.
Il 1°comma dell'art. 1333 contempla un'eccezione al principio generale di revocabilità della proposta. Ed invero, mentre di regola la proposta è revocabile finchè il contratto non sia stato concluso, ovvero fino a quando al proponente non pervega notizia dell'accetazione, nell'ipotesi in esame la proposta diventa irrevocabile ex lege appena giunge a conoscenza del destinatario. Il 2°comma dell'art. 1333 contempla invece le modalità con cui si perfeziona il contratto: ad una manifestazione di volontà del proponente segue un comportamento inerte del destinatario.
La dottrina attribuisce al mancato rifiuto un valore giuridico diverso.
►►► Per alcuni autori la proposta con obblighi a carico del solo proponente produce solo l'effetto dell'irrevocabilità della proposta, ma non gli effetti propri del contratto che ha sempre necessità di una formazione bilaterale, per cui il mancato rifiuto è equiparabile ad un'accettazione tacita. Ciò vuol dire che lo schema di formazione del contratto resta nella sostanza composto dall'incontro tra proposta e accettazione, con la peculiarità che la proposta è irrevocabile appena giunge a conoscenza del destinatario.
►►► Per altri invece la figura di cui all'art. 1333 sarebbe espressione della regola in base alla quale ai fini della conclusione del contratto unilaterale è sufficiente il consenso del proponente, essendo il rifiuto del tutto incompatibile con l'accettazione, giacchè serve a caducare retroattivamente un effetto già prodotto (in tale prospettiva la proposta con obbligazioni a carico del solo proponente non configura una proposta irrevocabile, perchè mentre la proposta irrevocabile è un atto pre-negoziale che produce il solo effetto di mantenere ferma la propria manifestazione di volontà per un determinato periodo di tempo attraverso una rinuncia al potere di revoca, la proposta ex art.1333 produce già tutti gli effetti contrattuali che però soggiacciono alla possibilità di essere rifiutati e quindi evitati retroattivamente). Si tratterebbe dunque di una fattispecie semplificata di conclusione del contratto, che metterebbe in crisi il dogma della bilateralità del contratto: i contratti unilaterali si perfezionerebbero in base alla sola volontà del proponente. Ne consegue che la fattispecie di cui all'art 1333 non è un contratto ma un negozio unilaterale di attribuzione. Si è ritenuto, tuttavia, che detta conclusione trascura di attribuire la necessaria rilevanza al ruolo della volontà dell'oblato anche in materia di contratti con obbligazioni a carico del solo proponente; è infatti vero che questo genere di contratti non necessita di un'accettazione espressa, ma è altresì innegabile che l'oblato ha la facoltà di esprimere la sua volontà tramite il rifiuto della proposta. Questo comporta che nella fattispecie di formazione del contratto il ruolo della volontà dell'oblato è ridotto ai minimi termini, ma non sicuramente abolito o azzerato. La questione non è ovviamente priva di rilevanza pratica: ove si escluda ogni ruolo della volontà dell'oblato ai fini della conclusione del contratto ne conseguirebbe altresì la preclusione della possibilità di avvalersi della tutela offerta dall'ordinamento in caso di incapacità o vizio del consenso. Si immagini per esempio un oblato il quale si sia astenuto dal rifiutare una proposta contrattuale come conseguenza dell'inganno o delle minacce perpetrate nei suoi confronti. L'oblato, la cui volontà non assumerebbe alcuna rilevanza, non potrebbe invocare alcuna tutela nel caso in cui si sia astenuto dal rifiutare per incapacità o vizio del consenso. Proprio per evitare di dover giungere ad una conclusione di questo genere, sembra pertanto preferibile ritenere che anche il contratto con obbligazioni a carico del solo proponente implica un'accettazione, ancorchè tacita, da parte dell'oblato.Ciò premesso, non è da escludere che vi siano figure particolari di donazione che si perfezionano in conformità allo schema generale dell'art. 1333 - DONAZIONE OBNUNZIALE
in relazione al quale, il destinatario, dopo che il proponente abbia deciso di porre in essere obbligazioni a suo favore, ha la duplice alternativa:
►►► dell'inerzia, dove in tal caso gli effetti del negozio iniziano a prodursi,
►►► o della reazione, attraverso il rifiuto.Attraverso l'atto, il destinatario dispone di un proprio diritto nei confronti di un altro soggetto, il quale se non rifiuta, rimane vincolato definitivamente alla situazione giuridica creata dall'autore del negozio.
E' il caso della donazione obnuziale, ovvero la donazione fatta in riguardo ad un determinato matrimonio, sia dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno solo o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri di questi, che si perfeziona senza bisogno di essere accettata, salva la possibilità per il destinatario di rifiutare la donazione nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi.
L'efficacia della donazione obnuziale è però subordinata alla conclusione del matrimonio.
Questo ha fatto sorgere una disputa in dottrina tra coloro i quali sostengono che si tratta di un atto unilaterale, e coloro che viceversa ne sostengono la natura contrattuale, ancorchè atipica.
►►► Secondo un primo filone dottrinale non si tratterebbe di un contratto, ma di un atto unilaterale che si perfeziona ai sensi dell'art. 1334 cc. (Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati ) non appena pervenga a conoscenza del destinatario, ferma restando comunque la possibilità di rifiutare la donazione.
►►► Un secondo filone dottrinale è viceversa giunto ad asserire la piena natura contrattuale della donazione obnuziale. In particolare si tratterebbe di una fattispecie di donazione che si perfeziona in conformità allo schema generale del contratto con obbligazioni del solo proponente.Resta da chiarire solo un ultimo problema, vale a dire il ruolo del rifiuto nella conclusione del contratto.
Un autorevole dottrina ammette l'esistenza di un limite esterno alla disciplina della donazione, dove il privato, senza preventiva autorizzazione del destinatario, può indurre effetti vantaggiosi nella sfera giuridica altrui, sempre che sia ammesso il rifiuto del destinatario, che fa salvo il principio di autonomia delle sfere private. Assume, così, rilevo la posizione del destinatario quale soggetto coinvolto direttamente dall'operazione giuridica della donazione, il quale assume il potere di rifiuto, che si configura come un potere di reazione del soggetto la cui sfera è incisa favorevolmente.
Il donatario infatti, una volta ricevuta la donazione, ha la duplice alternativa
►►► di accettare
►►► o rifiutare la proposta; Il rifiuto implica l'eliminazione dell'effetto traslativo prodotto. Benedetti eleva la figura del rifiuto ad un principio essenziale nella tutela delle sfere giuridiche dei contraenti, in quanto l'effetto traslativo che può derivare da un qualsiasi contratto, come anche la donazione, si muove nello spazio dell'autonomia privata e postula una posizione successiva di controllo e reazione, cioè un potere di rifiuto, che ha valore eliminativo dell'effetto prodotto, riconosciuta al destinatario dell'effetto traslativo, che non può essere configurato come un terzo, in quanto essendo coinvolto nell'operazione giuridica direttamente, è parte del contratto, in grado di accettare o rifiutare la proposta del soggetto proponente. Quindi, come sappiamo, fondamentale per la produzione degli effetti di un contratto, è la formazione dell'accordo tra le parti: per cui, ogniqualvolta nel nostro ordinamento si prevede la possibilità di produrre effetti favorevoli, benefici, nella sfera giuridica di altri soggetti, anche nei casi in cui non è la legge ad indicarlo espressamente, occorre ricordare il limite del rifiuto.
»»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»»