Cass., 25 agosto 2014, n. 18186. SUBFORNITURA

Il contratto di subfornitura è una forma non paritetica di cooperazione imprenditoriale nella quale la dipendenza economica del subfornitore si palesa oltre che sul piano del rapporto commerciale e di mercato anche su quello delle direttive tecniche di esecuzione, assunte nel loro più ampio significato, sicché il requisito della «conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente», di cui all’art. 1 l. 18 giugno 1998 n. 192, si riferisce a tutte le fattispecie ivi descritte, compresa la «lavorazione su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente», dato che anche in tal caso la commessa di subfornitura comporta l’inserimento del subfornitore in un determinato livello del processo produttivo proprio del committente.

Sul piano contrattuale, inoltre, l’elemento della dipendenza tecnica, così come testè tratteggiato, assume un’importanza cardinale in quanto diversifica il rapporto di subfornitura commerciale (suscettibile di essere realizzato attraverso altri schemi negoziali), dall'appalto d'opera o di servizi, nel quale l'appaltatore è chiamato, nel raggiungimento del risultato, ad una prestazione rispondente ad autonomia non solo organizzativa ed imprenditoriale, ma anche tecnico-esecutiva, con quanto ne deriva in ordine alla maggior ampiezza della sua responsabilità per i vizi della cosa e la sua non perfetta rispondenza a quanto convenuto.

 

Nel marzo 2005 la società Metfon s.n.c. conveniva in giudizio la società Fonderie 2A s.r.l., chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 41.473,50 a titolo di interessi e penali ai sensi della legge n. 192/1998 ("Disciplina della subfornitura nelle attività produttive"), per gli anni dal 1999 al 2001, in relazione al rapporto di subfornitura industriale intercorso con la convenuta, e nel quale la società attrice aveva assunto la veste di subfornitrice. La corte di appello di Torino, in riforma della sentenza del tribunale, condannava la 2A s.p.a. (già Fonderie 2 A s.r.l.) al pagamento della somma suddetta, oltre alle spese. Avverso tale sentenza veniva proposto dalla 2A s.p.a. ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resisteva con controricorso la Metfon s.n.c. In particolare, con il primo motivo di ricorso, 2 A s.r.l. deduceva violazione della legge n. 192/1998, con  riferimento agli articoli 11 e 2, comma 3, in quanto la corte di appello aveva 112 erroneamente ritenuto l'applicabilità nella fattispecie della legge sulla subfornitura, entrata in vigore solo in data 20 ottobre 1998, prima, quindi, della trasmissione degli ordini alla subfornitrice Metfon. Secondo la ricorrente, il rapporto di subfornitura tra le parti trovava in realtà disciplina in un contratto-quadro dedicato, di natura continuativa e periodica, stipulato nel 1997 e, dunque, non assoggettabile alla legge in questione, priva di efficacia retroattiva.

 

In questa sede occorre, dunque, focalizzare l’attenzione sul primo motivo di ricorso, anche se i primi due motivi, tra loro legati da vincolo logico-giuridico di subordinazione, sono suscettibili di trattazione unitaria perchè entrambi incentrati, nella prospettiva ora della violazione normativa ed ora del vizio motivazionale, sull'erronea collocazione temporale degli accordi tra le parti in epoca successiva al vigore della legge n. 192/1998.

Al riguardo, la sentenza della Corte di Cassazione prendeva in considerazione il dettato dell’articolo 2 della legge sulla subfornitura, rubricato "Contratto di subfornitura: forma e contenuto”118, concludendo che la corte territoriale aveva

118 L’articolo 2 della legge sulla subfornitura stabilisce quanto segue: “1. Il rapporto di subfornitura si instaura con il contratto, che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. Costituiscono forma scritta le comunicazioni degli atti di consenso alla conclusione o alla modificazione dei contratti effettuate per telefax o altra via telematica. In caso di nullità ai sensi del presente comma, il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell'esecuzione del contratto. 2. Nel caso di proposta inviata dal committente secondo le modalità indicate nel comma 1, non seguita da accettazione scritta del subfornitore che tuttavia inizia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge e ad esso si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma restando l'applicazione dell'art. 1341 c.c.. 3. Nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, anche gli ordinativi relativi alle singole forniture devono essere comunicati dal committente al fornitore in una delle forme previste al comma 1, e anche ad essi si applica quanto disposto dallo stesso comma 1. 4. Il prezzo dei beni o servizi oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in

recepito puntualmente questo disposto legislativo laddove escludeva che il risalente contratto-quadro dedotto in giudizio dalle parti avesse potuto effettivamente costituire la specifica fonte negoziale di riferimento degli ordinativi oggetto di controversia; dal momento che esso, come doveva desumersi dalla estrema genericità dei dati istruttori acquisiti sul punto, difettava dei requisiti normativi essenziali rappresentati dalla forma scritta e dalla precisa descrizione contenutistica di tipo tecnico (caratteristiche costruttive e funzionali del bene e della lavorazione; specifiche tecniche di richiamo), esecutivo (termini e modalità di consegna, collaudo e pagamento) ed economico (prezzo pattuito); la corte territoriale, dunque, aveva ravvisato questi stessi requisiti normativi essenziali, pur nell'ambito di un rapporto continuativo, nei singoli ordinativi via via inoltrati. Infine, questi ultimi erano apparsi rispondenti alle prescrizioni legislative tanto di forma (comunicazione scritta a Metfon, con esecuzione da parte di quest'ultima senza osservazioni o richiesta di modificazioni), quanto di contenuto (trattandosi di ordinativi facenti espresso richiamo al prezzo, all'oggetto della lavorazione ed a tutte le modalità esecutive fondamentali). Da ciò conseguiva che in tale contesto, il mero richiamo in giudizio (ancorchè ad opera della stessa Metfon) ad accordi

modo chiaro e preciso, tale da non ingenerare incertezze nell'interpretazione dell'entità delle reciproche prestazioni e nell'esecuzione del contratto. 5. Nel contratto di subfornitura devono essere specificati: a) i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il subfornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia; b) il prezzo pattuito; c) i termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento".

commerciali pregressi tra le parti non denotava di per sè l'asserita violazione di legge, dal momento che punto decisivo di causa non era la sussistenza/insussistenza di siffatti accordi, bensì la loro specifica rispondenza e riferibilità obbligatoria agli ordinativi oggetto di lite. Sicchè - vuoi che tali accordi non sussistessero affatto, vuoi che sussistessero in forma a tal punto generica da poter essere riferiti a qualsivoglia altra forma di cooperazione produttiva e commerciale esplicatasi nel tempo tra le due imprese - l'unica specifica fonte contrattuale nella specie di sicura rilevanza andava effettivamente individuata nei singoli ordinativi e nella loro pacifica esecuzione ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 192/1998.

Interessanti appaiono anche il terzo motivo e la prima parte del quarto motivo di ricorso, nei quali viene dedotta violazione degli articoli 1 e 7 della legge sulla subfornitura, nonchè omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la corte di appello erroneamente affermato che il requisito necessario e sufficiente di applicabilità della nuova normativa dovesse individuarsi nella fornitura della materia prima da parte del subcommittente, là dove la definizione normativa implicava la necessità che a tale elemento si associasse anche la dipendenza tecnica del subfornitore quanto a progetto, specifiche e know how di realizzazione della subfornitura (ciò che distingueva quest'ultima da diverse figure contrattuali, come la vendita o l'appalto). Nel caso di specie, doveva ritenersi che Metfon fosse impresa non subalterna, ma concorrente, di 2A.

La corte di appello, infatti, non ha reputato necessaria la "dipendenza tecnica" di Metfon rispetto agli ordinativi di Fonderie 2A, ritenendo esaustiva - ai fini dell'applicabilità nella specie della legge n. 192/1998 - la lavorazione su fornitura della materia prima da parte della committente, ai sensi del primo comma dell’articolo 1 della legge sulla subfornitura119.

Secondo la corte d’appello di Torino, l'accertamento della dipendenza tecnica del subfornitore rispetto alla posizione ed alle direttive del committente non sarebbe essenziale ai fini di causa, dal momento che, sulla base della definizione fornita dal citato articolo 1, il requisito della conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente opererebbe solo per la seconda ipotesi contemplata dalla norma definitoria (impegno a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso), non anche per la prima (impegno ad effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima), ritenuta ricorrere nella specie. Sicchè del requisito in questione non vi sarebbe traccia nella disciplina legale, nè sarebbe consentito all'interprete di inventare elementi essenziali del contratto

non previsti da alcuna norma, o confondere le ragioni storiche ed economiche dell'adozione di una normativa con tali elementi.
La Corte di Cassazione, nel corpo della sentenza, fornisce vari argomenti i quali inducono ad osservare che, “nella considerazione normativa, la sub- fornitura viene disciplinata quale estrinsecazione contrattuale di una forma non paritetica di cooperazione imprenditoriale, nella quale la dipendenza economica del subfornitore si palesa, oltre che sul piano del rapporto commerciale e di mercato (reso particolarmente eclatante in tutte le ipotesi nelle quali il committente funga sostanzialmente da monocliente del subfornitore), anche su quello delle direttive tecniche di esecuzione, assunte nel loro più ampio e variegato spettro (disegni, specifiche, progetti, prototipi, modelli, know how in genere)”.

Sotto l'aspetto della realtà socio-economica del fenomeno, la dipendenza tecnica così intesa costituisce spesso, essa stessa, uno stato di sudditanza economica, imponendo al subfornitore di adeguare la propria produzione ed organizzazione del lavoro alle suddette direttive e specifiche. Si tratta di un adeguamento che può comportare, per il subfornitore, una più o meno intensa ed assorbente limitazione di sbocco commerciale e di offerta di mercato.

La rilevanza della dipendenza tecnica, dunque, è insita nel fatto che la lavorazione affidata in subfornitura intervenga necessariamente ad un determinato livello, più o meno avanzato, del processo di produzione interno al committente; ed in vista della commercializzazione del prodotto-finito su  un mercato che è soltanto di questi, non anche del subfornitore. Sicchè è

proprio l'inserimento del subfornitore nel ciclo produttivo del committente a richiedere che la lavorazione da parte del primo avvenga secondo la progettualità e le direttive tecniche impartite dal secondo (rispondenti alle esigenze di mercato da quest'ultimo intercettate); con la conseguenza che la cosiddetta dipendenza tecnica - da valutarsi caso per caso ed in rapporto alla natura della lavorazione in concreto affidata in subfornitura - altro non è che il risvolto operativo attraverso il quale normalmente si denota la dipendenza economica, di cui è elemento qualificante e sintomatico.

Sul piano contrattuale, inoltre, l’elemento della dipendenza tecnica, così come testè tratteggiato, assume un’importanza cardinale in quanto diversifica il rapporto di subfornitura commerciale (suscettibile di essere realizzato attraverso altri schemi negoziali), dall'appalto d'opera o di servizi, nel quale l'appaltatore è chiamato, nel raggiungimento del risultato, ad una prestazione rispondente ad autonomia non solo organizzativa ed imprenditoriale, ma anche tecnico-esecutiva, con quanto ne deriva in ordine alla maggior ampiezza della sua responsabilità per i vizi della cosa e la sua non perfetta rispondenza a quanto convenuto.

Orbene, ciò premesso, secondo i giudici di legittimità, non vi è ragione per ritenere che il requisito della "conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente" non valga per tutte le fattispecie descritte dalla legge n. 192/1998 e, dunque, anche per la "lavorazione su prodotti semilavorati o su materie prime forniti  dalla committente", posto che anche in tal caso la commessa di subfornitura

comporta l'inserimento del subfornitore - sebbene in forza di un'opzione organizzativa di esternalizzazione - in un determinato livello del processo produttivo proprio del committente120.
I giudici di legittimità precisano, inoltre, che qualora le specifiche tecniche ed il know how di realizzazione del prodotto o della fase di lavorazione appartengano in via esclusiva al fornitore che ad essi abbia conformato l'organizzazione dei processi produttivi all'interno della propria impresa, può venir meno lo stesso presupposto - di dipendenza economica e di debolezza contrattuale - sottostante alla normativa in esame.

La sentenza in esame, pertanto, focalizza l’attenzione sul requisito della dipendenza tecnica, in quanto forma di induzione di dipendenza economica, la quale non è ininfluente al fine di ritenere l'assoggettabilità del rapporto alla disciplina sulla subfornitura. Tale requisito deve essere accertato, in fatto, con riguardo a tutte indistintamente le ipotesi delineate dalla norma definitoria di cui all'articolo 1, della legge sulla subfornitura e, segnatamente, anche con

Il legislatore fa propria questa realtà - nella quale anche il vero e proprio abuso di posizione dominante da parte del committente può esprimersi attraverso una determinata imposizione di direttive tecniche - là dove stabilisce che (articolo 2) nel contratto di subfornitura devono, tra il resto, essere specificati "i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il suo fornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia"; ovvero che (articolo 5, comma 1) "Il subfornitore ha la responsabilità del funzionamento e della qualità della parte o dell'assemblaggio da lui prodotti o del servizio fornito secondo le prescrizioni contrattuali e a regola d'arte"; ovvero ancora che (articolo 7) "Il committente conserva la proprietà industriale in ordine ai progetti e alle prescrizioni di carattere tecnico da lui comunicati al fornitore e sopporta i rischi ad essi relativi. Il fornitore è tenuto alla riservatezza e risponde della corretta esecuzione di quanto richiesto, sopportando i relativi rischi". Con tutto ciò includendo nell'obbligo di facere del subfornitore l'osservanza delle prescrizioni tecniche impartite dal committente.

riguardo all'ipotesi in cui la materia prima sia stata fornita dal committente, come nel caso di specie.
Più dettagliatamente, nell’ipotesi decisa dalla Cassazione, il requisito della dipendenza tecnica, ancorchè non specificamente scandagliato dalla corte di merito per le più volte indicate ragioni di ordine pregiudiziale, era purtuttavia ampiamente ed univocamente riscontrato dalle risultanze di causa, con particolare riferimento ai documenti (ordini e relativi allegati tecnici) e alle deposizioni testimoniali.

Nel caso di specie, quindi, posto che la censura non contesta un errore di diritto nella sussunzione della fattispecie ma un errore di merito nella ricostruzione di tale volontà negoziale, ne consegue che tale ricostruzione potrebbe essere sindacata in sede di legittimità solo sotto il profilo della carenza motivazionale. Alla luce di tale motivazione, succintamente riportata, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ma ha compensato le spese del procedimento, proprio in considerazione della novità e della delicatezza della questione interpretativa costituente il fulcro della controversia, segnata dall'assenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità, oltre che dalle oscillazioni decisionali nei gradi di merito.

 

 

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SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Nel marzo 2005 Metfon snc conveniva in giudizio la Fonderie 2A srl, chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 41.473,50 a titolo di interessi e penali ex L. 18 giugno 1998, n. 192, (“Disciplina della subfornitura nelle attività produttive”), per gli anni dal 1999 al 2001, in relazione al rapporto di subfornitura industriale intercorso con la convenuta, e nel quale essa attrice aveva assunto la veste di subfornitrice. Nella costituzione in giudizio della Fonderie 2A srl, che eccepiva l’inapplicabilità nella specie, per ragioni temporali e sostanziali, della legge citata, nonché l’avvenuta transazione tra le parti della controversia sugli interessi relativi alle forniture 2001, interveniva la sentenza n. 94/09 con la quale l’adito tribunale di Torino respingeva le domande dell’attrice. Interposto appello, veniva emessa la sentenza n. 949 del 16 giugno 2010 con la quale la corte di appello di Torino, in riforma della sentenza del tribunale, condannava la 2A spa (già Fonderie 2 A srl) al pagamento della somma suddetta, oltre spese. Avverso tale sentenza viene proposto dalla 2A spa ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resiste con controricorso la Metfon snc. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE
p.1.1 Con il primo motivo di ricorso, 2 A srl deduce violazione della L. n. 192 del 1998, articolo 11, e articolo 2, comma 3, nonché dell’articolo 11 preleggi, articoli 1322 e 1325 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Ciò perché la corte di appello aveva erroneamente ritenuto l’applicabilità nella fattispecie della L. n. 192 del 1998, in quanto entrata in vigore (20 ottobre ‘98) prima della trasmissione degli ordini alla subfornitrice Metfon, mentre il rapporto di subfornitura tra le parti trovava in realtà disciplina in un contratto-quadro dedicato, di natura continuativa e periodica, stipulato nel 1997 e, dunque, non assoggettabile alla legge in questione, priva di efficacia retroattiva. Con il secondo motivo di ricorso si deduce - subordinatamente al mancato accoglimento della prima censura - omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5); poiché la corte di appello non aveva motivato alcunché sul raggiungimento ex adverso della prova della posteriorità

dei singoli ordini (dalla stessa assunti a riferimento quale discrimine temporale di applicazione della nuova normativa) alla data di entrata in vigore della legge. p.1.2 I due motivi di ricorso, tra loro legati da vincolo logico- giuridico di subordinazione, sono suscettibili di trattazione unitaria perché entrambi incentrati, nella prospettiva ora della violazione normativa ed ora del vizio motivazionale, sull’erronea collocazione temporale degli accordi tra le parti in epoca successiva al vigore della L. n. 192 del 1998. Si tratta di doglianze entrambe infondate. Per quanto concerne l’affermata inclusione del rapporto in oggetto nell’ambito di un non meglio descritto “contratto-quadro”, ovvero “rapporto continuativo di fornitura” risalente all’anno 1997, la corte di appello (sent. pag. 6) ha rilevato che: quest’ultimo rapporto non risultava da atto scritto, e di esso si conosceva soltanto un tenore generico: “un accordo in forza del quale Fonderie poteva emettere gli ordini che emetteva, i quali peraltro erano del tutto autonomi l’uno dall’altro per quantità, tipologia dei pezzi, relativi prezzi. Ciò che al più coincideva era il tipo di lavorazione, ovvero consegna di stampi, di materia prima, qualche indicazione sulla realizzazione, e basta”; - i singoli ordinativi dovevano ritenersi dotati di autonoma specificità negoziale “tanto che in essi erano determinati l’“oggetto del contratto ed il prezzo”, e ciò a fronte di un accordo del ‘97 invece definito “fantomatico e totalmente generico”, tale da poter essere “al più qualificato come un impegno a contrarre, libera naturalmente ogni parte in buona fede di stipulare o meno giacché ogni diversa ipotesi, stante la pacifica esclusione della determinazione dell’oggetto del contratto e dei prezzi in tale accordo quadro, sarebbe stata fulminata di nullità poiché sarebbe mancato il requisito della determinabilità anche del mero prezzo”; - la comunicazione a Metfon di siffatti ordini di lavorazione, unitamente alla loro esecuzione senza richiesta di modificazioni, deponeva, anche sul piano strettamente legislativo, per l’autonomo perfezionamento di un accordo di subfornitura pienamente sottoponibile alla L. n. 192 del 1998, in quanto a questa successivo. Sul piano della lamentata violazione o falsa applicazione normativa - riferita, in ricorso, alle disposizioni generali sull’efficacia della legge nel tempo e sull’esplicazione dell’autonomia negoziale, non anche ai criteri legali di interpretazione della volontà delle parti ex articolo 1362 c.c. e segg. - la decisione della corte torinese deve ritenersi corretta. La L. n. 192 del 1998, articolo 2, stabilisce quanto segue: “Contratto di subfornitura: forma e contenuto. 1. Il rapporto di subfornitura si instaura con il contratto, che deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità. Costituiscono forma scritta le comunicazioni degli atti di consenso alla conclusione o alla modificazione dei contratti effettuate per telefax o altra via telematica. In caso di nullità ai sensi del presente comma, il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell’esecuzione del contratto. 2. Nel caso di proposta inviata dal committente secondo le modalità indicate nel comma 1, non seguita da accettazione scritta del subfornitore che tuttavia inizia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge e ad esso si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma restando l’applicazione dell’articolo 1341 c.c.. 3. Nel caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, anche gli ordinativi relativi alle singole forniture devono essere comunicati dal

committente al fornitore in una delle forme previste al comma 1, e anche ad essi si applica quanto disposto dallo stesso comma 1. 4. Il prezzo dei beni o servizi oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso, tale da non ingenerare incertezze nell’interpretazione dell’entità delle reciproche prestazioni e nell’esecuzione del contratto. 5. Nel contratto di subfornitura devono essere specificati: a) i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l’individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il subfornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia; b) il prezzo pattuito; c) i termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento”. Quanto ritenuto nella sentenza impugnata recepisce puntualmente questo disposto legislativo, là dove la corte territoriale: a. esclude che il risalente contratto- quadro dedotto in giudizio dalle parti potesse effettivamente costituire la specifica fonte negoziale di riferimento degli ordinativi oggetto di controversia; dal momento che esso, come doveva desumersi dalla estrema genericità dei dati istruttori acquisiti sul punto, difettava dei requisiti normativi essenziali rappresentati dalla forma scritta e dalla precisa descrizione contenutistica di tipo tecnico (caratteristiche costruttive e funzionali del bene e della lavorazione; specifiche tecniche di richiamo), esecutivo (termini e modalità di consegna, collaudo e pagamento) ed economico (prezzo pattuito); b. ravvisa questi stessi requisiti normativi essenziali, pur nell’ambito di un rapporto continuativo, nei singoli ordinativi via via inoltrati; rispondenti invece appieno alle prescrizioni legislative tanto di forma (comunicazione scritta a Metfon, con esecuzione da parte di quest’ultima senza osservazioni o richiesta di modificazioni), quanto di contenuto (trattandosi di ordinativi facenti espresso richiamo al prezzo, all’oggetto della lavorazione ed a tutte le modalità esecutive fondamentali). In tale contesto, il mero richiamo in giudizio (ancorché ad opera della stessa Metfon) ad accordi commerciali pregressi tra le parti non denota di per sé l’asserita violazione di legge; dal momento che punto decisivo di causa non era la sussistenza/insussistenza di siffatti accordi, bensì la loro specifica rispondenza e riferibilità obbligatoria agli ordinativi oggetto di lite. Sicché - vuoi che tali accordi non sussistessero affatto, vuoi che sussistessero in forma a tal punto generica da poter essere riferiti a qualsivoglia altra forma di cooperazione produttiva e commerciale esplicatasi nel tempo tra le due imprese - l’unica specifica fonte contrattuale nella specie di sicura rilevanza andava effettivamente individuata nei singoli ordinativi e nella loro pacifica esecuzione L. n. 192 del 1998, ex articolo 2, cit.. Ciò vale, al contempo, ad escludere ogni rilevanza al richiamo, operato in ricorso, ad altre e ben note figure di “contrattazione- quadro” ovvero “normativa”, quali ad esempio quelle rese tipiche in materia bancaria o finanziaria (Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 126,; articolo 30 Reg. Consob 11522/98 emanato ai sensi del Decreto Legislativo n. 58 del 1998); dal momento che non è qui in discussione l’ammissibilità in astratto di tale tipo di contrattazione nel campo delle forniture di impresa, ma soltanto l’avvenuta dimostrazione che il rapporto giuridico litigioso trovasse nella specie effettiva regolamentazione in essa. Non senza considerare, peraltro, come il richiamo ai “contratti-quadro” in materia bancaria e finanziaria finisca anzi, come si suoi dire, per “provare troppo”; posto che proprio quei modelli di

riferimento esigono dei requisiti qui pacificamente assenti nell’asserito previgente accordo commerciale tra le parti; quali la forma scritta; la sufficiente specificazione contenutistica; l’idoneità a fungere da sicuro disciplinare di riferimento per i vari atti, siano questi ultimi di natura negoziale ovvero puramente attuativa, successivamente realizzati dalle parti nell’ambito di operazioni già sufficientemente prestabilite, quantomeno nei loro termini programmatici, fin dall’inizio. Infondata è anche la censura subordinata (secondo motivo di ricorso). Non fosse altro perché l’effettiva posteriorità dei singoli ordinativi all’entrata in vigore della L. n. 192 del 1998, ha costituito dato pacifico di causa tanto in primo quanto in secondo grado. Dalla disamina della sentenza impugnata non risulta che tale posteriorità sia mai stata contestata da Fonderie 2A; mentre dal ricorso per cassazione di quest’ultima (v. nota 3 di pag. 10) si apprende come l’argomento - costituente eccezione in senso stretto - sia stato introdotto soltanto nelle note di replica in appello 23 febbraio 2010. Questa situazione processuale - di mancata contestazione - da ampiamente conto del perché il giudice di appello non si sia sentito in dovere di motivare su questo specifico aspetto della cronologia dei fatti di causa. Tanto più che nemmeno la sentenza di primo grado - operando con ciò un accertamento in fatto non censurato in appello - aveva posto in dubbio che gli ordinativi fossero successivi all’entrata in vigore della legge in questione; addivenendo al rigetto della domanda di Metfon per una ragione tutt’affatto diversa, ed insita nella disconosciuta rilevanza ed autonomia contrattuale degli ordinativi medesimi. p.2.1 Con il terzo motivo e la prima parte del quarto motivo di ricorso, viene dedotta violazione della L. n. 192 del 1998, articoli 1 e 7, nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo la corte di appello erroneamente affermato che il requisito necessario e sufficiente di applicabilità della nuova normativa dovesse individuarsi nella fornitura della materia prima da parte del subcommittente, là dove la definizione normativa implicava la necessità che a tale elemento si associasse anche la dipendenza tecnica del subfornitore quanto a progetto, specifiche e know how di realizzazione della subfornitura (ciò che distingueva quest’ultima da diverse figure contrattuali, come la vendita o l’appalto). Nel caso di specie, doveva ritenersi che Metfon fosse impresa non subalterna, ma concorrente, di 2A. p.2.2 La doglianza pone in luce una lacuna motivazionale ed una non corretta applicazione normativa da parte della corte di appello; tuttavia - stante la finale conformità alla legge del dispositivo adottato, in una con la funzione correttiva in diritto istituzionalmente demandata a questa corte di legittimità - ciò non può indurre, per le ragioni che si diranno, alla richiesta cassazione. La corte di appello non reputa necessaria la “dipendenza tecnica” di Metfon rispetto agli ordinativi di Fonderie 2A, ritenendo esaustiva - ai fini dell’applicabilità nella specie della L. n. 192 del 1998 - la lavorazione su fornitura della materia prima da parte della committente. Il riferimento legislativo è dato dall’articolo 1, della legge di questione, il cui primo comma stabilisce che: “Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a

progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente”. A detta della corte torinese, l’accertamento della “dipendenza tecnica” del subfornitore rispetto alla posizione ed alle direttive del committente non sarebbe essenziale ai fini di causa, dal momento che, sulla base della su riportata definizione, il requisito della “conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente” opererebbe solo per la seconda ipotesi contemplata dalla norma definitoria (impegno “a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso”), non anche per la prima (impegno “ad effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima”), ritenuta ricorrere nella specie. Sicché del requisito in questione non vi sarebbe “traccia nella disciplina legale”, né sarebbe consentito all’interprete “di inventare elementi essenziali del contratto non previsti da alcuna norma, o confondere le ragioni storiche ed economiche dell’adozione di una normativa con tali elementi” (sent., pag. 5). In effetti, il giudice di appello non spiega su quali elementi interpretativi tragga il proprio convincimento circa il fatto che il requisito della c.d. “dipendenza tecnica” non sia normativamente richiesto nell’ipotesi in cui le lavorazioni vengano effettuate su materia-prima fornita dal committente. In particolare, non motiva sulle ragioni per cui: - criteri interpretativi di rango sistematico e finalistico, tutti nella specie univocamente rivolti ad apprestare tutela in situazioni di cooperazione produttiva e commerciale d’impresa connotate dalla posizione di dominio di un contraente sull’altro, dovrebbero necessariamente essere postergati ad un criterio interpretativo esclusivamente basato sulla ricostruzione lessicale della norma definitoria e, in special modo, sulla riferibilità dell’inciso concernente la dipendenza tecnica non ad entrambe, ma ad una soltanto delle ipotesi di subfornitura considerate dal legislatore; - un dato lessicale obiettivamente non dirimente (anche perché affidato ad una semplice virgola di separazione tra le diverse proposizioni descrittive, di per sé non escludente una opposta ricostruzione della norma) non debba essere letto alla luce delle altre disposizioni contenute nella medesima legge, invece mirate a valorizzare il requisito in discussione con riguardo indistintamente a tutte le lavorazioni ed i servizi in regime di subfornitura; - l’elemento costituito dalla fornitura della materia prima dovrebbe svolgere nella fattispecie una funzione discretiva essenziale, nonostante che nell’ambito della definizione di legge tale elemento, tra gli altri considerati, sia portatore della minor efficacia tipizzante; perché potenzialmente riscontrabile anche nella normalità di “forniture” (genericamente intese) riconducibili a rapporti (ad esempio di appalto: v. articolo 1658 c.c.) estranei agli obiettivi di tutela dell’equilibrio giuridico ed economico tra i contraenti d’impresa connaturati alla legge sulle subforniture. In assenza di motivazione su questi aspetti, non trova oggettivo riscontro l’affermazione secondo cui il requisito in esame sarebbe senz’altro estraneo alla definizione di legge, non potendo l’interprete aggiungere a quest’ultima elementi essenziali non previsti. Vari argomenti inducono ad osservare che, nella considerazione normativa, la sub-fornitura viene disciplinata quale estrinsecazione contrattuale di una forma non paritetica di cooperazione imprenditoriale; nella quale la dipendenza

economica del subfornitore si palesa, oltre che sul piano del rapporto commerciale e di mercato (reso particolarmente eclatante in tutte le ipotesi nelle quali il committente funga sostanzialmente da monocliente del subfornitore), anche su quello delle direttive tecniche di esecuzione, assunte nel loro più ampio e variegato spettro (disegni, specifiche, progetti, prototipi, modelli, know how in genere). Sotto l’aspetto della realtà socio-economica del fenomeno, la dipendenza tecnica così intesa costituisce spesso, essa stessa, uno stato di sudditanza economica, imponendo al subfornitore di adeguare la propria produzione ed organizzazione del lavoro alle suddette direttive e specifiche. Si tratta di un adeguamento che può comportare, per il subfornitore, una più o meno intensa ed assorbente limitazione di sbocco commerciale e di offerta di mercato. La rilevanza della dipendenza tecnica è insita nel fatto che la lavorazione affidata in subfornitura intervenga necessariamente ad un determinato livello (più o meno avanzato) del processo di produzione interno al committente; ed in vista della commercializzazione del prodotto-finito su un mercato che è soltanto di questi, non anche del subfornitore. Sicché è proprio l’inserimento del subfornitore nel ciclo produttivo del committente a richiedere che la lavorazione da parte del primo avvenga secondo la progettualità e le direttive tecniche impartite dal secondo (rispondenti alle esigenze di mercato da quest’ultimo intercettate); con la conseguenza che la c.d. dipendenza tecnica - da valutarsi, come è ovvio, caso per caso ed in rapporto alla natura della lavorazione in concreto affidata in subfornitura - altro non è che il risvolto operativo attraverso il quale normalmente si denota la dipendenza economica, di cui è elemento qualificante e sintomatico. Sul piano contrattuale, questo elemento diversifica il rapporto di subfornitura commerciale (suscettibile di essere realizzato attraverso altri schemi negoziali), dall’appalto d’opera o di servizi, nel quale l’appaltatore è chiamato, nel raggiungimento del risultato, ad una prestazione rispondente ad autonomia non solo organizzativa ed imprenditoriale, ma anche tecnico-esecutiva; con quanto ne deriva in ordine alla maggior ampiezza della sua responsabilità per i vizi della cosa e la sua non perfetta rispondenza a quanto convenuto. Ora, date queste premesse, non vi è ragione per ritenere che il requisito della “conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente” non valga per tutte le fattispecie descritte dalla L. n. 192 del 1998, articolo 1, e, dunque, anche per la “lavorazione su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente” (prima ipotesi). Posto che anche in tal caso la commessa di subfornitura comporta l’inserimento del subfornitore - sebbene in forza di un’opzione organizzativa di esternalizzazione - in un determinato livello del processo produttivo proprio del committente; il che non può non implicare l’assoggettamento della prestazione di subfornitura all’osservanza di più o meno penetranti (a seconda della natura della lavorazione e del prodotto) direttive tecniche del committente. Quelle stesse direttive tecniche che questi avrebbe dovuto osservare ove avesse optato per mantenere all’interno della propria organizzazione l’intero ciclo di produzione. Il legislatore fa propria questa realtà - nella quale anche il vero e proprio abuso di posizione dominante da parte del committente può esprimersi attraverso una determinata imposizione di direttive tecniche - là dove stabilisce che (articolo 2 cit.) nel contratto di subfornitura devono, tra il resto, essere specificati “i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente,

mediante precise indicazioni che consentano l’individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il suo fornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia”; ovvero che (articolo 5, comma 1) “Il subfornitore ha la responsabilità del funzionamento e della qualità della parte o dell’assemblaggio da lui prodotti o del servizio fornito secondo le prescrizioni contrattuali e a regola d’arte”; ovvero ancora che (articolo 7) “Il committente conserva la proprietà industriale in ordine ai progetti e alle prescrizioni di carattere tecnico da lui comunicati al fornitore e sopporta i rischi ad essi relativi. Il fornitore è tenuto alla riservatezza e risponde della corretta esecuzione di quanto richiesto, sopportando i relativi rischi”. Con tutto ciò includendo nell’obbligo di facere del subfornitore l’osservanza delle prescrizioni tecniche impartite dal committente. Vero è che, al contrario, qualora le specifiche tecniche ed il know how di realizzazione del prodotto o della fase di lavorazione appartengano in via esclusiva al fornitore che ad essi abbia conformato l’organizzazione dei processi produttivi all’interno della propria impresa, può venir meno lo stesso presupposto - di dipendenza economica e di debolezza contrattuale - sottostante alla normativa in esame. La prospettiva della corte di appello merita dunque di essere precisata, nel senso che il requisito della dipendenza tecnica, in quanto forma di induzione di dipendenza economica, non è ininfluente al fine di ritenere l’assoggettabilità del rapporto alla L. n. 192 del 1998; dovendo essere accertato, in fatto, con riguardo a tutte indistintamente le ipotesi delineate dalla norma definitoria di cui all’articolo 1, di tale legge e, segnatamente, anche con riguardo all’ipotesi in cui la materia prima sia stata fornita dal committente. p.2.3 Si è detto che questa necessaria precisazione in linea di diritto non esclude la correttezza sostanziale della sentenza qui impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il rapporto in questione dovesse comunque trovare disciplina nella L. n. 192 del 1998. Questa affermazione deriva dal fatto che nel caso di specie il requisito della dipendenza tecnica, ancorché non specificamente scandagliato dalla corte di merito per le più volte indicate ragioni di ordine pregiudiziale, era purtuttavia ampiamente ed univocamente riscontrato dalle risultanze di causa. In particolare, da quei documenti (ordini e relativi allegati tecnici) e da quelle deposizioni testimoniali (testualmente riportate nelle pagine da 15 a 19 del controricorso Metfon, e non oggetto di contestazione) attestanti il fatto che la lavorazione da parte di quest’ultima avvenisse sistematicamente sulla base: - dei disegni dei particolari, delle quote di misura e delle note tecniche procurate dalla committenza ed allegate agli ordinativi; - degli stampi di pressofusione forniti anch’essi, con relativa indicazione di lubrificazione e temperatura di fusione del metallo, dalle Fonderie 2A; - dei cicli di lavorazione e delle tempistiche di consegna necessarie all’esecuzione della prestazione secondo le direttive impartite. Quanto testé affermato in ordine alla considerazione di dati istruttori di causa non viola i limiti del vaglio di legittimità, dal momento che l’aspetto qui in considerazione - ampiamente dedotto nel contraddittorio delle parti fin dal primo grado di giudizio, così come attestato dalla stessa assunzione probatoria richiamata - non implica ulteriori accertamenti di fatto, ma unicamente l’enucleazione, dagli accertamenti di fatto già esauriti nei gradi di merito, di risultanze non solo concludenti ed univoche, ma addirittura

lampanti. Va del resto considerato che la stessa sentenza impugnata - pur ritenendo nella specie ininfluente l’accertamento della dipendenza tecnica attraverso la quale si è svolta la subfornitura in oggetto - ha incidentalmente evidenziato gli elementi di fatto sui quali tale requisito deve ritenersi basato. Elementi di fatto insiti, da un lato, nella circostanza che gli ordinativi impartiti dalla committente contenevano tutti gli elementi costitutivi del contratto (sent. app. pag. 7), tra i quali vanno necessariamente annoverati anche i parametri tecnici di esecuzione del lavoro; e, dall’altro, dal fatto che la stessa committente procurava non soltanto la materia prima, ma anche gli stampi di pressofusione con i quali doveva eseguirsi la produzione. Tanto da osservarsi (sent. app. pag. 5) che: “trattavasi dunque di contratto di subfornitura perché i testi hanno confermato quanto la stessa committente ammetteva fin dall’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (...) ovvero che la materia prima la forniva Fonderie 2A (oltre agli stampi, il che integra un ulteriore presupposto di inquadrabilità del contratto nel tipo normativo, com’é evidente da quanto sopra riportato)”. A ben vedere, dunque, il giudizio di sufficienza degli accertamenti di fatto è evincibile dalla stessa sentenza di merito; ancorché quest’ultima non ne abbia poi fatto uso; ma solo a causa di una diversa interpretazione normativa. Ricorre in definitiva l’insegnamento traibile da Cass. n. 19301 del 10/09/2010, in ordine all’applicabilità dell’articolo 384 c.p.c., allorquando si verta di valutazione in fatto “rigidamente vincolata e tale da far apparire del tutto inutile, quanto all’an debeatur, un giudizio di rinvio che non potrebbe avere esito diverso da quello delineato, stante il difetto di ulteriori fatti da accertare e l’univoca valenza di quelli accertati”. Valenza che la Corte è comunque legittimata ad apprezzare, posto che l’articolo 384 cit., norma radicata anche su esigenze di concentrazione e speditezza processuale, “preclude la decisione di merito quando vi siano ulteriori fatti da accertare, ma non ne inibisce affatto la valutazione quando i fatti siano stati già tutti accertati, o non siano contestati e non ve ne siano altri, ancora da accertare, suscettibili di poter essere apprezzati: o perché mancano o perché la facoltà di domandarne l’accertamento è inibita alle parti dalle preclusioni in cui siano incorse”. p.3.1 Con la seconda parte del quarto motivo di ricorso, 2 A spa lamenta contraddittoria motivazione nella parte in cui, nel disattendere la sua eccezione di transazione sulle forniture 2001, la corte di appello aveva, da un lato, riconosciuto che l’accordo transattivo aveva riguardato “i titoli dedotti nella causa iscritta al n. 3675/02 rg” concernente l’opposizione di Fonderie 2 A srl al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Mefton snc anche per il pagamento di tali interessi e, dall’altro, affermato nella specie l’irrilevanza di tale accordo transattivo sul presupposto che gli interessi in questione, per quanto attribuiti con il decreto ingiuntivo opposto, non erano tuttavia stati richiesti dalla parte nel ricorso per ingiunzione. Il motivo è infondato. È vero che la causa oggetto di transazione riguardava l’opposizione al decreto ingiuntivo che aveva riconosciuto gli interessi; questi ultimi, tuttavia, non solo non erano stati richiesti nel ricorso per ingiunzione, ma erano stati fatti oggetto di espressa riserva di domanda in separata sede (sent. appello pag. 6). Sulla scorta della peculiarità della situazione venutasi così a creare, il giudice di merito ha ricostruito la volontà delle parti nel senso di escludere dalla transazione gli interessi in questione. Questa conclusione è sorretta - sul piano logico e giuridico - dal fatto che la transazione doveva concernere

necessariamente le reciproche pretese delle parti, tra le quali non rientrava - per espressa esclusione, come detto - quella agli interessi; inoltre, va comunque considerato che gli interessi riconosciuti nel decreto ingiuntivo erano quelli legali, non già quelli, di mora, previsti dalla L. n. 192 del 1998; il che apporta ulteriore sostegno all’argomento secondo cui, nella ricostruzione della volontà delle parti, la transazione non ebbe riguardo a questi ultimi (basati su requisiti di debenza del tutto autonomi). Esclusa la dedotta carenza motivazionale per contraddittorietà, ricorre il principio per cui “in tema di interpretazione del contratto,, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima - consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti - è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui all’articolo 1362 c.c. e ss., mentre la seconda - concernente l’inquadramento della comune volontà, come appurata, nello schema legale corrispondente - risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche, può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto cosi come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006; in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12946 del 04/06/2007, ed altre). Nel caso di specie, la censura non contesta un errore di diritto nella sussunzione della fattispecie - come esattamente ricostruita sulla base della volontà negoziale delle parti nell’ambito di un determinato regime giuridico; bensì, a monte di questo aspetto, un errore di merito nella ricostruzione di tale volontà negoziale (si è dunque in presenza della “prima fase” decisionale, come richiamata dalla giurisprudenza su riportata). Ne consegue che tale ricostruzione potrebbe essere sindacata in sede di legittimità solo sotto il profilo della carenza motivazionale; qui, per le già indicate ragioni, non riscontrabile. Ne segue il rigetto del ricorso. In considerazione della novità e delicatezza della questione interpretativa costituente il fulcro della controversia (segnata dall’assenza di precedenti giurisprudenziali di legittimità, oltre che dalle oscillazioni decisionali nei gradi di merito), sussistono i presupposti per l’integrale compensazione delle spese del presente procedimento.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente procedimento. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 25 giugno 2014. Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2014.

 

 

 

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