Obbligazioni e servizi pubblici

All'amministrazione fanno capo rilevanti obbligazioni nell'ambito dei servizi pubblici, derivati dal dovere di assicurare prestazioni di servizi a favore della collettività. L'intervento pubblico assicura ai cittadini l'eguaglianza sostanziale.

lL servizio pubblico è la complessa relazione che si instaura tra soggetto pubblico, che organizza una offerta di prestazione, rendendola doverosa, ed utenti.
Il servizio è pubblico in quanto reso al pubblico, e per la soddisfazione dei bisogni della collettività, nonchè in ragione del fatto che un soggetto pubblico lo assume come doveroso.
Il servizio pubblico è "assunto" dal soggetto pubblico con legge o con atto generale, rendendo doverosa la conseguente attività.

Alla fase dell'assunzione del servizio segue quella della sua erogazione e, cioè, la concreta attività volta a fornire prestazioni ai cittadini.
L'ordinamento prevede forme tipizzate di gestione, contemplando spesso anche l'intervento di soggetti privati.
Tale intervento non elimina il carattere pubblico del servizio anche se la gestione prevista fosse l'affidamento ad un privato (anche perchè il privato che eroga il servizio deve rispettare gli stessi limiti e gli stessi criteri predefiniti in sede di assunzione del servizio).
Di recente si è introdotto l'impiego del " contratto di servizio " quale strumento per disciplinare i rapporti tra amministrazione e soggetto esercente:
Il DLGS 422/97 ad esempio, dispone che l'esercizio dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale è regolato "mediante contratti di servizio di durata non superiore a nove anni".
Al fine di garantire la continuità dell'offerta di una prestazione, la disciplina comunitaria talora prevede il meccanismo, alternativo rispetto al contratto, dell'imposizione ai privati già presenti sul mercato di obblighi di servizio

Per quanto riguarda i servizi pubblici locali che rientrano nella titolarità di comuni e province: aventi "per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali", gli artt. 112 ss. del TUEL , distinguono nettamente tra i servizi a rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza

Tra i primi saranno da annoverare i servizi dell'energia elettrica, del trasporto, della raccolta rifiuti e del ciclo delle acque. L'erogazione del servizio avviene con "riferimento della titolarità del servizio":
a) società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
c) società a capitale interamente pubblico

Accanto all'affidamento mediante gare a società di capitali, la legge prevede dunque l'affidamento diretto a società pubbliche, secondo il modello dell' in house providing , compatibile con il diritto comunitario, e secondo lo schema della società mista ove l'assenza di concorrenza quanto alla scelta del gestore viene compensata con la gara per la scelta del socio privato.

La legge fa salve "le disposizioni previste per i singoli settori e quelle nazionali di attuazione delle normative comunitarie", prevede il principio generale della
separazione tra proprietà della rete (attribuita agli enti pubblici), gestione della stessa ed erogazione del servizio, garantendo in ogni caso l'accesso alla rete ai soggetti legittimati all'erogazione del servizio. Inoltre, la legge consente l'affidamento contestuale di una pluralità di servizi locali (diversi da quelli del trasporto collettivo) quando sia "economicamente piu' vantaggioso"

Nel settore sanitario, la legge prevede che la partecipazione dei privati allo svolgimento del servizio pubblico possa fondarsi sull'istituto dell'accreditamento (art. 1 L 419/98; art 8-quater DLGS 502/92), in forza del quale, subordinatamente all'accertamento del possesso   dei requisiti fissati dall'amministrazione, la struttura privata è riconosciuta idonea ad operare a favore degli utenti

La Costituzione parla di " servizi pubblici essenziali
Con riferimento agli enti locali, la legge di riferisce ai servizi indispensabili e a quelli "ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità". Essi sono finanziati dalle entrate fiscali, le quali integrano la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi indispensabili. Allorchè lo Stato e le regioni prevedano per legge casi di gratuità nei servizi di competenza dei comuni e delle province, ovvero fissino prezzi e tariffe inferiori al costo effettivo della prestazione, essi debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative (Art. 149 c.8 TUEL))

I servizi sociali sono caratterizzati dai seguenti elementiB finalizzazione alla tutela e alla promozione del benessere della persona, doverosità della predisposizione degli apparati pubblici necessari per la loro gestione e assenza del divieto per i privati di svolgere siffatta attività

In sostanza l'intervento pubblico è imposto dall'ordinamento (esempio sanità e scuola), ma non è subordinato al fallimento del mercato, garantendosi anzi uno spazio per l'iniziativa dei privati. La legge 328/00 legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, precisa che per "interventi e servizi sociali" si intendono tutte le attività previste dal DLGS 112/98

Nella normativa piu' recente è comparsa la definizione di servizio universale "insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica eC ad un prezzo accessibile".

Nel nostro Paese si è avviato il processo di liberalizzazione di alcuni mercati. La liberalizzazione comporta l'eliminazione delle barriere d'ingresso attraverso il superamento dei monopoli e l'eliminazione dei diritti speciali ed esclusivi e, quindi, l'apertura della concorrenza.

Nel caso dei servizi di rete (come elettricità o gas), il completamento della liberalizzazione impone l'uso comune della infrastruttura, separando gestione della rete da gestione del servizio. ll tema della liberalizzazione si intreccia con il problema della privatizzazione , l'art . 1 DL 332/94, conv in L 474/94 , stabilisce che le dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici nelle società in mano pubblica operanti nel settore della difesa, trasporti, telecomunicazioni, fonti di energia e altri servizi pubblici sono subordinate alla creazione di organismi indipendenti per la regolarizzazione delle tariffe ed il controllo della qualità dei servizi di rilevante interesse pubblico.

 

Corte costituzionale e servizi pubblici- C cost 272/2004; C cost 199/2012

Corte costituzionale 272/2004 in materia di tutela della concorrenza e modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica

Con la sentenza n. 272 del 27 luglio 2004 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'art. 14, co. 1 e 2, del Dl 269/03 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), in quanto tali norme determinavano un'illegittima compressione dell'autonomia regionale e locale in materia di servizi pubblici locali.

Dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art.113 TUEL limitatamente al secondo e terzo periodo introdotto dall'art.35 comma1 L.448/2001 (Legge finanziaria 2002)e dell'art. 113-bis come introdotto dall'art.35 comma 15 l.448/01 e come modificato dall'art.14 comma 2 D.L. 269/03, la Consulta ha stabilito la riconducibilità della disciplina dei servizi pubblici con rilevanza economica nell'ambito della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni.
Con ciò volendo significare che il Parlamento in materia di SPL aventi rilevanza economica potrà dettare solo disposizioni di carattere generale sulle modalità di gestione e affidamento dei suddetti servizi, spettando invece alle Regioni la normativa di dettaglio. Ogni Regione, poi, potrà dettare una propria autonoma disciplina sull'affidamento e gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica.
La potestà legislativa esclusiva statale è stata, invece, individuata con riferimento alla tutela della concorrenza nel senso che spetterà allo Stato promuovere la concorrenza nei servizi pubblici locali a rilevanza economica.

La tutela della concorrenza è una competenza statale esclusiva che non ha un'estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma, per così dire, "trasversale", poiché si intreccia inestricabilmente con una pluralità di altri interessi – alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle Regioni – connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese, ed è quindi necessario che si basi criterio di proporzionalità-adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.

Il regime giuridico dei servizi pubblici locali dopo l'intervento della consulta (corte cot. 199/2012)


1) Con l'art. 23 bis ( DL 112/2008)
, con riferimento alle modalità di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, le procedure di evidenza diventano la regola, mentre l'affidamento in house la deroga.
2) abrogato tramite referendum
3) reintrodotto con DL 138/11

E' fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, perché viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall'art. 75 Cost., secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. Infatti, la norma impugnata detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, ma ne riproduce anche letteralmente svariate disposizioni.

Le Regioni hanno impugnato il citato art. 4 nella parte in cui tale disposizione, rubricata come «Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea», detta la nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in luogo dell'art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112

Da tutte le Regioni, ad eccezione della Regione autonoma della Sardegna, viene dedotta la violazione dell'art. 75 Cost., in quanto la norma impugnata (ed in particolare i commi 1, 8, 9 10, 11, 12 e 13 secondo la Regione Marche ed anche i commi 32 e 33 secondo le Regioni Emilia-Romagna ed Umbria) avrebbe riprodotto la norma oggetto dell'abrogazione referendaria (art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008)

Le ricorrenti assumono che, con l'abrogazione dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, che riduceva le possibilità di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali, con conseguente delimitazione degli ambiti di competenza legislativa residuale delle Regioni e regolamentare degli enti locali, le competenze regionali e degli enti locali nel settore dei servizi pubblici locali si sono riespanse. Infatti, a seguito della predetta abrogazione, la disciplina applicabile era quella comunitaria, più "favorevole" per le Regioni e per gli enti locali. Pertanto, la reintroduzione da parte del legislatore statale della medesima disciplina oggetto dell'abrogazione referendaria (anzi, di una regolamentazione ancor più restrittiva, frutto di un'interpretazione ancor più estesa dell'ambito di operatività della materia della tutela della concorrenza di competenza statale esclusiva), ledendo la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria, avrebbe determinato anche una potenziale lesione delle richiamate sfere di competenza sia delle Regioni che degli enti locali.

La norma testè citata è incostituzionale nella parte in cui, ripristinando norme già contenute nell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, abrogato mediante referendum, e nel relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 168 (Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), rispettivamente: a) escludono l'affidamento diretto in house dalle forme ordinarie di conferimento della gestione dei servizi pubblici, ove il valore economico del servizio sia superiore alla somma complessiva di 900 mila euro annui (commi 8 e 13); b) prevedono l'affidamento del servizio a società a partecipazione mista pubblica, a condizione che essa sia costituita con procedura avente ad oggetto, allo stesso tempo, la selezione del socio privato, cui devono essere attribuiti specifici compiti operativi e una partecipazione non inferiore al 40 %, e l'affidamento del servizio, con conseguente esclusione di altre fattispecie di partenariato pubblico-privato presenti a livello comunitario (comma 12); c) disciplinano il regime transitorio degli affidamenti, riproponendo in termini analoghi limitazioni e scadenze al regime degli affidamenti in atto già fissate dall'abrogato art. 23-bis e volte a penalizzare le forme di autoproduzione dei servizi (comma 32); d) infine, confermano il divieto, per le società titolari di affidamenti diretti, di acquisire servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, nonché di svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite società ad esse riferite, né partecipando a gare (comma 33).

Art 113 (Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica) e 113 bis (Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica)

Attraverso lo strumento del bilancio, è possibile trovare e stanziare le risorse necessarie a produrre i servizi collettivi ed è quindi possibile redistribuire al meglio le risorse stesse e supplire ai fallimenti del mercato, i quali sarebbero inevitabili se l'economia fosse abbandonata al libero gioco dei suoi meccanismi.
Se è pur vero che il principale produttore di servizi alla collettività resta sempre lo Stato, è anche vero che i parametri imposti dall’adesione all’UE hanno ridotto il volume di risorse a disposizione dei vari Stati membri già fin troppo indebitati.

 

Il bilancio è il principale strumento per lo svolgimento dell'esercizio dell'attività finanziaria svolta dallo Stato e dalle amministrazioni e le voci principali che vi compaiono sono in particolare le entrate e le spese: queste ultime vengono adoperate da tali soggetti per organizzare la produzione di beni e l’erogazione di servizi a favore della collettività; e per incidere altresì sui processi di formazione e di distribuzione della ricchezza nazionale.

Se alcune attività economiche come ad esempio la produzione di articoli di consumo (come l’abbigliamento) sono di pertinenza esclusiva del settore privato e sono regolate dalla legge della domanda e dell'offerta, altre attività come ad esempio l'amministrazione della giustizia o la difesa del territorio rientrano invece fra le competenze esclusive del settore pubblico, sia perché le stesse non possono divenire oggetto di scambio, sia perché il loro esercizio presuppone un potere di coazione che non può essere riconosciuto ai privati.
Vi è poi, un terzo gruppo di attività come ad esempio l'istruzione scolastica o l'assistenza sanitaria che per le loro caratteristiche intrinseche possono essere esercitate da entrambi i settori.

La produzione e l'erogazione, perlopiù in forma gratuita, di beni e servizi a tutta la popolazione o a particolari categorie di cittadini, ossia l'offerta di servizi collettivi, costituisce una prima modalità di intervento dello Stato in campo economico; intervento che si giustifica con la necessità di garantire una migliore allocazione delle risorse a disposizione della collettività. In generale, il compito di stanziare le risorse necessarie alla produzione dei servizi collettivi assume il nome di funzione allocativa.
La prestazione pubblica di servizi può produrre poi effetti redistributivi, nel senso che i relativi benefici possono essere goduti da un particolare gruppo di individui, mentre gli oneri per il suo finanziamento possono ricadere in tutto o in parte su altri soggetti (es: le pensioni di invalidità). Ancora, alcuni servizi pubblici (es: l'istruzione scolastica), oltre ad arrecare un beneficio diretto agli utenti, producono delle esternalità ossia effetti indiretti sull'intera collettività.

La redistribuzione della ricchezza può avvenire, oltre che attraverso l'erogazione di servizi collettivi, anche mediante trasferimenti in denaro e in natura a beneficio dei soggetti svantaggiati quali i lavoratori in pensione, le famiglie bisognose, i disoccupati, gli invalidi civili, gli anziani privi di mezzi di sussistenza. Queste erogazioni si sono accresciute notevolmente negli ultimi decenni in tutte le economie dell'Occidente tanto da assorbire una quota sempre più ampia della spesa pubblica totale.
I trasferimenti di ricchezza possono assumere carattere personale ma l'attività di redistribuzione può essere considerata anche dal punto di vista settoriale (es: le agevolazioni riconosciute all'agricoltura a scapito di altri settori) e territoriale (es: i trasferimenti erogati a favore delle aree svantaggiate del Mezzogiorno): queste tre categorie di trasferimenti redistributivi a carattere personale, settoriale e territoriale, si intrecciano tra loro, con l’unico limite dei principi fondamentali contenuti nella carta costituzionale e nella disciplina europea.

La finanza pubblica si configura quindi come un processo circolare che si svolge senza soluzione di continuità, in cui le amministrazioni, ha un lato, acquisiscono mezzi finanziari sotto forma di tributi, trasferimenti e prestiti da altri settori istituzionali dell'economia (famiglie, imprese e il resto del mondo), dall'altro stanziano i mezzi raccolti per il perseguimento di obiettivi di interesse generale o, comunque di particolare rilevanza economica e sociale.
Ma se in passato la spesa pubblica totale rappresentava nei paesi europei non più del 25% del prodotto interno lordo, oggi - e questo sin dagli anni 90 -, sospinta dal moltiplicarsi degli interventi dello Stato in campo economico sociale, la spesa pubblica assorbe più del 50% del PIL.
Per evitare questa eccessiva lievitazione delle spese, si sta verificando oggi un graduale ridimensionamento del ruolo dello Stato in campo economico: sono stati avviati processi di privatizzazione in importanti comparti produttivi e sono state deliberate una serie di misure di contenimento della spesa pubblica, con l'intento di conseguire nel medio termine una posizione di bilancio in pareggio. Pur tuttavia allo Stato competono ancora una serie di attribuzioni fondamentali all'interno del sistema economico: dalla erogazione di servizi come la giustizia, la difesa, l'ordine pubblico e l'istruzione, allo sviluppo di infrastrutture produttive e sociali; dalla protezione delle categorie svantaggiate, alla promozione della concorrenza e alla regolazione dei mercati; dal sostegno alla ricerca scientifica e tecnologica, alla tutela dell'ambiente dall'inquinamento.

Il livello di benessere di una popolazione dipende, oltre che dal consumo di beni privati, cioè scambiati liberamente sul mercato di un dato prezzo (es.: abbigliamento, case), anche dalla disponibilità di servizi collettivi (o beni pubblici): questi ultimi sono erogati direttamente dalle amministrazioni pubbliche a tutti cittadini, perlopiù in forma gratuita nel senso che la loro contropartita non è rappresentata da un prezzo di vendita, bensì da una quota del gettito fiscale. Si tratta di servizi la cui offerta non transita attraverso il mercato e che per tale motivo assumono la denominazione di servizi non destinabili alla vendita.
In base alle loro caratteristiche economiche, i servizi collettivi possono essere ripartiti in due grandi categorie:

  1. i beni che le imprese non hanno alcun incentivo a produrre, denominati servizi indivisibili o beni pubblici puri.;
  2. I beni per i quali la produzione esclusiva da parte delle imprese non appare socialmente desiderabile, detti beni di merito.

Ne discende che, qualora questi beni dovessero transitare per il mercato, la loro offerta nel primo caso risulterebbe molto probabilmente nulla e, nel secondo, circoscritta solo a coloro in grado di esercitare una domanda effettiva, cioè i percettori di redditi medio alti. In entrambi i casi comunque il risultato finale sarebbe lo stesso: non potendo godere appieno dei vantaggi che i suddetti beni apportano, la collettività nel suo insieme sconterebbe una perdita secca di benessere. Nel caso dei servizi collettivi il meccanismo di mercato mostra i suoi limiti (si parla del cd. fallimento del mercato), dato che non è in grado di pervenire ad una situazione ottimale dal punto di vista sociale: se il settore pubblico interviene nella loro produzione ed erogazione, sarà allora possibile, riorganizzando l'allocazione delle risorse ottenute dal mercato, accrescere il benessere sociale, migliorando la posizione di alcuni oggetti senza nel contempo peggiorare quella di altri.

La prima categoria citata di servizi collettivi comprende quindi i servizi indivisibili, che in nessun caso possono divenire oggetto di transazioni, dato che per definizione i benefici da essi prodotti si estendono indistintamente a tutti i membri della collettività; ne costituiscono esempi tipici l'amministrazione della giustizia, la tutela dell'ordine pubblico, la difesa nazionale, alcune opere infrastrutturali come strade, ferrovie, dighe e certe prestazioni sanitarie come ad esempio le vaccinazioni obbligatorie contro malattie infettive.
Le imprese private non hanno alcun interesse a finanziare la produzione di questo tipo di servizi poiché manca la possibilità di attribuire loro un prezzo: è assente infatti criterio della rivalità nel senso della indivisibilità dei vantaggi, ed è altresì assente il criterio della escludibilità nel senso che è impossibile l'estromissione di qualsiasi soggetto dal loro godimento (il consumo da parte di alcuni soggetti, infatti, non limita la possibilità del consumo da parte di altri). In questa ipotesi quindi il prezzo non è in grado di assolvere alla tradizionale funzione di razionamento della domanda, dato che se fosse applicato ai servizi in questione, non impedirebbe a chi si astiene dal suo pagamento di beneficiarne lo stesso e pertanto è inverosimile che un'impresa intenda investire capitali nella produzione di beni che di fatto tutti possono consumare gratuitamente.
Ne consegue che i servizi indivisibili possono essere erogati solo dal settore pubblico facendo ricorso, per la copertura dei loro costi, all'imposizione sui membri della collettività.
Fra i servizi indivisibili si possono annoverare le prestazioni sanitarie contro la diffusione delle malattie contagiose; se questo tipo di prestazioni non fosse stato in mano al pubblico, il mercato ne avrebbe consentito l'accesso soltanto alle persone più facoltose, per cui molto probabilmente il risultato finale sarebbe stato la propagazione del morbo.

Nella seconda categoria dei servizi collettivi rientrano poi i beni di merito.
Si tratta di beni che, pur essendo a domanda individuale, vengono forniti dalle amministrazioni quasi gratuitamente a tutti cittadini perché procurano un vantaggio non solo al soggetto che li consuma, ma indirettamente all'intera collettività. Ad esempio l'istruzione scolastica ha un’utilità che trascende quella del singolo individuo che la riceve, contribuendo a stimolare un progresso economico e sociale di cui beneficia indistintamente tutta la popolazione. Se questi beni fossero offerti esclusivamente da imprese il risultato sarebbe una perdita di benessere sociale perché dette imprese non terrebbero conto delle esternalità positive, cioè dei benefici che si ripercuotono sui soggetti non direttamente coinvolti nello scambio.
In sostanza, l'erogazione gratuita di beni di merito da parte delle p.a. costituisce un mezzo per incrementare l'efficienza sociale. L'erogazione di tali servizi da parte del settore pubblico si giustifica, oltre che per la presenza di queste esternalità positive, anche per altre ragioni: A) per rispondere ad esigenze di equità, che fanno ritenere utile e giusto che tali servizi vengano erogati non in base alla capacità di acquisto ma secondo le necessità individuali;
B) per ovviare alla presenza di informazioni imperfette. Le famiglie infatti non sempre si rendono conto del beneficio che trarrebbero dal consumo di un certo bene; se dovessero pagare un prezzo potrebbero anche erroneamente decidere di non acquistarlo.
Questi beni frequentemente vengono erogati contemporaneamente sia dal settore pubblico che da quello privato (es: la scuola dell'obbligo, le prestazioni mediche), e allorché vengano forniti da soggetti pubblici, vengono finanziati attraverso i tributi, facendo leva sulla capacità contributiva di ciascuno, nel senso che i relativi costi sono distribuiti in base al reddito di ogni cittadino.
Questo spostamento di risorse dall'alto verso il basso non è nient'altro che l'effetto redistributivo conseguente alla produzione di servizi da parte dei soggetti pubblici. La redistribuzione tuttavia non è soltanto di tipo progressivo, quella che si ha cioè quando all'aumentare della capacità contributiva si pagano imposte in misura superiore al beneficio tratto dai servizi collettivi, ma può essere anche di tipo categoriale nel senso che, anziché operare in senso verticale lungo la piramide dei redditi, può operare anche in senso orizzontale, ossia fra categorie che, a parità di capacità contributiva, sono assoggettate ad un diverso trattamento fiscale e consumano in maniera diversa i diversi servizi collettivi.
Quindi, attraverso lo strumento del bilancio, è possibile trovare e stanziare le risorse necessarie a produrre i servizi collettivi ed è quindi possibile redistribuire al meglio le risorse stesse e supplire ai fallimenti del mercato, i quali sarebbero inevitabili se l'economia fosse abbandonata al libero gioco dei suoi meccanismi.
Se è pur vero che il principale produttore di servizi alla collettività resta sempre lo Stato, è anche vero che i parametri imposti dall’adesione all’UE hanno ridotto il volume di risorse a disposizione dei vari Stati membri già fin troppo indebitati.

 

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