RESPONSABILITA' DELLA PA

RESPONSABILITA' CONTRATTUALE

Nell'ambito dell'esecuzione dei rapporti contrattuali l'agere della PA non è manifestazione d'esercizio di potere autoritativo ma di natura privatistica.
Le relative questioni sono, pertanto, devolute alla giurisdizione del GO (giudice ordinario) , sia per ciò che pertiene all'accertamento di inadempimenti contrattuali sia con riferimento alle relative conseguenze sotto il profilo del risarcimento del danno.

La tesi della responsabilità da contatto amministrativo prende le mosse dalla sentenza delle SS.UU. della Suprema Corte di Cassazione n. 500 del 1999 in tema di risarcibilità degli interessi legittimi per concludere che questi, preordinati alla soddisfazione del bene finale "vita", generano veri e propri diritti di protezione in favore del privato a fronte dei quali vi sono dei precisi obblighi a carico della PA i quali, ove inadempiuti, determinano una responsabilità della PA (DI NATURA CONTRATTUALE).

La configurazione della responsabilità della PA in caso di violazione di interessi legittimicome responsabilità contrattuale ha conseguenze sotto il profilo dell'onere della prova in materia di colpa ( non gravante sul privato) e di termine di prescrizione dell'azione applicabile (decennale anziché quinquennale ).

i vizi non invalidanti di cui all'art. 21-octies, L. n. 241/1990, pur se inidonei a fondare un'azione vittoriosa d'annullamento del provvedimento, legittimerebbero l'esperimento di un'azione risarcitoria per violazione degli obblighi nascenti dal contatto amministrativo qualificato.

RESPONSABILITA' PRECONTRATTUALE

 

per responsabilità precontrattuale si intende la lesione della libertà negoziale altrui, cagionata nel corso delle trattative per la conclusione di un contratto mediante un comportamento doloso o colposo, oppure per l'inosservanza del precetto della buona fede.

Sulla configurabilità di una responsabilità precontrattuale della PA, invece, si è per lungo tempo dubitato in quanto, per la tutela dell'interesse pubblico e nell'esercizio della discrezionalità amministrativa, la PA sarebbe sempre facoltizzata e tenuta al recesso dalle trattative avviate a fronte delle quali nessun legittimo affidamento del terzo contraente potrebbe ravvisarsi e trovare tutela. La giurisprudenza della Suprema Corte ha, tuttavia, osservato che, nella conduzione delle trattative private, la valutazione in ordine alla ricorrenza di una responsabilità precontrattuale in capo alla PA non involge un sindacato sulle scelte discrezionali della PA ma esclusivamente una verifica in ordine al rispetto, da parte della medesima, dei canoni di correttezza e buona fede.

In via generale la responsabilità precontrattuale è prevista dagli artt. 1337 e 1338 cc.
L'art. 1337 cc prescrive il comportamento di buona fede durante il corso delle trattative mentre l'art. 1338 cc rappresenta una forma particolare di applicazione del principio di buona fede, stabilendo, la responsabilità del soggetto che conoscendo o dovendo conoscere una causa di invalidità del contratto, induca, ciononostante, alla stipula del contratto l'altro contraente.

Si colloca in una fase antecedente alla conclusione del contratto ma che, comunque, coinvolge soggetti che non possono ritenersi estranei tra loro essendo, appunto, già entrati in contatto nel corso delle trattative.

L'inquadramento della responsabilità precontrattuale nell'alveo della responsabilità extracontrattuale per violazione della libertà negoziale o nell'alveo della responsabilità contrattuale per violazione degli obblighi di protezione nascenti dal contatto nella fase delle trattative è discussa.

Queste peculiarità sono alla base della disputa sulla sua natura giuridica, che vede contrapposte ben tre teorie:

natura extracontrattuale. Tale ricostruzione si fonda sulla considerazione che nella fase delle trattative il vincolo contrattuale non è ancora sorto e, pertanto, i soggetti coinvolti non sono ancora obbligati a rispettare le obbligazioni contrattuali, ma solo il principio generale del neminem laedere stabilito dall'art. 2043 c.c. indistintamente per tutti i consociati;
natura contrattuale. Determinante è il legame che si instaura tra i soggetti che vengono in contatto nel corso delle trattative, che già in tale fase non possono considerarsi tra loro degli estranei e, dunque, sono legati da un rapporto assimilabile a quello contrattuale, sub specie da contatto sociale. Nelle obbligazioni da contatto sociale ciò che può essere definito "contrattuale" è solo il rapporto e non la fonte dello stesso, sicché seppur non si possano applicare le regole sulla conclusione del contratto, trovano ampia operatività quelle che disciplinano il contratto come "rapporto", in particolar modo le regole sulla responsabilità;
natura autonoma. Accolta solo dalla dottrina, la tesi del tertium genus di responsabilità è poco suggestiva poiché non risponde in maniera esaustiva sulla disciplina applicabile all'ambito della responsabilità precontrattuale, limitandosi invece ad escluderne la genesi contrattuale o extracontrattuale.
L'accoglimento di una tesi piuttosto che un'altra non è questione meramente teorica, se si considera che dal riconoscimento della natura della responsabilità derivano importati conseguenze, principalmente con riferimento a prescrizione e onere della prova.

L'orientamento della Corte di Cassazione è stato per lungo tempo ancorato alla tradizionale concezione della responsabilità precontrattuale come responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che la prova dell'esistenza e dell'ammontare del danno, nonché del dolo o della colpa del danneggiante, erano a carico del danneggiato, con il termine quinquiennale di prescrizione del diritto azionato (cfr. ex plurimis, 15040/2004; 16735/2011).


Gli ermellini, con la sentenza della Corte di Cassazione nr. 14188, del 12 luglio 2016 si sono discostanti dall'orientamento maggioritario ritenendo che la responsabilità precontrattuale della P.A. non abbia natura extracontrattuale, ma debba correttamente inquadrarsi nella responsabilità di tipo contrattuale da "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell'art. 1173 c.c.; I giudici di legittimità evidenziano che nel '900 si è definitivamente consolidata la tesi di una forma di responsabilità che si colloca "ai confini tra contratto e torto", in quanto radicata in un "contatto sociale" tra le parti che, in quanto dà adito ad un reciproco affidamento dei contraenti, è "qualificato" dall'obbligo di "buona fede" e dai correlati "obblighi di informazione e di protezione". In tali circostanze, il rapporto obbligatorio si connota non da obblighi di prestazione, come accade nelle obbligazioni che trovano la loro causa in un contratto, bensì da obblighi di protezione, egualmente riconducibili, sebbene manchi un atto negoziale, ad una responsabilità diversa da quella aquiliana e prossima a quella contrattuale. Da queste considerazioni, che la Corte evidenzia essere state ampiamente recepite dalla giurisprudenza, discende che "l'elemento qualificante di quella che può ormai denominarsi "culpa in contrahendo" solo di nome, non è più la colpa, bensì la violazione della buona fede che, sulla base dell'affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca tra le parti". Ne discende che la responsabilità per il danno cagionato da una parte all'altra nel corso delle trattative, in quanto ha la sua derivazione nella violazione di specifici obblighi (buona fede, protezione, informazione) precedenti quelli che deriveranno dal contratto, se ed allorquando verrà concluso, e non del generico dovere del neminem laedere, non può che essere qualificata come responsabilità contrattuale, con ogni conseguenza in termine di termine prescrizionale e onere della prova.

La condivisibile riconduzione della responsabilità precontrattuale al genus della responsabilità contrattuale era stata operata dalla Suprema Corte nel 2011 (Cass. 20 dicembre 2011 n. 27648, in Europa dir. priv., 2012, p. 1227 con nota di CASTRONOVO, La Cassazione supera se stessa e rivede la responsabilità precontrattuale), già allora tuttavia con un'argomentazione non impeccabile sul piano filologico. In quel'occasione, si affermava infatti che, in ragione del consolidarsi della teorica del «contatto sociale», anche quella della responsabilità precontrattuale dovesse ormai considerarsi un'ipotesi di «contatto sociale qualificato».

le conseguenze che discendono da questa diversa qualificazione sono:
- l'applicazione alla responsabilità del termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. anziché quinquennale;
- l'inversione dell'onere della prova a favore del privato danneggiato dalla PA: il privato può limitarsi ad allegare di aver subito un danno dalla PA senza dover provare, in giudizio, la colpa della PA, ed è la PA che, se intende liberarsi dalla responsabilità, deve dimostrare l'assenza di colpa a proprio carico;
- maggiore estensione del danno risarcibile


Ipotesi di responsabilità precontrattuali, affermate dlal giurisrpudenza:

- esclusa nella procedura ad evidenza pubblica nel caso di illegittimi comportamenti riferibili alla fase prodromica all'aggiudicazione; ma ammessa in riferimento a fatti comportamentali scorretti successivi all'aggiudicazione;
- procedura d'evidenza attivata in assenza di fondi, giacché, si è osservato, in tal caso può esserle imputata una condotta complessivamente colposa e superficiale, ovvero laddove, successivamente all'aggiudicazione ma prima dell'approvazione, il privato contraente sia stato invitato ad iniziare l'esecuzione del contratto che non abbia poi ricevuto approvazione.
- nei casi in cui l'attività contrattuale dell'amministrazione sia stata preceduta da trattativa privata.

L'area della responsabilità della PA per fatti riferibili alla prodromica fase dell'evidenza pubblica si è, peraltro, notevolmente ampliata a seguito del definitivo riconoscimento della risarcibilità della lesione di interessi legittimi. In tale prospettiva, atti illegittimi della procedura d'evidenza pubblica potranno dar vita, in caso di mancata stipulazione del contratto ambito dal privato concorrente, a forme di responsabilità precontrattuale c.d. spuria. In tal caso, infatti, non si censura l'operato della PA come cattivo contraente ma per il cattivo uso del potere. Così, in caso di revoca dell'aggiudicazione illegittima, sarà possibile conseguire il risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale spuria ove la condotta della PA non sia ulteriormente connotata da mala fede oppure, ove essa consegua ad una condotta contrattuale scorretta, per responsabilità precontrattuale pura. Ove la revoca sia legittima, invece, potrà essere chiesto l'indennizzo previsto dall'art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990.

Competenza in giudizio del GA

ogni qual volta il contenzioso riguarda un rapporto tra p.a. e privato non posto in modo paritario ma l'agire della p.a. è espressione di un potere autoritario verso il cittadino è sempre competente il giudice amministrativo. Si è sempre in presenza di provvedimenti amministrativi e non di rapporti contrattuali.

- questioni risarcitorie consequenziali a provvedimenti illegittimi;
- profili di responsabilità precontrattuale riferibili ad attività provvedimentale della PA.
in relazione a comportamenti tenuti dalla PA nell'ambito della fase prodromica alla conclusione del contratto (ad esempio ingiustificati ritardi) : la giurisprudenza amministrativa e, da ultimo, la stessa Suprema Corte (anche sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Consulta con le note sentenze n. 204 del 2004 e 191 del 2006), ammettono la giurisdizione esclusiva del GA anche in tali casi poichè è ravvisabile sempre un esercizio di potere della p.a verso il privato e non un rapporto paritetico.

LESIONE DELL'AFFIDAMENTO E RESPONSABILITÀ CIVILE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Sul versante della responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, la CASS. SSUU ha esaminato una specifica ipotesi di responsabilità da lesione dell'affidamento, assegnandole uno statuto peculiare proprio sul piano della giurisdizione in ordine alle domande che in relazione ad esse siano state proposte.

Cassazione civile, ordinanza Sezioni Unite n. 17586 del 04.09.2015, Pres. Rovelli, Rel. Frasca

“Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione ad una domanda di risarcimento del danno per affidamento incolpevole, azionata dal beneficiario di un provvedimento illegittimo annullato in sede giurisdizionale o ritirato in autotutela”

La questione

La questione oggetto del presente commento si pone tra quelle attualmente più dibattute in giurisprudenza, rappresentando un punto di scontro tra quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione e gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa.

Si tratta del tema riguardante l’individuazione della giurisdizione, civile o amministrativa, sulla domanda con cui il privato chiede il risarcimento dei danni alla p.a. – in termini sia di danno emergente che lucro cessante – per aver confidato incolpevolmente sulla legittimità di un provvedimento amministrativo a lui favorevole, successivamente annullato dal giudice amministrativo perché illegittimo.

L’ipotesi affine trattata da Cass. Civ. Ordinanze nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011

A tale ipotesi va accomunata quella che si verifica quando il provvedimento favorevole per il privato sia stato successivamente ritirato in autotutela dalla pubblica amministrazione.

Invero, in relazione a tale fattispecie, si era pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, attraverso le tre ordinanze gemelle nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011.

Con queste pronunce i giudici di legittimità avevano aderito all’orientamento, largamente maggioritario nella giurisprudenza civile, secondo cui tale domanda va proposta al giudice ordinario e non a quello amministrativo.

La Corte aveva, infatti, ritenuto che, in queste ipotesi, il danno sofferto dal privato non deriva direttamente dal provvedimento, ma dal comportamento dell’amministrazione che, con il suo modo d’agire (ed in particolare con l’adozione dell’atto favorevole), ha ingenerato un incolpevole affidamento in capo alla parte, poi frustrato dal successivo annullamento. E poiché il danno deriva non già dal provvedimento amministrativo ma dal comportamento complessivamente tenuto dall’autorità, la giurisdizione sulle domande che hanno ad oggetto il suo risarcimento non dovrebbe appartenere al giudice amministrativo – in sede di giurisdizione generale di legittimità – bensì al giudice ordinario.

Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, questo ragionamento vale anche per le cause attinenti a materie di giurisdizione esclusiva, atteso:

– che, in omaggio a quanto chiarito dalla Corte Costituzionale n. 204 del 2004, il giudice amministrativo è giudice “nella pubblica amministrazione” e non “della pubblica amministrazione”, per cui, in assenza dell’esercizio di un potere amministrativo autoritativo, la giurisdizione spetta al giudice dei diritti, ovvero quello ordinario;

– che il risarcimento del danno non costituisce ulteriore materia di giurisdizione esclusiva ma semplice strumento di tutela dell’interesse legittimo leso dal provvedimento il quale si aggiunge a quello demolitorio;

– che, quindi, anche nelle materie di giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo può conoscere delle sole controversie nelle quali il risarcimento del danno venga domandato quale rimedio per le conseguenze dannose provocate dall’atto illegittimo, restando invece devolute al giudice ordinario le controversie nelle quali l’atto amministrativo non sia sfavorevole ma favorevole e costituisca solamente uno degli elementi che compongono il complessivo comportamento scorretto tenuto dalla pubblica amministrazione.

In conclusione:

Una volta intervenuto legittimamente l’annullamento della concessione edilizia puo’ rilevare esclusivamente una diversa situazione, sulla quale fondare il risarcimento del danno.

[...] Si ha soltanto che il provvedimento, perche’ illegittimo, legittimamente e’ stato posto nel nullanon e non rileva, quindi, piu’ come provvedimento che rimuove un ostacolo all’esercizio di un diritto, ma continua a rilevare [...] esclusivamente quale mero comportamento degli organi che hanno provveduto al suo rilascio, integrando cosi’, ex articolo 2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazione del principio del neminem laedere, imputabile alla pubblica amministrazione in virtu’ del principio di immedesimazione organica, per avere tale atto, con la sua apparente legittimita’,ingenerato nel suo destinatario l’incolpevole convincimento (avendo questo il diritto di fare affidamento sulla legittimita’ dell’atto amministrativo e, quindi, sulla correttezza dell’azione amministrativa) di poter legittimamente procedere alla edificazione del fondo.

[...]La parte che invoca la tutela risarcitoria non postula dunque un esercizio illegittimo del potere, consumato in suo confronto con sacrificio del corrispondente interesse sostanziale, ma la colpa che connota un comportamento consistito per contro nella emissione di atti favorevoli, poi ritirati per pronunzia giudiziale o in autotutela, atti che hanno creato affidamento nella loro legittimita’ ed orientato una corrispondente successiva condotta pratica, poi dovuta arrestare. La possibilita’ di questa sola e, quindi, autonoma tutela porta ad escludere la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, [...] stante la consistenza di diritto soggettivo della situazione, nel caso di specie, fatta valere.


 


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