Deliberazione n. 96/2016/PAR SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER L’EMILIA-ROMAGNA

Adunanza del 25 ottobre 2016

Visto l’art. 100, comma secondo, della Costituzione;
Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
Visto il testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei

conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;

Visti la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, recanti disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, da ultimo modificata con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 dell’11 giugno 2008;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;

Vista la legge della Regione Emilia-Romagna 9 ottobre 2009, n. 13, istitutiva del Consiglio delle autonomie locali;

Vista la deliberazione della Sezione delle autonomie 4 giugno 2009,

n. 9/ SEZAUT/2009/INPR;
Vista la deliberazione della Sezione delle autonomie 19 febbraio

2014, n. 3/ SEZAUT/2014/QMIG;
Viste le deliberazioni delle Sezioni Riunite in sede di controllo 26

marzo 2010, n. 8, e 17 novembre 2010, n. 54;
Visto l’articolo 17, comma 31, del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78,

convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
Visto l’articolo 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,

convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213;
Vista la richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Salsomaggiore Terme (Parma) in data 27 luglio 2016 e pervenuta, per il tramite del Consiglio delle autonomie locali dell’Emilia-Romagna, in data

23 agosto 2016;
Viste le considerazioni espresse dal Gruppo tecnico istituito presso

il citato Consiglio delle autonomie locali;
Vista l’ordinanza presidenziale n. 54 del 24 ottobre 2016, con la

quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione; Udito il relatore Massimo Romano.
Ritenuto in

Fatto
Il Sindaco del Comune di Salsomaggiore Terme ha formulato una

richiesta di parere avente ad oggetto l’applicabilità dell’istituto del ravvedimento di cui all’art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, ai casi di omesso, tardivo o parziale riversamento, da parte dei gestori delle strutture ricettive, dell’imposta di soggiorno di cui all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, nonché in ordine alla eventuale facoltà del Comune di introdurre l’istituto medesimo con propria norma regolamentare.

Ritenuto in

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Diritto
Ammissibilità soggettiva ed oggettiva

L’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003 - disposizione che costituisce il fondamento normativo della funzione consultiva intestata alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti - attribuisce alle regioni e, tramite il consiglio delle Autonomie locali, se istituito, anche ai comuni, alle province e alle città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.

Preliminarmente la Sezione è chiamata a verificare i profili di ammissibilità soggettiva (legittimazione dell’organo richiedente) e oggettiva (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica, generalità ed astrattezza del quesito proposto, mancanza di interferenza con altre funzioni svolte dalla magistratura contabile o con giudizi pendenti presso la magistratura civile o amministrativa).

In relazione al primo profilo, la richiesta di parere risulta ammissibile, in quanto sottoscritta dal Sindaco, organo che ha la rappresentanza legale dell’Ente.

Quanto all’attinenza del quesito proposto con la materia della contabilità pubblica, la Sezione, tenuto conto degli orientamenti espressi nelle pronunce di orientamento generale delle Sezioni riunite (cfr. deliberazione 17 novembre 2010, n. 54) e della Sezione delle autonomie (cfr., ex plurimis, deliberazione n. 3/2014/SEZAUT), ritiene che la richiesta di parere in esame sia ammissibile sul piano oggettivo nei limiti in cui dalla diversa soluzione del quesito proposto possano derivare effetti sugli equilibri di bilancio dell’Ente.

In ordine poi alla sussistenza degli altri requisiti di ammissibilità oggettiva, la Sezione osserva che la richiesta di parere in esame presenta il carattere della generalità e dell’astrattezza in quanto si sollecitano criteri interpretativi in ordine alla richiamata disposizione normativa.

La richiesta di parere, nei limiti sopraindicati, è dunque ammissibile e può essere esaminata nel

Merito

Il quesito rivolto alla Sezione riguarda l’applicabilità dell’istituto del

ravvedimento, c.d. “operoso”, di cui all’art. 13 del decreto legislativo 18

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dicembre 1997, n. 472, nelle ipotesi di omesso, tardivo o parziale riversamento, da parte dei gestori delle strutture ricettive, dell’imposta di soggiorno di cui all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ovvero la possibilità di introdurre l’istituto del ravvedimento, per le medesime fattispecie, con propria norma regolamentare, nei termini già disciplinati dal citato art. 13 del d.lgs. n.472/1997.

La soluzione del quesito proposto rende necessario, preliminarmente, individuare il ruolo che la norma istitutiva dell’imposta di soggiorno attribuisce al gestore della struttura ricettiva (albergo, pensione, residence, abitazione privata ceduta in locazione turistica, ecc.). A tal fine è opportuno richiamare la normativa che regola la materia.

Secondo quanto prevede il citato art. 4, comma 1, del d.lgs. n.23/2011, emanato sulla base della delega n. 42 del 2009, “I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.”.

Tralasciando il comma 2 dello stesso articolo, che prevede la possibilità che l’imposta di soggiorno sostituisca, in tutto o in parte, gli eventuali oneri imposti per la circolazione e sosta dei bus turistici, va ricordato quanto stabilisce il successivo comma 3, in base al quale “Con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è dettata la disciplina generale di attuazione dell'imposta di soggiorno. In conformità con quanto stabilito nel predetto regolamento, i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del

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decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive, hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. Nel caso di mancata emanazione del regolamento previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, i comuni possono comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo.”

Considerato che il regolamento previsto dal comma 3 non è stato finora emanato, ne deriva che l’imposta di soggiorno trova attualmente disciplina nelle scarne disposizioni del comma 1 dell’art. 4 e nei regolamenti adottati dai comuni che hanno concretamente istituito l’imposta stessa.

Sulla base di quanto inequivocabilmente emerge dal tenore del ripetuto comma 1, sono soggetti passivi dell’imposta coloro che alloggiano nelle strutture ricettive. Nulla esplicitamente prevede la legge riguardo alla posizione e agli adempimenti demandati ai gestori delle strutture ricettive, il cui apporto risulta comunque imprescindibile per la gestione e la percezione del tributo da parte del comune beneficiario.

Al riguardo si è pronunciata la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Veneto con deliberazione n. 19/2013/PAR del 16 gennaio 2013 che ha ritenuto di dover ricondurre la posizione dei gestori delle strutture ricettive alla figura dell’agente contabile di fatto. Ciò alla luce della formulazione del citato comma 1 dell’art. 4, nonché di quanto stabilito dall’art. 93 del TUEL, secondo il quale devono rendere il conto della propria gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti sia il tesoriere sia “ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti”.

Successivamente, la medesima Sezione giurisdizionale, con nota presidenziale prot. n. 4543 del 17 luglio 2014 ha avuto modo di precisare che “Le Amministrazioni comunali, ai fini della corretta compilazione del conto giudiziale ... dovranno ... individuare al loro interno un unico agente di diritto (collettore), mentre a loro volta le strutture alberghiere saranno da qualificarsi come sub agenti contabili di fatto, con presentazione del conto relativo alle riscossioni effettuate al predetto agente di diritto.”.

A loro volta diverse Sezioni regionali giurisdizionali della Corte dei conti hanno confermato la sussistenza dell’obbligo di presentazione del conto giudiziale da parte dei gestori delle strutture ricettive (tra le altre si segnalano Sezione Toscana, decreti n. 22/3013 e n. 36/2014 e sentenza n. 95/2016; Sezione Emilia-Romagna, sentenza-ordinanza n. 12/2015).

In particolare, la Sezione giurisdizionale per l’Emilia-Romagna, con la sentenza-ordinanza n. 98 depositata il 28 luglio 2015, confermando l’orientamento assunto con la sentenza-ordinanza n. 12/2015, ha ritenuto che “il gestore di una struttura alberghiera o ricettizia di flusso turistico può essere inquadrato nella figura del contabile secondario, come previsto dall’art. 192, primo comma, R.D. n. 827/1924, cui spetta l’obbligo di rendere conto del proprio maneggio di denaro pubblico, che nel caso di specie è costituito dall’imposta di soggiorno direttamente riscossa alla clientela, ad un contabile principale che, per razionalità gestionale, può e deve essere individuato nella struttura amministrativa dell’ente che beneficia dell’imposizione fiscale, e che va quindi collocato nell’organigramma dei ‘comuni capoluogo di provincia, unioni di comuni o comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte ai quali il d.lgs n. 23/2011 concede la facoltà impositiva del tributo, anche in assenza del regolamento ministeriale di attuazione...”.

Sempre secondo quanto rilevato nella citata sentenza-ordinanza n. 98/2015, “la predetta soluzione non attenua l’obbligo di resa di conto dell’agente di fatto, e cioè del soggetto che ha il maneggio materiale del denaro pubblico, nei confronti del quale la Sezione Giurisdizionale potrà esercitare tutti i poteri previsti dall’art. 192, terzo comma, R.D. n. 827/1924...” e considerato che “l’accorpamento unitario della gestione non viola alcun precetto di contabilità pubblica, posto che la presentazione di un conto unico dell’agente contabile principale, mantenendo ferma la responsabilità degli agenti contabili secondari, risponde a logici e razionali criteri organizzativi, che suppliscono alla mancanza di disposizioni di legge chiarificatrici; diversamente opinando, l’invio alla Corte dei conti da parte di ciascuno dei gestori delle strutture ricettizie presenti nel territorio comunale si potrebbe rivelare farraginoso e dunque privo di razionalità organizzativa, con evidenti ricadute sulla stessa funzione del controllo, venendo altresì meno la possibilità di una visione unitaria del complesso delle somme introitate a tale titolo dall’Ente comunale che per disposizione legislativa sono a destinazione vincolata.”.

Aderendo a tale prescrizione vari comuni hanno adeguato il proprio regolamento che disciplina il tributo di soggiorno, introducendo una specifica previsione in merito alla presentazione del conto giudiziale all’agente contabile da parte del gestore della struttura ricettiva, quale subagente contabile di fatto.

Recentemente la problematica è stata organicamente ed approfonditamente affrontata, nell’ambito di un giudizio per questione di massima rimesso dalla Sezione giurisdizionale per l’Abruzzo, dalle Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte che, con sentenza n. 22/2016 depositata il 22 settembre 2016, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “I soggetti operanti presso le strutture ricettive, ove incaricati – sulla base dei regolamenti comunali previsti dall’art. 4, comma 3, del d.lgs n. 23/2011 – della riscossione e poi del riversamento nelle casse comunali dell’imposta di soggiorno corrisposta da coloro che alloggiano in dette strutture, assumono la funzione di agenti contabili, tenuti conseguentemente alla resa del conto giudiziale della gestione svolta”.

Secondo quanto precisato nella motivazione della suddetta sentenza le “Sezioni riunite ritengono che la riscossione dell’imposta di soggiorno sia connotata di per sé dai presupposti che determinano l’obbligo di resa del conto giudiziale. Né ovviamente l’esternalizzazione della riscossione preclude l’instaurarsi di tale obbligo, come può del resto riscontrarsi nella molteplicità dei modelli di riscossione esternalizzata previsti da una crescente tendenza normativa fiscale. L’individuazione del soggetto onerato della resa del conto è rimessa alla specifica regolamentazione locale, in mancanza di quella governativa. Così come è rimessa alla regolamentazione locale la definizione della tipologia del conto richiesto, se di cassa ovvero anche di diritto. La varietà delle soluzioni organizzative possibili (e, invero, la molteplicità di quelle ... in concreto ad oggi assunte) rendono impossibile per queste Sezioni riunite (come già in precedenza sottolineato) assumere il regolamento di Roccaraso (e la normativa regionale abruzzese) come base per una disciplina giurisprudenziale generalizzata, che di per sé travalicherebbe la funzione interpretativa delle questioni di massima, conferendole impropri compiti di supplenza normativa. In ogni caso deve essere richiamato l’obbligo di ‘parifica’ da parte delle amministrazioni locali dei conti depositati dai soggetti riscuotitori sulla base dei singoli regolamenti, dovendosi altresì sottolineare la necessità che i Comuni individuino, all’interno delle proprie strutture, figure professionali incaricate della puntuale e tempestiva verifica della corretta e completa esposizione nel conto giudiziale della gestione svolta dall’agente contabile, potendo l’eventuale omissione o inadeguato svolgimento delle prescritte verifiche dare ingresso a responsabilità amministrativa.”.

Va segnalato come i sopra richiamati pronunciamenti della giurisprudenza contabile risultano coerenti anche con gli orientamenti manifestati dal giudice amministrativo nell’ambito di numerose vertenze insorte a seguito dell’emanazione di regolamenti comunali istitutivi del tributo (ex multiis Tar Toscana, n. 1808/2011 e n. 200/2013; Tar Puglia, n.736/2012 e n. 748/2012; Tar Veneto, n. 653/2012; TAR Sicilia, n. 1399/2013), secondo i quali deve escludersi la possibilità di attribuire al gestore della struttura ricettiva la natura di “soggetto responsabile degli obblighi tributari”, dovendolo ritenere soltanto titolare di meri obblighi strumentali alla riscossione del tributo.

Pertanto, alla luce del vigente quadro normativo, come individuato dalla giurisprudenza contabile e amministrativa, il rapporto che si instaura tra il gestore della struttura ricettiva e l’ente destinatario dell’imposta di soggiorno non è qualificabile quale rapporto di carattere tributario, ma quale rapporto di natura contabile.

Da ciò ne consegue la non riconducibilità al novero delle violazioni tributarie delle omissioni e dei ritardi nel versamento del tributo ascrivibili al soggetto gestore, ma la loro sanzionabilità ex art. 7-bis del Tuel, che

consente ai regolamenti comunali di fissare sanzioni amministrative pecuniarie (le cui misure edittali minime e massime, considerato anche quanto prevede in via generale l’art. 16, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, devono essere ricomprese tra 25 e 500 euro) e fatta salva l’eventuale responsabilità penale del trasgressore.

Quanto alla seconda richiesta avanzata dal Comune di Salsomaggiore Terme, concernente la possibilità di disciplinare autonomamente l’istituto del ravvedimento operoso per le violazioni compiute dal gestore della struttura, tale possibilità non si ritiene possa trovare supporto nel rinvio alla previsione dell’art. 13 del d.lgs. n. 472/1997, trattandosi di disposizione che opera solo per le violazioni di carattere tributario e, come tale, deve considerarsi inapplicabile agli adempimenti che si collocano al di fuori del rapporto tributario, quale quello che grava sui gestori delle strutture ricettive.

Va, peraltro, segnalato come il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti del gestore della struttura debba essere svolto secondo le disposizioni di cui alla citata legge n. 689/1981 che prevede, al primo comma dell’art. 1, una specifica modalità di definizione dopo la contestazione della violazione. Nulla prevede la legge in ordine alla possibilità per il trasgressore di definire spontaneamente le violazioni non ancora contestate nelle quali sia incorso.

In via di principio, e fatta salva ogni valutazione sull’effettiva razionalità della disciplina eventualmente adottata, non può escludersi che una modalità definitoria preventiva di violazioni amministrative compiute dal gestore della struttura ricettiva, astrattamente riconducibile allo schema del ravvedimento tributario, venga autonomamente disciplinata dall’ente locale nell’ambito della generale previsione di cui all’art. 52, comma 1, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, secondo la quale “Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti...”.

Per completezza di trattazione va rilevato come l’attuale disciplina legislativa dell’imposta di soggiorno contenuta nell’art. 4, commi 1-3, del d.lgs. n.23/2011 presenti evidenti limiti sul piano della razionalità gestionale del tributo ove si consideri che essa individua nell’ospite della struttura ricettiva, spesso residente all’estero, il soggetto passivo responsabile del pagamento, introducendo una irrazionale dicotomia nella posizione giuridica del gestore della struttura ricettiva, che viene ad assumere una diversa qualificazione a seconda se riscuota il corrispettivo della prestazione e l’Iva ovvero l’imposta comunale di soggiorno. Con negative conseguenze sul piano della semplificazione delle procedure di accertamento e di riscossione del tributo, basti pensare che – secondo quanto generalmente previsto nei regolamenti degli enti che hanno istituito l’imposta - ove il soggetto passivo obbligato rifiuti il pagamento del tributo, egli sarà richiesto dal responsabile della struttura alberghiera di sottoscrivere un modulo per comprovare tale rifiuto e, in caso di rifiuto anche a sottoscrivere il modulo, sarà il gestore della struttura a dover compilare un distinto modulo da trasmettere al comune. Competerà poi all’amministrazione tentare il recupero delle modeste somme dovute con le forme della riscossione coattiva, magari da eseguire in stati con i quali non sussistono neppure accordi di cooperazione amministrativa.

Più convincente appare la soluzione adottata dal legislatore a proposito della disciplina del contributo di sbarco di cui al comma 3-bis dello stesso art. 4, che i comuni che hanno sede in isole minori o nei cui territorio insistono isole minori possono istituire in sostituzione dell’imposta di soggiorno. In questo caso, infatti, la norma ne prevede la riscossione insieme al prezzo del biglietto, a cura del vettore, al quale è attribuita la responsabilità del pagamento con diritto di rivalsa sul soggetto passivo.

Alla luce di tali ultime considerazioni la Sezione non può che manifestare l’auspicio di un intervento del legislatore volto a razionalizzare la gestione del tributo, riconducendone gli adempimenti dei soggetti interposti nell’ambito dei rapporti di carattere tributario, possibilmente introducendo uno stretto collegamento con le modalità di pagamento del

corrispettivo, ormai sempre più diffusamente effettuato attraverso moneta elettronica (carte di debito o di credito e simili) e sovente con modalità telematica.

P.Q.M.

La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia- Romagna esprime il proprio parere nei termini di cui in motivazione.

DISPONE

Che, a cura della Segreteria di questa Sezione regionale di controllo, copia della presente deliberazione sia trasmessa - mediante posta elettronica certificata – al Sindaco del Comune di Salsomaggiore Terme e al Presidente del Consiglio delle autonomie locali della Regione Emilia-Romagna.

Che l’originale della presente pronuncia resti depositato presso la predetta Segreteria.

Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2016.

Il relatore
f.to (Massimo Romano)

Depositata in Segreteria in data

Il direttore di segreteria

f.to (Rossella Broccoli)

11

Il presidente

f.to (Carlo Greco)

 

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