Ai fini dell'estensione alla Provincia di Trento del controllo previsto per i contratti collettivi nazionali dall'art. 51, comma 4, del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modifiche, occorre ribadire - come ammettono le stesse sezioni riunite della Corte dei Conti - che non rientra nella competenza legislativa provinciale disciplinare le funzioni di controllo della Corte dei Conti, anche se la loro eventuale incidenza su materie di competenza esclusiva provinciale deve essere regolata alla stregua della rispettiva normativa di carattere statutario (cfr. sentenza n. 182 del 1997). Corte cost 171/2005

I procedimenti di controllo contabile si debbono quindi svolgere secondo la disciplina statale, ma in modo tale che il necessario adeguamento legislativo provinciale li renda compatibili con l'ordinamento di appartenenza, senza che in proposito possano essere invocati eventuali vincoli derivanti da norme fondamentali di riforma economico-sociale, tanto più con riferimento alla Provincia di Trento, alla luce di quanto disposto dall'art. 2 del D.Lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).
Ciò premesso, le Sezioni riunite della Corte dei Conti, esclusa per le ragioni dette l'applicabilità diretta nell'ordinamento provinciale di una singola norma contenuta in una legge di riforma economico-sociale, sostengono che il necessario adeguamento legislativo nella specie è costituito dall'art. 60, comma 3, della L.P. 3 aprile 1997, n. 7. Tale disposizione, nell'ambito del procedimento di contrattazione collettiva, avrebbe configurato un modello di controllo "che ricalca il vecchio testo dell'art. 51 del D.Lgs. n. 29 del 1993, quando ancora era prevista l'autorizzazione governativa alla sottoscrizione dell'accordo", ma che tuttavia non escluderebbe "un controllo esercitato secondo parametri di compatibilità economico-finanziaria". Secondo questa tesi, dunque, il predetto art. 60, comma 3, consentirebbe che il controllo esercitato nelle forme della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio previste dall'art. 47, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 non sia incompatibile, in linea di principio, con il procedimento disciplinato dal vecchio testo del citato art. 51, comma 2. Ma questa impostazione argomentativa non appare condivisibile per una serie di motivi.
Innanzi tutto vale la considerazione che se il citato art. 60, comma 3, costituisce la norma che rende ammissibile il predetto modello di controllo contabile nell'ordinamento provinciale, in base a questa stessa norma non si possono ammettere forme di controllo diverse da quelle configurate dal ricordato art. 51, comma 2, del D.Lgs. n. 29 del 1993, al quale appunto la disposizione provinciale rinvia. Peraltro la sostanziale diversità tra questi due tipi di controllo è confermata dalle stesse Sezioni riunite, che sottolineano come il predetto art. 47, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001 superi la precedente logica del controllo di legittimità formale previsto dal citato art. 51, comma 2, spingendosi invece verso il controllo effettivo della spesa basato appunto sulle procedure di "certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio".
In secondo luogo va considerato che le vigenti norme di attuazione statutaria, limitando il controllo della Corte dei Conti ad una tipologia puntuale di procedure ed atti, non possono logicamente prevedere tipi di controllo diversi, sotto il profilo formale ed oggettivo (cfr. ordinanza n. 310 del 1998), da quelli espressamente indicati, come è appunto il caso della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio. Il predetto art. 60, comma 3, non può più quindi essere invocato dopo la sostituzione della norma richiamata e l'introduzione di un diverso modello di controllo, che appunto per la sua diversità appare inapplicabile nell'ordinamento provinciale. Né a superare questa obiezione si può interpretare il richiamo operato dalla medesima disposizione provinciale - come invece ritiene la Corte dei Conti - come rinvio "dinamico" o "mobile", giacché quello disposto dal citato art. 60, comma 3, ad uno specifico comma di una specifica disposizione e non già ad una determinata fonte legislativa, non può che qualificarsi come un rinvio "fisso".
Infine, a sottolineare la diversità del nuovo modello di controllo rispetto al vecchio testo dell'art. 51, comma 2, va ricordato che le stesse sezioni riunite affermano, nel caso in esame, che si "prescinde dai profili di legittimità del provvedimento di autorizzazione alla sottoscrizione del contratto e dalla intrinseca legittimità delle singole clausole negoziali", dal momento che il nuovo tipo di controllo "include soltanto valutazioni sulla corretta quantificazione degli oneri, sulla compatibilità finanziaria e sulla compatibilità economica".
E dunque il citato art. 60, comma 3, della L.P. n. 7 non è più applicabile (oltre che abrogato dalla L.P. 19 febbraio 2002, n. 1) per l'evoluzione del quadro normativo di riferimento e quindi non può costituire la base legale delle delibere censurate. Ne consegue l'illegittimità degli atti impugnati, che proprio su tale norma hanno fondato il rispettivo dispositivo, così arrecando, sotto questo profilo, una menomazione alle attribuzioni costituzionali in materia della Provincia di Trento.

 

DOTTRINA

GIURISPRUDENZA

PRASSI


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