L'accordo concluso a seguito di negoziazione assistita, al pari di ogni altro accordo transattivo, non essendo riconducibile alle ipotesi tassative di cui all'art. 194 del TUEL non può costituire il titolo per il riconoscimento di un debito fuori bilancio, con la conseguenza che gli oneri scaturenti dallo stesso, nella misura in cui siano prevedibili e determinabili dal debitore, devono essere contabilizzati secondo le ordinarie procedure di spesa [Corte dei Conti Lombardia, Sez. contr., delibera del 10.11.2015, n. 396].

 


Alla Corte dei Conti era stato chiesto di esprimere parere sui seguenti tre quesiti (viene data risposta solo al terzo):
1. se il tentativo di negoziazione assistita, nella controversia disciplinata dalia normativa sopra indicata, sia obbligatorio per i Comuni;

2. se in caso di non obbligatorietà del tentativo di negoziazione assistita, sussista responsabilità personale qualora sia stato esperito;
3. se l'eventuale accordo che compone la controversia costituisce titolo esecutivo, per riconoscere la legittimità del debito fuori bilancio ai sensi dell' art. 194 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Corte dei Conti Lombardia, Sez. contr., delibera del 10.11.2015, n. 396

...omissis...

magistrati:
dott.ssa Simonetta Rosa - Presidente
dott. Giancarlo Astegiano - Consigliere
dott.ssa Laura De Rentiis - Primo Referendario
dott. Donato Centrone - Primo Referendario
dott. Andrea Luberti - Primo Referendario
dott. Paolo Bertozzi - Primo Referendario (relatore)
dott. Cristian Pettinari - Referendario
dott. Giovanni Guida - Referendario
dott.ssa Sara Raffaella Molinaro - Referendario
nelle adunanze in camera di consiglio del 14 ottobre 2015 e del 28 ottobre 2015
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 , e successive modificazioni;
vista la L. 21 marzo 1953, n. 161 ;
vista la L. 14 gennaio 1994, n. 20 ;
vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;
visto il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
vista la L. 5 giugno 2003, n. 131 ;
vista la nota n. 4646 del 28 luglio 2015, con la quale il comune di Vertemate con Minoprio (CO) ha chiesto un parere nell'ambito delle funzioni consultive attribuite alle Sezioni regionali di questa Corte;
vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall' art. 7, comma 8, della L. n. 131 del 2003;
vista l'ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l'adunanza odierna per deliberare sulla richiesta del Sindaco del comune sopra citato;
udito il relatore dott. Paolo Bertozzi.

premesso che

Con la nota sopra citata il Sindaco di Vertemate con Minoprio pone una serie di quesiti riguardanti l'eventuale adesione del Comune ad una proposta di negoziazione assistita diretta a risolvere, in via stragiudiziale, una controversia in essere con un cittadino.

A tal fine riferisce quanto segue.

Un cittadino ha presentato al Comune una documentata richiesta di risarcimento dei danni subiti a seguito dell'allagamento della propria abitazione in conseguenza del malfunzionamento dell'impianto fognario comunale.

Dalle verifiche effettuate dalla società che gestisce il servizio di fognatura (società pubblica cui partecipa lo stesso comune assieme ad altri enti) è emerso che la responsabilità del danno risulta in parte imputabile al Comune di Vertemate con Minoprio, in quanto non furono a suo tempo eseguiti i lavori necessari a porre rimedio ai problemi esistenti.

Al fine risolvere amichevolmente la controversia, il legale del cittadino danneggiato ha formulato, ai sensi dell' art. 2, del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, una proposta di negoziazione assistita che l'amministrazione comunale intenderebbe accettare per trovare un accordo più favorevole rispetto alla originaria richiesta risarcitoria.

Richiamato l'art. 2, comma 1-bis, dello stesso D.L. n. 132 del 2014 secondo cui "è fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui all' articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, di affidare la convenzione di negoziazione alla propria avvocatura, ove presente" e constatata l'assenza di precedenti giurisprudenziali in materia, al fine di rispettare la regolarità dell'azione amministrativa e soprattutto per evitare danni all'ente, si formulano i seguenti quesiti:

1. se il tentativo di negoziazione assistita, nella controversia disciplinata dalia normativa sopra indicata, sia obbligatorio per i Comuni;
2. se in caso di non obbligatorietà del tentativo di negoziazione assistita, sussista responsabilità personale qualora sia stato esperito; 3. se l'eventuale accordo che compone la controversia costituisce titolo esecutivo, per riconoscere la legittimità del debito fuori bilancio ai sensi dell' art. 194 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

ammissibilità

L' art. 7, comma 8, della L. 5 giugno 2003, n. 131, recante "disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 ", prevede che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possano richiedere pareri in materia di contabilità pubblica alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

Quest'ultime risultano quindi investite, per effetto della legge sopra citata, di una nuova funzione di consulenza che si affianca a quella del controllo sulla sana gestione finanziaria degli enti locali, previsto dal precedente comma 7, quale ulteriore esplicazione delle "forme di collaborazione" tra la Corte dei conti e le autonomie territoriali promossa dalla stessa legge al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica.

La Sezione Autonomie della stessa Corte dei conti, con atto del 27 aprile 2004, in seguito integrato con le deliberazioni n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009, ha fissato i principi e le modalità per l'esercizio della funzione consultiva sopra descritta, individuando, tra l'altro, i soggetti legittimati alla richiesta di parere e le singole materie riconducibili alla nozione di contabilità pubblica.

Questa Sezione regionale è quindi chiamata a verificare, in via preliminare, l'ammissibilità della richiesta in esame, sia sotto il profilo soggettivo (legittimazione dell'organo richiedente) sia sotto il profilo oggettivo (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica).

I. Ammissibilità soggettiva.

L' art. 7, comma 8, della citata L. 5 giugno 2003, n. 131, come detto, riserva la facoltà di richiedere pareri in materia di contabilità pubblica esclusivamente alle Regioni e, "di norma per il tramite del consiglio delle Autonomie locali", ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane.

Tale facoltà, stante la natura speciale della funzione consultiva attribuita alla Corte, non può pertanto essere estesa a soggetti diversi da quelli espressamente indicati dalla legge.
La legittimazione alla richiesta di parere, inoltre, per i riflessi che ne possono scaturire sulla gestione finanziaria dell'ente, deve essere riconosciuta all'organo legislativamente investito della rappresentanza legale dell'ente medesimo ed individuabile, di regola, nel Presidente della Giunta regionale, nel Sindaco e nel Presidente della Provincia.

La mancata formulazione delle richieste provenienti da Comuni, Province e Città metropolitane per il tramite del Consiglio delle autonomie locali, secondo il consolidato orientamento della Sezione, non impedisce l'ammissibilità delle stesse, in attesa dell'entrata in funzione del predetto organo.

La richiesta di parere in esame, proveniente dal Sindaco del comune, legale rappresentante dell'ente e, come tale, legittimato a proporla, deve quindi ritenersi ammissibile sotto il profilo soggettivo.

II. Ammissibilità oggettiva.

La facoltà di richiedere pareri, oltre ad essere limitata ai soggetti sopra indicati, risulta legislativamente circoscritta alla sola materia della contabilità pubblica.
La funzione di consulenza riconosciuta alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti non è quindi di carattere generale, ma, coerentemente con le finalità di coordinamento della finanza pubblica perseguite dalla legge attributiva, si esplica esclusivamente su quesiti attinenti l'interpretazione di norme di contabilità e finanza pubblica, in modo da assicurarne una uniforme applicazione da parte delle autonomie territoriali.

Le Sezioni Riunite della Corte dei conti, chiamate a pronunciarsi nell'esercizio delle funzioni di coordinamento ad esse assegnate dall' art. 17, comma 31, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, con la deliberazione n. 54/2010, hanno precisato che la funzione consultiva deve svolgersi anche in ordine a quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, e in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell'ente e sui pertinenti equilibri di bilancio.

Si ritiene, in ogni caso, che il parere possa essere fornito solo rispetto a questioni di carattere generale che si prestino ad essere considerate in astratto, escludendo ogni valutazione su atti o casi specifici che determinerebbe un'ingerenza della Corte nella concreta attività dell'ente e, in

ultima analisi, una compartecipazione all'amministrazione attiva, incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza riconosciuta alla Corte dei conti dalla Costituzione repubblicana.
Le Sezioni regionali non possono pronunciarsi, inoltre, su quesiti che implichino valutazioni di comportamenti amministrativi suscettibili di interferire con altre funzioni intestate alla stessa Corte dei conti, ad altri organi giurisdizionali o a soggetti pubblici investiti dalla legge di funzioni di controllo o consulenza in determinate materie.

Alla luce delle predette considerazioni, il primo e il secondo quesito formulati con la presente richiesta di parere devono ritenersi oggettivamente inammissibili.
Il primo quesito, con il quale si chiede di conoscere se esista un obbligo per i comuni di aderire alla procedura di negoziazione assistita, non appare infatti riconducibile alla nozione di contabilità pubblica sopra specificata, risultando di conseguenza estraneo alla competenza consultiva della Corte dei conti limitata all'interpretazione di norme aventi effetti diretti sulla gestione finanziaria degli enti locali.

Il secondo quesito, richiedendo in via anticipata delucidazioni sulla configurabilità di responsabilità amministrativa, fuoriesce parimenti dai limiti competenza consultiva, in quanto, oltre a configurare lo svolgimento di un anomalo controllo preventivo di legittimità, interferisce con le funzioni di accertamento della responsabilità erariale, riservate alle sezioni giurisdizionali della Corte.

Può viceversa ritenersi ammissibile il terzo quesito riguardante l'interpretazione dell'art.194 del TUEL in tema di riconoscimento di debiti fuori bilancio, e come tale rientrante a pieno titolo nella materia della contabilità pubblica.

merito

L'esame nel merito del quesito ritenuto ammissibile richiede pertanto di stabilire se l'accordo che compone la controversia a seguito dell'esperimento della negoziazione assistita costituisca titolo per riconoscere la legittimità di un debito fuori bilancio ai sensi dell' art. 194 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

I debiti fuori bilancio costituiscono, come è noto, obbligazioni pecuniarie assunte in violazione dei principi contabili e delle disposizioni di legge che regolano i procedimenti di spesa negli enti locali.
Si tratta, in particolare, obbligazioni sorte in assenza di specifica previsione di spesa e del conseguente impegno contabile le quali si manifestano come sopravvenienze passive che l'ente, al ricorrere di determinati presupposti, è tenuto a "riconoscere" ovverosia a riportare nel proprio bilancio, reperendo i necessari mezzi copertura in modo da ripristinare l'equilibrio tra entrate e spese.

L'art. 194 del TUEL ne prevede le modalità di riconoscimento, individuando, in primo luogo, le tipologie di debiti fuori bilancio imputabili all'ente mediante apposita deliberazione consiliare.
Al Consiglio dell'ente è infatti riconosciuto il potere di riconoscere la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:

a. sentenze esecutive;
b. coperture di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni;
c. ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d. procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e. acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente.
La giurisprudenza contabile ha più volte affermato il carattere tassativo della predetta elencazione, escludendo, particolare, che gli accordi diretti a comporre una controversia potessero essere assimilati alle sentenze esecutive agli effetti del riconoscimento di un debito fuori bilancio.
Si è evidenziato al riguardo che l'accordo transattivo non può essere ricondotto al concetto di sopravvenienza passiva e dunque alla nozione di debito fuori bilancio sottesa alla disciplina in questione. Gli accordi transattivi, infatti, presuppongono la decisione dell'Ente di pervenire ad un accordo con la controparte, per cui è possibile prevedere, da parte del Comune, tanto il sorgere dell'obbligazione quanto i tempi per l'adempimento. Pertanto con riferimento agli accordi transattivi l'Ente può attivare le ordinarie procedure contabili di spesa, rapportando ad esse l'assunzione delle obbligazioni derivanti dagli accordi stessi.
Le medesime argomentazioni possono essere sostenute anche riguardo all'accordo concluso a seguito di una procedura di negoziazione assistita.

Introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132 , convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 , "la procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati" si inserisce nel più ampio quadro dei mezzi di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. alternative dispute resolution) ossia degli strumenti atti a consentire una composizione stragiudiziale delle liti con finalità deflattive del contenzioso giudiziario.
L'art. 3, del decreto legge sopra citato, subordina la procedibilità della domanda giudiziale in determinate materia al previo esperimento della predetta procedura, consistente nell'invito rivolto all'altra parte di stipulare una convenzione di negoziazione assistita.
Quest'ultima, come espressamente affermato dal precedente art. 2, comma 1, del medesimo decreto legge, consiste in un accordo con il quale le parti si impegnano a cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati.
La cooperazione concordata per effetto della predetta convenzione può pertanto portare alla conclusione di un accordo che compone la controversia fra le parti e a cui l'art. 5, comma 1, del decreto legge citato attribuisce l'efficacia di titolo esecutivo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale.
Come confermato dalla dottrina processualcivilistica, tale accordo, in quanto rimesso alla disponibilità delle parti che consensualmente decidono di comporre e regolare i rispettivi interessi senza rimettersi alla decisione di un terzo, può essere ricondotto funzionalmente al contratto di transazione. L'espletamento della procedura di negoziazione assistita, qualora abbia buon esito, consenta infatti al debitore di concordare e quindi di prevedere i tempi e i modi della prestazione dovuta allo stesso modo della transazione, rimanendone pertanto escluso quel carattere di sopravvenienza passiva che legittima il riconoscimento del debito fuori bilancio.
Si deve quindi affermare che l'accordo concluso a seguito di negoziazione assistita, al pari di ogni altro accordo transattivo, non essendo riconducibile alle ipotesi tassative di cui all'art. 194 del TUEL non può costituire il titolo per il riconoscimento di un debito fuori bilancio, con la conseguenza che gli oneri scaturenti dallo stesso, nella misura in cui siano prevedibili e determinabili dal debitore, devono essere contabilizzati secondo le ordinarie procedure di spesa.

p.q.m.

Nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione. Così deliberato nella Camera di consiglio del 28 ottobre 2015. Depositata in Cancelleria 10 novembre 2015