CORTE DI CASSAZIONE - SEZ. VI - 2 ORDINANZA 4 maggio 2015, n.8867 Pres. Petitti Est. Scalisi

La c.d. "presupposizione" è configurabile quando:
►►►  da un lato, un'obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali – come presupposto condizionante la validità e l'efficacia del negozio e,
►►► dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro.

ITER PROCESSUALE IN BREVE

  • I grado di giudizio presso il Giudice di Pace: M.D. vince con la sentenza 50156/2009;
  • II grado di giudizio presso il Tribunale di Ferrara vince la società Easy Form con la sentenza 203/2012;
  • III grado di giudizio: vengono respinti i motivi di M.D. con l’ordinanza 8867/2015

L'ordinanza, ex art. 380 bis c.p.c., è un provvedimento con il quale la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dichiarandolo inammissibile quando i motivi non raggiungono un certo standard qualificativo e sono di conseguenza infondati.

CORTE DI CASSAZIONE - SEZ. VI - 2
ORDINANZA 4 maggio 2015, n.8867
Pres. Petitti
Est. Scalisi

IL CASO
Il sig. Massari Daniele aveva stipulato un contratto con la Easy Form s.r.l. che prevedeva la frequentazione di un corso di inglese da parte dello stesso per la durata di sedici mesi al costo di Euro 2.620,00 di cui Euro 370,00 versati al momento della sottoscrizione del contratto.
La società, parte attrice, cita in giudizio il sig. M.D. di fronte al Giudice di Pace di Ferrara per non aver adempiuto alla prestazione economica pattuita. M.D. si costituiva eccependo di non aver fruito del corso di inglese a causa delle gravi condizioni di salute della figlia minore G. che si ammalò di leucemia acuta nel mese di settembre 2005. Il convenuto chiedeva quindi il rigetto della domanda attrice. Il Giudice di Pace, con sentenza 50156/2009, rigettò la domanda della parte attrice affermando che ricorressero i presupposti per parlare di "impossibilità sopravvenuta".
La Easy Form s.r.l. fece appello al tribunale di Ferrara lamentando un’erronea applicazione degli artt. 1256 e 1463 c.c..
ART 1256 c.c. IMPOSSIBILITÀ DEFINITIVA E TEMPORANEA
L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.
ART 1463 c.c. IMPOSSIBILITÀ TOTALE
Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.


M.D. si costituiva contestando il gravame e chiedendone rigetto.
Il Tribunale di Ferrara con sentenza 203/2012 accoglieva l'appello e condannava M.D. al pagamento della somma di Euro 1.750,00 oltre interessi legali e compensava le spese processuali.


Difatti, secondo il Tribunale di Ferrara, nel caso di specie il Giudice di Pace avrebbe erroneamente applicato la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta, come causa di estinzione dell'obbligazione e di risoluzione del contratto, dato che nonostante la gravità dell'evento (la malattia grave della figlia sfociata poi nell'esito letale, morte), il Massari non fosse, comunque, nell'impossibilità di fruire della prestazione. A sua volta l'evento che ha colpito la figlia, sempre secondo il Tribunale, non avrebbe alcuna correlazione con il corso di lingue che doveva intraprendere il genitore e, comunque, non sussisterebbe il presupposto per l'applicazione dell'istituto della presupposizione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M.D. con ricorso affidato a due motivi.

  • Con il primo motivo del ricorso M.D. lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1463 c.c. A suo dire è presente un difetto di motivazione sulla ritenuta inammissibilità della risoluzione contrattuale. Il ricorrente afferma addirittura che il Tribunale di Ferrara non avrebbe tenuto conto che l'automatica estinzione dell'obbligazione e la risoluzione del contratto possa derivare anche dall’impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore. Nel caso specifico, era venuto meno l’interesse creditorio del sig. M.D. all'apprendimento di una lingua straniera e al superamento di un test obiettivo di apprendimento e ciò non poteva che determinare l'estinzione del rapporto obbligatorio in ragione del sopravvenuto difetto del suo elemento funzionale che si risolveva in una sopravvenuta irrealizzabilità della causa concreta del contratto stesso. Quesito di diritto: è corretta l’applicazione dell’art. 1463 c.c. e, in particolare, il caso di specie rientra tra i casi di impossibilità sopravvenuta? Il motivo è infondato: a parere del relatore, il Tribunale di Ferrara, non ha escluso che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione si potesse avere, anche nel caso in cui, sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della controparte per fatto non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno. Piuttosto, il Tribunale di Ferrara, pur confermando questo principio assodato, ha, correttamente, escluso che, nel caso concreto, la malattia della figlia, sfociata nell'evento letale, predicasse l'impossibilità del Massari a fruire della prestazione.
  • Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'istituto della presupposizione. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Ferrara avrebbe errato nell'aver escluso che la malattia della figlia integrasse gli estremi di una presupposizione, determinando la stessa un'incapacità del Massari, intesa come forma mentis, tranquillità emotiva e capacità di apprendimento. La presupposizione assolverebbe al compito di conservare l'equilibrio sinallagmatico del contratto. Anche questo motivo è infondato: come ha chiarito il Tribunale di Ferrara, l'istituto della presupposizione non era correttamente invocato perché l'evento che ha colpito la figlia non aveva nessuna correlazione con il corso di lingue che doveva intraprendere il genitore. La Corte di Cassazione, in ottemperanza alla funzione nomofilattica ( o nomofilachia che nel diritto intende comunemente il compito di garantire l'osservanza della legge, la sua interpretazione uniforme e l'unità del diritto ), definisce la presupposizione (vi è un richiamo espresso alla giurisprudenza della Cass. n. 19144 del 23/09/2004). Questa è configurabile quando, da un lato, un'obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso come presupposto condizionante la validità e l'efficacia del negozio e, dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro.

In definitiva si propone il rigetto del ricorso.

SINALLAGMA
Sono conseguenziali alcuni quesiti di fatto: possiamo ritenere causa di lecito inadempimento contrattuale il verificarsi di un evento di "forza maggiore" (quale la malattia di un congiunto o parente prossimo)? Umanamente alcuni risponderebbero di sì, ma il diritto non sempre è umano e difatti si aprono una serie di considerazioni di diritto che hanno fatto scuola. La legge non può tutelare esclusivamente gli stati d'animo: ciò che va tutelato è anche il diritto alla corresponsione della prestazione economica. Condizione essenziale per pretendere la prestazione, da entrambe le parti, è la conservazione di un equilibrio sinallagmatico. Il sinallagma, o nesso di reciprocità, è un elemento costitutivo implicito del contratto a obbligazioni corrispettive, quello cioè nel quale ogni parte assume l'obbligazione di eseguire una prestazione (di dare o di fare) in favore delle altre parti esclusivamente in quanto tali parti a loro volta assumono l'obbligazione di eseguire una prestazione in suo favore. La corrispettività consiste dunque in un rapporto di condizionalità reciproca tra le prestazioni. L'elemento in oggetto rappresenta il punto di equilibrio raggiunto dalle parti in sede di formazione del negozio giuridico nella congiunta volontà di scambiarsi diritti e obbligazioni attraverso lo scambio di una prestazione con una controprestazione. Vengono comunemente distinti due momenti del rapporto sinallagmatico: il cosiddetto sinallagma genetico relativo al momento della nascita delle obbligazioni corrispettive; il cosiddetto sinallagma funzionale che attiene alla vita delle obbligazioni. Nel caso in ispecie viene a dubitarsi non già della presenza del sinallagma funzionale (che, per assodato, manca), ma dello stesso sinallagma genetico, eventualità per la quale il contratto non sarebbe nemmeno venuto ad esistere (cosa errata: dato che il contratto esiste).
Nel caso di specie ci si pone un quesito importante: può una circostanza esterna al contratto essere causa di inadempimento contrattuale?
L
a dottrina nega che a condizionare tacitamente il contratto a una circostanza esterna valga la semplice enunciazione del carattere determinante che questa riveste per un contraente.
Invero, ancorché un contraente sia partecipe delle ragioni dell’altro, la circostanza esterna su cui queste si fondano, per la differente relazione che vi intercorre con le istanze interiori di ciascuno di essi, deve continuare a reputarsi come dotata di valenza assiologica differenziata per l’uno e per l’altro e, in definitiva, ancora fattore soggettivo proprio di questo e di quel contraente mai comune ad entrambi (CACCAVALE, Giustizia del contratto e presupposizione, TORINO, 2005, p. 37).
La circostanza esterna assume valenza giuridica quando questa si riveli essere stata il fattore in considerazione del quale si sia determinato il contenuto dell’accordo e quello sul quale si sorregge pertanto l’equilibrio economico dell’intero affare.
In tale sua veste essa diviene la base del contratto e, inerendo direttamente al pattuito programma negoziale, può finalmente reputarsi comune nell’accezione più congrua del termine e, in tal guisa, obiettiva, in relazione allo specifico contratto, e non più riferibile alle prospettazioni meramente personali dei contraenti.
È su queste basi che nasce l’istituto della presupposizione.

PRESUPPOSIZIONE
La presupposizione nasce nella pandettistica tedesca e viene rielaborata nel '900 in una prospettiva non spiccatamente soggettivistica. La teoria della presupposizione fu introdotta per la prima volta da B. Windscheid che ebbe l’idea di attribuire rilevanza a motivi non espressi in una clausola: di essa si apprezzò la portata fortemente equitativa, perché mirava a stemperare il principio, oltremodo rigoroso, della vincolatività assoluta dell’accordo.
Tuttavia fu resa oggetto di forti critiche, tra le quali si può ricordare quella rivoltagli da O. Lenel. Si sottolineò che, nel rapporto contrattuale, non poteva esservi spazio per i fini contingenti delle parti, a meno che, naturalmente non fossero stati espressi in una clausola e che la teoria della presupposizione non tutelava adeguatamente l’affidamento che le parti riponevano nella stabilità del vincolo contrattuale.
La presupposizione è definita anche presupposto non dichiarato o condizione non sviluppata.
La presupposizione è cosa diversa dalla condizione, perché quest'ultima tratta un avvenimento incerto e futuro dal quale dipendono l'inizio (condizione sospensiva) o la cessazione (condizione risolutiva) degli effetti del contratto e deve essere menzionata espressamente nel negozio. La presupposizione è una circostanza esterna e non dev'essere espressa. Potremmo definirla come quell’avvenimento futuro e incerto, taciuto dalle parti ma dato per presupposto, da cui dipende l’efficacia del contratto. Nel nostro codice, però, non è presente una definizione di presupposizione. È un istituto studiato dalla dottrina italiana a partire dagli anni trenta, sulle orme di quella tedesca.Classico è l’esempio del balcone affittato per un giorno sulla piazza principale del paese per una festa che si tiene proprio in quel giorno. In tal caso, se il balcone non è pronto per la data convenuta, oppure nel caso in cui la festa venga rimandata, il contratto perderebbe di efficacia perché entrambe le parti sapevano, pur non avendolo esplicitato nel contratto, che esso era stipulato subordinatamente all’evento in questione. Non è il caso oggetto dell'ordinanza dato che la presupposizione non era condivisa, ma semplicemente sottintesa da una parte (M.D.).
La Suprema Corte ha affermato che si ha presupposizione quando una determinata situazione di fatto desumibile dal contesto del negozio risulti comune ad entrambi i contraenti, e il suo verificarsi sia indipendente dalla loro volontà; tale situazione deve avere carattere obiettivo e formare il presupposto del negozio.
Pertanto la presupposizione:

  • deve essere comune a tutti i contraenti;
  • l’evento supposto deve essere assunto come certo nella rappresentazione delle parti (in questo la presupposizione differisce dalla condizione che costituisce un evento futuro ed incerto);
  • deve trattarsi di un presupposto obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venir meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dall’attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all’oggetto di una specifica obbligazione (Cass. 31 ottobre 1989, n. 4554; Cass. 21 novembre 2001, n. 14629).

In Italia, la recente pronuncia della Cassazione del 25 maggio 2007, n. 12235, ha affermato che “la presupposizione, non attenendo né all’oggetto né alla causa né ai motivi del contratto, consiste in una circostanza ad esso esterna, che pur se non specificamente dedotta come condizione ne costituisce specifico ed oggettivo presupposto di efficacia in base al significato proprio del medesimo, assumendo per entrambe le parti, o anche per una sola di esse, ma con riconoscimento da parte dell’altra, valore determinante ai fini del mantenimento del vicolo contrattuale”; quindi la Suprema Corte stabilisce che la figura della presupposizione, nei termini suesposti, è da considerarsi quale specifico presupposto oggettivo da tenersi distinto sia dai cosiddetti presupposti causali che dai cosiddetti risultati dovuti, la cui mancanza legittima l’esercizio del recesso.

Sappiamo che il momento decisivo dell’operazione ermeneutica risiede nella previsione dell’art. 1366 c.c., a tenore del quale “il contratto deve essere interpretato secondo buona fede”.
Il contratto in questa prospettiva è considerato come l’atto che traduce in formula giuridica l’intero piano economico delle parti (ripartizione di vantaggi, rischi, etc.), di cui le circostanze presupposte concorrono a formare la base.
La Suprema Corte nel tentativo di costruire un referente codicistico all’istituto della presupposizione, ha fatto ricorso all’art. 1467 c.c, che disciplina l’eccessiva onerosità sopravvenuta. Nella sentenza del 3 dicembre 1991, n. 12921 troviamo traccia di questa prospettazione là dove si sottolinea che “l’istituto in argomento rinviene la sua base normativa nell’art. 1467 c.c., che in definitiva lo ricollega alla clausola rebus sic stantibus” (Cass. 28 agosto 1993, n. 9125; Cass. 3 dicembre 1991, n. 12921; Cass. 31 ottobre 1989, n. 4554: Cass. 2 gennaio 1986, n. 20; Cass. 11 novembre 1986, n. 6584; Cass. 9 maggio 1981, n. 3074; Cass. 17 maggio 1976, n. 1738; Cass. 6 luglio 1971, n. 2104).
Il signor. M.D. avrebbe potuto difatti dimostrare che a causa del depauperamento patrimoniale al quale era sottoposto per la sopravvenuta malattia e successiva morte della figlia non si trovava più nelle condizioni di sostenere le spese pattuite: l'avvocato avrebbe potuto agire in questo senso e non facendo appello alla presupposizione.

In mancanza di una normativa codicistica, in seno alla dottrina italiana è nato un dibattito sull’ammissibilità di questo istituto e sulle conseguenze giuridiche di esso.


►►► Parte della dottrina (teoria negativa) sostiene che tale istituto non sarebbe ammesso perché significherebbe dare rilevanza ai motivi del contratto, che invece sono sempre irrilevanti. La Corte ha inoltre precisato che il motivo soggettivo ove non sia desumibile dalla dichiarazione negoziale non può considerarsi parte del contenuto del negozio e quindi deve essere ritenuto giuridicamente irrilevante (Cass. 20 giugno 1958, n. 2148, in Giur. it., 1959, I, p. 330).
Il motivo è una circostanza esterna al negozio. Si è così sottolineato che “il presunto dogma della irrilevanza dei motivi discenda dalla costruzione del fenomeno del negozio giuridico quale espressione della volontà del soggetto che lo pone in essere. Inoltre, l’insistenza con cui la dottrina ha affermato l’egemonia della volontà nella costruzione del negozio giuridico ha portato a considerare che il motivo, per poter acquistare rilevanza contrattuale, deve essere stato propriamente inserito nella convenzione contrattuale, in quanto solo in tal modo esso può entrare a far parte della struttura del negozio in funzione di specifica, anche se non necessariamente esplicita, condizione del rapporto”( Cass. 2 agosto 1977, n. 3384, in Riv. dir. comm., 1979, II, p. 92).
Quello che adesso si può sottolineare è che la necessità di negare rilevanza alla presupposizione e di battere eventualmente solo strade note, come l’errore, o la risoluzione per eccessiva onerosità, nasce da alcuni timori, sempre presenti negli autori che si trovano di fronte un istituto di creazione dottrinale a tutela dei contraenti, che possono riassumersi in questo modo: a) venir meno della sicurezza e degli affari; b) venir meno dal principio della certezza del diritto; c) pericolo dell’arbitrio insito nell’indagine psicologica, necessaria per poter individuare la presupposizione; d) venir meno della tutela dell’affidamento.


►►► Nonostante le critiche e le perplessità di parte della dottrina, prevale comunque lateoria positiva, che ammette l’operatività dell’istituto nel nostro ordinamento (in giurisprudenza Cass. n. 15025/2013 e n. 12235/2007). Occorre considerare, infatti, che l’idea di una clausola non espressa nel contratto è tenuta presente anche dal legislatore lì dove, all'articolo 1374 c.c. stabilisce che le parti sono obbligate non solo a quanto espressamente pattuito nel contratto ma anche “a tutte le conseguenze che ne derivano secondo le legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità; e gli usi, nonché l’equità, impongono spesso di considerare non vincolante un contratto i cui presupposti impliciti sono venuti meno.
Alcuni autori hanno, da tempo, individuato la regola per cui ogni contratto sarebbe soggetto alla cosiddetta clausola sic stantibus rebus, in base alla quale l’efficacia del contratto è subordinata al fatto che le posizioni contrattuali non si modifichino, regola che sarebbe esplicitamente consacrata dal legislatore all’art. 1467 c.c. (risoluzione per eccessiva onerosità)
Certamente non priva di difetti è la tesi che fonda la presupposizione sull’errore, nel senso che il contratto sarebbe annullabile quando le parti hanno errato in ordine alle circostanze e alle modalità entro cui si svolgerà il rapporto contrattuale. Il limite di questa tesi sta essenzialmente nel fatto che l’errore deve essere essenziale e riconoscibile, cioè, in altre parole, riguardare una circostanza presente, e non futura, e quindi la presupposizione sarebbe inoperante tutte le volte che il presupposto del contratto sia un fatto non prevedibile al momento della stipula.
In conclusione in mancanza di un criterio certo ed univoco cui attingere, l’interprete potrà avvalersi di tutti gli strumenti previsti dalla legge ed elaborati dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Possiamo quindi schematicamente affermare che:

  • se il venir meno del presupposto implica una sproporzione evidente di valore tra le due prestazioni il contraente potrà invocare il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità;
  • se il valore della prestazioni rimane immutato, ma l’oggetto ha perso di interesse per uno dei contraenti (è morto il partner con cui avevo prenotato la vacanza; gravi problemi di salute mi impediscono di andare ad abitare nella città in cui avevo trovato un nuovo lavoro; ma non la fattispecie del caso sopra enunciato) si può ricorrere all’istituto dell’impossibilità sopravvenuta o, in alternativa, a quello dell’inesigibilità secondo il criterio della buona fede.

Per organicità della trattazione la supposizione è riferita invece a una condizione riguardante il passato.

ESEMPI GIURISPRUDENZIALI SULLA PRESUPPOSIZIONE
Altri esempi giurisprudenziali sulla PRESUPPOSIZIONE:

  • Cassazione Civile, sezione II, sentenza 19/10/2015 n° 21122 (termine, inadempimento e presupposizione);
  • Tribunale, Taranto, sez. II, sentenza 19/11/201 (compravendita, inedificabilità, presupposizione);
  • Cassazione Civile, sez. III, sentenza 25/05/2007;
  • Tribunale, Marsala, sentenza 16/02/2004.

CONCLUSIONI
Ritornando al caso preso in esame, è evidente che questo sia stato posto male sin dal I grado di giudizio. È risultato contraddittorio parlare di impossibilità sopravvenuta e di presupposizione al tempo stesso, dato che l’uno prevede una causa di estinzione sopravvenuta e non già esistente, l’altro prevede che la situazione di fatto che ha portato alla risoluzione del contratto era conosciuto dalle parti, anche se non espresso nel contratto stesso.
Per di più, il sig. Massari ha erroneamente eccepito l’istituto dell’impossibilità sopravvenuta, poiché l’evento grave ha colpito la figlia e non il Massari in persona. La malattia della figlia non ha alcuna correlazione con il corso di lingue che doveva seguire il sig. Massari. Se questi avesse lamentato un malessere fisiopsichico dall’inizio, provandolo con le rispettive certificazioni mediche, in quel caso avrebbe potuto eccepire l’istituto dell’impossibilità sopravvenuta in quanto la persona impossibilitata a seguire il corso era il sig. Massari stesso, con conseguente interruzione del sinallagma.
Il signor Massari avrebbe potuto, di contro, invocare l’art.1467 c.c. lamentando un’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione a causa di un depauperamento patrimoniale dovuto alle spese per le cure mediche per la figlia che lo impossibilitava nell’adempimento.
Art.1467 c.c. CONTRATTO CON PRESTAZIONI CORRISPETTIVE
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art.1458.
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto

 


CORTE DI CASSAZIONE - SEZ. VI - 2 - ORDINANZA 4 maggio 2015, n.8867 - Pres. Petitti – est. Scalisi
Fatto e diritto
Rilevato che il Consigliere designato, Dott. A. Scalisi, ha depositato ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., la seguente proposta di definizione del giudizio: 'Preso atto che La società Easy Form srl., con atto di citazione regolarmente notificato proponeva appello avverso la sentenza n. 50156 del 2009 con la quale il Giudice di Pace di Ferrara rigettava la domanda della stessa volta ad ottenere la corresponsione dell'importo di Euro 2.250,00 in relazione al contratto sottoscritto dalle parti. Rilevava la società Easy Form di svolgere attività di insegnamento della lingua inglese presso il centro Wall Street Istitute di Ferrara, di avere stipulato con M.D. un contratto avente ad oggetto la frequentazione di un corso di inglese da parte dello stesso per la durata di sedici mesi al costo di Euro 2.620,00 di cui Euro 370,00 versati al momento della sottoscrizione del contratto.
Si costituiva M.D. , eccependo di non aver fruito del corso di inglese a causa delle gravi condizioni di salute della propria figlia minore G. che si ammalò di leucemia acuta nel mese di settembre 2005. Il convenuto chiedeva quindi il rigetto della domanda dell'attrice.
Con l'appello la società Easy Form srl, lamentava l'erronea applicazione ed interpretazione degli artt. 1256 e 1463 cc.
Si costituiva M. contestando il gravame e chiedendone il rigetto.
Il Tribunale di Ferrara con sentenza n. 203 del 2012 accoglieva l'appello e condannava M. al pagamento della somma di Euro 1.750,00 oltre interessi legali e compensava le spese processuali. Secondo il Tribunale di Ferrara, nel caso di specie il Giudice di Pace avrebbe erroneamente applicato la disciplina dell’impossibilità sopravvenuta, come causa di estinzione dell'obbligazione e di risoluzione del contratto, dato che nonostante la gravità dell'evento (la malattia grave della figlia sfociata poi nell'esito letale), il M. non fosse, comunque, nell'impossibilità di fruire della prestazione. A sua volta l'evento che ha colpito la figlia, sempre secondo il Tribunale, non avrebbe alcuna correlazione con il corso di lingue che doveva intraprendere il genitore e, comunque, non sussisterebbe il presupposto per l'applicazione dell'istituto della presupposizione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da M.D. con ricorso affidato a due motivi. La società Easy Form, regolarmente intimata in questa fase, non ha svolto alcuna attività giudiziale.
Considerato che:
In via preliminare, il relatore, ritiene opportuno evidenziare che il ricorso, così come è stato detto dallo stesso ricorrente, è stato proposto tempestivamente, nonostante dopo 18 mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata. Va qui chiarito che la sentenza impugnata è stata depositata il 13 febbraio 2012 e, così come ha evidenziato lo stesso ricorrente, l'art. 6 della legge 122 del 2012 integrato dall'art. 13 quater della legge 213 del 2012 ha sospeso i termini processuali per tutti i soggetti residenti o aventi sede nel territorio del Comune di Ferrara (a seguito degli eventi sismici del 20-29 maggio 2012) dal 20 maggio fino al 30 giugno 2013. Pertanto, dovendo considerare che il 13 maggio 2012 erano già trascorsi i primi tre mesi utili per l'impugnazione e al 20 maggio 2012 erano maturati ulteriori 6 giorni:
Considerata la sospensione dei termini feriali, nonché il mese di luglio 2013, gli ulteriori tre mesi utili per l'impugnazione sono venuti a scadere il sabato 9 novembre 2013 (luglio, 15 settembre - 15 ottobre, 15 ottobre - 15 novembre meno i sei giorni già maturati il 20 maggio 2012). Il ricorso risulta notificato il 5 novembre 2013 e, pertanto, tempestivamente.
1.- Con il primo motivo del ricorso M.D. lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1463 cc. difetto di motivazione sulla ritenuta inammissibilità della risoluzione contrattuale.
Secondo il ricorrente il Tribunale di Ferrara non avrebbe tenuto conto che l'automatica estinzione dell'obbligazione e la risoluzione del contratto possa derivare anche dalla impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte del creditore. Nel caso specifico, era venuto oggettivamente meno l'interesse creditorio del M. (nella specie per la malattia della figlia minore e la sua successiva morte), all'apprendimento di una lingua straniera ed al superamento di un test obiettivo di apprendimento, e ciò non poteva che determinare l'estinzione del rapporto obbligatorio in ragione del sopravvenuto difetto del suo elemento funzionale che si risolveva in una sopravvenuta irrealizzabilità della causa concreta del contratto stesso assumendo conseguentemente rilievo quale autonoma causa della relativa estinzione.
D'altra parte il venir meno dell'interesse creditorio (e della causa del contratto che ne costituisce al fonte) può essere legittimamente determinato anche dalla sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, qualora essa si presenti come non imputabile al creditore, nonché oggettivamente incidente sull'interesse che risulta anche implicitamente obiettivato nel contratto.
In conclusione, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: è corretta l'applicazione della norma di cui all'art. 1463 cc, ed, in particolare, se il caso di specie rientra tra i casi di impossibilità sopravvenuta?
1.1.- Il motivo è infondato.
A parere del relatore, il Tribunale di Ferrara, non ha escluso che l'impossibilità sopravvenuta della prestazione si potesse avere, anche nel caso in cui, sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione della controparte per fatto non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell'obbligazione. Piuttosto, il Tribunale di Ferrara, pur confermando questo principio, che anche in questa sede va ribadito, ha, correttamente, escluso che, nel caso concreto, la malattia della figlia, sfociata, per altro, nell'evento letale, predicasse l'impossibilità del M. a fruire della prestazione. Ovviamente, diversa sarebbe stata l'ipotesi, ma non è stata eccepita, in cui la malattia della figlia avesse determinato uno squilibrio fisio psichico del M. tale da impedire l'utilizzabilità della prestazione della società Easy Form. Come correttamente ha affermato il Tribunale di Ferrara nella specie, nonostante la gravità dell'evento che ha colpito il signor M. , non può predicarsi l'impossibilità di fruire della prestazione, ma solo il sopravvenuto disinteresse, il disagio psicologico e la difficoltà verosimilmente di apprendimento conseguente ad un evento così sconvolgente come quello che ha colpito la figlia e che è sfociato poi nell'esito letale.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'istituto della presupposizione. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Ferrara avrebbe errato nell'aver escluso che la malattia della figlia integrasse gli estremi di una presupposizione, determinando la stessa una incapacità del M. , intesa come forma mentis, tranquillità emotiva e capacità di apprendimento. La presupposizione assolverebbe al compito di conservare l'equilibrio sinallagmatico del contratto, nel caso in cui siano intervenuti eventi imprevedibili che abbiano alterato il rapporto tra le reciproche prestazioni, così come stabilito dalle parti.
Il ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: la figura della presupposizione è da considerarsi quale specifico presupposto oggettivo, da tenersi distinto sia dai cosiddetti presupposti causali, sia dai risultati dovuti la cui mancanza legittima l'esercizio del recesso.
2.1.- Anche questo motivo è infondato. Come ha correttamente chiarito il Tribunale di Ferrara, l'istituto della presupposizione non era correttamente invocato perché l'evento che ha colpito la figlia non aveva nessuna correlazione con il corso di lingue che doveva intraprendere il genitore e, comunque, il presupposto per l'applicazione dell'istituto della presupposizione è rappresentato dall'inerenza specifica dell'interesse, o condizione, sotteso al contratto, alla causa del contratto stipulato che nel caso di specie difettava. Come è affermazione pacifica in dottrina e nella stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 19144 del 23/09/2004), la 'presupposizione' è configurabile quando, da un lato, un'obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso - pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali – come presupposto condizionante la validità e l'efficacia del negozio e, dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto indipendente dall'attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro.
In definitiva, Si propone il rigetto del ricorso'.
Tale relazione veniva comunicata ai difensori delle parti costituite.
Il Collegio, condivide argomenti e proposte contenute nella relazione ex art. 380 bis cpc, alla quale non sono stati mossi rilievi critici.
In definitiva, il ricorso va rigettato: Non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione dato che la società Easy Form regolarmente intimata, in questa fase non ha svolto attività giudiziale.
Il Collegio, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.

Conforme

Cass. n. 19144 del 23/09/2004.

 

 

 

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