La nozione di causa quale ragione pratica del contratto

 

la causa è la ragione pratica del contratto cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare. È alla base del riconoscimento dell'autonomia contrattuale. Le parti possono stipulare liberamente contratti al di fuori dei tipi previsti dalla legge purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. In generale la causa deve essere sempre presente nel contratto, sia quello tipico che atipico. È infatti espressamente indicata tra gli elementi essenziali del contratto e la sua mancanza comporta nullità. Si distingue dall'oggetto del contratto che indica il programma, ossia il contenuto dell'accordo mentre la causa indica l'interesse da soddisfare, la causa costituisce il fondamento della rilevanza giuridica del contratto ma occorre anche che l'accordo sia giustificato da un interesse apprezzabile. È in questo senso che la causa diviene elemento essenziale del contratto. Ne consegue la nullità del contratto che è diretto a realizzare un interesse non meritevole di tutela. La causa assume anche il ruolo di

  • criterio di interpretazione del contratto

  • criterio di qualificazione del contratto

  • criterio di adeguamento del contratto



La teoria oggettiva e la teoria soggettiva

  • una prima fondamentale distinzione si pone tra
    −  concezione oggettiva → a cui appartengono le teorie

    a) oggettiva classica → ha riguardo alle singole obbligazioni o attribuzioni contrattuali e ravvisa la causa di ciascuna di esse nella controprestazione, quindi nel fatto o cosa che ne costituisce il fondamento: causa dell'obbligazione del venditore=prezzo. Punto debole=donazione.

    b) della funzione

  • −  concezione soggettiva → causa=scopo per il quale la parte assume  l'obbligazione. Causa come motivazione del consenso, scopo che entra nel contratto.

Il distacco della teoria soggettiva della causa rispetto alla teoria classica oggettiva è più apparente che reale. La differenza sembra ridursi a due diverse visuali del medesimo elemento. Per la teoria soggettiva tale elemento rileva in quanto contenuto della rappresentazione psichica della parte e cioè in quanto ragione determinante della sua volontà.

teoria della causa quale tipica funzione economico-sociale

nella nostra dottrina è prevalsa la nozione di causa quale obiettiva funzione economico-sociale del negozio. Questa nozione si allontana dalla teoria oggettiva classica della causa in quanto la causa diviene la funzione tipica ed astratta del negozio. Sia i motivi che le finalità ulteriori sono irrilevanti perché ciò che conta è la causa corrispondente a ciascuna figura tipica del negozio. La causa non è semplicemente la ragione pratica per la quale le parti stipulano il contratto ma è anche la ragione per la quale l'ordinamento riconosce rilevanza giuridica al contratto. Questa idea è stata intesa da una parte della nostra dottrina in termini di utilità sociale.

teorie anticausalista

sia la teoria soggettiva che la teoria della funzione tipica portano nel loro estremo svolgimento a contestare l'autonoma rilevanza della causa. Se questa viene intesa come la rappresentazione intellettuale della controprestazione o come intento di liberalità essa si afferma viene a identificarsi senz'altro nel consenso. Le dottrine anticausalistiche hanno trovato argomento nel richiamo a codici che non indicano la causa tra gli elementi costitutivi del contratto. Alla causa concreta sono legate importanti soluzioni della disciplina contrattuale.

La causa concreta

la nozione di causa tipica quale elemento del contratto è risultata insoddisfacente. Se il contratto ha la causa già astrattamente determinata non è più spiegabile come ad es. una vendita possa avere una causa illecita. La causa tipica rimane estranea ai contratti innominati. Il riferimento alla nozione di casa tipica porta a trascurare la realtà viva di ogni singolo contratto e cioè gli interessi reali che di volta in volta il contratto è diretto a realizzare al di là del modello tipico adoperato. Occorre riconoscere nella causa la ragione concreta del contratto. La nozione di causa quale funzione pratica del contratto può avere una sua rilevanza solo in quanto si accerti la funzione che il singolo contratto è diretto ad attuare. Ciò che importa sapere è la funzione pratica che effettivamente le parti hanno assegnato al loro accordo. Ricercare l'effettiva funzione pratica del contratto vuol dire ricercare l'interesse concretamente perseguito. Tenendo conto della causa concreta che il contratto è diretto a realizzare è possibile anzitutto valutare la meritevolezza sociale dell'interesse perseguito. È la causa concreta che rileva quale criterio d'interpretazione del contratto, per qualificare il contratto e che assume il ruolo di criterio di adeguamento del contratto. Il collegamento negoziale e la conseguente connessione della sorte di un contratto alla sorte dell'altro possono essere rilevati solo con riferimento alla causa concreta che le operazioni erano complessivamente dirette a realizzare. Il riferimento alla causa concreta del contratto trova ormai riscontro anche in giurisprudenza.

Unilateralità della nozione di causa

la nozione della causa quale ragione giustificativa del contratto ha superato la concezione analitica che ravvisava nella causa un requisito dell'obbligazione. Nei contratti a prestazioni corrispettive la concezione analitica portava a chiedere quale fosse la causa dell'impegno di ciascuna delle parti e la risposta veniva trovata considerando che ciascuna parte assume l'obbligazione in ragione della controprestazione. L'idea atomistica della causa veniva recepita dal codice francese che sancì che l'obbligazione senza causa o fondata su una causa falsa o illecita non può avere alcun effetto. La codificazione di questo principio consentiva di elaborare la nozione di causa quale ragione dell'obbligazione, il perché di essa. Idea unitaria della causa che ha trovato accoglimento nel nostro codice → causa=requisito del contratto.

Causa del contratto e causa della prestazione. La prestazione autonoma


la nozione unitaria della causa consente di ricercare la ragione pratica dell'operazione e di giustificare in essa sia il contratto sia le singole attribuzioni. Se l'attribuzione ha titolo nel contratto non si pone quindi per essa un distinto problema causale in quanto la causa di essa deve essere identificata nella stessa causa del contratto. L'obbligazione non è la causa ma il titolo della prestazione. La causa della prestazione deve ricercarsi nella causa dell'operazione di cui costituisce attuazione.

La prestazione autonoma, ossia che non è un mero atto esecutivo, ripropone il problema causale nel caso in cui essa integra una manifestazione di volontà negoziale. Si tratterà allora di vedere se questo atto dispositivo sia accettato e sia giustificato da una causa sufficiente.

La causa come fondamento della rilevanza giuridica del contratto

il principio causale del codice francese e accolto da quello italiano ha significato il rigetto dell'idea della vincolarità della nuda promessa, cioè dell'idea per cui l'impegno giuridico del soggetto dipende dalla parola data. Il principio causale non rappresentava un limite alla libertà contrattuale: causa è infatti qualsiasi ragione oggettiva o soggettiva per la quale le parti stringono il loro accordo. Ciò che si richiede è che la causa non sia illecita.

La causa può essere strumento di controllo sostanziale del contratto?
Da un lato una tesi, che richiede una funzione sociale del contratto, porta ad ammettere come validi solo i contratti che realizzano interessi futili ed estranei al bene comune.
Un'altra tesi non può prescindere dalla meritevolezza della causa: non qualsiasi interesse deve essere meritevole di tutela. La causa non è meritevole quando l'interesse perseguito non è conforme alle esigenze della comunità rilevanti secondo i parametri costituzionali e secondo la concezione sociale e solidaristica dell'ordinamento. La resistenza che si avverte da parte della nostra giurisprudenza ad utilizzare la causa come strumento di controllo delle clausole irragionevoli si spiega col persistere del convincimento che le parti sono i migliori giudici dei loro interessi e che i tribunali non possono modificare ciò che esse hanno stabilito.

I motivi

sono gli interessi che la parte tende a soddisfare mediante il contratto ma che non rientrano nel contenuto di questo. I motivi sono di regola irrilevanti tradizionalmente l'irrilevanza dei motivi è stata spiegata considerando il motivo un impulso psichico che non si traduce nell'atto di volontà negoziale. Per la teoria della causa tipica l'irrilevanza dei motivi andrebbe senz'altro ricercata nella loro estraneità alla causa. La legge si interessa esclusivamente della funzione tipica del contratto e non degli scopi variabili che di volta in volta possono indurre le parti a contrarre.
Se si ha invece riguardo alla causa concreta del contratto cioè alla funzione pratica che le parti hanno effettivamente assegnato al loro accordo devono rilevare anche i motivi se questi non siano rimasti nella sfera interna di ciascuna parte ma si siano obiettivizzati nel contratto divenendo interessi che il contratto è diretto a realizzare. Di semplici motivi può invece parlarsi con riguardo agli interessi che non rientrano nel contenuto del contratto. L'assunto della normale irrilevanza dei motivi deve allora essere ridimensionato rispetto al suo originario significato in quanto l'estraneità dell'interesse alla funzione tipica del negozio non basta a relegarlo tra i semplici motivi. Se l’interesse s'inserisce esplicitamente o tacitamente nell'economia dell'affare esso diviene per ciò stesso causa del contratto ed è come tale rilevante. Anche i motivi propriamente detti possono avere poi una determinata rilevanza (vedi art. 1345, 624 e 787 cc). Una specifica rilevanza deve inoltre essere riconosciuta al semplice motivo in base al principio di buona fede. Anche se il soddisfacimento di un determinato interesse non rientra nel contenuto del contratto, la parte deve tuttavia adoperarsi per salvaguardarlo se ciò non comporti un suo apprezzabile sacrificio

La presupposizione

la presupposizione è una circostanza esterna che senza essere prevista quale condizione del contratto ne costituisce un presupposto oggettivo. Presupposti oggettivi generali sono le condizioni di mercato e della vita sociale che incidono sull'economia del contratto. Presupposti specifici del contratto sono invece le circostanze particolari alle quali è subordinato il vincolo contrattuale. Nel nostro ordinamento la rilevanza dei presupposti generali ha trovato un riconoscimento legislativo nell'istituto della risoluzione per eccessiva onerosità. Quello dei presupposti specifici del contratto è un problema ancora aperto. La giurisprudenza ha ormai dato ingresso al principio della presupposizione mentre una larga parte della nostra dottrina lo contesta in quanto ne ravvisa una condizione non sviluppata del negozio ovvero un motivo che non si è tradotto in clausola condizionale. Il problema della presupposizione non può essere risolto unitariamente ma occorre una netta distinzione nell'ambito delle circostanze giuridicamente influenti sul contratto cioè dei presupposti oggettivi. Non rientrano i presupposti causali cioè fatti o circostanze che condizionano la realizzazione della causa del contratto. Se la causa non si può realizzare il contratto si risolve perché viene meno l'interesse che giustificava l'impegno delle parti. Sono estranei poi al concetto di presupposizione i risultati che entrano nel contenuto dell'impegno contrattuale ossia i risultati dovuti. La presupposizione indica quei fatti o circostanze che pur non attenendo alla causa del contratto o al contenuto delle prestazioni assumono un'importanza determinante ai fini della conservazione del vincolo contrattuale. La rilevanza di tali presupposti deve essere ammessa e spiegata in base al contenuto del contratto. In tal senso deve aversi riguardo non tanto ad una volontà reale o ipotetica delle parti quanto al significato del contratto conforme alla sua interpretazione. Affinché una data circostanza acquisti rilevanza come presupposizione occorre che essa sia comune alle parti o che una parte abbia riconosciuto l'importanza determinante che la circostanza assume per l'altra. La semplice conoscenza dell'importanza non vale a subordinare a tale circostanza la sorte del contratto. L'esigenza dell'affidamento ne risulterebbe violata. Una determinata circostanza esterna rileva come presupposizione quando si accerta che tale circostanza ha un valore determinante ai fini della persistenza del vincolo contrattuale. Il venir meno della presupposizione non importa come tale l'automatica risoluzione del contratto ma il rimedio del recesso unilaterale a favore della parte per la quale il vincolo contrattuale è divenuto intollerabile o inutile. Il recesso può essere esercitato anche nell'ipotesi in cui il presupposto obiettivo del contratto sia già in origine inesistente o impossibile a verificarsi.

 

Negozio causale e negozio astratto

l'astrattezza designa in generale lo svincolamento del negozio dal requisito della causa. L'astrattezza è intesa come astrattezza sostanziale cioè irrilevanza della causa ai fini della validità del negozio. Il negozio astratto si perfeziona a prescindere dalla causa. Si contrappone al negozio causale che ha la causa come suo elemento essenziale. L'astrattezza sostanziale si distingue in assoluta e relativa. Si distingue poi l'astrattezza processuale che esprime l'esonero dalla prova della causa del negozio. Se viene eseguita una prestazione si presume che questa sia giustificata da una causa adeguata salva comunque la possibilità di provare il contrario. In generale può dirsi che la regola della presunzione della causa vale per tutti gli atti negoziali ed esecutivi. La regola causale non si applica sempre col medesimo rigore. Per i contratti che prevedono l'alienazione di altri diritti o la prestazione di servizi che non richiedono una determinata forma in ragione del loro oggetto, la stipulazione può essere documentata senza che sia necessario indicare la causa dell'atto. Secondo la segnalata regola la causa infatti si presume. La presunzione di causa non comporta che il contratto sia astratto. Se si dimostra che la causa è inesistente o illecita il contratto è senz'altro invalido. Se la causa non sussiste o è illecita ne consegue la nullità del contratto. Nell'ambito delle eccezionali ipotesi di negozi astratti non devono essere ricomprese quelle figure negoziali nelle quali l'operazione indica già una ragione sufficiente di giustificazione dell'atto. In mancanza di altre indicazioni la causa risultante dall'atto costituisce una sufficiente ragione pratica dell'operazione. Il principio della causa non esclude che di fatto si ricorra all'espediente di far figurare una causa lecita e meritevole quando il realtà la causa è illecita e insussistente. Sul piano giuridico il contratto deve reputarsi nullo e quindi privo di efficacia. Un'attribuzione con causa illecita o inesistente potrebbe essere realizzata attraverso il ricorso ad una transazione o ad un negozio di accertamento ma anche in tali casi deve verificarsi qual è la causa concreta e qualificare di conseguenza il negozio.

La causa come criterio di qualificazione del contratto

in generale qualificare giuridicamente un atto vuol dire assegnarlo ad una certa categoria giuridica o giuridicamente rilevante. La qualificazione del contratto è la sua valutazione giuridica secondo i criteri distintivi della materia contrattuale. La qualificazione è distinta rispetto all'interpretazione del contratto. Essa è infatti una valutazione giuridica mentre l'interpretazione è una valutazione di fatto. Sul piano processuale è riservata al giudice di merito. Quale valutazione giuridica la qualificazione del contratto non è invece riservata esclusivamente al giudice di merito. Le parti possono qualificare il contratto e la loro qualificazione può rilevare a sua volta ai fini dell'interpretazione in quanto concorre ad accertare il significato dell'accordo. La qualificazione delle parti non è vincolante. Varie qualificazioni del contratto sono possibili in relazione alle varie categorie in cui può essere intesa la materia contrattuale secondo i diversi profili

  • dei soggetti

  • degli effetti

  • della forma
    la qualificazione del contratto è principalmente quella che lo assegna ad un determinato tipo contrattuale. Questa qualificazione procede in base alla causa concreta del contratto.

 

Il contratto tipico


l'attività negoziale tende ad uniformarsi a determinati modelli. Il tipo contrattuale si distingue in


− legale → modello di operazione economica che si è tradotto in modello normativo, cioè di contratto previsto e disciplinato dalla legge

− sociale → modello affermatosi nella pratica degli affari ma non regolato specificatamente dalla legge.

Quando si parla di contratto tipico si intende il tipico legale o con espressione equivalente contratto nominato, figura normativa che disciplina un tipo di operazione economica. I contratti nominati esprimono modelli che si caratterizzano e strutturano in base a tipici interessi della vita di relazione. Quando il singolo contratto trova integrale riscontro in uno di questi modelli esso si qualifica come contratto tipico in quanto corrispondente ad un determinato tipo legale. D'altro canto occorre tener presente la causa concreta del contratto. È certo essenziale ciò che le parti stabiliscono ma il contenuto del contratto è importante in quanto concorre a rilevare qual è l'interesse effettivamente perseguito dalle parti. Occorre vedere se tale interesse corrisponde o meno ad uno degli interessi negoziali tipici. Un criterio formalistico basato sulla coincidenza degli effetti giuridici con la disciplina di tipo legale è insufficiente a qualificare correttamente il contratto.

In dottrina non è pacifico che la qualificazione tipologica dei contratti nell’ambito delle varie figure contrattuali debba senz’altro procedere in base alla causa. In contrario si obietta principalmente che la medesima finalità può essere perseguita mediante schemi negoziali diversi. Altro compito che non va trascurato è quello di accertare attraverso l’interpretazione del contratto quali concreti interessi le parti hanno inteso perseguire mediante la loro operazione.

Variazioni del tipo legale

La semplice non coincidenza del regolamento negoziale con quello legale non basta ad escludere la qualifica del contratto secondo quel tipo. D’altro canto occorre sapere qual è il limite oltre il quale la disciplina del contratto non può essere derogata senza alterare il tipo legale. La compatibilità delle varianti col tipo dev’essere riconosciuta in particolare quando gli interessi ulteriori che le parti perseguono hanno carattere di complementarità o accessorietà rispetto all’interesse principale. Quando le particolari finalità dell’operazione sono compatibili col tipo legale il contratto si qualifica in base a quest’ultimo con l’applicazione della relativa disciplina. Le finalità particolari conservano tuttavia la loro rilevanza ai fini di un trattamento del contratto aderente alla realtà dell’operazione che le parti hanno voluto porre in essere. La presenza di particolari finalità può rendere appropriata una deroga al regolamento legislativo. Deroghe alla disciplina del contratto secondo modelli settoriali possono trovare attuazione anche mediante condizioni generali di contratto, le quali pongono tuttavia il problema di un loro adeguato controllo sostanziale.

Il contratto innominato

È il contratto che non rientra in un dato tipo legale. La possibilità di stipulare contratti innominati è espressamente prevista in sede di riconoscimento normativo dell’autonomia contrattuale. Nell’esercizio di tale autonomia le parti possono infatti stipulare contratti che non rientrano nei tipi legali purché diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. La non rispondenza del contratto ad un tipo legale pone un problema di controllo della causa. La semplice coincidenza del contratto con uno schema legale non è infatti sufficiente a verificare la meritevolezza dell’interesse perseguito. In ogni caso si tratta di ricercare la causa concreta del contratto la quale non deve violare i limiti generali imposti all’autonomia privata e dev’essere socialmente meritevole di tutela.

la disciplina legale del contratto innominato

I contratti innominati sono regolati dalla disciplina del contratto in generale che può essere integrata dall’applicazione della specifica regolamentazione di determinati tipi legali. Si tratta di ricorrere ad un procedimento analogico che confronti le singole situazioni contrattuali con situazioni simili regolate dalla legge e verifichi di volta in volta quale soluzione normativa appare più appropriata in relazione al caso concreto.

Il contratto misto

Si hanno due distinte nozioni:

  •  nozione corrente in giurisprudenza: il contratto si dice misto quando in esso concorrono gli elementi di più negozi tipici che si fondono in un’unica causa. Ciascuno di questi elementi si compenetra con l’altro concorrendo a realizzare un interesse unitario sul piano pratico-economico.

  • -  Nozione di contratto misto con riferimento all’ipotesi di una pluralità di cause concorrenti nell’unicità del rapporto. In dottrina si è prospettata la tesi di un’autonoma categoria contrattuale dei contratti misti caratterizzati dal concorso di più cause e dall’astratta riconducibilità del negozio a più tipi legali.

    Nell’una e nell’altra ipotesi il contratto misto è inteso come un contratto unico essendo unica la causa o la prestazione. Il contratto misto non costituisce un autonomo tipo negoziale. S
    e le cause si fondono in un’unica causa il contratto è allora senz’altro un contratto innominato poiché tale unica causa non trova riscontro in un tipo legale.
    Problema di quale sia la disciplina legale tipica alla quale ricondurre il contratto
    . La dottrina del contratto misto propone due principali criteri per risolvere tale problema, cioè il criterio dell’assorbimento e quello della combinazione. In base al criterio della combinazione ciascun elemento contrattuale dev’essere disciplinato dalle regole del tipo cui l’elemento appartiene. La giurisprudenza si avvale sia del criterio dell’assorbimento sia di quello della combinazione. Se però il contratto presenta clausole riconducibili ad altri tipi contrattuali applica ad esse la disciplina di quei tipi sempreché si tratti di discipline compatibili. Quando poi vi sono più interessi principali che si fondono in una causa unitaria il criterio dell’elemento tipico prevalente risulta evidentemente arbitrario.

    La vendita mista a donazione

    La vendita mista a donazione è un’alienazione in cui l’alienante cede il bene per un corrispettivo inferiore al suo valore di mercato con l’intento di realizzare una parziale attribuzione gratuita o l’alienatario corrisponde un prezzo superiore al valore del bene per arricchire l’alienante della differenza. È un tradizionale esempio di contratto misto. La fusione delle cause deve certamente escludersi in quanto le cause della vendita e della liberalità sono incompatibili. Occorre prendere atto della realtà dell’affare come attribuzione che in parte si giustifica nella causa della vendita e in parte nella donazione.

contratti collegati e contratto complesso

In generale più contratti si dicono collegati quando sussiste tra di essi un nesso di interdipendenza. Il collegamento si dice volontario quando è previsto specificamente mentre si dice funzionale quando risulta dalla unitarietà della funzione perseguita, tendendo a realizzare un fine pratico unitario. Questo interesse finale concorre a determinare la causa concreta del contratto poiché è l’interesse che il contratto è diretto a realizzare. Il collegamento funzionale risponde al significato oggettivo dell’operazione. L’idea che occorrerebbe l’intenzione delle parti di connettere i vari contratti non sembra condivisibile. È infatti sufficiente che la connessione risulti sul piano funzionale dall’unitarietà della causa che l’operazione è diretta a realizzare.

L’interdipendenza dei rapporti negoziali è normalmente reciproca nel senso che la sorte di ciascun rapporto è legata alla sorte dell’altro.

È tuttavia possibile anche un’interdipendenza unilaterale nel senso che la sorte di un rapporto si ripercuote sull’altro ma non viceversa.

Il collegamento negoziale presuppone comunque la pluralità dei contratti dovendosi altrimenti parlare di contratto complesso. La distinzione tra contratti collegati e contratto complesso deve procedere con riferimento alla causa. In un caso e nell’altro c’è una pluralità di prestazioni ma nel contratto complesso tali prestazioni sono riconducibili ad un unico rapporto caratterizzato da un’unica causa. La distinzione fra contratto unico e più contratti collegati ha di massima un’importanza ridotta proprio per l’utilitarietà funzionale dell’operazione che contraddistingue il collegamento negoziale.
Ai contratti collegati si applicano le regole della nullità parziale per cui l’invalidità di un contratto può comportare l’invalidità degli altri che ad essi sono collegati.
Dell’impossibilità parziale sopravvenuta per cui l’impossibilità di esecuzione del contratto può comportare la risoluzione degli altri contratti.
Dell’inadempimento parziale per cui l’inadempimento di un contratto può comportare la risoluzione anche degli altri.
Dell’eccezione d’inadempimento per cui l’inadempimento di un contratto può legittimare la parte a non eseguire gli altri.

Il negozio indiretto

Per negozio indiretto si intende il negozio volto al conseguimento di un risultato ulteriore che non è normale o tipico del negozio stesso. I
l negozio indiretto si distingue da quello simulato in quanto le parti vogliono realmente gli effetti giuridici del negozio che sono strumentali rispetto al fine ulteriore perseguito, che sarebbe comunque compatibile con la causa di esso. Parte della dottrina identifica senz’altro nel fine ulteriore un semplice motivo e ne deduce la in configurabilità di una categoria dommatica del negozio indiretto. Effettivamente il negozio indiretto non presenta caratteri che ne giustificano l’inquadramento in un’autonoma categoria giuridica. È discutibile l’asserita irrilevanza del fine ulteriore perseguito. In realtà se si ha riguardo alla causa concreta del negozio è agevole accertare che il fine ulteriore incide su tale causa.

Il richiamo al negozio indiretto è frequente in tema di vendita mista a donazione e di vendita a scopo di garanzia.

Nozione distinta è quella di donazione indiretta, quale atto diverso dalla donazione che porta ad un risultato di liberalità. La donazione indiretta non implica il perseguimento di un fine anomalo rispetto al negozio giuridico utilizzato perché l’effetto giuridico favorevole può essere connaturato all’atto. Il negozio indiretto ha segnato il decadere del fenomeno della utilizzazione nella pratica di figure giuridiche formali per soddisfare scopi nuovi e diversi rispetto a quelli per i quali le figure erano state create.

 


 

 

 

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