La Corte non ritiene ammissibile la possibilità di consentire che l’adempimento di tributi locali, anche di esercizi finanziari passati confluiti nella massa dei residui attivi dell’ente medesimo, possa avvenire attraverso una sorta di datio in solutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino debitore che, invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga in essere una delle attività previste dalla norma e relative alla cura e/o valorizzazione del territorio comunale.

 

Adunanza del 9 marzo 2016.

Visto l’art. 100, comma secondo, della Costituzione;
Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
Visto il Testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei

conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;

Visti la legge 14 gennaio 1994 n. 20, il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 639 recanti disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti;

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 dell’11 giugno 2008;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;

Visto l’articolo 17, comma 31, decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;

Vista la legge regionale 9 ottobre 2009 n. 13 istitutiva del Consiglio delle Autonomie locali;

Viste le deliberazioni della Sezione delle autonomie del 10

febbraio 2014, n. 3/SEZAUT/2014/QMIG del 10 febbraio 2014 e n. 4/SEZAUT/2014/QMIG del 20 febbraio 2014;

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54 del 17 novembre 2010;

Vista la richiesta di parere formulata dal Comune di Bologna, con nota del 15 dicembre 2015, trasmessa il 14 gennaio 2016 alla Sezione regionale di controllo;

Visto il parere del gruppo tecnico istituito presso il CAL;

Vista l’ordinanza presidenziale n. 12 dell’8 marzo 2016, con la quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della sezione;

Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2016 il relatore Benedetta Cossu.

Fatto

Il Comune di Bologna ha rivolto alla Sezione un articolato quesito avente ad oggetto l’interpretazione dell’articolo 24 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, rubricato “misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione dei territori” (cd. baratto amministrativo).

Il Comune rappresenta di aver già adottato, in attuazione dell’articolo 4 bis delle proprie disposizioni statutarie, regolamenti contenenti forme di promozione e valorizzazione di forme di cittadinanza attiva per interventi di cura o rigenerazione dei beni comuni urbani cui possono corrispondere ipotesi di riduzioni e/o esenzione di tributi (COSAP e TARI giornaliera).

Fa altresì presente che, in relazione all’ambito di applicazione della richiamata disposizione legislativa, è intervenuto l’ANCI, per il tramite della fondazione IFEL, con due note di approfondimento. In una prima nota del 16 ottobre 2015 è stato precisato che i beneficiari delle agevolazioni possono essere associazioni di cittadini rispetto ad obbligazioni tributarie di cui soggetto passivo è l’associazione stessa, l’attività oggetto del “baratto” deve tassativamente riguardare un territorio da qualificare e, in particolare i progetti presentati devono riguardare “la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in generale la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano ed extraurbano”, deve sussistere un rapporto di “inerenza” tra i tributi da agevolare e l’intervento sussidiario del cittadino, va esclusa la “barattabilità” di debiti tributari del contribuente, la delibera di approvazione delle agevolazioni, da adottare con atto di natura regolamentare (trattandosi di integrazione alla disciplina tributaria), deve individuare criteri di quantificazione ispirati a responsabilità e ragionevolezza.

Il Comune rappresenta che, in una successiva nota del 22 ottobre 2015, il predetto orientamento è stato in parte modificato. Si è ritenuto che i potenziali beneficiari delle agevolazioni possano essere anche singoli associati, le tipologie di attività indicate nelle norme non sarebbero da considerarsi tassative, le agevolazioni potrebbero essere concesse con riferimento a debiti pregressi del contribuente, anche di natura non tributaria (entrate patrimoniali).

Il Comune istante, pur in presenza di tali opposti indirizzi forniti dall’ANCI e di interpretazioni compiute da altri enti locali non strettamente aderenti al dato letterale della norma, ritiene corretto privilegiare un’interpretazione restrittiva della disposizione in esame in quanto fondata sul dato letterale che ammetterebbe la possibilità di deliberare riduzioni e/o esenzioni esclusivamente per tributi strettamente riferibili all’attività sussidiaria posta in essere dai cittadini attivi sulla base di preventivi accordi con il Comune. Viceversa, non sarebbe possibile estendere l’ambito delle agevolazioni anche a fattispecie di debiti pregressi verso il comune con un’attività sussidiaria a favore della collettività.

Ciò premesso, il Comune di Bologna chiede alla Sezione di esprimere il proprio parere sull’interpretazione della disposizione di cui all’articolo 24 d.l. 133/2014 al fine di sfruttarne a pieno la potenzialità promozionale senza rischio di pregiudizi per le finanze comunali e senza ricadere in ipotesi di danno erariale.

Il Comune rappresenta che la questione ha un’indubbia rilevanza contabile in quanto solo mediante una disciplina regolamentare che definisca le ipotesi in cui ammettere la concessione di agevolazioni (esenzione e/o riduzione di tributi comunali) consentirebbe di stimare in anticipo la minore entrata già in sede di bilancio di previsione ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio; viceversa la possibilità di prevedere ipotesi nelle quali debiti tributari di cittadini verso il comune possono essere adempiuti con modalità diverse dal pagamento comporterebbero una rinuncia ad incassare propri crediti, già iscritti in bilancio come residui attivi.

In conclusione l’Ente chiede di conoscere se i Comuni - senza incorrere in violazioni delle norme di contabilità pubblica e di danno erariale- possano consentire, ed eventualmente a quali condizioni, l’adempimento dei debiti relativi ad entrate comunali corrispondenti a residui attivi di bilancio mediante l’effettuazione di un’attività sostitutiva del pagamento riconducibile ad una delle attività sussidiarie contemplate dall’articolo 24 d. l. cit.

Diritto

Ammissibilità soggettiva ed oggettiva.

L’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003 - disposizione che costituisce il fondamento normativo della funzione consultiva intestata alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti - attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei Conti pareri in materia di contabilità pubblica.

Preliminarmente, la Sezione è chiamata a verificare i profili di ammissibilità soggettiva (legittimazione dell’organo richiedente) e oggettiva (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica, generalità ed astrattezza del quesito proposto, mancanza di interferenza con altre funzioni svolte dalla magistratura contabile o con giudizi pendenti presso la magistratura civile o amministrativa).

In relazione al primo profilo si ritiene che la richiesta di parere sia ammissibile in quanto proveniente dal Sindaco, che, ai sensi dell’articolo 50, comma 2 TUEL, è l’organo di vertice dell’ente.

In relazione all’attinenza del quesito proposto con la materia della contabilità pubblica, la Sezione, tenuto conto degli orientamenti espressi nelle pronunce di orientamento generale delle Sezioni riunite (cfr. deliberazione 17 novembre 2010, n. 54) e della Sezione delle autonomie (cfr., ex plurimis, deliberazione n. 3/2014/SEZAUT), ritiene che la richiesta di parere in esame sia ammissibile sul piano oggettivo nei limiti in cui dall’interpretazione dell’istituto disciplinato dall’articolo 24 d.l. 133/2014 possano derivare effetti sugli equilibri di bilancio degli enti che, sulla base della predetta disposizione normativa, adottino regolamenti che dispongano esenzioni e/o riduzioni di tributi.

Quanto poi alla sussistenza degli altri requisiti di ammissibilità oggettiva, la Sezione osserva che la richiesta di parere in esame presenta il carattere della generalità e dell’astrattezza nei limiti in cui verranno forniti criteri interpretativi in meri to alla richiamata disposizione normativa.

Infine, la questione non interferisce con funzioni di controllo o giurisdizionali svolte dalla magistratura contabile, né con un giudizio civile o amministrativo pendente.

La richiesta di parere è, nei limiti sopraindicati, ammissibile e può essere esaminata nel

Merito
1. Il quesito rivolto alla Sezione riguarda la possibilità o meno che

i comuni consentano, ai sensi della disposizione contenuta nell’articolo 24 del decreto-legge n. 113/2014 ed eventualmente a quali condizioni, l’adempimento dei debiti relativi ad entrate comunali corrispondenti a residui attivi di bilancio mediante l’effettuazione di un’attività sostitutiva del pagamento riconducibile ad uno degli interventi sussidiari previsti nell’articolo 24 d.l. 133/2014.

2. Il quesito posto presuppone l’interpretazione della richiamata disposizione normativa recante la disciplina dell’istituto del cd. baratto ammnistrativo.

Tale disposizione prevede che “i comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzi one, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ovvero interventi di decoro urbano, di recupero, di riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere per la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano ed extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti il tipo di attività posta in essere. L’esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere. Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”.

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Come è stato osservato in dottrina e, come anche evidenziato nella richiesta di parere dello stesso ente istante, la norma è espressione del principio della sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, comma 4, Cost. in quanto consente alle comunità di cittadini di partecipare alla gestione dei servizi relativi alla cura e alla valorizzazione del territorio. I soggetti amministrati possono diventare soggetti attivi nella cura dei beni comuni con il vantaggio per l’amministrazione locale di beneficiare di risorse, competenze ed esperienze di cui si fanno portatori i soggetti privati.

Ai fini dell’interpretazione della disposizione in esame, si deve richiamare il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, corollario dei principi costituzionali contenuti negli articoli 23, 53, 97 Cost., che risulta derogabile nel nostro ordinamento solo in forza di disposizioni di legge che, operando un bilanciamento tra differenti interessi, sacrificano gli interessi tutelati dai citati articoli 23 e 53 in favore di altri interessi costituzionalmente garantiti di rango pari o superiore. Nel caso in esame la disposizione di legge sulla cui base i comuni possono deliberare, l’esenzione e/o la riduzione di tributi comunali è costituita dall’articolo 24 d.l. 133/2014.

Tale possibilità può essere esercitata entro limiti ben circoscritti che si passano ad analizzare.

In primo luogo è necessaria l’adozione di un’apposita delibera da parte dell’ente che decida di utilizzare il suddetto istituto. Si ritiene che il predetto atto, in base alla previsione contenuta nell’articolo 52 d.lgs. 446/1997 che attribuisce ai Comuni la potestà regolamentare per la disciplina dei tributi locali, fatti salvi gli aspetti riservati alla fonte legislativa statale, debba rivestire la forma regolamentare.

Dal punto di vista sostanziale, ossia del suo contenuto, è necessario che l’atto deliberativo comunale fissi/individui “criteri” e “condizioni” in base ai quali i cittadini, singoli o associati, possano presentare progetti relativi ad interventi di riqualificazione del territorio. Tali interventi possono riguardare, come prevede espressamente la disposizione in esame, “la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade, ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano ed extraurbano”.

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E’, altresì, necessario che sussista un rapporto di stretta inerenza tra le esenzioni e/o le riduzioni di tributi che il comune può deliberare e le attività di cura e valorizzazione del territorio sopra indicate che i cittadini possono realizzare.

La disposizione, infine, prevede che l’esenzione dal pagamento dei tributi locali può essere concessa per un periodo limitato e definito di tempo, per tributi specifici e per tipologie di attività individuate dai comuni in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere.

Infine, è previsto che le agevolazioni fiscali sono concesse “prioritariamente” a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute. La presenza dell’avverbio “prioritariamente” e l’espressa previsione contenuta nel primo periodo della disposizione in esame che i cittadini possono essere singoli ed associati conduce a ritenere che anche cittadini singoli possono presentare progetti relativi ad interventi di cura e valorizzazione del territorio cui possono conseguire benefici collegati ad agevolazioni tributarie.

3. Ciò premesso, si passa ad esaminare lo specifico quesito formulato dal Comune di Bologna.

Come si ricava dall’interpretazione letterale dell’articolo 24 d.l. 133/2014, le ipotesi nelle quali i comuni possono accordare agevolazioni tributarie, consistenti nella temporanea esenzione e/o riduzione di tributi locali, devono essere collegate ad interventi relativi alla cura e/o valorizzazione del territorio che i cittadini, in forma singola o associata, propongono all’ente locale nell’ambito delle tipologie di interventi previsti nel secondo periodo della disposizione in esame. Si ritiene, in proposito, che la ratio di tale collegamento tra intervento proposto dai soggetti amministrati legato alla cura del territorio comunale e l’agevolazione tributaria sia funzionale a governare gli effetti che il mancato o il ridotto gettito di alcuni tributi locali possono generare sugli stanziamenti dei bilanci di previsione degli enti locali che abbiano preventivamente adottato regolamenti contenenti la disciplina del cd. baratto amministrativo.

Non si ritiene, viceversa, ammissibile la possibilità di consentire che l’adempimento di tributi locali, anche di esercizi finanziari passati confluiti nella massa dei residui attivi dell’ente medesimo, possa avvenire attraverso una sorta di datio in solutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino debitore che, invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga in essere una delle attività previste dalla norma e relative alla cura e/o valorizzazione del territorio comunale. La Sezione ritiene che tale ipotesi non solo non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della norma in quanto difetterebbe il requisito dell’inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta dai soggetti amministrati, elementi che, peraltro, devono essere preventivamente individuati nell’atto regolamentare del Comune, ma potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio considerato che i debiti tributari del cittadino sono iscritti tra i residui attivi dell’ente.

P.Q.M.

La Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna esprime il proprio parere nei termini di cui in motivazione.

DISPONE

che, a cura della Segreteria di questa Sezione regionale di controllo, copia della presente deliberazione sia trasmessa - mediante posta elettronica certificata - al Sindaco del Comune di Bologna ed al Presidente del Consiglio delle autonomie locali della Regione Emilia- Romagna;

Così deliberato in Bologna, nell’adunanza del 9 marzo 2016.


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