l controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche esercitato dalla Corte dei conti ex art. 3, quarto comma, della l. 14 gennaio 1994, n. 20, eseguito non gia' in rapporto a parametri di stretta legalita', ma in riferimento ai risultati effettivamente raggiunti collegati agli obbiettivi programmati nelle leggi e nel bilancio, ed avente come fine ultimo di favorire una maggiore funzionalita' nella pubblica amministrazione attraverso la valutazione complessiva della economicita'-efficienza dell'azione amministrativa e dell'efficienza dei servizi erogati, non e' tale da connotarsi come controllo assimilabile alla funzione giurisdizionale, e cioe' preordinato alla tutela del diritto oggettivo con "esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico", di talche' la Corte dei conti, nell'esercizio di tale forma di controllo e' priva di legittimazione a sollevare questioni incidentali di costituzionalita'. (Inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 23 dello Statuto della Regione siciliana ed all'art. 4, secondo comma, dl d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654, dell'art. 10 della l. della Regione siciliana 25 ottobre 1975, n. 70). - Sulla legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione di legittimita' costituzionale nell'esercizio del controllo preventivo di legittimita' sugli atti del Governo, v. sent. n. 226 del 1976; sulla esclusione di tale legittimazione della Corte in sede di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, v. S. n. 29/1995. red.: A.G. rev.: S.P. (sentenza 225/1995)

 

 

Il controllo sulla gestione previsto dalle disposizioni impugnate differisce sostanzialmente dai controlli di legittimità e contabili. La diversità non sta soltanto nel fatto, pur rilevante, precedentemente ricordato, secondo il quale, mentre i controlli da ultimo menzionati concernono singoli atti, quello sulla gestione riguarda invece l'attività considerata nell'insieme dei suoi effetti operativi e sociali, ma risiede soprattutto nella struttura stessa della funzione di controllo. Nel caso dei controlli contabili e di legittimità, la Corte dei conti è chiamata a verificare, con una valutazione ex ante, la conformità di determinati atti della pubblica amministrazione ri spetto alle previsioni legislative e di bilancio, tenendo conto anche degli obiettivi prefissati dal legislatore. Nel caso del controllo sulla gestione, invece, la Corte dei conti, come dice espressamente l'impugnato art. 3, quarto comma, è tenuta ad accertare "la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa". In altri termini, in quest'ultimo caso, il controllo consiste nel confronto ex-post tra la situazione effettivamente realizzata con l'attività amministrativa e la situazione ipotizzata dal legislatore come obiettivo da realizzare, in modo da verificare, ai fini della valutazione del conseguimento dei risultati, se le procedure e i mezzi utilizzati, esaminati in comparazione con quelli apprestati in situazioni omogenee, siano stati frutto di scelte ottimali dal punto di vista dei costi economici, della speditezza dell'esecuzione e dell'efficienza organizzativa, nonché dell'efficacia dal punto di vista dei risultati. (sentenza 29 del 1995)

Questa particolare natura del controllo sulla gestione spiega perché l'articolo contestato stabilisce che esso debba essere sempre "successivo", anche quando sia condotto "in corso di esercizio". E spiega anche perché lo stesso articolo, quando afferma che tale controllo possa comportare che si verifichi "la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione", ammettendo pure che la Corte dei conti possa incidentalmente esprimersi "sulla legittimità di singoli atti delle amministrazioni dello Stato", non intende minimamente confondere due forme di controllo radicalmente diverse o stabilire surrettiziamente un potere generale di vigilanza o di controllo diretto a sovrapporsi a quelli disciplinati da altre norme di legge, ma mira semplicemente a dire che la rilevazione di eventuali illegittimità, di scorrettezze contabili o di cattivo funzionamento dei controlli interni possa essere assunta a elemento o a indizio per la distinta valutazione complessiva connessa all'esercizio del controllo sulla gestione.

In ragione della radicale diversità tra il controllo di legittimità o quello contabile e il controllo sulla gestione, quest'ultimo, a differenza dei primi, non incide sull'efficacia giuridica dei singoli atti, né assume rilievo diretto in ordine alla responsabilità dei funzionari. L'esito del controllo di gestione, come precisa l'art. 3, sesto comma, della legge impugnata, consta di relazioni, almeno annuali, che vengono inviate tanto agli organi che assumono le decisioni politiche concernenti gli obiettivi e le prescrizioni da imporre all'amministrazione, quanto alle stesse amministrazioni interessate, al fine di agevolare l'adozione di soluzioni legislative e amministrative dirette al raggiungimento dell'economicità e dell'efficienza nell'azione degli apparati pubblici, nonché dell'efficacia dei relativi risultati.

l'insieme dei controlli previsti negli artt. 100, secondo comma, 125, primo comma, e 130 della Costituzione non preclude al legislatore ordinario di introdurre forme di controllo diverse e ulteriori, purché per queste ultime sia rintracciabile in Costituzione un adeguato fondamento normativo o un sicuro ancoraggio a interessi costituzionalmente tutelati (v., ad esempio, sentt. nn. 359 del 1993, 452 del 1989, 961 e 272 del 1988, 219 del 1984, nonché, in riferimento all'art. 58 dello Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia, sent. n. 85 del 1990).

Più precisamente, anche se l'art. 125 della Costituzione e le corrispondenti disposizioni contenute negli Statuti speciali esprimono implicitamente un'opzione generale a favore del controllo di legittimità sui singoli atti amministrativi regionali, gli stessi articoli non precludono che possa essere istituito dal legislatore un tipo di controllo, come quello previsto dalle disposizioni contestate, che abbia ad oggetto, non già i singoli atti amministrativi, ma l'attività amministrativa, considerata nel suo concreto e complessivo svolgimento, e che debba essere eseguito, non già in rapporto a parametri di stretta legalità, ma in riferimento ai risultati effettivamente raggiunti collegati agli obiettivi programmati nelle leggi o nel bilancio, tenuto conto delle procedure e dei mezzi utilizzati per il loro raggiungimento. Infatti, il disegno costituzionale della pubblica amministrazione - delineato in base ai principi del buon andamento dei pubblici uffici (art. 97), della responsabilità dei funzionari (art. 28), del tendenziale equilibrio di bilancio (art. 81) e del coordinamento dell'autonomia finanziaria delle regioni con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni (art. 119) - permette al legislatore ordinario di sviluppare le potenzialità in esso contenute attraverso la previsione di forme di controllo ulteriori rispetto al controllo, essenzialmente esterno, di legittimità e l'estensione di tali forme ulteriori alle amministrazioni regionali.

Sotto quest'ultimo profilo, è da sottolineare che il riferimento dei principi costituzionali ora ricordati alla pubblica amministrazione in generale - tanto se statale, quanto se regionale o locale - comporta che, salvo espresse deroghe eventualmente contenute in altre norme costituzionali, le forme di controllo previste per l'attuazione di quegli stessi principi esigano un'applicazione tendenzialmente uniforme a tutte le pubbliche amministrazioni e, quindi, postulino la loro estensione anche agli uffici pubblici regionali. Del resto, poiché il fine ultimo dell'introduzione, in forma generalizzata, del controllo sulla gestione è quello di favorire una maggiore funzionalità nella pubblica amministrazione attraverso la valutazione complessiva della economicità/efficienza dell'azione amministrativa e dell'efficacia dei servizi erogati, non si può ragionevolmente pensare che a siffatto disegno rimangano estranee proprio le amministrazioni regionali, cui compete di somministrare la maggior parte delle utilità individuali e colletti ve destinate a soddisfare i bisogni sociali.

 

DOTTRINA

GIURISPRUDENZA

PRASSI


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