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La sospensione cautelare dell’atto impugnato
1. Profili generali
La tutela cautelare disciplinata dall’art. 47 del D.Lgs 546/1992 ha natura giurisdizionale ed è equiparabile all’art. 700 c.p.c., che consente al giudice ordinario la tutela cautelare nella forma d’urgenza quando l’istante dimostri il fondato pericolo di subire un pregiudizio irrimediabile. Con detta norma viene colmata la lacuna del processo tributario disciplinata dal D.P.R. n. 636/1972 recante “Revisione della disciplina del contenzioso tributario” che non prevedeva alcun rimedio finalizzato alla sospensione di un atto impugnabile nell’ambito del giudizio, bensì unicamente un rimedio di natura amministrativa consistente nella domanda all’Intendente di Finanza di sospensione dell’efficacia della riscossione[1], il cui rifiuto era impugnabile innanzi al giudice amministrativo[2].
Poiché, la proposizione del ricorso non ha effetto sospensivo dell’atto impugnato, è necessario che il ricorrente richieda alla commissione provinciale competente la sospensione dell’atto impugnato mediante la proposizione di un’apposita istanza motivata, allorquando dall’atto impugnato possa derivargli un danno grave ed irreparabile. Infatti, l’ufficio tributario, anche se l’accertamento non è divenuto definitivo, deve iscrivere a ruolo, dopo la notifica dell’atto, la metà dell’ammontare delle imposte, contributi e premi corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accerati.
E’ da considerarsi ricorrente non solo colui il quale ha proposto il ricorso, ma anche ogni soggetto che si trovi nella medesima posizione processuale del ricorrente, quale, ad esempio, il litisconsorte necessario che sia ancora in termini per la proposizione del ricorso.
La tutela cautelare non può esser chiesta in pendenza del ricorso in commissione tributaria regionale in quanto l'unica sospensione possibile in materia tributaria è quella relativa all'atto impugnato, e quest’ultimo può esser sospeso solo nel primo grado di giudizio, cioè solo dalla commissione tributaria provinciale. Infatti, nel giudizio innanzi alla CTR l’oggetto è rappresentato dalla decisione del giudice di primo grado[3], se non limitatamente alla parte relativa alle sanzioni pecuniarie ed accessorie. Infatti, ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 472/97, la CTR può sospendere l’esecuzione delle sanzioni applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell’art. 47 D.Lgs. 546/92.
La Consulta, con sent. del 25 maggio 2000, n. 165, nel confermare che la disponibilità di misure cautelari costituisce componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost., ha statuito che, nel processo tributario, "la tutela cautelare debba ritenersi imposta solo fino al momento in cui non intervenga una pronuncia di merito che accolga, con efficacia esecutiva, la domanda, rendendo superflua l'adozione di ulteriori misure cautelari, ovvero la respinga, negando in tal modo, con cognizione piena, la sussistenza del diritto e dunque il presupposto stesso della invocata tutela"[4].
Secondo la circolare n. 73/E del 31 luglio 2001 dell’Agenzia delle Entrate, nel caso di controversie pendenti per le quali, a seguito della sentenza emessa dalle commissioni tributarie regionali, sia stato proposto, dalla controparte, ricorso per Cassazione, gli uffici locali, in ipotesi di presentazione ai sensi dell'art. 373 c.p.c. di istanza di sospensione della esecutività della sentenza, predisporranno, in tempo utile rispetto alla data dell'udienza di comparizione di cui al c. 2 dell'art. 373 citato, apposite memorie illustrative da depositarsi presso la segreteria della commissione adita e avranno cura di partecipare all'udienza. Più precisamente, gli uffici argomenteranno sulla inammissibilità del procedimento e, in via del tutto subordinata, nel merito in ordine al fumus boni iuris (con riferimento alla fondatezza della sentenza impugnata) ed al periculum in mora (in ordine agli effetti negativi scaturenti dall'accoglimento dell'istanza di sospensione comportante l'inibizione della riscossione in corso di giudizio ex art. 68 del D.Lgs 546/1992, con riferimento alla inaffidabilità, dal punto di vista economico, del soggetto debitore).
2. Istanza di sospensione cautelare
L’istanza può essere contenuta:
a) nel medesimo atto di ricorso (ad esempio nel caso di impugnazione di una cartella con iscrizione a ruolo definitiva);
b) oppure, mediante un atto separato (ad esempio nel caso di ricorso contro un avviso di accertamento l’istanza di sospensione potrà essere presentata all’atto della notifica della relativa cartella di pagamento).
L'atto contenente l'istanza di sospensione deve essere notificato all'altra parte secondo le disposizioni contenute nei c. 2 e 3 dell'art. 16 e depositato, unitamente alla prova dell'avvenuta notificazione, presso la segreteria della commissione tributaria competente. Il deposito dell'atto separato contenente la istanza di sospensione può avvenire solo successivamente alla costituzione in giudizio del ricorrente secondo le disposizioni dell'art. 22. Infatti a seguito della presentazione dell'istanza di sospensione sorge nel processo principale un procedimento incidentale e quindi la cognizione sull'istanza di sospensione presuppone che il rapporto processuale si sia regolarmente instaurato.
L’istanza di sospensione deve indicare:
a) la commissione tributaria cui è diretta;
b) il ricorrente ed il suo legale rappresentante, la relativa residenza o sede legale o il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché il codice fiscale;
c) l'ufficio del Ministero delle finanze o dell'Ente locale o dell’Agente della riscossione nei cui confronti è proposta;
d) l'atto impugnato di cui si chiede la sospensione;
e) i motivi;
f) la richiesta di sospensione e l’oggetto del provvedimento;
g) la sottoscrizione in originale dal difensore del ricorrente o della parte personalmente nei casi di legge.
3. Atti oggetto di sospensione
L’istanza di sospensione può riguardare solamente alcuni tra gli atti impugnabili indicati dall'articolo 19 D.Lgs. 546/1992:
a) l’avviso di accertamento;
b) l’avviso di liquidazione;
c) il provvedimento che irroga le sanzioni;
d) il ruolo e la cartella di pagamento.
Poiché gli atti di liquidazione o il mero accertamento dell’imposta, sono di per sé inidonei ad incidere negativamente sulla sua sfera patrimoniale in quanto necessitano, di una successiva attività amministrativa (l’iscrizione a ruolo), per parte della giurisprudenza, oggetto della sospensione sarà l’atto conseguente (iscrizione a ruolo e cartella di pagamento). Pertanto, potrebbe capitare che in presenza di un avviso di accertamento impugnato, qualora l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella di pagamento precedono la fissazione dell’udienza, il contribuente, al fine di tutelare i propri interessi, dovrà impugnare anche la cartella di pagamento notificata in conseguenza dell’avviso di accertamento.
Non sono invece suscettibili di essere sospesi:
- il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi od altri accessori non dovuti o il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizioni agevolate di rapporti tributari.
4. Presupposti
Il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione di due requisiti previsti dalla legge:
a) il "fumus boni iuris" (parvenza di buon diritto): il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato;
b) il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e quindi della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento.
L’istanza di sospensione deve, perciò, essere motivata dal contribuente in modo da offrire la prova della sussistenza dei sopra citati requisiti.
Nella valutazione dei presupposti di concedibilità della sospensione della esecutività dell'atto impugnato bisogna tener conto non solo dell'interesse del ricorrente, ma anche di quello dell'Ente impositore circa la perdita delle garanzie patrimoniali nelle more della definizione del giudizio principale od anche la maggiore difficoltà della esazione futura del credito erariale.
Quando la sospensione è richiesta in materia di sanzioni tributarie non penali (irrogate dopo il 1 aprile 1998) il giudice deve necessariamente concederla a prescindere dalla sussistenza dei sopra citati presupposti se il contribuente produce una idonea garanzia, anche a mezzo fideiussione bancaria o assicurativa e può essere proposta istanza anche dinanzi alla Commissione tributaria Regionale.
5. Trattazione dell’istanza di sospensione
5.1 Procedimento ordinario
Il c. 2, dell'articolo in esame, dispone che il Presidente fissa con proprio decreto la trattazione dell'istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile.
La segreteria della commissione comunicherà mediante avviso, secondo le disposizioni contenute negli artt. 16 e 17, alle parti, almeno 10 giorni liberi prima, la data della udienza in camera di consiglio di discussione della sospensione.
La comunicazione dell’avviso di trattazione viene fatta a tutte le parti, indipendentemente che siano già costituite. La qualifica di parte in senso sostanziale, il tal caso, è sufficiente ad espletare le attività contemplate dalla legge poiché le esigenze della tutela prevalgono sulle pur legittime esigenze di integrità del contraddittorio. Infatti, il D.Lgs n. 546/1992, qualora intende limitare un potere o una facoltà ai soli soggetti formalmente costituiti, adopera le parole “parti costituite” (cfr. gli artt. 31, c. 1 o 33, c. 1)[5]. La partecipazione da parte dell’Ente impositore non costituito formalmente alla trattazione della sospensione, non dà diritto allo stesso di ricevere le successive comunicazioni relative al processo, poiché è pur sempre necessario la formale costituzione.
In tale udienza le parti, ovvero i loro difensori tecnici od i rappresentanti dell'ufficio impositore, sono ammessi a svolgere le proprie ragioni a favore o contro la concessione del provvedimento di sospensione. Pertanto è opportuno una costante e qualificata partecipazione da parte dell’Ufficio alle camere di consiglio relative ai procedimenti cautelari in quanto la concessione o meno della sospensione dell’atto impugnato può influenzare la successiva decisione di merito.
5.2 Procedimento d’urgenza
In ipotesi di eccezionale urgenza, cioè quando il pericolo del danno grave e irreparabile è così imminente da non consentire l'espletamento della procedura camerale, il presidente, valutati i presupposti del "fumus boni iuris" e del danno, in assenza di contraddittorio tra le parti, può concedere, con il medesimo decreto di fissazione della trattazione dell'istanza di sospensione, in via provvisoria, la sospensione della esecutività dell'atto impugnato fino alla celebrazione dell'udienza camerale. La sospensione concessa "inaudita altera parte", per decreto presidenziale, è riesaminata nell'udienza camerale ed il Collegio, sentite le parti, può confermarla, revocarla o modificarla.
6. Ordinanza di sospensione
La sospensiva è un procedimento incidentale, che presuppone la valida instaurazione di quello principale.
Il Collegio, nel segreto della camera di consiglio, si pronuncia con ordinanza succintamente “motivata” e “non impugnabile”. Nel silenzio della norma è da ritenere che tale ordinanza debba essere notificata, a cura del ricorrente, all'ufficio titolare del tributo per i conseguenti provvedimenti.
Del pari se l'impugnativa attiene al ruolo e alla cartella di pagamento o all'avviso di mora, detta ordinanza di sospensione od il decreto presidenziale di sospensione, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria o l'Ente locale non fossero parte del giudizio, devono essere comunicati a questi ultimi a cura dell’Agente della riscossione che è parte in giudizio: ciò per consentire all'ufficio impositore di adottare i necessari adempimenti contabili.
Il provvedimento di sospensione, sia esso emesso sotto forma di ordinanza o di decreto presidenziale, può imporre al ricorrente un versamento di una somma a titolo di cauzione oppure la presentazione di una fideiussione bancaria od assicurativa. In tale ipotesi il provvedimento sospensivo deve, anche precisare i modi ed i termini di prestazione delle cennate garanzie, quali ad esempio l'importo delle somme da versare nonchè il modo ed il termine di versamento, gli elementi dell'atto di fideiussione con particolare riguardo alle somme da garantire, alla durata della garanzia, eccetera. Al puntuale rispetto dei termini e dei modi dettati dal giudice tributario è subordinata la efficacia del provvedimento sospensivo. Pertanto ove il ricorrente non dovesse puntualmente adempiere gli oneri posti a suo carico, l'ufficio del Ministero delle Finanze o l'Ente locale impositore può dare esecuzione al provvedimento impugnato.
Gli effetti dell'atto impugnato possono essere sospesi, ovviamente ricorrendone i presupposti, in tutto od in parte e durano fino alla data di emanazione della sentenza di secondo grado.
La concessione della sospensione dell'esecutività dell'atto impugnato impone una più rapida definizione del processo. In tale ipotesi, infatti, la trattazione del merito della controversia deve essere fissata non oltre 90 giorni dalla data della pronuncia di sospensione.
L'ordinanza di sospensione, per espresso dettato legislativo, non è impugnabile, bensì è soltanto revocabile in caso di mutamento della situazione di fatto esistente al momento della emanazione.
In questa ultima ipotesi occorre la presentazione di una apposita istanza di revoca al medesimo giudice tributario che ha emanato il provvedimento sospensivo, depositata nei modi e nei termini previsti per la istanza di sospensione, ed a seguito della quale sorgerà un nuovo procedimento incidentale del tutto simile al procedimento previsto per l'esame dell'istanza di sospensione sopra descritto.
7. Trattazione della controversia
Nei casi di sospensione dell’atto impugnato, la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre 90 giorni dalla pronuncia di sospensione. Si ritiene che detto termine sia ordinatorio, pertanto l’inosservanza non dà luogo ad effetti processuali.
Gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale.
8. Posizione dell’Ufficio
Qualora il contribuente abbia richiesto la sospensione dell’esecuzione dell’atto, è opportuno che l’Ufficio prenda posizione al riguardo in sede di controdeduzioni o con separate memorie, valutando l’opportunità di chiedere che la sospensione sia subordinata alla prestazione di idonea garanzia.
9. Sospensione dell'esecuzione dell'atto di irrogazione sanzioni
Con il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il legislatore ha fortemente innovato il sistema sanzionatorio tributario e ha introdotto una specifica disciplina in materia di esecuzione delle sanzioni, applicando il principio, proprio dei tributi e degli interessi, della riscossione frazionata in pendenza di giudizio. In caso di ricorso alle Commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata, si applicano le disposizioni dell' art. 68, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 546/1992 (pagamento del tributo in pendenza del processo). E’ stato stabilito che la Commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione delle sanzioni tributarie principali, applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell' art. 47, D.Lgs. n. 546/1992. La sospensione deve essere concessa, se viene prestata idonea garanzia anche a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa. Il ricorrente può chiedere un provvedimento di sospensione della riscossione parziale alla Commissione tributaria regionale, presentando apposita istanza motivata, che può anche può essere contenuta in atto separato, da notificare alle altre parti e da depositare in segreteria a norma dell' art. 22, D.Lgs. n. 546/1992.
10. Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato
I commi 1 e 2 dell’articolo 47-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 individuano le condizioni in base alle quali la Commissione tributaria provinciale può concedere la sospensione dell’efficacia dell’atto di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea ai sensi dell'art. 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999 (cd. "decisione di recupero").
I presupposti per la concessione della misura cautelare in esame sono i seguenti:
a) la presenza di gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, ovvero la sussistenza di un evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell’aiuto di Stato ovvero di un evidente errore nel calcolo della somma da recuperare, nei limiti di tale errore;
b) il pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile conseguente all’esecuzione dell’atto.
Per espressa previsione normativa, il requisito sub b) deve sussistere cumulativamente con almeno uno dei requisiti individuati sub a).
La previsione della “gravità” dei motivi comporta che, in sede di valutazione della sussistenza del presupposto in esame, la Commissione tributaria provinciale potrà concedere la sospensione dell’atto impugnato solo se vi siano gravi riserve sulla validità della decisione di recupero.
In proposito, la Corte di giustizia CE ha osservato che “non possono essere adottati provvedimenti provvisori se non quando le circostanze di fatto e di diritto invocate dai ricorrenti inducano il giudice nazionale a convincersi dell’esistenza di gravi dubbi sulla validità del regolamento comunitario sul quale l’atto amministrativo impugnato è fondato. Solo la possibilità di un’invalidazione, riservata alla Corte, può infatti giustificare la concessione di provvedimenti provvisori.” Nel valutare i gravi motivi, la Commissione tributaria provinciale deve tener conto anche di precedenti pronunce della Corte di giustizia o del Tribunale di primo grado sulla legittimità dell’atto comunitario.
10.1 Motivi attinenti all’illegittimità della decisione
Se ravvisa la sussistenza di gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, il Collegio provvede all’immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia, formulando contestualmente la richiesta di trattazione d’urgenza ai sensi dell’articolo 104-ter del Regolamento di procedura della Corte del 19 giugno 1991 e successive modifiche, sempre che la questione di validità dell’atto comunitario non sia stata già rinviata alla Corte europea (art. 47-bis, c. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992).
I gravi motivi richiesti dalla norma in commento devono sostanziarsi in evidenti ragioni di fatto e di diritto, dettagliatamente specificate dal Giudice tributario. Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, “il giudice nazionale non può limitarsi a proporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale per l’accertamento della validità del regolamento, ma deve precisare, al momento di concedere il provvedimento urgente, i motivi per i quali esso ritiene che la Corte sarà indotta a dichiarare l’invalidità di tale regolamento”. con separata ordinanza, la Commissione tributaria provinciale provvede altresì a sospendere il giudizio di merito.
L’ultimo periodo del c. 2 del citato art. 47-bis stabilisce che l’istanza di sospensione dell’atto impugnato, proposta per motivi attinenti alla legittimità della decisione di recupero, non può in ogni caso trovare accoglimento se:
- la parte istante, pur avendone facoltà perché individuata o chiaramente individuabile, non ha proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi dell’articolo 230 del Trattato istitutivo della Comunità europea;
- la parte istante abbia proposto impugnazione ai sensi del citato art. 230 del Trattato, senza tuttavia richiedere la sospensione della decisione di recupero ai sensi del successivo articolo 242;
- la sospensione della decisione, richiesta ai sensi del predetto art. 242 del Trattato, non è stata concessa.
Al riguardo si segnala che, secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee, “il beneficiario di un aiuto dichiarato incompatibile, che avrebbe potuto impugnare la decisione della Commissione, non può contestare la legittimità della medesima dinanzi ai giudici nazionali nell’ambito di un ricorso proposto avverso i provvedimenti presi dalle autorità nazionali in esecuzione di questa decisione”. Ammettere infatti che in circostanze del genere l’interessato possa, dinanzi al giudice nazionale, opporsi all’esecuzione della decisione comunitaria eccependo l’illegittimità di quest’ultima equivarrebbe a riconoscergli la possibilità di eludere il carattere definitivo della decisione nei suoi confronti dopo la scadenza del termine di ricorso previsto all’art. 230, c.5.
10.2 Errore nell’individuazione del soggetto destinatario dell’atto di recupero
Un altro dei presupposti che - sempre unitamente al periculum in mora - consente la concessione della misura cautelare è l’evidente errore nell’individuazione del soggetto destinatario dell’atto di recupero. L’erroneità nell’individuazione del soggetto chiamato alla restituzione deve emergere prima facie, ossia allo stato degli atti e senza che sia necessaria alcuna indagine o apprezzamento coinvolgente il merito. La necessità che l’errore emerga da elementi di immediata percezione trova, infatti, la sua base normativa nell’aggettivo “evidente” che la norma in commento ha utilizzato per la caratterizzazione dell’errore idoneo a fondare un provvedimento di sospensione. L’evidenza dell’errore, tuttavia, non può ridursi alla mera constatazione dell’avvenuta eccezione da parte del ricorrente, ma necessita di una valutazione in ordine alla concreta sussistenza dell’errore, sebbene l’accertamento svolto dal Giudice tributario in tale fase processuale è comunque limitato a un esame sommario degli atti. In definitiva, la circostanza che l’errore sia connotato dai caratteri dell’evidenza e che si manifesti all’esito di un’indagine di natura sommaria, quale è quella esperita in sede cautelare, circoscrive la ricorrenza di tale presupposto ad ipotesi di discrasie soggettive palesi.
10.3 Errore di calcolo
L’errore di calcolo è solo quello facilmente rilevabile dagli elementi indicati dall’Ufficio nell’atto di recupero. Più specificamente, si tratta del caso in cui l’importo complessivamente preteso dall’Ufficio sia superiore a quello risultante dalla liquidazione delle singole voci poste a base del recupero; tale incongruenza deve essere frutto di un palese errore di calcolo.
Si precisa che la sospensione dell’esecutività dell’atto impugnato fondata sull’errore di calcolo può essere disposta solo nei limiti dell’errore invocato.
10.4 Pericolo nel ritardo
Per espressa previsione normativa, la sussistenza di almeno uno dei presupposti indicati sub lett. a) dell’art. 47-bis (e sopra descritti a paragrafi 10.1, 102 e 10.3) deve essere necessariamente accompagnata dalla dimostrazione del pericolo nel ritardo. In proposito si osserva che il cosiddetto periculum in mora costituisce un requisito comune a tutti i provvedimenti di natura cautelare. La sospensione dell’atto di recupero è, quindi, possibile solo in caso di accertato “pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile”, che deve sostanziarsi nel pericolo concreto, effettivo ed immediato di un danno grave ed irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto e non suscettibile di un successivo ristoro in presenza di una decisione definitiva favorevole all’istante. In particolare, il pregiudizio deve essere così rilevante ed irreversibile da richiedere - nelle more dell’emanazione della sentenza di merito - l’immediato intervento del Giudice e la concessione della misura cautelare. L’accertamento in ordine a tale presupposto, che l’istante deve provare con elementi certi ed univoci, non può essere sommariamente limitato all’entità dell’importo richiesto, quindi rapportato a soli criteri quantitativi, ma deve tener conto anche degli elementi soggettivi, della complessiva situazione patrimoniale ed aziendale del richiedente, nonché della sottesa finalità del recupero che trova radice nelle determinazioni comunitarie. Può, inoltre, essere oggetto di valutazione anche il comportamento tenuto dal contribuente successivamente alla pubblicazione della decisione di recupero.
Si ricorda, al riguardo, che il paragrafo 3 dell’art. 26 del Regolamento n. 659/1999 prevede che siano pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea le decisioni con le quali la Commissione dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune. Tale pubblicità consente la tempestiva diffusione e conoscenza della illegalità dell’aiuto e potrà, quindi, consentire ai soggetti interessati, entro un ragionevole arco temporale e nei limiti delle risorse disponibili, l’adozione delle usuali tecniche contabili o di gestione aziendale volte a precostituirsi le idonee riserve finanziarie per fronteggiare eventi caratterizzati dalla prevedibilità. Infatti, poiché il recupero dell’aiuto di Stato risponde ad esigenze sopranazionali consistenti nel ripristino della situazione esistente sul mercato precedentemente alla concessione dell’aiuto stesso, alla decisione di recupero adottata dalla Commissione europea segue inevitabilmente la
procedura di recupero in ambito nazionale. Tali esigenze sopranazionali rendono evidente come il presupposto del “pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile” debba essere valutato
con estrema attenzione, adottando criteri oggettivi e soggettivi, onde pervenire ad una corretta determinazione che, pur non tralasciando le esigenze di effettiva tutela del singolo, non sia di ostacolo ad una immediata ed effettiva azione di recupero.
10.5 Procedimento
Ai sensi del c. 3 dell’art. 47-bis, “Fermi restando i presupposti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5, 7 e 8 dell’art. 47; ai fini dell’applicazione del c. 8 rileva anche il mutamento del diritto comunitario”. Non trovano applicazione nelle controversie in esame le disposizioni del comma 3 del citato art. 47, che prevedono la facoltà per il Presidente di concedere con decreto, in casi di eccezionale urgenza, la sospensione inaudita altera parte. Il legislatore, inoltre, non ha richiamato le disposizioni di cui al c. 6 dell’art. 47, in quanto il c. 4 dell’art. 47-bis prevede una disciplina speciale in tema di termini per la fissazione della trattazione della controversia nel merito. Infatti, Le controversie relative agli atti per il recupero di aiuti di Stato sono definite, nel merito, nel termine di 60 giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione. Alla scadenza del termine di 60 giorni dall'emanazione dell'ordinanza di sospensione, il provvedimento perde comunque efficacia, salvo che la Commissione tributaria provinciale, entro il medesimo termine, riesamini, su istanza di parte, l'ordinanza di sospensione e ne disponga la conferma, anche parziale, fissando comunque un termine di efficacia, non prorogabile, non superiore a 60 giorni. Non si applica la disciplina sulla sospensione feriale dei termini. Nel caso di rinvio pregiudiziale, il termine per la definizione nel merito delle controversie è sospeso dal giorno del deposito dell'ordinanza di rinvio e riprende a decorrere dalla data della trasmissione della decisione della Corte di giustizia CE.
Infine, in relazione al c. 8 dell’art. 47 del D.Lgs. n. 546 del 1992, si ricorda che la disposizione richiamata prevede la revoca dell’ordinanza di sospensione in caso di mutamento della situazione di fatto esistente al momento della emanazione. In proposito, il legislatore ha precisato che nelle controversie aventi ad oggetto gli atti di recupero in esame rilevano anche le ipotesi di mutamento del diritto comunitario[6].
10.6 Giudizio in appello
In caso di impugnazione della sentenza pronunciata sul ricorso avverso uno degli atti di recupero di aiuti di Stato, tutti i termini del giudizio di appello davanti alla Commissione tributaria regionale, ad eccezione di quello stabilito per la proposizione del ricorso, sono ridotti alla metà. Nel processo di appello le controversie relative agli atti di recupero di aiuti di Stato hanno priorità assoluta nella trattazione. Si applicano le disposizioni processuali descritte per il primo grado.
11. Sospensione amministrativa
Oltre la sospensione, in via giudiziale, dell'esecutività dell'atto impugnato, il ricorrente ha la possibilità di chiedere la sospensione anche in via amministrativa all’ufficio impositore in base alle seguenti disposizione:
- art. 19, D.P.R. n. 602/73 in base al quale “l’Agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili”;
- art. 19 bis, D.P.R. n. 602/73 in base al quale “se si verificano situazioni eccezionali, a carattere generale o relative ad un'area significativa del territorio, tali da alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti, la riscossione può essere sospesa, per non più di dodici mesi, con decreto del Ministero delle finanze”;
- art. 39, c. 1, del D.P.R. n. 602/1973 in base al quale “il ricorso contro il ruolo di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, non sospende la riscossione; tuttavia, l'ufficio delle entrate o il centro di servizio ha facoltà di disporla in tutto o in parte fino alla data di pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente. Il provvedimento può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione”;
- art. 56, c. 1, lett. a), del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, così come modificato dall'art. 3, comma 135, lettera c), della L. 28 dicembre 1995, n. 549, in base al quale “l’Ufficio può sospendere la riscossione, prima dell'emanazione della sentenza di primo grado, del terzo della maggiore imposta di registro accertata”;
- combinato disposto del sopra citato art. 56, c. 1, lett. a), del D.P.R. n. 131 del 1986 e dell'art. 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, in base al quale “l’Ufficio può sospendere la riscossione del terzo della maggiore imposta catastale ed ipotecaria accertata”;
- art. 40, c. 2, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, in base al quale “l’Ufficio può sospendere la riscossione prima dell'emanazione della sentenza di primo grado, del terzo dell'imposta complementare di successione o donazione accertata”;
- art. 2-quater del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, in base al quale “nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato”.
Va precisato che nessuna possibilità di sospensione in via amministrativa della esecutività degli atti impugnati è prevista dalle vigenti disposizioni sui tributi comunali e locali.
12. Sospensione o rateazione della cartella di pagamento impugnata giudizialmente ed applicazione dell’art. 48 bis del DPR 602/1973
Con il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria generale dello Stato - 18 gennaio 2008, n. 40, è stato adottato il regolamento volto a disciplinare le modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del DPR n. 602/1973, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni e delle società a partecipazione pubblica[7], disposizione introdotta dall’articolo 2, comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, successivamente modificata dall’articolo 19 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, nonché dall’articolo 2, comma 17, della legge 15 luglio 2009, n. 94.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento (29 marzo 2008), le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, c. 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a 10.000 euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
La Ragioneria Generale con circolare 29 luglio 2008 n. 22, con riferimento alla sospensione o rateazione della cartella di pagamento, ha precisato che, non si è in presenza di una cartella per la quale è ‘scaduto’ il termine di pagamento, essendo stato emesso un provvedimento che ha inciso proprio su detto termine, nelle seguenti situazioni:
- sia stata richiesta e accordata una dilazione del pagamento della cartella di pagamento a norma dell’articolo 19 del D.P.R. n. 602/1973 (recentemente modificato dall’articolo 36 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31);
- sia stata accordata una sospensione amministrativa della riscossione, ai sensi dell’articolo 19-bis o dell’articolo 39 del citato decreto;
- nel caso in cui il debitore potrebbe aver beneficiato di un provvedimento di sospensione della riscossione ottenuto in via di autotutela (articolo 2-quater, comma 1-bis, del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656) ovvero in via giudiziale (articolo 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546).
Pertanto, nel caso di rateazione, il termine risulta ‘frazionato’ in una serie di rate, ciascuna rappresentante un adempimento per il debitore, mentre nell’ipotesi di sospensione, la scadenza originaria del pagamento risulta differita sino al verificarsi di una data condizione (decisione in autotutela, pronuncia giurisdizionale, ecc.). Ne consegue che nelle suddette ipotesi non trova applicazione l’articolo 48-bis per carenza del presupposto relativo all’inadempimento dell’obbligo
di versamento scaturente da una cartella di pagamento, come del resto è possibile desumere dall’art. 3, c. 5, del Regolamento.
[1] CTR di Roma 16 marzo 2004 n. 42 per la quale “nel giudizio di appello non può essere chiesta la sospensione dell'atto impugnato (né della sentenza di primo grado). Infatti per il coordinato disposto dell'art. 47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e del successivo art. 61, tra gli istituti previsti nell'ambito del giudizio di primo grado che risultano non applicabili al giudizio di appello vi è il procedimento incidentale suddetto la cui efficacia è espressamente limitata temporalmente a non oltre la sentenza di primo grado”.
[2] Cass. SS.UU. 20 luglio 1989 n. 3408.
[3] Corte Cost. 27 luglio 2001 n. 325 e Corte Cost. ord. 19 luglio 2000 n. 217 per la quale “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 47 e 49 del D.Lgs. 546/1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione”.
[4] Cass. sez. trib. 21 gennaio 2000 n. 18 in base alla quale la Corte nel ribadire la discrezionalità del legislatore, ha escluso l'esistenza di un principio, costituzionalmente rilevante, di necessaria uniformità tra i vari tipi di processo.
[5] Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, Ris. n.10 del 7 ottobre 2003.
[6] Circ. n. 42/E del 29 aprile 2008 Agenzia delle Entrate
[7] Con circolare n. 29 del 8 ottobre 2009 il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – ha fornito nuovi chiarimenti in merito alle “Modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni”.
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