Problemi e casi pratici
1. Processo tributario. Aspetti generali
1.1 D. E’ applicabile al contenzioso tributario il diritto all'indennizzo dovuto a causa dell'irragionevole durata del processo?
R. L’equa riparazione prevista dalla legge 89/2001 (la cosiddetta "legge Pinto") per le violazione dell'art. 6, p. 1 CEDU non è riferibile alla eventuale eccessiva protrazione della durata di controversie, involgenti la potestà positiva dello Stato, in quanto restano escluse dal quadro di tutela della norma comunitaria.
1.2 D. In che rapporto si collocano le disposizioni del codice di procedura civile rispetto alla disciplina di cui al Lgs. 546/92?
R. L’art. 1 c. 2 del D.Lgs. 546/92 dispone il rinvio alle norme del codice di procedura civile compatibili con quelle del processo tributario. Tra i due sistemi sussiste un rapporto di specialità tale che la presenza di una norma processuale tributaria esclude l’operatività di quella processuale comune (Cass. nn. 10474 del 2003 e 4274 e 15687 del 2002).
A differenza del previgente sistema normativo, di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, il richiamo alle norme del codice di procedura civile non è più limitato soltanto al libro I del codice di procedura civile.
2. Giurisdizione
2.1 D. Quali sono le conseguenze nel caso in cui una disposizione legislativa preveda una modifica della giurisdizione relativamente a determinate controversia, attribuendone la giurisdizione dal giudice ordinario al giudice tributario o viceversa?
R. La giurisdizione, in base al principio della perpetuatio jurisdictionis, di cui all’art. 5 c.p.c si determina con riferimento alla legge vigente e alla stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Un caso pratico è rappresentato dal mutamento della giurisdizione disposto per determinate controversie dall' art. 3-bis del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 che ha riconosciuto la giurisdizione tributaria relativamente alle controversie inerenti al canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l'imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni. Pertanto:
a) tutti i giudizi già incardinati dinanzi al giudice ordinario alla data del 2 dicembre 2005 proseguono presso quest'ultimo in quanto non vengono influenzati dalla novella in rassegna;
b) tutti i giudizi già incardinati dinanzi al giudice tributario alla data del 2 dicembre 2005, ancorché la giurisdizione al momento della domanda fosse stata carente, proseguono presso quest'ultimo, in quanto la novella legislativa ne conferma al giurisdizione.
2.2 D. A quale giudice è attribuita la giurisdizione tributaria relativamente alle controversie inerenti la debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP ).
R. A seguito della sentenza n. 64 del 14 marzo 2008 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, c. 2, secondo periodo, D.Lgs. 546/1992 – come modificato dall’art. 3-bis, c. 1, lett. b), del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, nella parte in cui stabilisce che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del COSAP, le stesse appartengono al giudice ordinario.
2.3 D. Quali effetti conseguono alla sentenza di incostituzionalità n. 64 del 14 marzo 2008 della Corte Costituzionale sulle controversie pendenti al momento della dichiarazione?
R. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non essendo una forma di abrogazione della legge ma una conseguenza della sua invalidità originaria, ha efficacia retroattiva, nel senso che investe anche situazioni processuali precedenti alla sentenza di abrogazione, salvo l’avvenuta formazione del giudicato e la presenza di preclusioni processuali già verificatesi.
Di conseguenza le relative controversie se ancora pendenti al momento della dichiarazione di illegittimità costituzione devono essere riassunte dinanzi al giudice fornito di giurisdizione (c.d. traslatio judicii).
2.4 D. Qual è la natura giuridica della Tariffa di Igiene Urbana (TIA)?
R. La TIA ha natura tributaria e non è assoggettabile ad IVA (Cass. 238/2009). Così come la TARSU, la TIA è estranea all’ambito di applicazione dell’IVA, in considerazione sia dell’insussistenza di un rapporto di sinallagmaticità, sia della mancanza di una norma che espressamente assoggetti ad IVA tale servizio.
2.5 D. Con quale modalità va proposta da parte del contribuente l’azione di recupero dell’IVA versata sulla TIA?
R. Il consumatore finale, soggetto passivo di fatto nel meccanismo di applicazione dell'IVA ed estraneo al rapporto tributario, non difetta di legittimazione all'azione di rimborso, ma non è in grado di esperire tale rimedio con ricorso alle Commissioni tributarie; per ottenere tutela giurisdizionale potrà rivolgersi, in quanto l'IVA costituisce parte integrante del corrispettivo pagato, dinanzi al giudice ordinario (giudice di pace dove ha sede l’Ente qualora il rimborso non supera € 2.582,28 ovvero il tribunale per importi superiori) il quale stabilirà se tale domanda possa essere proposta oltre che nei confronti del cedente anche nei confronti dell'Amministrazione finanziaria (Cass. sez. trib. 14 maggio 2001 n. 208). Si è pertanto nel campo di applicazione dell’art. 2033 c.c. (indebito oggettivo) e la relativa azione di indebito si prescrive in dieci anni dal giorno del pagamento.
2.6 D. A quale giudice è attribuita la giurisdizione avente ad oggetto le controversie relative ai canoni di depurazione?
R. Il canone di depurazione di acque reflue ha, dopo il 3 ottobre 2000, natura di corrispettivo patrimoniale, per cui il relativo contenzioso:
- fino al 3 ottobre 2000 rientra nella giurisdizione del giudice tributario;
- dal 3 ottobre 2000 e fino all’entrata in vigore della legge 248/2005 rientra nella giurisdizione del giudice ordinario;
- dal 2 dicembre 2005 (data di entrata in vigore della legge 248/2005) rientra nella giurisdizione del giudice tributario.
2.7 D. Qual è l’effetto della sentenza n. 335 del 10 ottobre 2008 della Corte costituzionale che ha sancito l’illegittimità della L. 36/94 nonché del D.Lgs. 152/06 nella parte in cui prevedevano che, anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, il contribuente dovesse comunque versare la relativa quota di tariffa per il servizio di depurazione?
Tale pronuncia ha effetto retroattivo, salvo il limite del giudicato e delle situazioni giuridiche divenute irrevocabili. L’efficacia retroattiva, ai fini del rimborso, non può estendersi oltre la prescrizione ordinaria, che il decreto ministeriale attuativo della L. 13/2009 fissa in 5 anni (conforme sui termini di prescrizione: Corte conti Lombardia n. 25 del 20 febbraio 2009; Corte conti Campania n. 25 del 29 maggio 2009).
2.8 D. Il giudice tributario può giudicare in merito alla legittimità di una delibera comunale che determina le tariffe dei tributi?
R. Trattandosi di un atto amministrativo posto a monte dell'accertamento e della determinazione in concreto del tributo, la controversia esula dalla giurisdizione delle commissioni tributarie, il cui potere di annullamento riguarda soltanto gli atti indicati dall'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, e non si estende agli atti amministrativi generali, dei quali l'art. 7 del medesimo D.Lgs. consente soltanto la disapplicazione, ferma restando l'impugnabilità degli stessi dinanzi al giudice amministrativo.
2.9 D. Entro quali termini può esser fatto valere dalle parti il difetto di giurisdizione ovvero può esse rilevato d’ufficio dal giudice?
R. Le parti possono sollevare la questione di giurisdizione anche dopo il termine per la presentazione di memorie e repliche e anche per la prima volta nell’eventuale pubblica udienza. Il giudice può rilevare anche di ufficio il difetto di giurisdizione, fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato, pertanto anche in fase di decisione. Laddove, a seguito della questione di giurisdizione sollevata dalle parti la commissione provinciale abbia deciso, seppur erroneamente la propria giurisdizione, e la parte non abbia proposto specifico appello sul capo della sentenza, la commissione regionale non potrà più rilevare il difetto di giurisdizione.
2.10 D. A quale giudice (ordinario o tributario) compete la giurisdizione sulla cognizione della causa di ripetizione di somme versate, nei casi in cui l’Ente impositore ha riconosciuto la spettanza del rimborso?
R. La controversia in materia di rimborso dei tributi è devoluta alla cognizione del giudice ordinario nell’ipotesi in cui, l'Ente impositore abbia formalmente riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso, in quanto la controversia non riguarda più il rapporto giuridico d’imposta ma è circoscritta all’indebito oggettivo determinato dall’incondizionato riconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria del diritto fatto valere dal contribuente (Cass. SS.UU. 5 marzo 2008 n. 5902).
2.11 D. A quale giudice (ordinario o tributario) compete la giurisdizione sulla cognizione della causa di ripetizione di somme provvisoriamente versate, nel corso del giudizio tributario, che si sia concluso con sentenza passata in giudicato e che abbia definitivamente annullato (anche per vizi propri) la cartella di pagamento?
R. Deve riconoscersi la giurisdizione del giudice tributario qualora il contribuente, pur avendo conseguito una decisione (avente autorità di cosa giudicata) del giudice speciale in merito all’annullamento della pretesa fiscale, non abbia titolo giudiziario idoneo per l’esecuzione dell’obbligo di pagamento per mancanza di statuizione sul punto (Cass. SS.UU. 8 ottobre 2008 n. 24774).
2.12 D. A quale giudice è devoluta la cognizione delle controversie relative all’impugnazione di un avviso di mora?
R. L’avviso di mora non è un atto dell’esecuzione, ma un atto prodromico all’esecuzione e, come tale, esso può essere impugnato innanzi al giudice tributario, cui spetta la giurisdizione esclusiva in materia. Là dove il contribuente contesti la legittimità dell’avviso di mora. Nel processo tributario tutte le contestazioni relative alla legittimità formale e sostanziale degli atti di imposizione attengono alla materia della cognizione, e non dell’esecuzione, e sono come tali funzionalmente devolute al giudice tributario (Cass. SS.UU. 15 ottobre 2009 n. 21891).
2.13 D. Il preavviso di fermo amministrativo di cui all'articolo 86 del Dpr 602/1973 che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario?
R. Il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973 che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria è impugnabile innanzi al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a portare a conoscenza del medesimo contribuente, destinatario del provvedimento di fermo, una determinata pretesa tributaria rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l'interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva.
2.14 D. A quale giudice (ordinario o tributario) compete la giurisdizione relativa ad una controversia che riguarda l’impugnazione innanzi al giudice tributario di un preavviso di fermo di beni mobili registrati ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, notificato al contribuente dal concessionario per la riscossione in relazione ad una cartella esattoriale?
R. La giurisdizione sulle controversie relative al fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973, appartiene al giudice tributario ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, c. 1 e 19, c. 1, lett. e-ter), D.Lgs. n. 546/1992, solo quando il provvedimento impugnato concerne la riscossione di tributi. Il giudice tributario innanzi al quale sia stato impugnato un provvedimento di fermo di beni mobili registrati ai sensi dell’art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973, deve accertare quale sia la natura - tributaria o non tributaria - dei crediti posti a fondamento del provvedimento in questione, trattenendo, nel primo caso, la causa presso di sé, interamente o parzialmente (se il provvedimento faccia riferimento a crediti in parte di natura tributaria e in parte di natura non tributaria), per la decisione del merito e rimettendo, nel secondo caso, interamente o parzialmente, la causa innanzi al giudice ordinario, in applicazione del principio della translatio iudicii. Allo stesso modo deve comportarsi il giudice ordinario eventualmente adito. Il debitore, in caso di provvedimento di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti (Cass. SS.UU. 5 giugno 2008 n. 14831).
3. Atti impugnabili
3.1 D. L’elenco degli atti impugnabili di cui all'art. 19 del D.Lgs. 546/92 deve ritenersi un elenco tassativo e di stretta interpretazione nominalistica?
R. Gli atti impugnabili di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 non devono ritenersi un elenco tassativo e di stretta interpretazione nominalistica. Spetta al giudice tributario, cui è devoluta l'impugnazione circa la legittimità dell'atto notificato al contribuente, valutarne il contenuto "sostanzialmente impositivo", inteso quale attitudine a rappresentare e rendere conoscibile - negli elementi essenziali e sufficienti per adire la tutela amministrativa o giudiziale - la pretesa tributaria (Cass. sez. trib. 14 ottobre 2008 n. 27385).
3.2 D. Un avviso di pagamento è impugnabile innanzi alla Commissione tributaria?
R. L'elencazione tassativa degli atti impugnabili innanzi al giudice tributario, nel termine perentorio fissato dall’art. 22, contenuta nell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, non esclude la facoltà del contribuente di impugnare innanzi al medesimo giudice anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco ma contenenti, come l'avviso di pagamento, la manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria. In ogni caso la mancata impugnazione di un atto, non espressamente indicato nell'art. 19, contenente la manifestazione di detta pretesa tributaria nel termine di cui all'art. 22 del D.Lgs. n. 546 del 1992 non determina la non impugnabilità (cristallizzazione) di quella pretesa che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall'art. 19 (Cass. sez. trib. 8 ottobre 2007 n. 21045).
3.3 D. La cartella di pagamento, quando faccia seguito ad un avviso di accertamento, è sindacabile innanzi al giudice solo per vizi propri oppure anche per questioni attinenti all’accertamento?
R. L'art. 19 D.Lgs. 546/1992, dopo aver incluso, alla lettera d) del suo primo comma, la «cartella di pagamento» tra gli atti autonomamente impugnabili innanzi al giudice tributario, con la seconda proposizione del suo comma 3 dispone testualmente che «ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri». Pertanto nel caso in esame la cartella di pagamento costituisce soltanto una intimazione di pagamento della somma dovuta in forza dell'avviso e non costituisce un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che è sindacabile, in base all'art. 19, c. 3, innanzi al giudice solo per vizi propri, con esclusione di qualsiasi questione attinente alla legittimità dell'accertamento (Cass. sez. trib. 6 settembre 2004 n. 17937).
3.4 D. L’omessa notifica di un atto presupposto (avviso di accertamento) quali effetti produce sulla validità dell'atto consequenziale regolarmente notificato (cartella di pagamento)?
R. L’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato, ossia della cartella di pagamento, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata dal rispetto di una sequenza procedimentale di atti, ritualmente notificati, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del contribuente (Cass. sez. trib. 15 luglio 2009 n. 16444).
3.5 D. Il destinatario di una cartella di pagamento del cui atto presupposto sia contestata la nullità della notificazione è tenuto ad impugnare anche tale atto per vizi propri?
R. Secondo il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, la cartella esattoriale può essere impugnata per omessa o invalida notificazione di un atto presupposto, quale l’avviso di accertamento, di rettifica o liquidazione, vizio procedimentale che determina l’invalidità della cartella stessa, anche se non viene impugnato l’atto presupposto, attraverso la deduzione di vizi propri di quest’ultimo; l’impugnazione della cartella per vizio della notifica dell’atto presupposto non può dar luogo a sanatoria di tale vizio (Cass. sez. trib. 18 settembre 2009 n. 20098).
3.6 D. L'accertamento tributario, i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere o meno notificato al fallito?
R. L'accertamento tributario deve essere notificato sia al curatore - in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare o, comunque, della loro idoneità a incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento - ma anche nell’ipotesi esaminata al contribuente - fallito, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario. In ogni caso la legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento dell’imposta è riconosciuta la contribuente - fallito solo in caso di inerzia degli organi fallimentari, sicchè qualora il curatore abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto in lite, promuovendo il giudizio o intervenendovi, il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed perciò opponibile da chiunque e rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. trb. 11 marzo 2009 n. 8257).
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