Maggio 2016
INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI CONTENUTO DELLA NUOVA LEGGE DEL BILANCIO DELLO STATO E DI EQUILIBRIO DI BILANCIO DELLE REGIONI E DEGLI ENTI LOCALI, DI CUI ALLA LEGGE N. 243 DEL 2012

 

Sezioni riunite in sede di controllo

Indagine conoscitiva in materia di contenuto

della nuova legge del bilancio dello Stato e di equilibrio di bilancio delle Regioni e degli Enti locali, di cui alla legge n. 243 del 2012 (A.C. n. 3828 e A.S. n. 2344)

Commissioni bilancio riunite del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati

Maggio 2016

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI CONTENUTO DELLA NUOVA LEGGE DEL BILANCIO DELLO STATO E DI EQUILIBRIO DI BILANCIO DELLE REGIONI E DEGLI ENTI LOCALI, DI CUI ALLA LEGGE N. 243 DEL 2012

(A.C. n. 3828 e A.S. n. 2344)

Maggio 2016

INDICE
Deliberazione 1

Proposta di legge: BOCCIA ed altri: "Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell'articolo 15 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (A.C. 3828)

3 Premessa 3

Articolo 1: Controllo parlamentare della spesa, ciclo e strumenti della
programmazione finanziaria e di bilancio 4

a) ladatadipresentazionedeivaridocumenti 4

b) modifiche al contenuto dei documenti programmatici 6

Articolo 2: Bilancio di previsione 7

Prima sezione (comma 3, commi da 1-bis ad 1-quinquies) 8

1) la definizione dei saldi 8

2) la componente normativa della manovra 9

3) i fondi speciali 11

4) altri contenuti 11

5) il vincolo finanziario 12

6) il vincolo contenutistico 12

7) la questione della copertura 13

Seconda sezione (dal nuovo comma 1-sexies di cui al comma 3 al comma 5) 15

Articolo 3: Copertura finanziaria delle leggi 17

Articoli 4: Classificazione delle spese; Articolo 5: Assestamento e variazioni
di Bilancio; Articolo 6: Copertura finanziaria 21

Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci
delle regioni e degli enti locali (A.S. n. 2344) 23

Premessa 23 1. Il quadro normativo da riformare 24 2. Dal Patto di stabilità interno agli equilibri di bilancio 27 3. I profili di incostituzionalità della legge n. 243 28 4. L’equilibrio di bilancio delle Amministrazioni locali 30 5. Altri possibili profili di criticità 33 6. Considerazioni conclusive 36

Pag.

N. 7/SSRRCO/AUD/16

La

A Sezioni riunite in sede di controllo

Presiedute dal Presidente Angelo BUSCEMA e composte dai magistrati

Presidenti di sezione
Mario FALCUCCI, Gaetano D’AURIA, Carlo CHIAPPINELLI;

Consiglieri
Giovanni COPPOLA, Anna Maria LENTINI, Roberto BENEDETTI, Luisa D’EVOLI, Paola COSA, Francesco UCCELLO, Adelisa CORSETTI, Ugo MARCHETTI, Francesco TARGIA, Clemente FORTE, Maria Teresa D’URSO, Alessandra SANGUIGNI, Giuseppe Maria MEZZAPESA, Laura D’AMBROSIO, Stefania PETRUCCI, Marco BONCOMPAGNI;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo, approvato dalle Sezioni riunite con deliberazione n. 14/DEL/2000 del 16 giugno 2000 e successive modificazioni e integrazioni, e in particolare, l’art. 6, commi 5 bis e 5 ter;

Uditi, nell’adunanza del 26 maggio 2016, i relatori Cons. Clemente Forte e Cons. Francesco Uccello

DELIBERA

l’approvazione del testo per l’audizione su “Indagine conoscitiva finalizzata all’acquisizione di elementi informativi sul contenuto della nuova legge di bilancio dello Stato e sull’equilibrio di bilancio delle regioni e degli enti locali, di cui alla legge n. 243 del 2012 - A.C. n. 3828 e A.S. n. 2344”.

I RELATORI Clemente Forte

Francesco Uccello

Depositato in segreteria in data 26 maggio 2016

IL PRESIDENTE Raffaele Squitieri

IL DIRIGENTE Maria Laura Iorio

PROPOSTA DI LEGGE: BOCCIA ED ALTRI: "MODIFICHE ALLA LEGGE 31 DICEMBRE 2009, N. 196, CONCERNENTI IL CONTENUTO DELLA LEGGE DI BILANCIO, IN ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 15 DELLA LEGGE 24 DICEMBRE 2012, N. 243”  (A.C. 3828)

Premessa

Con la proposta di legge in titolo, di attuazione dell’art. 15 della legge “rinforzata” n. 243 del 2012 (relativo al contenuto della legge di bilancio), si avvia a compimento il complesso processo di riforma del diritto contabile interno iniziato con la riforma della Costituzione del medesimo anno e resosi necessario a seguito della modifica – da parte dell’ordinamento sovranazionale – dell’assetto della decisione di finanza pubblica.

Un altro passaggio in corso di svolgimento consiste nell’esercizio delle deleghe previste dalla legge di contabilità n. 196 del 2009 e successive modificazioni ed integrazioni, in riferimento sia ad una nuova struttura del bilancio dello Stato sia al potenziamento del bilancio di cassa.

Si tratta di temi su cui la Corte si è espressa nelle varie sedi ed in particolare nell’audizione davanti alle Commissioni riunite bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati del 30 giugno 2015 in riferimento alle problematiche relative alla riforma della contabilità di Stato e, per quanto concerne in particolare le citate deleghe della legge di contabilità, nell’audizione innanzi alle medesime Commissioni del 15 marzo u.s.

Sul complesso dei temi in questione va ricordato che il recente DEF 2016 lega, in molti passaggi, la nuova normativa contabile in via di definizione al processo più ampio inteso a conferire maggiore qualità nella finanza pubblica nell’ambito della strategia di riforma dell’Italia. In tale ambito, la riforma del bilancio risulta di particolare rilievo in riferimento sia alle due menzionate Corte dei conti Audizione trasferimenti finanziari a Regioni ed Enti localideleghe che alla nuova struttura della legge con cui si approvano i conti dello Stato.

Il provvedimento in esame verte su quest’ultimo punto, in coerenza con l’intento del Governo – come più volte segnalato nel DEF 2016 – di “rafforzare il ruolo allocativo del bilancio, concentrando l’attenzione del decisore politico sull’insieme delle entrate e delle spese piuttosto che sulla loro variazione al margine”. Analoghi concetti vengono espressi nella Relazione illustrativa al provvedimento qui in esame.

La proposta di legge è strutturata – secondo il metodo della novella e con molti coordinamenti, dovuti soprattutto alla soppressione dell’istituto della legge di stabilità – in sei articoli, di cui i più rilevanti risultano i primi tre: l’art.1, in materia di nuova disciplina degli strumenti della programmazione di bilancio, l’art. 2, in materia di contenuto della nuova legge unificata di bilancio, e l’art. 3, in materia di copertura finanziaria delle leggi ordinarie, con riferimento alle clausole di salvaguardia.

Conviene precisare che per alcuni punti il provvedimento va letto insieme ai decreti legislativi attuativi della citata delega di cui agli art. 40 e 42 della legge di contabilità: è il caso, ad esempio, della materia relativa al contenuto del disegno di legge di assestamento (art. 5).

Articolo 1: Controllo parlamentare della spesa, ciclo e strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio

Per quanto concerne l’art. 1, numerosi sono i punti di rilievo affrontati.  a) la data di presentazione dei vari documenti

La proposta di legge indica (comma 2, lettera a)) la data entro cui presentare la Nota di aggiornamento, che viene spostata dal 20 settembre al 30 settembre. Non si pongono problemi particolari, avendo espresso, la Corte, nella citata audizione del 30 giugno 2015, la necessità di tener conto, in materia, di tre esigenze, ossia a) la piena disponibilità di tutto l’apparato informativo di natura statistica, che costituisce il naturale ed indispensabile presupposto per la elaborazione di documenti aggiornati avuto riguardo all’evoluzione delle variabili di riferimento; b) la disponibilità, comunque, per il Parlamento di un arco di tempo sufficiente per l’approvazione del documento programmatico presentato dal Governo, attraverso le eventuali indagini conoscitive e gli approfondimenti del dibattito che fossero ritenuti elemento essenziale per una decisione meditata; c) l’esplicitazione di tutte le premesse metodologiche e delle ipotesi sottostanti ai quadri, tendenziali e programmatici, oggetto della decisione del Governo, così come verificata dall’Ufficio parlamentare di bilancio ed approvata dal Parlamento.

Ed in effetti, come attesta la Relazione illustrativa, lo spostamento della data al 30 settembre è inteso proprio a tener conto della seconda notifica ISTAT alla Commissione europea sui dati di finanza pubblica.

La proposta di legge indica poi anche una doppia data per quanto concerne il disegno di legge di bilancio, ossia di deliberazione da parte del Consiglio dei ministri entro il 12 ottobre e di presentazione in Parlamento entro i successivi 12 giorni, salva l’ipotesi di identità degli obiettivi programmatici tra DEF e Nota di aggiornamento, nel qual caso la data di presentazione del disegno di legge di bilancio può cadere il 30 settembre.

Si osserva che la materia andrebbe di sicuro semplificata, prevedendo una sola data di presentazione del disegno di legge ed evitando la formalizzazione dei tempi di trasmissione degli atti dal Governo al Parlamento. La motivazione riportata nella Relazione illustrativa a sostegno di tale formalizzazione – ossia, la necessità di apprestare una sorta di Nota di variazioni iniziale, come peraltro indicato dalla legge “rinforzata” – non appare argomento sufficiente per

Corte dei conti Audizione trasferimenti finanziari a Regioni ed Enti locali >dilazionare (di fatto) alla fine di ottobre l’inizio della sessione di bilancio, in quanto trattasi di una trasposizione avalutativa (nella gran parte dei casi) in bilancio dell’effetto delle norme.

Nel caso, invece, di identica data di presentazione della Nota di aggiornamento e del disegno di legge di bilancio, il Parlamento non potrebbe utilmente esercitare il proprio potere di indirizzo nei confronti del Governo in ordine ad un diversa composizione, per esempio, della manovra, a parità di saldo (risulta poi imprecisato il termine per la presentazione in Parlamento con la Nota di variazioni).

Va comunque rilevato che la data massima del 24 ottobre (nel caso di non conformità tra DEF e Nota di aggiornamento) non sembra comunque incoerente con l’ipotesi di una struttura essenzialmente monocamerale del processo di bilancio in Parlamento, ovviamente in caso di esito positivo del referendum confermativo della legge costituzionale pubblicata sulla G.U. del 15 aprile u.s.: in tal ipotesi, infatti, al Senato sono concessi 15 gg. per l’esame della legge di bilancio (art. 70, quinto comma).

b) modifiche al contenuto dei documenti programmatici

Rilevato preliminarmente che il comma 4 formalizza il Documento programmatico di bilancio, come la Corte aveva ritenuto opportuno nella citata audizione del 30 giugno, va rimarcata l’importanza del comma 5, che prevede una serie di modifiche al contenuto del DEF, tra cui va segnalata la soppressione della lettera e) del comma 3, in materia di individuazione delle regole generali sull’evoluzione della spesa delle pubbliche amministrazioni: la Relazione illustrativa fa presente che una delle cause consiste nell’assorbimento del parametro nelle regole europee di finanza pubblica. Merita un giudizio positivo il nuovo comma 5-bis (sempre previsto dal comma 5 del disegno di legge), che ingloba, sostanzialmente, nel DEF (e, con il successivo comma 6, nella Nota di aggiornamento) la Relazione sullo scostamento dei saldi di cui alla legge “rinforzata” richiamata (art. 6 di quest’ultima).

La disposizione è da condividere: va ricordato, infatti, che la nuova decisione di bilancio ha un effetto sostitutivo rispetto a quella precedente, come accade per i fondi speciali, il che avrebbe anche potuto evitare un’evidenza autonoma della revisione (peggiorativa) dei saldi di cui alla precedente decisione, per gli esercizi di sovrapposizione.

Sono stati poi introdotti indicatori di benessere equo e solidale, ma non risultano illustrati i motivi della soppressione dell’obbligo del monitoraggio del risultato delle manovre, di cui al comma 11 dell’art.10 della legge di contabilità (comma 5, lettera g)), che risponde però ad un’esigenza imprescindibile di trasparenza.

Articolo 2: Bilancio di previsione

Segue l’art. 2, che affronta i problemi legati alla struttura del nuovo disegno di legge di bilancio.

Poiché la Relazione illustrativa accenna alla “transizione da una concezione formale ad una concezione sostanziale della legge di bilancio”, in via preliminare è utile ricordare che la riproposizione nella legge di bilancio unificata delle due funzioni riferite alla legislazione vigente e alla legislazione variata (rispettivamente, II e I sezione) induce a porre il problema interpretativo circa la portata di tale riproposizione, soprattutto rispetto alla nuova struttura dell’art. 81 Cost., per il versante qui considerato, ossia per quanto concerne la soppressione della figura del bilancio come legge formale (o comunque funzionalmente limitata) e la sottoposizione anche della nuova legge di bilancio all’obbligo di copertura.

La conclusione della Corte era stata che, a prescindere da questioni di natura nominalistica (legge sostanziale ovvero legge formale ovvero altre figure giuridiche), la riproposizione nell’ordinamento della distinzione tra legislazione vigente e legislazione variata sembra implicare, in termini abbastanza conseguenziali, anche quella dell’assetto di fondo previgente alla novella costituzionale. Il che consentirebbe di risolvere, sostanzialmente, la portata innovativa dell’art. 15 della legge “rinforzata” in una modifica della struttura e dell’ampiezza del veicolo normativo della decisione, modifica indispensabile una volta venuta meno la figura del bilancio come legge formale (o comunque funzionalmente limitata), in base al tenore letterale del nuovo art. 81 Cost..

Venendo ora alle proposte contenute nell’iniziativa legislativa in esame, essa per questo aspetto traduce in modifiche puntuali della legge di contabilità le prescrizioni contenute nella citata legge “rinforzata”, sopprimendo l’art. 11 (inteso a disciplinare il contenuto della legge di stabilità) e trasferendone parte del contenuto nell’art. 21, riguardante il bilancio di previsione, a sua volta modificato anche dallo schema di decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 40 della legge di contabilità.

Meritano un commento gli elementi di novità.


Prima sezione (comma 3, commi da 1-bis ad 1-quinquies) 1) la definizione dei saldi

Appare da condividere la scelta (comma 1-ter, lettera a)) di sancire l’esclusione - nella fissazione dei saldi - delle regolazioni contabili e debitorie, riportate in altri documenti. Appare altresì da condividere l'indicazione (nella medesima lettera a)) dei saldi di bilancio non solo in termini di competenza, come attualmente previsto, ma anche in termini di cassa, il che può trovare una spiegazione anche con il potenziamento della cassa di cui alla delega dell'art. 42 della legge di contabilità (in ordine alle cui problematiche si rinvia all'apposita audizione della Corte). L'indicazione dei saldi anche di cassa può inserirsi comunque in un tema più ampio, riguardante il progressivo maggior peso delle rappresentazioni diverse da quella legata alla mera contabilità finanziaria di competenza, anche ai fini della individuazione e della gestione dei saldi-obiettivo, la cui rappresentazione nelle diverse contabilità presenta comunque evidenti connessioni.

2) la componente normativa della manovra

La successiva lettera b) del comma 1-ter è intesa a definire la funzione della prima sezione della legge di bilancio nel senso di raggruppare le variazioni dei parametri di sostegno alle entrate e alle spese ovvero alle relative autorizzazioni legislative: nulla quaestio sul piano sostanziale, anche se si potrebbe semplificare riferendosi alle leggi (dal momento che i parametri sono stabiliti per legge). Per un’esigenza di coordinamento sarebbe altresì opportuno richiamare la ripartizione delle spese di cui al nuovo comma 5 dell’articolo 21 dal predetto schema di decreto legislativo attuativo della delega di cui all'art.40 della legge di contabilità, circa l’individuazione dell’esatta tipologia di riferimento (dovrebbe trattarsi degli “oneri inderogabili”).

La lettera b) svolge dunque una funzione definitoria della portata sostanziale della prima sezione della legge di bilancio, come attesta peraltro la Relazione illustrativa, nell’ambito di un sistema che vede confermata la dicotomia tra variazione della legislazione in essere e relativa rappresentazione contabile.

La puntualizzazione della funzione e del contenuto della prima sezione della legge di bilancio nel senso illustrato vale a risolvere peraltro uno dei problemi che da tempo anche la Corte ha rimarcato con forza, da ultimo nella menzionata audizione del 30 giugno u.s.

Riguardo al profilo della funzione che può svolgere la sezione prima della legge di bilancio unificata (area delle variazioni normative, corrispondente all’attuale legge di stabilità), si poneva infatti il problema se quest'ultima potesse fungere da elemento di stimolo dell’economia. La questione originava dal fatto che la legge di stabilità, a fronte di una previsione da parte della legge di contabilità n. 196 nel senso di un effetto restrittivo della sua componente normativa, è stata utilizzata (nelle ultime sessioni, per esempio) in senso espansivo, con ciò ponendo la questione della sua coerenza con la legge di contabilità. Tale problema è stato poi risolto nella prassi tenendo conto del nuovo quadro ordinamentale di riferimento che, in accordo con gli obiettivi programmatici, consente che con tale strumento (legge di stabilità) venga attuata una politica di peggioramento dei saldi tendenziali, al verificarsi di determinate condizioni (ciclo negativo, eventi eccezionali, clausole di riforme strutturali, fattori rilevanti e via dicendo).

La mancata indicazione di un segno come vincolo in termini di effetto della prima parte della legge di bilancio (restrizione ovvero espansione) si muove dunque in conformità con l’evoluzione dell’ordinamento sull’argomento, laddove la norma di chiusura è costituita dal vincolo della coerenza con i saldi programmatici, tenuto conto dei “tendenziali”. Ciò è confermato anche dalla mancata riproposizione del comma 3, lettera i), dell’attuale art. 11, che impone un effetto restrittivo alla normativa di cui alla legge di stabilità, come ricorda la stessa Relazione illustrativa.

3) i fondi speciali

Quanto poi alla successiva lettera d), in materia di fondi speciali, parimenti va preliminarmente ricordato quanto già esplicitato nella richiamata audizione del 30 giugno scorso, ossia che prioritaria doveva essere la decisione circa la permanenza o meno nell’ordinamento contabile dell’istituto, legato storicamente ad un’esigenza di programmazione della futura legislazione onerosa, ma che ora va inquadrato nella nuova cornice istituzionale e finanziaria determinatasi a partire dal 2012.

Propendendosi per il mantenimento dell’istituto nell’ordinamento, come si desume dal testo qui in esame, sembra appropriata – tenuto conto che si tratta della copertura di futuri oneri legislativi - la sua collocazione nella sezione prima, atteso il nesso con la variazione della legislazione in essere.

4) altri contenuti

Quanto alle successive lettere da e) a g), esse si limitano a riproporre la struttura normativa esistente nelle materie degli stanziamenti per i rinnovi dei contratti del pubblico impiego, delle correzioni di effetti finanziari negativi di leggi in essere tali da compromettere gli equilibri di finanza pubblica (ivi compreso il caso delle sentenze) e del concorso delle autonomie per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. Eventualmente può essere utile il suggerimento di corredare la lettera e) - per la parte in cui prevede il riporto a residuo di stanziamenti per il pubblico impiego fino alla sottoscrizione dei contratti di lavoro o all'emanazione dei provvedimenti negoziali - con un'indicazione per cui si intendono in corrispondenza elevati gli importi dei saldi di bilancio in termini di cassa, in coerenza a quanto già previsto nel caso degli slittamenti delle quote dei fondi speciali (art. 18, comma 3, ultimo periodo).

5) il vincolo finanziario

Anche il nuovo comma 1-quater (di cui al comma 3 dell’art.2 in esame) riproduce una norma già in essere per quanto riguarda la legge di stabilità, nel senso di imporre – per la sezione prima - il vincolo del rispetto dei saldi programmatici nell'evoluzione delle entrate e delle spese determinate dalla medesima legge di stabilità, tenuto conto delle previsioni tendenziali. Se l’intento è riproporre l’assetto vigente, si può rilevare che, dal momento che i vincoli e gli obiettivi programmatici risultano espressi in termini di saldi, come conferma il richiamo all’art. 10, comma 2, lettera e), è immaginabile una riformulazione che faccia riferimento ai saldi differenziali, anche per tener conto dell’impostazione dell’art.14 della legge “rinforzata”, tale da riferirsi all’equilibrio di bilancio.

6) il vincolo contenutistico

Il successivo comma 1-quinquies pone un altro problema. In stretta attuazione del dettato dell’art. 15 della legge “rinforzata”, esso ripropone - doverosamente - i vincoli contenutistici già previsti dalla attuale legge di contabilità in riferimento alla legge di stabilità, nel senso dell’impossibilità di presentare norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, né interventi di natura localistica o microsettoriale. Si tratta di una disposizione che dovrebbe rivelarsi particolarmente incisiva, in quanto diretta espressione di una norma “rinforzata” e dunque in grado di delimitare con rigore l’ambito contenutistico della prima sezione della legge di bilancio.

Al riguardo, la Corte non può non ricordare – anche in questo caso - quanto già sostenuto, ossia che la accentuata – e reiterata – eterogeneità delle norme presenti nelle varie leggi stabilità ha continuato a rappresentare un’anomalia sul piano istituzionale, come già segnalato negli anni più recenti. Nonostante i

consueti stralci iniziali dal disegno di legge presentato dal Governo, così come operati nelle competenti sedi parlamentari, il testo poi approvato ha finito per contenere un numero consistente di norme prive di effetti finanziari o recanti interventi microsettoriali e localistici e quindi di dubbia coerenza con i divieti di contenuto così come fissati.

In un tale contesto la riproposizione, ad opera della legge “rinforzata” e della relativa legge attuativa (l’iniziativa legislativa qui in esame), del descritto vincolo contenutistico per la prima sezione della legge di bilancio presenta dunque profili di particolare delicatezza e può comportare il problema delle conseguenze della relativa violazione sotto il profilo della giustiziabilità. La questione potrebbe porsi, ora, in termini ancor più stringenti rispetto al passato, essendo la legge “rinforzata” direttamente attuativa di una norma costituzionale.

E' stato aggiunto peraltro, nel comma, anche il divieto di variare direttamente stanziamenti, funzione, questa, da svolgersi con la seconda sezione della legge di bilancio: l'indicazione ha carattere rafforzativo.

7) la questione della copertura

Una menzione particolare va riservata all’obbligo di copertura degli oneri correnti, già previsto per la legge di stabilità. La Relazione illustrativa fa presente che la scelta di cui alla proposta di legge è quella di non reiterare nel nuovo sistema tale vincolo, non essendo esso previsto dalla legge “rinforzata”, il cui art. 14 “regola solo il principio dell’equilibrio del bilancio dello Stato che viene assicurato in corrispondenza di un valore del saldo netto da finanziare o da impiegare coerente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica”. La proposta di legge abroga, infatti, tutto l’art. 11 della legge di contabilità (comma 1), con ciò sopprimendone, in quanto non riproposto, il comma 6, che prevede appunto l’obbligo di copertura qui in discussione (per la legge di stabilità, corrispondente alla sezione prima della nuova legge di bilancio).

Sull’argomento si ricorda che la posizione della Corte espressa nella citata audizione del 30 giugno, ossia che "in sostanza, i punti da sottolineare in tema di copertura della legge di bilancio si possono riassumere in: a) l’unico vincolo è quello del rispetto degli obiettivi derivanti dalla normativa eurounitaria, così come interpretata ed attuata in base ai documenti di programma e come viene statuito, d’altro canto, dall’art. 14 della legge n. 243; b) la legge di bilancio potrebbe pertanto anche presentare un saldo negativo, alle condizioni consentite; c) in riferimento alla futura prima sezione della legge di bilancio è da ritenere superato, anche in quanto non previsto dalla legge n. 243, il precedente vincolo in termini di copertura degli oneri correnti della legge di stabilità. Per il motivo legato al punto a), dunque, circa il fatto che l’unico vincolo della legge di bilancio è la sua coerenza con i documenti programmatici, non sussistono gli estremi per un autonomo prospetto di copertura. D’altra parte, va notata la linea di continuità con l’ordinamento in vigore, essendo già previsto – sulla base della legge di contabilità attualmente vigente - il vincolo di coerenza tra la sessione di bilancio e i relativi strumenti legislativi, da un lato, e gli obiettivi programmatici previamente approvati, dall’altro (art. 11, comma 7, della legge n. 196 del 2009)".

Quindi la scelta della proposta di legge di non riproporre la copertura in esame della prima sezione della legge di bilancio appare da condividere.

La Relazione illustrativa però, nel concludere che “dal punto di vista tecnico, conseguentemente, non sarà necessario prevedere, come accade per l'attuale legge di stabilità, un autonomo prospetto di copertura che assicuri, in termini di saldo netto da finanziare la compensazione delle innovazioni disposte dalla prima sezione per le partite correnti”, fa presente però che “ciò non implica tuttavia l'eliminazione del divieto di dequalificazione della spesa nel

corso dell'esame della manovra, posto che la coerenza del saldo netto con i saldi programmatici della pubblica amministrazione dipende non solo dall'ammontare della manovra, ma anche dalla sua composizione, e in particolare dalla ripartizione degli oneri tra oneri correnti e oneri di conto capitale. Appare quindi necessario continuare a prevedere regole che escludano la possibilità di un peggioramento del saldo di parte corrente nel corso dell'esame parlamentare, assumendo tuttavia come punto di riferimento, ai fini della determinazione dell'ammontare di tale peggioramento, non già il saldo corrente dell'esercizio precedente, come avviene a legislazione vigente, ma quello risultante dalla proposta del Governo, stante la coerenza di quest'ultima con i documenti programmatici”.

Tale impostazione rinvia dunque la soluzione del problema della copertura degli oneri correnti per la prima sezione della legge di bilancio, alla definizione delle modalità dell’iter in Parlamento del relativo disegno di legge, in riferimento – presumibilmente - al relativo regime di emendabilità.

Seconda sezione (dal nuovo comma 1-sexies di cui al comma 3 al comma 5) La seconda sezione (nuovo comma 1-sexies) riproduce l'esposizione dei

conti dello Stato sulla base del criterio della legislazione vigente.

Conviene ricordare preliminarmente quanto già rappresentato, ossia che, soprattutto per questa parte della legge di bilancio, venendosi a modificare gli artt. 21 e 23 della legge di contabilità, relativi al bilancio di previsione, la lettura delle modifiche a tali articoli necessariamente si incrocia con quella di cui ai decreti legislativi attuativi delle deleghe di cui ai citati artt. 40 e 42 della medesima legge di contabilità. Probabilmente, durante l’esame della proposta di legge andrà valutata un’esigenza di coordinamento di qualche passaggio con il testo dei menzionati decreti legislativi (come, per esempio, per il comma 1 dell'art. 23, in tema di formazione del bilancio, ovvero per l’art. 33, in tema di assestamento).

Il testo recepisce le indicazioni della legge “rinforzata”, da questo punto di vista tale a sua volta da ricalcare la legge di contabilità in essere.

Non presentano dunque problemi (nella sostanza) i successivi commi da 12-bis a 12-quinquies (di cui sempre al comma 3 dell’art. 2 della proposta di legge), in tema di Relazioni tecniche e relativi contenuti, che si riferiscono alla legge di bilancio nel suo complesso, ivi compresa la seconda sezione (corrispondente alla precedente legge di bilancio a legislazione vigente), sia pure con le differenze dovute alla particolarità delle due sezioni.

In argomento la Corte ha da anni richiesto un ampliamento documentativo, in virtù del quale dovrebbero essere maggiormente chiari in dettaglio (e quindi ricostruibili) i criteri di costruzione dei "tendenziali". Si tratta di problematiche che attengono all’attendibilità non solo delle previsioni di finanza pubblica, ma anche – in molti casi - delle stesse coperture del processo legislativo ordinario. Una Relazione tecnica di dettaglio sulla componente a legislazione vigente del bilancio (per “programma”, per esempio) permetterebbe di meglio comprendere: 1) i criteri seguiti nella costruzione della previsione (con la connessa possibilità di verificarne l’affidabilità); 2) quanta parte della futura legislazione onerosa vi sia eventualmente incorporata; 3) di conseguenza, la sussistenza o meno di effettivi spazi di copertura nei casi in cui si utilizzino a tale scopo i "tendenziali"; 4) la sostenibilità tanto delle clausole di salvaguardia che insistano su programmi di spesa quanto delle stesse clausole di invarianza.

Da segnalare altresì la trasparenza garantita con gli allegati relativi alle rimodulazioni e ai definanziamenti/rifinanziamenti delle leggi corrispondenti alle tabelle C, D ed E della precedente legge di stabilità ed ora incorporate nella >sezione seconda della legge di bilancio (essenzialmente, spese permanenti e pluriennali) (comma 12-ter).

Si segnala altresì la soppressione dell’autonomo bilancio pluriennale programmatico, assorbito nella seconda sezione della legge di bilancio, come ricorda la Relazione illustrativa (comma 4 dell’art. 2 in esame).

Quanto poi alle modifiche all’art. 23 della legge di contabilità, in tema di formazione del bilancio (comma 5 dell’art.2), si amplia alle “missioni” la possibilità di prevedere rimodulazioni di stanziamenti, come fa presente la Relazione illustrativa. Poiché si utilizzano dizioni abbastanza atecniche, come “dotazioni finanziarie” e “stanziamenti”, sarebbe opportuno riferirsi alle componenti formali del bilancio (missioni, programmi, azioni etc.).

Sarebbe altresì opportuna – anche se l’intento delle disposizioni è complessivamente chiaro – una formulazione maggiormente coordinata della materia dell’assegnazione, alla seconda sezione della legge di bilancio, dei definanziamenti e delle rimodulazioni/rifinanziamenti (leggi permanenti e pluriennali, essenzialmente), nel rapporto tra i nuovi commi 3, lettera b), e 3-bis dell’art. 23 della legge di contabilità ed in riferimento alle relative parti della Relazione tecnica (nuovo comma 12-ter dell’art. 21 della legge di contabilità).

Articolo 3: Copertura finanziaria delle leggi

In merito all'art. 3, concernente la copertura delle leggi ordinarie attraverso una modifica dell'art. 17 della legge di contabilità, si rileva che la nuova formulazione tratta di due questioni, essenzialmente: da un lato, il nuovo divieto di utilizzo a copertura delle somme derivanti dalle risorse collegate all'8 per mille e al 5 per mille, dall'altro la revisione della disciplina delle clausole di salvaguardia.

Si osserva preliminarmente che non è stato affrontato il tema dell’aggiornamento delle modalità con cui assolvere l’obbligo di copertura per le leggi ordinarie (se non per l'aspetto relativo alle clausole di salvaguardia), considerando la casistica più recente. Si tratta di questioni di assoluta rilevanza, come la Corte ha avuto modo di sottolineare anche nella predetta audizione del 30 giugno, principalmente a seguito della riforma costituzionale intervenuta nel 2012, questioni che possono essere sintetizzate, tra le tante, nella necessità: 1) di render noti gli effetti di tutti i provvedimenti legislativi (e non solo di quelli più rilevanti) sui saldi sia nominali sia strutturali (anche in via orientativa, in questo secondo caso); 2) di sistemare il delicatissimo caso delle coperture a debito (da vincolare in modo stringente alla ricorrenza dei presupposti previsti dalla normativa europea ed interna); 3) di disciplinare le eventuali conseguenze della regola sulla spesa sul regime delle coperture ordinarie (anche considerando l'evoluzione in atto del quadro delle regole di finanza pubblica); 4) di prevedere tendenzialmente l’obbligo di apprestare clausole di salvaguardia anche in presenza di clausole di neutralità, almeno per provvedimenti di maggior rilievo finanziario.

Altro tema da affrontare potrebbe riguardare il divieto di utilizzare a copertura i c.d. “effetti indiretti”, soprattutto se non automatici e al di fuori della sessione di bilancio.

Venendo al testo, ferma la dicotomia delle leggi onerose tra quelle costruite con il tetto di spesa e quelle formulate in termini di previsioni di spesa (con annessa clausola di salvaguardia), con il nuovo comma 12 e seguenti dell’art.17 della legge di contabilità anzitutto si prevede il blocco, con decreto ministeriale, della legge, in caso di scostamento tra oneri e previsioni, salvo che sia possibile provvedere ricorrendo (per l’esercizio in corso) a programmi di spesa in essere, sempre con decreto ministeriale, rinviando comunque alla legge di bilancio per la copertura aggiuntiva per gli anni successivi. Il tutto è previsto poi solo per il caso si tratti di spese (con esclusione quindi degli scostamenti riferiti alle minori entrate).

Anche su questi temi la Corte si è espressa in numerose circostanze, con posizioni che possono essere così riassunte.

Anzitutto, il meccanismo della clausola di salvaguardia andrebbe esteso anche al caso di oneri consistenti in minori entrate, a nulla rilevando lo slittamento di un esercizio dell'eventuale recupero in virtù dell’operare del meccanismo saldo-acconto e tenendo conto della rilevanza delle tecniche di intervento consistenti nella previsione o nella revisione di benefici fiscali.

In secondo luogo, prevedere solo la riduzione, sia pure per l’esercizio in corso, delle dotazioni di bilancio non appare una proposta priva di problemi, perché esclude una copertura con nuove o maggiori entrate, per esempio, sempre nell'ambito della attivabilità in via amministrativa (molti esempi in tal senso sono rinvenibili nella legislazione più recente). Si può allentare peraltro il vincolo di una soluzione nella legge sostanziale “a monte”, rispetto alla quale i poteri del ministro siano limitati a dare attuazione al relativo precetto (che costituisce l’aspetto positivo dell’attuale formulazione del comma 12).

In terzo luogo, se il nuovo comma 12-ter si interpreta nel senso del rinvio alle successive leggi di bilancio per la sola compensazione, senza il richiamo alle facoltà più ampie previste in riferimento alla sezione prima di tale legge (possibilità di rivedere l'onere come opzione alternativa), ciò potrebbe anche per questo verso comportare un indebolimento della necessità di allineare il più possibile onere e copertura nella singola legge sostanziale, con conseguente alterazione nel rispetto del parametro costituzionale della copertura. Rimane poi sempre il problema per cui le future leggi di bilancio potrebbero non presentare risorse di copertura sufficienti, tenuto conto dei vincoli programmatici, in presenza di uno scostamento di rilevanti dimensioni, per esempio, ovvero per scelte di merito di diverso contenuto. Si potrebbe anche porre il problema dell’assorbimento o meno dell’attuale comma 13, la cui giustificazione sarebbe ravvisabile solo per il caso di uno scostamento di entità così imponente da porre in pericolo gli equilibri della finanza pubblica.

In quarto luogo, la possibilità a sistema di ridurre, sia pur provvisoriamente, stanziamenti di bilancio può non costituire un incentivo verso una calibratura accorta delle previsioni in base alle sole esigenze dettate dalla legislazione vigente.

Ma, da ultimo, l’annotazione più rilevante sul piano sistematico si riferisce al fatto che il meccanismo presentato dalla proposta di legge (con il comma 12- bis in particolare) offre motivi di forte perplessità per il fatto di prevedere, come primo rimedio per il disallineamento tra oneri e coperture, la sospensione della legge con un semplice decreto ministeriale (in assenza di fondi di bilancio cui attingere).

Una tale disposizione può ingenerare profili problematici di tenuta del sistema, segnatamente in sede giudiziale.

Si tratta infatti di leggi che, in quanto dotate di clausola di salvaguardia, è fortemente probabile rechino oneri inderogabili, a fronte – con grande probabilità - di diritti soggettivi. Va notato peraltro che la Relazione illustrativa utilizza argomenti per ritenere inopportuna l’attuale configurazione della norma su cui andrebbe fatta una riflessione, in quanto al momento la clausola di salvaguardia di cui al comma 12 dell’art. 17 della legge di contabilità si riferisce all’obbligo di apprestare nella singola legge onerosa(senza rinvio alla sede amministrativa se non per i profili attuativi) coperture aggiuntive e non consente la revisione degli oneri né dunque il sacrificio con un decreto ministeriale di diritti soggettivi riconosciuti legislativamente.

Vale la pena di sottolineare inoltre che l'intervento normativo qui offerto dalla proposta di legge è riferito alle leggi ordinarie. Altra questione è se si intende vietare che con la legge di bilancio si rinvii a future clausole di salvaguardia – da attivare a tempo debito - quote di manovra non realizzate e comunque contabilizzate negli obiettivi programmatici. La normativa proposta nel disegno di legge qui in esame, con il rinvio – salvo il blocco della legge - per il primo anno alle dotazioni di bilancio in essere e alle future leggi di bilancio per gli esercizi successivi, conferma che si tratta di due ipotesi diverse, come attesta anche il riferimento testuale all’art. 17 della legge di contabilità, il quale ha per oggetto le coperture delle leggi ordinarie, diverse da quelle di sessione (ora unificate nella legge di bilancio).

Articolo 4: Classificazione delle spese; Articolo 5: Assestamento e variazioni di Bilancio; Articolo 6: Copertura finanziaria

L’art. 4 rende espressa l’attuale ripartizione dei quadri riassuntivi del bilancio della spesa nei tre titoli relativi alle spese correnti, a quelle in conto capitale e a quelle per il rimborso prestiti (comma 1) e prevede, come elemento sostanziale di novità (comma 2, lettera b)), l’abrogazione dell’indicazione dei residui di stanziamento e delle giacenze sui conti di tesoreria, in base all’assunto per cui il fenomeno dei residui dovrebbe ritenersi superato con il potenziamento della cassa di cui all’attuazione della delega prima richiamata contenuta nell’art. 42 della legge di contabilità. Per le considerazioni in materia si rinvia alla citata audizione del 15 marzo u.s.

Si può osservare comunque che, almeno fino all'entrata in vigore a regime del potenziamento della cassa, sarebbe utile non sopprimere l'obbligo di dar

conto dei residui di stanziamento, quanto meno facendo coincidere i due processi.

L’art. 5, in tema di assestamento e variazioni di bilancio, traduce in modifiche alla legge di contabilità l’art. 15, comma 9, della legge “rinforzata”, tra l’altro sovrapponendosi, anche nella formulazione letterale in qualche caso, con il decreto legislativo attuativo dell’art. 40 della legge di contabilità, in ordine alle cui problematiche si fa parimenti rinvio alle sedi in cui la Corte si è già espressa.

Circa infine l’art.6, con esso si prevedono oneri la cui ragione non è specificata dalla Relazione illustrativa. Né risulta chiaro, peraltro, l’eventuale collegamento con gli oneri di cui agli schemi di decreto legislativo, già richiamati, attuativi degli artt.40 e 42 della legge di contabilità.

 

 

Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243,
in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali (A.S. n. 2344)

Premessa

Con la presentazione del disegno di legge S. 2344, recante “Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibri dei bilanci delle regioni e degli enti locali”, il processo di riforma dell’ordinamento contabile degli enti territoriali – avviato dopo la novella costituzionale del 2012 introduttiva del principio del pareggio di bilancio – giunge ad un punto di svolta cruciale.

Con il varo della legge n. 243 del 2012, la fase di attuazione al contenuto del novellato art. 81 Cost. sembrava aver trovato il suo più significativo approdo mediante la esplicitazione delle norme fondamentali e dei criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci, nonché la sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche Amministrazioni. Nel breve volgere di un triennio, tali principi e criteri direttivi formano ora oggetto di una parziale rivisitazione, al dichiarato scopo sia di un loro allineamento ai principi contabili nel frattempo introdotti nell’ordinamento in attuazione delle riforme in materia di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009) sia di una gestione più efficiente a livello locale non disgiunta da esigenze di semplificazione.

Nel testo del disegno di legge in discorso viene esplicitata, infatti, l’esigenza di “rendere coerente la disciplina dei vincoli di finanza pubblica che gli enti territoriali devono rispettare, ai sensi della legge n. 243 del 2012, con il nuovo quadro di regole contabili di cui al d.lgs. n. 118 del 2011, come modificato dal d.lgs. n. 126 del 2014, recante disciplina di armonizzazione dei bilanci regionali e locali”.

Piuttosto che cercare di adattare i contenuti della riforma contabile dettata dal d.lgs. n. 118 del 2011 ai principi fondamentali e ai criteri adottati dalla legge n. 243 del 2012 in attuazione del principio del pareggio di bilancio ai

sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione, il provvedimento in esame persegue il coordinamento tra le due normative adeguando, all’opposto, i vincoli di finanza pubblica ai nuovi principi contabili, piegandoli alle esigenze di una gestione delle risorse più efficiente a livello locale e più incline ad incrementare la dimensione degli investimenti.

In proposito, è da rimarcare che la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, di cui la legge n. 243 è il naturale corollario, recepisce i principi fondamentali della disciplina fiscale europea nell’intento di orientare l’intera gestione della finanza pubblica alla difesa di quei principi di equità intergenerazionale e di stabilità finanziaria minacciati dall’accumulazione di un elevato volume di debito. In questa logica, il legislatore costituente persegue l’adeguamento delle procedure e delle norme di contabilità e di finanza pubblica agli indirizzi di armonizzazione e di coordinamento definiti in sede di Unione europea.

All’approvazione di una legge “rinforzata”, in quanto connotata da una maggioranza qualificata, è stata assegnata la funzione di quadro di riferimento stabile delle nuove regole contabili e di finanza pubblica introdotte in Costituzione. Una sua modifica può dunque trovare giustificazione nella necessità di ancorare il rispetto degli equilibri di bilancio a parametri di riferimento più rispondenti alle finalità insite nel nuovo assetto costituzionale in divenire.

1. Il quadro normativo da riformare

La proposta di legge governativa in esame ha ad oggetto le disposizioni del Capo IV della legge n. 243, che specifica, per le Regioni e gli enti locali, modalità e limiti per il conseguimento dell’equilibrio dei bilanci (art. 9), il ricorso all’indebitamento (art. 10), il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali (art. 11), nonché il concorso dei medesimi enti alla sostenibilità del debito pubblico (art. 12).

Accanto alle verifiche preventive e successive sugli andamenti finanziari degli enti territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano), la vigente legge n. 243 regola direttamente:

a)  le misure di correzione da adottare in caso di disavanzo e la destinazione dell’eventuale avanzo di gestione (art. 9);

b)  le modalità e i limiti del ricorso all'indebitamento, a garanzia dell'equilibrio complessivo della gestione di cassa degli enti territoriali della Regione interessata (art. 10);

c) le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, concorre ad assicurare e a ripartire tra i diversi livelli di governo il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali (art. 11);

d) le modalità attraverso le quali i citati enti territoriali concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche amministrazioni attraverso il versamento di un contributo al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (art. 12).

L’insieme di queste norme definisce un sistema di principi, di procedure e di vincoli contabili il cui contenuto, costituzionalmente riservato, costituisce parametro interposto nel sindacato di costituzionalità delle leggi ordinarie con esso contrastanti1.

Peraltro, la legge n. 243, in quanto legge ordinaria a carattere rinforzato, può essere assoggettata a controllo di costituzionalità, dovendo conformarsi ai principi definiti dall’art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che ne disciplinano il contenuto, com’è avvenuto, peraltro, in occasione della pronuncia della Corte costituzionale n. 88 del 2014 nell’ambito dell’attuazione del nuovo assetto costituzionale derivante dalla legge richiamata (su cui v. infra).

Al riguardo, si richiamano i contenuti minimi di disciplina elencati dal citato art. 5 che rilevano ai fini delle modifiche proposte dal disegno di legge in esame:

  •  le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica;

  •  la definizione delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali quali eventi eccezionali, ai sensi dell’articolo 81, secondo comma, della Costituzione, al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all’indebitamento non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del limite massimo degli scostamenti negativi cumulati sulla base di un piano di rientro;

  •  l’introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica;

  •  le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al  verificarsi di eventi eccezionali, anche in deroga all’articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.

     

  • 1Per la parte in cui la legge n. 243 dà attuazione ad un espresso richiamo contenuto al sesto comma dell’art. 81 Cost., la stessa diventa parametro interposto in ordine all’attuazione di norme costituzionali.

Corte dei conti Audizione trasferimenti finanziari a Regioni ed Enti localIn ordine all’applicazione delle richiamate disposizioni di cui al Capo IV, fissata a decorrere dal 1o gennaio 2016 a norma del successivo art. 21, comma 3, la Corte ha avuto modo di osservare, in sede di audizione sul disegno di legge di stabilità per l’anno 2016, come l’entrata in vigore delle norme della legge n. 243 sugli equilibri di bilancio di parte corrente e complessivi, sia di cassa che di competenza, risulterebbe essere stata, di fatto, rinviata “in attesa di una sua effettiva attuazione o di una sua eventuale modifica”2.

Sul punto, è da registrare, altresì, la posizione delle Commissioni Bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, le quali, nei documenti approvati nelle sedute del 10 novembre 2015 e del 10 febbraio 2016 a conclusione dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, hanno affermato che l’applicazione delle disposizioni contenute al Capo IV della legge n. 243 dovrebbero riguardare i bilanci approvati nel 2016 per l’anno successivo. Richiamandosi ad una precedente audizione della Corte del 30 giugno 2015 in ordine all’applicazione dell’art. 15 (concernente la legge di bilancio dello Stato), le Commissioni parlamentari, pur riconoscendo che, sul piano formale, il termine per l’applicazione della nuova disciplina poteva essere riferito sia alla legge di bilancio, entrata in vigore il 1° gennaio 2016, sia alla legge di bilancio da approvare nel 2016 e che entrerà in vigore nel 2017, hanno ritenuto che, in ogni caso, il termine di applicazione della nuova normativa fosse da riferire, più realisticamente, alla sessione di bilancio 20173.

2 Cfr. il testo dell’audizione del Presidente della Corte dei conti presso le Commissioni bilancio riunite del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, approvato dalle Sezioni riunite in sede di controllo il 2 novembre 2015, dove la Corte (v. pag. 25), nel valutare positivamente i nuovi strumenti di concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica del 2016, quantomeno sotto il profilo della semplificazione e omogeneizzazione degli adempimenti nonché dell’avvicinamento agli equilibri di bilancio previsti dal d.lgs. n. 118/2011, richiama l’art. 9 della legge n. 243/2012, il quale introduce, dal 1° gennaio 2016, per tutti gli enti territoriali, gli equilibri di bilancio di parte corrente e complessivi, sia di cassa che di competenza. In particolare, si osserva che, in base a quanto illustrato nella relazione tecnica all’art. 35 del progetto di legge, la disciplina introdotta, che fa riferimento solo ad uno di tali saldi, sarebbe da considerare riferita ad una fase transitoria e di sperimentazione, diversa da quella avviata nel 2015 per le regioni e destinata a tutte le Amministrazioni territoriali secondo modalità uniformi. L’entrata in vigore delle norme della 243 (legge rinforzata) risulterebbe così, di fatto, rinviata in attesa di una effettiva attuazione o di una sua eventuale modifica. Anche le disposizioni che concernono la possibilità che l’obiettivo di pareggio degli enti venga modificato sulla base della concertazione intraregionale, sarebbero sperimentali rispetto al meccanismo previsto dall’art. 10 della legge rinforzata che interviene nella stessa materia (la compensazione tra gli enti territoriali si attiva all’interno del saldo complessivo regionale, considerato in termini di competenza nell’art. 35 ed in termini di cassa nell’art. 10 della legge rinforzata).

3 Dal testo dell’audizione della Corte sulle prospettive di riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, tenutasi il 30 giugno 2015, emerge che il giudizio della Corte è riferito all’art. 15 della legge n. 243/2012, in ordine al quale si conclude: “Al di là delle possibili interpretazioni di carattere strettamente giuridico in ordine alla questione ex se e fermo restando che sul piano formale le due interpretazioni sono egualmente ammissibili, si fa osservare che la prima possibilità presupporrebbe – tenuto conto dei tempi della sessione di bilancio – l’entrata in vigore della nuova legge di contabilità ordinaria in tempi tali da permettere l’approntamento della nuova struttura della legge unificata perché questa sia presentata nel prossimo mese di ottobre. Andrebbero anche considerati gli eventuali riflessi dell’esercizio delle deleghe già menzionate di cui agli articoli 40 e 42, il cui termine per intanto è fissato al 31 dicembre p.v. e la cui traduzione in una nuova struttura del bilancio comporterà passaggi amministrativi presumibilmente di non scarso rilievo, il cui esito si avrà nel 2016. Per tali considerazioni

 

2. Dal Patto di stabilità interno agli equilibri di bilancio

Lo schema del pareggio di bilancio previsto dalla legge rinforzata per gli enti territoriali ha rappresentato, per il legislatore ordinario, l’archetipo su cui costruire la nuova disciplina di finanza pubblica da applicare, in via sperimentale e transitoria, in sostituzione delle tradizionali regole del Patto di stabilità interno, che negli ultimi anni si sono basate sul controllo della spesa finale delle Regioni (al netto, fondamentalmente, di quella sanitaria e di altre voci residue espressamente indicate) e, per gli enti locali, sul controllo dei saldi di bilancio espressi in termini di competenza mista.

Le misure introdotte con la legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) hanno anticipato per le Regioni a statuto ordinario quanto previsto, in parte, dalla legge n. 243, richiedendosi il raggiungimento dell’equilibrio di bilancio attraverso il controllo a consuntivo di ben 6 saldi diversi (saldo corrente e saldo finale, rispettivamente, in termini di competenza, di cassa ordinaria e di cassa sanitaria). Alla determinazione dei saldi hanno concorso, in entrata, anche specifiche voci agevolative (come il saldo del fondo pluriennale vincolato, il fondo crediti di dubbia esigibilità, quota del risultato di amministrazione ecc.), così come sono state escluse dal computo dei saldi talune voci di spesa significative (pagamenti relativi a debiti in conto capitale, spese connesse al cofinanziamento dei fondi strutturali europei ecc.).

Analoghe misure sono state introdotte dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) per gli enti locali, sebbene questi siano ora tenuti a conseguire un unico saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. Lo stesso regime è stato esteso anche alle Regioni.

Il tendenziale avvicinamento del regime del Patto allo schema del pareggio di bilancio previsto dalla legge rinforzata, nasconde in realtà, dietro l’apparente parallelismo tra le due discipline, finalità profondamente diverse tra loro.

Nel primo caso, i vincoli di finanza pubblica perseguono obiettivi di contenimento della spesa e di redistribuzione degli spazi finanziari con tecniche variabili, che lasciano agli enti territoriali ampi spazi di manovra nella gestione del bilancio, nella composizione dei saldi e nei tempi necessari al complessive, la seconda interpretazione, che va nel senso di riferire la normativa alla sessione di bilancio per il 2017, sembra quella più realistica”. Corte dei conti Audizione trasferimenti finanziari a Regioni ed Enti locali raggiungimento dell’equilibrio strutturale.

Nel secondo caso, il vincolo di bilancio è più stringente, in quanto finalizzato, esclusivamente, a salvaguardare gli equilibri effettivi di bilancio e la riduzione progressiva del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo.

Il difficile contemperamento tra le due opposte esigenze sembra dunque potersi risolvere in situazioni di latente conflitto tra le rispettive discipline.

Si osserva, ad esempio, che laddove i principi di coordinamento della finanza pubblica assumessero il carattere dell’agevolazione concessa per incentivare finalità particolari (come nel caso previsto dal regime delle esclusioni dei pagamenti di debiti pregressi in conto capitale, delle spese sostenute per interventi di edilizia scolastica, delle spese connesse all’utilizzo dei fondi strutturali europei o dei contributi statali finalizzati alla incentivazione dei patti di solidarietà verticale), tali deroghe al sistema dei saldi previsti dalla legge n. 243 difficilmente potrebbero dirsi attuative dei principi di quella disciplina.

Diversamente, nei casi in cui il concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica costituisse un oggettivo aggravamento rispetto agli obblighi derivanti dalla disciplina dettata dalla legge rinforzata, così da indurre gli enti a conseguire avanzi primari crescenti, esso costituirebbe una legittima integrazione della disciplina del pareggio di bilancio, rientrando nell’ambito degli “ulteriori obblighi” previsti dal comma 5 dell’art. 9, della legge n. 243 al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. In tali casi, il limite potrebbe essere rappresentato dall’autonomia finanziaria degli enti territoriali, che non può essere compressa al punto di comprometterne le stesse funzioni istituzionali o, comunque, al di fuori delle esigenze strettamente funzionali a garantire il rispetto dei vincoli di bilancio imposti dall’Unione europea.

La giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito, infatti, che l’intervento statale nei confronti delle autonomie territoriali non deve alterare il rapporto tra fabbisogni complessivi e insieme dei mezzi finanziari necessari per farvi fronte, né deve determinare squilibri economico-finanziari degli enti omettendo di garantire loro risorse aggiuntive rispetto a quelle reperite per l’esercizio delle normali funzioni4.

3. I profili di incostituzionalità della legge n. 243

Da segnalare, ai fini dell’esame del presente disegni di legge (ed in particolare degli articoli 10 e 12, su cui v. infra), è la sentenza n. 88 del 2014, con la quale la Corte costituzionale, con pronuncia additiva, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale in parte qua di due disposizioni della legge n. 243: l’art. 10, comma 5, e l’art. 12, comma 3.

4 Ex multis cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 175/2014, n. 3/2013 e n. 159/2008.

La Corte ha, anzitutto, premesso che la legge n. 243, pur configurandosi come legge “rinforzata” in ragione della speciale maggioranza parlamentare richiesta per la sua approvazione, conserva il rango di legge ordinaria e, in quanto tale, trova la sua fonte di legittimazione – ed insieme i suoi limiti – nella legge costituzionale n. 1 del 2012, di cui detta la disciplina attuativa.

Nel merito, la Corte ha dato accoglimento ai ricorsi proposti da enti ad autonomia differenziata per ritenuta lesione delle prerogative regionali tutelate dall’art. 117, sesto comma, Cost., che garantisce loro una riserva di potestà regolamentare nell’ambito delle competenze legislative concorrenti riconosciute a Regioni e Province autonome, come nel caso di specie, riconducibile alla materia del coordinamento della finanza pubblica. In particolare, la Corte ha stabilito che, in caso di mancato rispetto dell’equilibrio del bilancio regionale allargato, i criteri e le modalità di attuazione della ripartizione del saldo negativo tra gli enti territoriali inadempienti (art. 10, commi 4 e 5, della legge n. 243) possono essere legittimamente assegnati ad una fonte normativa secondaria dello Stato esclusivamente per disciplinare profili di natura eminentemente “tecnica” ma non di natura discrezionale5. Incostituzionale è stato altresì ritenuto l’art. 12, comma 3, della legge n. 243, nella parte in cui prevedeva che il contributo al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato fosse ripartito tra gli enti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, anziché «...d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni».

In particolare, è da sottolineare come la Corte, nel riscontrare la violazione del principio di leale collaborazione, abbia riconosciuto l’esigenza di contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze statali con la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle autonomie, previo il loro indispensabile pieno coinvolgimento in modo da garantire a tutti gli enti territoriali la possibilità di collaborare, attraverso il modulo partecipativo dell’intesa, alla fase decisionale.

5 La Corte ha, dunque, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 5, nella parte in cui non prevedeva la parola «tecnica», dopo le parole «criteri e modalità di attuazione» e prima delle parole «del presente articolo».

 

4. L’equilibrio di bilancio delle Amministrazioni locali

Passando ad analizzare il testo del disegno di legge S. 2344, occorre premettere che, ai sensi del vigente art. 9 della legge n. 243, l’equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali corrisponde ad una situazione di pareggio (o di avanzo), sia in fase di previsione che di rendiconto, tanto in termini di saldo complessivo di bilancio (quale differenza fra entrate finali e spese finali) quanto di saldo di parte corrente (includendo tra le spese correnti anche le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti). Si aggiunga che il pareggio (o l’avanzo) deve essere assicurato, in entrambi i casi, sia in termini di competenza che di cassa.

Il provvedimento del Governo intende sopprimere i due vincoli previsti per la cassa e quello di competenza per le spese correnti, assicurando il solo saldo non negativo in termini di competenza tra le entrate finali e le spese finali, sia nella fase di previsione che di rendiconto.

Questa evidente semplificazione troverebbe due giustificazioni.

Secondo la Relazione illustrativa, il pareggio di parte corrente non incide direttamente sui saldi di finanza pubblica, ma sulla composizione della spesa; d’altro lato, il pareggio di cassa, al pari di quello corrente, è già previsto a livello di principi contabili (art. 162, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000 – per gli enti locali - e art. 40 del d.lgs. n. 118 del 2011 – per le Regioni), mentre il saldo di competenza, dopo l’introduzione del principio della competenza finanziaria “potenziata”, risulta più vicino al saldo di cassa e, di conseguenza, al saldo rilevato dall’Istat ai fini del computo dell’indebitamento netto nazionale.

Nel prendere atto di tali motivazioni, la Corte non può mancare di rilevare che la eliminazione dall’ambito di diretta applicazione della legge n. 243 di due parametri fondamentali per la tenuta degli equilibri di bilancio, quali il saldo corrente e il saldo di cassa, indebolisce notevolmente il sistema di garanzie che la legge costituzionale n. 1/2012 ha posto a presidio del corretto raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Non a caso, le lettere a) ed e) dell’art. 5, primo comma, demandano alla legge rinforzata l’individuazione delle “verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica” e “l’introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio ... nel lungo periodo”. Si è inteso, cioè, assicurare che l’insieme delle verifiche dirette a salvaguardare gli equilibri strutturali (di lungo periodo) del bilancio fossero individuate direttamente dalla legge rinforzata e non dalle leggi di contabilità, soggette, com’è noto, a periodici adattamenti.

Non vi è dubbio, poi, che, al fine di garantire un equilibrio stabile e duraturo, le dinamiche della cassa e la tenuta della gestione corrente del bilancio costituiscono i principali aspetti da monitorare per individuare la presenza di eventuali segnali di criticità.

Né sembra del tutto irrealistica la possibilità che, per effetto del principio della successione delle leggi nel tempo, si interpreti la normativa di risulta, conseguente alla soppressione dei saldi corrente e di cassa, quale espressione di un principio orientativo verso cui debba tendere anche il legislatore ordinario, nel senso di ritenere non più riproponibili tali parametri, in sede sia di eventuale legge organica che di manovra annuale.

Sarebbe dunque auspicabile che il sistema di verifiche e di correttivi previsti dalla legge n. 243 conservasse questi due parametri, richiamando al suo interno anche i principi della competenza finanziaria “potenziata” introdotta dalla riforma della contabilità (piuttosto che i relativi schemi di bilancio), così da scongiurare il rischio che eventuali squilibri di parte corrente possano ripercuotersi sulla parte capitale e sulla cassa al solo fine di assicurare il formale rispetto del vincolo del pareggio di competenza finale.

Peraltro, la valutazione della semplificazione degli obiettivi di saldo ai fini della verifica dell’equilibrio di bilancio non può andare disgiunta dagli altri correttivi che si intendono apportare sia all’art. 9 che all’art. 10.

Si osserva, infatti, che nel saldo di competenza tra entrate finali e spese finali, declinato come differenza tra la somma dei primi 5 Titoli delle entrate del bilancio armonizzato (data da entrate di natura tributaria, trasferimenti correnti, entrate extratributarie, entrate in conto capitale, entrate da riduzione di attività finanziarie) e la somma dei primi 3 Titoli delle spese (data da spese correnti, spese in conto capitale e spese per incremento di attività finanziarie), si introducono elementi di incerta valutazione non contemplati come forme di copertura utilizzabili ai fini del rispetto dei saldi fissati in sede europea. Tra questi figurano l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione degli esercizi precedenti, in quanto compatibile con l’equilibrio di competenza a livello di complesso degli enti territoriali della Regione interessata (compresa la Regione stessa), e il fondo pluriennale vincolato, nei limiti stabiliti con legge dello Stato compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica.

Con riguardo al primo di questi elementi, la proposta di modifica dell’art. 9 introduce un riferimento circolare al saldo di competenza che deve essere garantito a livello di comparto regionale ai sensi del successivo art. 10, intendendosi con ciò che il saldo da conseguire (ai sensi dell’art. 9, primo comma) possa essere eventualmente “modificato” per effetto delle intese raggiunte ai sensi dello stesso art. 10. In virtù di tali intese, l’equilibrio di competenza tra entrate e spese finali del singolo ente potrebbe, dunque, essere conseguito computando nel saldo anche l’importo dell’avanzo di amministrazione utilizzato per finalità di investimento, a condizione che l’intesa conclusa in ambito regionale assicuri che l’utilizzo dell’avanzo non comprometta l’equilibrio di competenza del comparto.

Tale facoltà di redistribuzione di spazi finanziari inutilizzati a livello di comparto regionale si discosta ampiamente dal vigente comma 3 dell’art. 9 (di cui viene proposta l’abrogazione), il quale stabilisce che eventuali saldi positivi debbano essere destinati all'estinzione del debito maturato dall'ente, salvo che l’intesa sancisca la possibilità di destinarli anche a spese di investimento, purché siano rispettati sia i vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea sia l’equilibrio corrente e finale, di cassa e di competenza, del singolo ente.

Altro elemento di flessibilità, incertezza e non trascurabile complicazione, ai fini della verifica della tenuta degli equilibri di competenza, è dato dalla possibilità che la legge dello Stato stabilisca che nel computo del saldo di competenza possa confluire anche il fondo pluriennale vincolato o parte di esso (comma 1-bis del disegno di legge), compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica. Sotto questo profilo, è da ricordare che la Sezione delle autonomie, con deliberazione n. 9/2016/INPR, aveva analizzato le peculiarità del pareggio di bilancio 2016, in relazione al computo del “fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa”, al netto della quota riveniente dal ricorso all’indebitamento, con esclusivo riferimento a tale esercizio.6

Tali voci di copertura facilitano il rispetto dell’equilibrio di bilancio ed hanno effetti espansivi della capacità di spesa degli enti. Inoltre, consentendo di modificare, di volta in volta, il parametro di composizione del saldo, generano situazioni di provvisorietà e di persistente incertezza operativa che rischiano di compromettere la corretta e coerente programmazione finanziaria da parte degli enti territoriali, con ricadute negative proprio sul fronte degli investimenti che si intende incentivare. Né può tralasciarsi di segnalare che, nei limiti in cui l’introduzione del fondo pluriennale vincolato comporti oneri aggiuntivi in termini di indebitamento netto, la disposizione andrebbe corredata da una clausola di neutralità finanziaria che ne assicuri l’invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica mediante opportune coperture finanziarie.

5. Altri possibili profili di criticità

In disparte il fatto che mal si comprendono i motivi che inducono ad introdurre nella legge rinforzata, attraverso il citato comma 1-bis, elementi tecnici di elevato dettaglio, quale l’indicazione dei Titoli del bilancio che concorrono a definire il saldo di competenza (con ciò ingessando inutilmente le leggi di contabilità e ogni loro possibile sviluppo in ordine alle partizioni del

6 Cfr. Sezione delle autonomie, deliberazione n. 9/2016, par. 3.1, che sul punto chiarisce: “La possibilità di considerare tra le entrate finali rilevanti ai fini del pareggio il “fondo pluriennale vincolato” facilita, per il 2016, il rispetto degli equilibri ed aumenta la capacità di spesa, soprattutto sul versante degli investimenti. Tuttavia, non devono essere sottovalutate le implicazioni che comporta il computo del “fondo pluriennale vincolato” solo sull’annualità 2016, ai fini della programmazione delle altre annualità del bilancio triennale. Occorre tenere presente, al riguardo, per il rispetto degli equilibri dell’esercizio 2016 e di quelli futuri, che gli effetti sulla spesa 2016 di tale possibilità devono essere prudentemente commisurati, in termini finanziari, a questo limitato arco temporale, salvo reperire idonee risorse per coprire le proiezioni delle obbligazioni assunte oltre il 2016. In sostanza, occorre considerare che il maggior volume complessivo delle risorse, accresciuto dal computo del “fondo pluriennale vincolato” in entrata – pur compensandosi specificamente nel “fondo pluriennale vincolato” in uscita – può generare illusoria capacità di spesa, per gli anni 2017-2018, all’interno dei quattro aggregati che, secondo il prospetto ex comma 712, compongono il saldo finale. Particolare attenzione, pertanto, deve essere posta nella valutazione di attendibilità delle previsioni relative ai successivi esercizi”.

bilancio), si osserva come, al contrario, il provvedimento governativo miri, in più occasioni, a svuotare di contenuto la stessa legge rinforzata, con l’introduzione di nuovi e diffusi rinvii alla legge ordinaria dello Stato, senza prevederne, peraltro, particolari limiti di disciplina.

Ad essa si fa rinvio per disciplinare l’utilizzo del fondo pluriennale vincolato (comma 1-bis), le modalità di recupero dei saldi negativi (comma 2), i casi in cui applicare premi e sanzioni (comma 4), e ancora, le modalità di concorso sia dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 11, comma 1) sia degli enti territoriali alla sostenibilità del debito complessivo (art. 12, comma 1), come pure le modalità di versamento al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (art. 12, comma 2).

Quest’insieme di rinvii mobili o dinamici offrirebbe allo Stato l’opportunità di articolare liberamente il concorso degli enti territoriali alle manovre di finanza pubblica, utilizzando al massimo gli spazi di flessibilità resi disponibili, non solo dalla concertazione intraregionale, ma anche dall’ampia delega in materia di premi e sanzioni, i cui effetti sui saldi di finanza pubblica andrebbero opportunamente inquadrati all’interno di apposite previsioni che assicurino ex ante l’allineamento degli oneri alle rispettive coperture. Non si esclude, comunque, che tale sistema di rinvii, se non ricondotti entro più ristretti margini di discrezionalità, possa alimentare il contenzioso con gli enti territoriali a salvaguardia delle loro prerogative costituzionali.

Diversamente da quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella richiamata sentenza n. 88/2014, che aveva censurato il comma 5 dell’art. 10 per la mancata delimitazione dei compiti attuativi assegnati al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai soli profili di carattere meramente tecnico, il disegno di legge in esame ripropone la medesima formulazione della norma impugnata, estendendone l’ambito attuativo anche al potere sostitutivo dello Stato in casi di imprecisate inerzie o ritardi. È da ritenere, tuttavia, che la norma non incorra nei medesimi vizi già censurati dalla Consulta, poiché l’unico ambito materiale a disciplina concorrente previsto dall’art. 10 (dopo che la Corte ha ricondotto alla competenza esclusiva dello Stato i primi tre commi) era contenuto nel comma 4, comma ora soppresso dal disegno di legge all’esame.

In riferimento all’art. 11, merita una riflessione la soppressione del Fondo straordinario per il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali. Con la prevista modifica del comma 1 e l’abrogazione del comma 2 nelle parti in cui il testo vigente circoscrive l’ambito di azione dello Stato al sopraggiungere di fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi di gravi crisi finanziarie o calamità naturali aventi ripercussioni sulla finanza di singoli enti territoriali, il concorso finanziario dello Stato non sarà più soggetto ad alcuna di queste condizioni, che ne limitano stabilmente l’ambito discrezionale, potendosi con legge ordinaria disporre variazioni del finanziamento anche in caso di ciclo economico favorevole e a prescindere dai riflessi finanziari che gli eventi eccezionali potranno produrre sui singoli enti.

Quanto all’art. 12, la nuova formulazione proposta dal disegno di legge omette di riprodurre il modulo consensualistico dell’intesa in sede di Conferenza unificata per la ripartizione del contributo degli enti territoriali al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, e introduce una riserva di competenza del legislatore statale.

Si tratta di una sostanziale attenuazione del principio della leale collaborazione posto a garanzia dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, tanto più che, come chiarito dalla Corte costituzionale (sent. n. 88/2014 cit.), il ricorso al predetto modulo partecipativo non compromette di per sé la funzionalità del sistema né genera il rischio di uno stallo decisionale, poiché, in caso di dissenso e fatta salva la necessaria adozione di «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze», la determinazione finale può essere, legittimamente, adottata direttamente dallo Stato.

6. Considerazioni conclusive

Le modifiche che il disegno di legge S. 2344 intende apportare in materia di equilibri di bilancio degli enti territoriali ai principi sanciti dalla legge rinforzata n. 243 del 2012 in attuazione dell’art. 81, comma sesto, della Costituzione, non sono di poco momento.

L’ampia tipologia di correttivi introdotti sembra andare nella direzione di un intervento che valica il semplice intento di semplificazione, adeguamento ai principi dell’armonizzazione contabile, efficientamento della gestione e stimolo agli investimenti, per disegnare un modello di governance della finanza pubblica che ricalca, nella sostanza, i meccanismi tipici delle manovre annuali e che sembra non del tutto coerente con il percorso di realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, in termini di equilibrio strutturale tra entrate e spese e sostenibilità del debito, prefigurati dalla novella dell’art. 81 Cost..

Momento centrale del disegno di legge in esame è, infatti, la soppressione di due vincoli essenziali per garantire l’equilibrio strutturale dei bilanci: l’equilibrio corrente e quello di cassa. La circostanza che il primo non incida direttamente sui saldi di finanza pubblica e che il secondo risulti in qualche misura assorbito nel più ampio equilibrio della competenza “potenziata”, non sembrano argomenti sufficienti per affidarne la regolazione a livello di legge ordinaria di contabilità, tanto più che la loro verifica non presenta particolari difficoltà operative e il loro raggiungimento si dimostra, sovente, particolarmente impegnativo per gli enti.

Ancor più delicati sono i profili di incerta determinazione dell’unico parametro che il progetto di riforma intende conservare (il saldo non negativo in termini di competenza tra entrate e spese finali).

In disparte il rischio di dequalificazione della spesa connesso alla previsione di un unico saldo, si osserva che con la tecnica di composizione del

saldo affidata, di anno in anno, alla legge ordinaria acquistano natura strutturale determinate misure dettate con esclusivo riferimento all’esercizio 2016 (fondo pluriennale vincolato, sia pure compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica).

Sono inoltre da valutare gli effetti derivanti dalle intese concluse in ambito regionale, che potranno modificare la struttura del saldo di ciascun ente con le quote dell’avanzo di amministrazione utilizzate a fini di investimento, che sarebbero riconosciute nei limiti dell’equilibrio complessivo del comparto regionale.

Nel complesso, la perdita del carattere di neutralità del saldo obiettivo e l’introduzione di diffusi rinvii alla legge ordinaria dello Stato senza particolari delimitazioni degli ambiti di materia, non sembra disegnare quel quadro di regole certe, di relazioni stabili e di obiettivi condivisi che la disciplina sull’equilibrio di bilancio e sulla sostenibilità del debito dovrebbe, almeno tendenzialmente, assicurare.

 

 

 

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