C cost. 10/2016
L'integrale finanziamento delle funzioni degli enti locali e la tutela dei diritti sociali.

 

La sentenza in esame è di particolare interesse per tre distinti profili:

a) il primo è quello della salda connessione tra principio dell’adeguata o congrua corrispondenza tra risorse e funzioni, principio di buon andamento della pubblica Amministrazione (letto alla luce del principio di ragionevolezza), lesione dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali e garanzia dei diritti sociali;
b) il secondo è l’oggetto della quaestio, dato che la sentenza in commento (come è capitato già con la sent. 23 luglio 2015, n. 1817) manipola un bilancio di un ente pubblico, determinando una tensione sugli equilibri del bilancio consolidato delle pubbliche amministrazioni;
c) Il terzo è di natura processuale e concerne la possibilità della Corte costituzionale di accertare lo stato d’incapacità, per un ente pubblico, di svolgere le funzioni che gli sono assegnate dalla Costituzione e dalla legge.

 

Nel giudizio di legittimità costituzionale sono sindacabili le scelte di bilancio riduttive degli stanziamenti complessivi per l'esercizio di funzioni conferite ad enti territoriali, pur esprimendo esse decisioni di natura politico-economica che, proprio in ragione di questo carattere, sono costituzionalmente affidate alla determinazione dei governi e delle assemblee parlamentari. Nella materia finanziaria, infatti, non esiste un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi. Tale sindacato rientra nella tavola complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole valutazione sono rimesse al giudice costituzionale. Ne deriva che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa non possono costituire una zona franca sfuggente al sindacato di legittimità costituzionale, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa esser ritenuta esente dalla inviolabile garanzia del giudizio di costituzionalità. Per l'affermazione che, in materia finanziaria, non sussiste alcun limite assoluto al sindacato del giudice di legittimità costituzionale, v. le citate sentenze nn. 188/2015, 70/2012 e 260/1990. Per l'orientamento, ormai superato, secondo cui la legge di bilancio sarebbe legge meramente formale, quindi inidonea ad essere sindacata in sede costituzionale, v. la citata sentenza n. 7/1959. Per l'affermazione che anche attraverso dati numerici contenuti nelle leggi di bilancio e negli allegati possono prodursi effetti novativi sull'ordinamento, v. la citata sentenza n. 188/2015.
Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost., gli artt. 1, comma 1, della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1, 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2, e 1 della legge della Regione Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19, in combinato disposto con i rispettivi Allegati A, relativamente all'unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827, nella parte in cui non consentono di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite alle Province dalla legge regionale n. 34 del 1998 e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano. Gli stanziamenti contenuti nella specifica posta di bilancio, a fronte di un'originaria continuità dalla data di conferimento delle funzioni all'esercizio 2011, vengono drasticamente ridotti negli ultimi tre esercizi. L'entità della riduzione delle risorse necessarie per le funzioni conferite alle Province piemontesi si riverbera sull'autonomia finanziaria di queste ultime, nella misura in cui non consente di finanziarie adeguatamente le funzioni stesse. La lesione di tale autonomia finanziaria si riflette anche sul buon andamento dell'azione amministrativa, in quanto la diminuzione delle risorse in una così elevata percentuale, in assenza di adeguate misure di riorganizzazione o di riallocazione delle funzioni conferite, costituisce una menomazione della autonomia stessa, che comporta contestualmente un grave pregiudizio per l'assolvimento delle funzioni attribuite in attuazione della legge n. 59 del 1997 e delle normative, statale e regionale, in tema di decentramento amministrativo. In assenza di adeguate fonti di finanziamento cui attingere per soddisfare i bisogni della collettività di riferimento in un quadro organico e complessivo, è arduo rispondere alla primaria e fondamentale esigenza di preordinare, organizzare e qualificare la gestione dei servizi a rilevanza sociale da rendere alle popolazioni interessate. Le norme in questione, operando in direzione opposta all'obiettivo di assicurare lo svolgimento delle funzioni conferite alle Province, non superano il test di proporzionalità. La forte riduzione delle risorse destinate alle funzione esercitate con continuità e in settori di notevole rilevanza sociale risulta manifestamente irragionevole per l'assenza di proporzionate misure che ne possano in qualche modo giustificare il dimensionamento. A fronte della prescrizione normativa di astratti livelli di prestazione dei servizi nelle leggi regionali di settore, si verifica, per effetto delle disposizioni sproporzionalmente riduttive delle risorse, una rilevante compressione dei servizi resi alla collettività conseguente al mancato finanziamento degli stessi, in violazione, così, dell'art. 3 Cost. anche sotto il profilo del principio dell'eguaglianza sostanziale. (Sono assorbite le ulteriori censure) Sulla riduzione, con legge regionale, delle risorse finanziarie per l'esercizio delle funzioni conferite alle Province, in assenza di misure che ne possano giustificare il dimensionamento, v. la citata sentenza n. 188/2015. Per l'affermazione che l'esistenza di obblighi nascenti dal contenuto della legge determina la necessità per il legislatore, anche regionale, dell'indicazione dei mezzi finanziari per farvi fronte, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 4/2014, 51/2013 e 68/2011. Sul test di proporzionalità, v. le citate sentenze 272/2015 e 1/2014.

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l'anno 2014), in combinato disposto con l'Allegato A della stessa legge; degli artt. 2, commi 1 e 2, e 3 della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), in combinato disposto con l'Allegato A della stessa legge; dell'art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016) e dell'art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), in combinato disposto con l'Allegato A della stessa legge, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte con un'ordinanza del 20 novembre 2014 e due ordinanze del 16 aprile 2015, rispettivamente iscritte ai nn. 6, 141 e 142 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6 e 28, prima serie speciale, dell'anno 2015.
Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte;
udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 2016 il Giudice relatore Aldo Carosi.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con tre ordinanze pronunciate in tre ricorsi promossi rispettivamente dalla Provincia di Novara, dalla Provincia di Asti e nuovamente dalla Provincia di Novara, ed iscritti rispettivamente ai nn. 6, 141 e 142 del reg. ord. del 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l'anno 2014), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge, laddove è stanziata la somma di euro 10.790.508,00 per l'anno 2014, degli artt. 2, commi 1 e 2, nella parte relativa alla unità previsionale di base (UPB) DB05011, capitolo 149827 ("Fondo per l'esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98") e 3, in combinato disposto con l'Allegato A della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte relativa all'UPB DB05011, capitolo 149827, dell'art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte in cui non apporta alcuna variazione in aumento alla cifra già stanziata di soli euro 10.790.508,00 in favore degli enti locali, nonchè dell'art. 1, in combinato disposto con l'Allegato A della legge della Regione Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), laddove, con riferimento, all'UPB DB05011, assegna ulteriori risorse per euro 14.040.000,00 in favore degli enti locali, per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione.
Espone il giudice rimettente nelle ordinanze pronunciate nei suddetti giudizi, che la Provincia di Novara ha impugnato, chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare, la deliberazione della Giunta della Regione del Piemonte n. 2-157 del 28 luglio 2014, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 33 del 14 agosto 2014, (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99 e 44/00 s.m.i. Art. 10 l.r. 34/98 e s.m.i. Ripartizione dei fondi agli Enti Locali piemontesi per l'esercizio delle funzioni conferite dalla Regione – anno 2014"), e la determinazione del dirigente del Servizio rapporti con le autonomie locali n. 165 del 29 luglio 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di Euro 9.390.428,71 da destinare alle Province piemontesi per l'esercizio delle funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione 2014").
La Provincia di Novara ha chiesto anche la conseguente condanna della Regione Piemonte all'esatto adempimento dell'obbligo di garantire la capienza dello stanziamento delle risorse per le funzioni delegate alla Provincia di Novara per l'anno 2014, l'accertamento del diritto della Provincia di Novara, in virtù dell'accordo raggiunto con la Regione Piemonte, di ottenere trasferimenti finanziari adeguati alle funzioni ad essa delegate dalla Regione Piemonte per gli anni 2011, 2012 e 2013 e la conseguente condanna della Regione Piemonte al pagamento in favore della Provincia di Novara degli importi dovuti per tali ragioni.
La medesima ricorrente, in un successivo giudizio promosso davanti al TAR del Piemonte, ha altresì impugnato la determinazione dirigenziale n. 7 del 12 dicembre 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di euro 9.839.941,88 da destinare alle Province piemontesi per l'esercizio delle funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione 2014") e la nota della Regione Piemonte prot. n. 849/A13010 del 23 gennaio 2015 con la quale l'amministrazione regionale ha evidenziato che il nuovo stanziamento in favore della Provincia di Novara (elevatosi per effetto della legge di assestamento del bilancio dalla precedente somma di euro 881.525,86 ad euro 923.723,89) deve considerarsi disposto in ottemperanza alla decisione cautelare del TAR, di cui all'ordinanza n. 431 del 2014, resa nel parallelo giudizio tra le medesime parti (RG n. 1101/2014). La Provincia di Novara ha chiesto anche la conseguente condanna della Regione Piemonte all'esatto adempimento dell'obbligazione di garantire la capienza dello stanziamento delle risorse per le funzioni delegate alla Provincia di Novara per l'anno 2014, e quindi al pagamento in favore della Provincia di Novara degli importi dovuti per tali ragioni.
La Provincia di Asti ha impugnato, chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare, la deliberazione della Giunta della Regione Piemonte n. 2-157 del 28 luglio 2014, pubblicata sul B.U.R. n. 33 del 14 agosto 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99 e 44/00 s.m.i. Art. 10 l.r. 34/98 c s.m.i. Ripartizione dei fondi agli Enti Locali piemontesi per l'esercizio delle funzioni conferite dalla Regione – anno 2014") nella parte in cui viene determinata in euro 741.486,32 la somma da destinare alla Provincia di Asti per l'esercizio delle funzioni conferite, nonché la successiva determinazione del dirigente del Servizio rapporti con le autonomie locali n. 165 del 29 luglio 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di Euro 9.390.428,71 da destinare alle Province piemontesi per l'esercizio delle funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione 2014") con la quale le suddette somme sono state impegnate e ne è stata autorizzata la liquidazione, nonché, con motivi aggiunti depositati in data 3 marzo 2015, la deliberazione della Giunta regionale n. 1-665 del 27 novembre 2014 (avente ad oggetto "Variazione delle risorse finanziarie sull'assestamento al bilancio di previsione 2014"), pubblicata sul B.U.R. in data 18 dicembre 2014 e la determinazione dirigenziale n. 7 del 12 dicembre 2014 (avente ad oggetto "Leggi regionali 17/99, 44/00 e s.m.i. Impegno di spesa di Euro 9.839.941,88 da destinare alle Province piemontesi per l'esercizio delle funzioni conferite sul cap. 149827 del bilancio di previsione dell'anno 2014"), pubblicata sul B.U. R in data 22 gennaio 2015.
Riferisce il giudice a quo che le Province ricorrenti lamentano nei rispettivi ricorsi che le somme stanziate in bilancio dalla Regione Piemonte nell'anno 2014 per l'esercizio di varie funzioni amministrative loro conferite con leggi regionali in attuazione del sistema di decentramento amministrativo previsto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), non sono sufficienti neppure a coprire gli oneri relativi alle retribuzioni del personale a suo tempo trasferito dalla Regione alle Province ricorrenti per l'espletamento di tali funzioni. Riferisce il TAR Piemonte che ha ritenuto di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme contenute nella legge finanziaria regionale per il 2014, nella legge di approvazione del bilancio di previsione 2014 e nelle disposizioni di assestamento e, con separate ordinanze, ha disposto la sospensione cautelare degli atti impugnati sino alla prima camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti relativi ai giudizi a quibus da parte della Corte costituzionale. Secondo il TAR Piemonte dagli atti prodotti risulterebbe che in attuazione delle leggi regionali n. 1 del 2014 e n. 2 del 2014, la Giunta della Regione Piemonte, con delibera n. 2-157 del 28 luglio 2014, ha individuato nell'importo complessivo di euro 10.790.508,00 le risorse finanziarie da destinare per l'esercizio delle funzioni conferite agli enti locali; in particolare, alle Province è stata assegnata la somma complessiva di euro 9.390.428,71.
Di conseguenza, con determinazione dirigenziale n. 165 del 29 luglio 2014, è stata autorizzata la liquidazione di quest'ultima somma a favore delle Province piemontesi sul capitolo n. 149827/2014. In base alla ripartizione proporzionale tra le varie Province, alla Provincia di Novara è stata così assegnata la somma di euro 881.525,86, ed alla Provincia di Asti la somma di euro 741.486,32.
In seguito, per effetto della legge regionale di assestamento del bilancio, n. 19 del 2014, il capitolo n. 149827 è stato incrementato complessivamente dell'importo di euro 14.040.000,00 e la quota riservata alle Province è stata conseguentemente aumentata di euro 9.839.941,88 (somma individuata nell'allegato n. 1 alla d.G.R. n. 1-665 del 27 novembre 2014), conseguentemente per la Provincia di Novara la somma assegnata si è elevata ad euro 1.805.249,75 e per la Provincia di Asti ad euro 1.518.467,06.
Espone il rimettente che tuttavia tali importi sarebbero manifestamente insufficienti a garantire la copertura di tutte le spese necessarie a far fronte all'esercizio delle funzioni conferite alle due Province ricorrenti, in quanto, come documentato nei giudizi, per il pagamento dei soli stipendi del personale la Provincia di Novara sosterrebbe una spesa superiore ad euro 2.500.000 annui, mentre la Provincia di Asti, per il pagamento dei soli stipendi al personale impiegato nelle varie funzioni conferite e delegate dalla Regione Piemonte necessiterebbe di una somma superiore ad euro 3.600.000 annui, con la conseguenza che le due amministrazioni provinciali – oltre a non poter materialmente esercitare le funzioni loro conferite – non sarebbero neanche in grado di mantenere le obbligazioni contratte con i terzi.
Il TAR per il Piemonte sostiene che le questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti per le decisioni da assumere in quanto le delibere impugnate, nell'attribuire lo stanziamento oggetto di contestazione alle Province ricorrenti, non avrebbero potuto riconoscere agli enti locali piemontesi maggiori risorse rispetto a quelle indicate negli allegati della legge finanziaria e delle leggi di approvazione e di assestamento del bilancio 2014, con riferimento alle somme da queste indicate nella summenzionata unità previsionale di base (UPB) DB05011 e, segnatamente, nel capitolo n. 149827.
Infatti, prosegue il rimettente, le delibere in questione nelle loro premesse riferiscono di dare attuazione alle predette disposizioni legislative. Secondo il giudice a quo sarebbe quindi evidente che le doglianze avanzate dalle Province ricorrenti non potrebbero che coinvolgere, in via necessaria e pregiudiziale, proprio la legge finanziaria e la legge di bilancio alle quali esse premettono di voler dare attuazione.
Secondo il giudice a quo vengono quindi in rilievo per la decisione dei ricorsi l'art. 1, comma 1, della legge reg. Piemonte n. 1 del 2014, che ha previsto il rifinanziamento delle vigenti leggi regionali di spesa, tra le quali è indicata anche la legge della Regione Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge, laddove viene stanziata la somma di euro 10.790.508,00 per l'anno 2014; l'art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Piemonte n. 2 del 2014, mediante i quali è stato approvato il totale generale delle spese ed è stata autorizzata l'assunzione degli impegni di spesa entro i limiti degli stanziamenti di competenza dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 2014, l'art. 3 della medesima legge regionale, che ha approvato il quadro generale riassuntivo del bilancio per l'anno finanziario 2014, entrambi in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge, nella parte relativa all'UPB DB05011, laddove assegna al capitolo 149827 ("Fondo per l'esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98") la somma, in termini di competenza, di euro 10.790.508,00; l'art. 1 della legge reg. Piemonte n. 6 del 2014, nella parte in cui non apporta alcuna variazione in aumento, nei sensi già indicati, con riferimento alla cifra già stanziata di euro 10.790.508,00 in favore degli enti locali; nonché l'art. 1 della legge reg. Piemonte n. 19 del 2014, che ha introdotto gli aggiornamenti e le variazioni allo stato di previsione dell'entrata e della spesa del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014, in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge, nella parte relativa all'UPB DB05011, ed al predetto capitolo 149827, assegnando ulteriori risorse agli enti locali per euro 14.040.000,00 e portando quindi lo stanziamento complessivo assestato ad euro 24.830.508,00.
Al riguardo, il rimettente espone che, in effetti, a norma dell'art. 19, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), a decorrere dall'anno 2013, ciascuna Regione a statuto ordinario deve assicurare la soppressione di tutti i trasferimenti regionali, aventi carattere di generalità e permanenza, di parte corrente e, ove non finanziati tramite il ricorso all'indebitamento, in conto capitale diretti al finanziamento delle spese delle Province, ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione). Peraltro, rammenta il TAR per il Piemonte che tale previsione normativa, nel concorrere ad attuare il disegno di federalismo fiscale ai sensi dell'art. 119 Cost., ha altresì stabilito che, per assicurare alle Province un importo corrispondente ai trasferimenti regionali così soppressi, ciascuna Regione deve comunque determinare, con proprio atto amministrativo (previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali, d'intesa con le Province del proprio territorio), una compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica regionale e che tale compartecipazione può essere successivamente incrementata sulla base di disposizioni legislative regionali sopravvenute riguardanti le funzioni delle Province o in misura corrispondente alla riduzione di altri trasferimenti regionali; è altresì previsto che in caso di incapienza della tassa automobilistica rispetto all'ammontare delle risorse regionali soppresse, le Regioni debbano assicurare una compartecipazione ad altro tributo regionale, nei limiti della compensazione dei trasferimenti soppressi alle rispettive Province (comma 2 dell'art. 19 citato) ed è stato altresì previsto che, in caso di mancata fissazione della compartecipazione alla tassa automobilistica entro la data del 30 novembre 2012, lo Stato sarebbe intervenuto in via sostitutiva ai sensi dell'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Con riguardo alla situazione esistente in Piemonte, riferisce il TAR che la difesa della Regione non ha documentato se essa abbia fissato, entro il 30 novembre 2012, la misura della suddetta compartecipazione; né se si sia verificato un successivo intervento statale sostitutivo; né, ancora, se sia stato istituito il "Fondo sperimentale regionale di riequilibrio" che, ai sensi del comma 4 dell'art. 19 del menzionato d.lgs. n. 68 del 2011, potrebbe consentire di realizzare, in forma progressiva e territorialmente equilibrata, l'attuazione del nuovo sistema; neppure risulta, si prosegue, che qualche determinazione sia stata ancora adottata; con la conseguenza che l'eventuale venir meno dei trasferimenti regionali, ai sensi del comma 1 dell'art. 19 del d.lgs. n. 68 del 2011, non potrebbe attualmente trovare la sua compensazione in alcuna voce. Pertanto, osserva il giudice a quo che l'attuale inoperatività, per la Regione Piemonte, della complessiva previsione di cui all'art. 19 del d.lgs. n. 68 del 2011, rimasta inattuata nella pars construens (ossia, laddove assicura il recupero delle risorse soppresse), avrebbe dovuto impedire l'applicazione anche della pars destruens (ossia, laddove dispone la soppressione dei trasferimenti regionali alle Province); tale sarebbe difatti, secondo il giudice a quo, la necessaria interpretazione costituzionalmente orientata di tale previsione, nel senso cioè che la sua operatività debba intendersi sospesa fino a quando non saranno concretamente stabilite le modalità di recupero delle risorse soppresse. Per quanto sopra esposto, secondo il rimettente le leggi regionali che hanno approvato la finanziaria 2014 ed il bilancio di previsione per l'anno 2014, nonchè la legge di assestamento di bilancio 2014, hanno confermato – nonostante un leggero aumento recato dalla legge di assestamento – la consistente riduzione degli stanziamenti a favore delle Province per le funzioni loro delegate – riduzione che, evidenzia il rimettente, rispetto allo stanziamento per l'anno 2010, allora pari ad euro 60.000.000,00, assume proporzioni davvero inusitate, tenuto conto che la somma destinata alle Province per il 2014, anche dopo la legge di assestamento, era pari a meno di 20 milioni di euro – in tal modo esse di fatto impediscono alle Province la concreta possibilità di esercitare quelle funzioni, in violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119 Cost.
Secondo il giudice a quo una siffatta riduzione violerebbe l'autonomia finanziaria delle Province, di cui agli artt. 117 e 119 Cost., con negative ricadute anche sul buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost). Osserva difatti il TAR piemontese che fino a quando le Province continueranno ad essere individuate, nella Costituzione, come enti costituenti la Repubblica e dotati di autonomia, anche finanziaria (art. 114, primo e secondo comma, e 119, primo comma, Cost.), la sottrazione delle risorse loro spettanti in base alle leggi regionali impugnate si tradurrebbe in una menomazione della loro autonomia finanziaria (è richiamata la sentenza n. 241 del 2012) perché costringerebbe tali enti a dare copertura ai costi delle funzioni trasferite con risorse proprie – che, peraltro, le Province ricorrenti sostengono di non possedere – ed altresì in un ostacolo all'assolvimento dei compiti istituzionali che, anche in base al sistema di decentramento amministrativo avviato con la legge n. 59 del 1997, tali enti territoriali sono chiamati a svolgere (è richiamata la sentenza n. 63 del 2013). Pertanto, secondo il rimettente, il ruolo delle autonomie locali, quale attualmente disegnato dalle richiamate norme costituzionali, non potrebbe considerarsi compatibile con una drastica riduzione dei servizi che gli enti locali sono chiamati a fornire ai cittadini, se giustificata esclusivamente da considerazioni di carattere finanziario fondate sull'equilibrio di bilancio.
Rammenta il TAR che il soddisfacimento delle ordinarie attività amministrative non dipenderebbe solo dalle risorse disponibili, ma anche dalle scelte sulla loro allocazione ed utilizzazione, dovendosi evitare che queste possano comportare la compromissione delle istanze costituzionali già richiamate. Pertanto, anche le leggi regionali in questione avrebbero dovuto allocare od utilizzare diversamente le risorse a disposizione della Regione, pur di garantire alle Province la salvaguardia della loro autonomia finanziaria e – correlativamente – di mantenere il buon andamento nell'amministrazione pubblica, ovviamente nel necessario rispetto del principio di previa copertura della spesa in sede legislativa (art. 81, quarto comma, Cost.).
Secondo il rimettente sarebbe altresì violato l'art. 3 Cost., sia sotto il profilo dell'irragionevolezza, in quanto la drastica riduzione degli stanziamenti disposta dalla Regione non terrebbe conto dell'esigenza (logica, ancor prima che giuridica) che le funzioni assegnate siano conferite unitamente alle risorse disponibili per il loro svolgimento, in considerazione del livello dei costi delle funzioni medesime; sia sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza sostanziale in quanto il mancato esercizio delle funzioni delegate alle Province – afferenti a settori nevralgici della vita economica e sociale della comunità territoriale (sono citati l'industria, le miniere, l'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico, la gestione dei rifiuti, l'energia, la tutela delle acque, la difesa del suolo, la protezione civile, il turismo, i trasporti, l'istruzione, i servizi sociali, i beni culturali), lungi dal rimuovere gli ostacoli descritti dall'art. 3, secondo comma, Cost., al contrario li causerebbe e, allo stesso tempo, si tradurrebbe in inaccettabili discriminazioni di fatto tra i cittadini e nella sostanziale negazione dei loro diritti di libertà.
Il giudice a quo lamenta infine la violazione dell'art. 118 Cost. e dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza: siffatti principi postulerebbero, secondo il rimettente, che determinate funzioni siano conferite anche alle Province le quali, così, ne diventano titolari ai sensi dell'art. 118, secondo comma, Cost. In tale quadro costituzionale, il mantenimento delle funzioni già conferite con legge statale, accompagnato però dal taglio delle risorse destinate a quelle funzioni, equivarrebbe ad una sostanziale espropriazione delle funzioni di cui le Province sono divenute titolari, in violazione del dettato costituzionale e del principio di sussidiarietà verticale (in applicazione del quale, invece, quelle funzioni erano state attribuite alle Province) ed anche del principio di adeguatezza, in quanto lo stanziamento disposto sarebbe del tutto inidoneo a consentire alle Province di far fronte ai costi che lo svolgimento di tali funzioni implicherebbe.
2.– È intervenuta in tutti i giudizi la Regione Piemonte, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili od infondate. La Regione Piemonte sottolinea innanzi tutto che le cifre che si indicano come insufficienti comprenderebbero solo parte delle funzioni delegate, mentre altre materie (quali quelle dei trasporti e dei servizi sociali), sarebbero finanziate con specifiche leggi regionali (leggi della Regione Piemonte 4 gennaio 2000, n. 1, recante «Norme in materia di trasporto pubblico locale, in attuazione del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422» e 8 gennaio 2004, n. 1, recante «Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento»).
Inoltre, con riferimento al fatto che i suddetti finanziamenti non basterebbero nemmeno a coprire le spese del personale, la Regione eccepisce che non sarebbe stato dimostrato che essi vengano utilizzati solo per l'esercizio delle funzioni conferite e delegate.
Evidenzia inoltre l'interveniente che la Regione Piemonte e le Province, nei tavoli della "Conferenza Permanente Regione-Autonomie Locali", non avrebbero mai concordato di fissare i finanziamenti a seguito di resoconti dettagliati sui costi forniti dalle Province, optando diversamente per una forfetizzazione dei contributi. La Regione Piemonte, dopo aver descritto nel dettaglio i settori oggetto del d.lgs. n. 112 del 1998, che sarebbero stati a loro volta delegati alle Province con la legge della Regione Piemonte 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»), osserva che occorrerebbe tenere conto delle attività coperte con fondi europei e che alcune delle attività delegate (per esempio in materia contributiva) verrebbero esercitate solamente in quanto vi sia la disponibilità finanziaria, mentre altre attività (ad esempio trasporti) sarebbero finanziate con altri fondi non compresi nella delibera impugnata. Prosegue la Regione Piemonte che l'art. 7 del d.lgs. n. 112 del 1998 menziona i fondi regionali "effettivamente" trasferiti dallo Stato, sicché la Regione non avrebbe potuto incrementare i fondi provinciali con fondi propri, in quanto già soggetti ad una drastica riduzione per effetto dei minori trasferimenti statali; non essendosi mai proceduto ad un esame dettagliato degli effettivi costi delle funzioni trasferite, che tengano conto anche degli elementi sopra elencati si sarebbe optato per la forfetizzazione del versamento regionale alle Province, come tale non necessariamente vincolato alla spesa storica degli anni precedenti. Tale versamento sarebbe stato peraltro concordato in sede di "Conferenza permanente Regione-Autonomie Locali", a cui avrebbero partecipato anche le Province ricorrenti. La Regione richiama altresì il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province) che individua l'anno 2013 quale anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica, ed in particolare l'art. 3, che enumera le funzioni fondamentali della Provincia ai fini della determinazione dei fabbisogni standard: secondo la Regione Piemonte sarebbe evidente che gran parte delle funzioni delegate dalla Regione siano attualmente ricomprese nell'esercizio delle funzioni fondamentali delle Province, così come ridefinite, sicché resterebbe «[d]ifficile [...] stabilire un finanziamento ultroneo per attività analoghe svolte dal medesimo personale».

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con le ordinanze indicate in epigrafe, pronunciate in giudizi promossi rispettivamente dalla Provincia di Novara, dalla Provincia di Asti e nuovamente dalla Provincia di Novara, ed iscritti rispettivamente ai nn. 6, 141 e 142 del registro ordinanze dell'anno 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l'anno 2014), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge, laddove è stanziata la somma di euro 10.790.508,00 per l'anno 2014, degli artt. 2, commi 1 e 2, nella parte relativa alla Unità previsionale di base (UPB) DB05011, capitolo 149827 ("Fondo per l'esercizio delle funzioni conferite – L.R. 34/98") e 3, in combinato disposto con l'Allegato A della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte relativa all'UPB DB05011, capitolo 149827, dell'art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), nella parte in cui non apporta alcuna variazione in aumento alla cifra già stanziata di soli euro 10.790.508,00 in favore degli enti locali, nonchè dell'art. 1, in combinato disposto con l'Allegato A della legge della Regione Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), laddove, con riferimento, all'UPB DB05011, assegna ulteriori risorse per euro 14.040.000,00 in favore degli enti locali, per violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione.
Espone il giudice rimettente che le due Province hanno impugnato la deliberazione della Giunta della Regione Piemonte e la determinazione del dirigente del Servizio rapporti con le autonomie locali con le quali sono stati ripartiti ed impegnati i fondi contenuti nella richiamata posta di bilancio regionale.
Le medesime ricorrenti hanno altresì impugnato con ulteriore ricorso – la Provincia di Asti con motivi aggiunti – la deliberazione della Giunta regionale e la determinazione dirigenziale con le quali sono state incrementate ed impegnate le somme precedentemente ripartite sulla base della legge regionale di assestamento dell'esercizio 2014. È stata altresì impugnata la nota della Regione Piemonte prot. n. 849/A13010 del 23 gennaio 2015 con la quale l'amministrazione regionale ha evidenziato che il nuovo stanziamento in favore della Provincia di Novara deve considerarsi disposto in ottemperanza alla decisione cautelare del TAR, di cui all'ordinanza n. 431 del 2014, resa nel parallelo giudizio tra le medesime parti (RG n. 1101/2014).
Riferisce il giudice a quo che le Province ricorrenti lamentano nei rispettivi ricorsi che le somme stanziate in bilancio dalla Regione Piemonte nell'anno 2014 per l'esercizio di varie funzioni amministrative ad esse conferite con leggi regionali in attuazione del sistema di decentramento amministrativo previsto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) non sono sufficienti neppure a coprire gli oneri relativi alle retribuzioni del personale a suo tempo trasferito dalla Regione alle Province ricorrenti per l'espletamento di tali funzioni.
Secondo il TAR piemontese, dagli atti prodotti risulterebbe che, in attuazione delle leggi della Regione Piemonte n. 1 del 2014 e n. 2 del 2014, la Giunta ha individuato nell'importo complessivo di euro 10.790.508,00 le risorse finanziarie da destinare per l'esercizio delle funzioni conferite agli enti locali; in particolare, alle Province è stata assegnata la somma complessiva di euro 9.390.428,71. Di conseguenza, con determinazione dirigenziale n. 165 del 29 luglio 2014, è stata autorizzata la liquidazione di quest'ultima somma a favore delle Province piemontesi sul capitolo n. 149827/2014. In base alla ripartizione proporzionale tra le varie Province, alla Provincia di Novara è stata così assegnata la somma di euro 881.525,86 ed alla Provincia di Asti la somma di euro 741.486,32.
In seguito, per effetto della legge regionale di assestamento del bilancio n. 19 del 2014, il capitolo n. 149827 è stato incrementato complessivamente dell'importo di euro 14.040.000,00 e la quota riservata alle Province è stata aumentata di euro 9.839.941,88 (somma individuata nell'allegato n. 1 alla d.G.R. n. 1-665, del 27 novembre 2014). Per la Provincia di Novara la somma assegnata si è elevata dunque ad euro 1.805.249,75 e per la Provincia di Asti ad euro 1.518.467,06. Tali importi – anche nella misura temporaneamente incrementata dalla legge di assestamento in esecuzione della ordinanza cautelare – sarebbero manifestamente insufficienti a garantire la copertura di tutte le spese necessarie a far fronte all'esercizio delle funzioni conferite alle due ricorrenti, in quanto, come documentato nei giudizi, per il pagamento dei soli stipendi del personale la Provincia di Novara sosterrebbe una spesa superiore ad euro 2.500.000 annui, mentre la Provincia di Asti, per il pagamento dei soli stipendi al personale impiegato nelle varie funzioni conferite e delegate dalla Regione Piemonte, necessiterebbe di una somma superiore ad euro 3.600.000 annui, con la conseguenza che le amministrazioni provinciali – oltre a non poter materialmente esercitare le funzioni loro conferite – non sarebbero neanche in grado di adempiere le obbligazioni contratte con i terzi.
Le questioni sollevate sarebbero rilevanti per le decisioni da assumere in quanto le delibere impugnate, nell'attribuire lo stanziamento oggetto di contestazione alle Province ricorrenti, non avrebbero potuto riconoscere agli enti locali piemontesi maggiori risorse rispetto a quelle indicate negli allegati della legge finanziaria e delle leggi di approvazione e di assestamento del bilancio 2014. Pertanto le doglianze avanzate dalle Province non potrebbero che coinvolgere, in via necessaria e pregiudiziale, proprio la legge finanziaria, la legge di bilancio e le successive modifiche, le quali fissano il limite finanziario al potere dispositivo della Giunta e del dirigente preposto al settore.
Nelle ordinanze di rimessione viene ricordato che, a norma dell'art. 19, comma 1, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), a decorrere dall'anno 2013, ciascuna Regione a statuto ordinario avrebbe dovuto assicurare la soppressione di tutti i trasferimenti regionali di parte corrente aventi carattere di continuità sostituendoli con una compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica regionale e, in caso di insufficienza della tassa automobilistica rispetto all'ammontare delle risorse regionali soppresse, con una compartecipazione ad altro tributo regionale, nei limiti della compensazione dei trasferimenti soppressi (comma 2 dell'art. 19 citato). Tali prescrizioni normative non risulterebbero attuate dalla Regione Piemonte per cui le riduzioni dei trasferimenti regionali sono rimaste prive di compensazione.
In base alla lettura dei bilanci approvati con legge regionale il valore assoluto dei trasferimenti sulla apposita UPB DB05011, capitolo 149827, mette in luce la seguente evoluzione negativa: esercizio 2010 – stanziamento euro 60.000.000,00; esercizio 2011 – stanziamento euro 59.000.000,00; esercizio 2012 – stanziamento euro 40.000.000,00; esercizio 2013 – stanziamento euro 20.000.000,00 (euro 21.065.336,47 a seguito di assestamento); esercizio 2014 – stanziamento euro 10.790.508,00 (incrementato con legge di assestamento di euro 9.839.941,88, da destinare concretamente alle Province).
Secondo il giudice a quo una siffatta contrazione violerebbe l'autonomia finanziaria delle Province, di cui agli artt. 117 e 119 Cost., con negative ricadute anche sul buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.) poiché le risorse assegnate servirebbero solo a sostenere parzialmente gli oneri del personale senza una correlata utilità in termini di servizi resi.
Viene altresì lamentata la violazione dell'art. 3 Cost., sia sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto la riduzione degli stanziamenti disposta dalla Regione sarebbe assolutamente priva di proporzionalità, non tenendo in alcun conto che le funzioni sono state a suo tempo conferite contestualmente alle risorse umane e finanziarie necessarie per il loro svolgimento; sia sotto il profilo del principio di eguaglianza sostanziale, in quanto il mancato o cattivo esercizio delle funzioni delegate alle Province, «afferenti a settori nevralgici della vita economica e sociale della comunità territoriale: si pensi, solo per citarne alcuni, all'industria, alle miniere, all'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico, alla gestione dei rifiuti, all'energia, alla tutela delle acque, alla difesa del suolo, alla protezione civile, al turismo, ai trasporti, all'istruzione, ai servizi sociali, ai beni culturali [...] si tradurrebbe in inaccettabili discriminazioni di fatto tra i cittadini e nella sostanziale negazione dei loro diritti di libertà».
Il giudice a quo lamenta infine la violazione dell'art. 118 Cost. e dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza: siffatti principi postulerebbero, secondo il rimettente, che determinate funzioni debbano essere conferite anche alle Province le quali, così, ne diverrebbero titolari ai sensi dell'art. 118, secondo comma, Cost. In tale quadro costituzionale, il mantenimento delle funzioni già conferite con legge statale, accompagnato però dal taglio delle risorse destinate a quelle funzioni, equivarrebbe ad una sostanziale espropriazione delle funzioni di cui le Province sono divenute titolari, in violazione del dettato costituzionale e dei principi di sussidiarietà verticale e di adeguatezza.
2.– I tre giudizi, aventi ad oggetto le medesime disposizioni regionali, vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.
Preliminarmente occorre esaminare il problema dell'ammissibilità delle questioni rivolte contro disposizioni di legge che, in sede di bilancio preventivo e di modifiche in corso d'anno, determinano le risorse da assegnare per il raggiungimento degli obiettivi di competenza dell'ente territoriale. Si tratta invero, nel caso delle scelte di bilancio, di decisioni di natura politico-economica che, proprio in ragione di questo carattere, sono costituzionalmente affidate alla determinazione dei governi e delle assemblee parlamentari (nel caso in questione della Regione Piemonte).
Con riguardo alla fattispecie in esame è necessario tuttavia considerare l'ormai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui nella materia finanziaria non esiste «un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi. Al contrario, ritenere che [il sindacato sulla materia] sia riconosciuto in Costituzione non può avere altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei valori costituzionali, [cosicché] non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio [...] o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale» (sentenza n. 260 del 1990; in senso sostanzialmente conforme sentenze n. 188 del 2015 e 70 del 2012).
In particolare, proprio con la citata sentenza n. 260 del 1990 è stata superata anche la risalente concezione dottrinaria, di cui è traccia anche nella sentenza n. 7 del 1959 di questa Corte, secondo cui quella di bilancio sarebbe una legge meramente formale priva di prescrizioni normative. Da ciò conseguirebbe la inidoneità a modificare leggi finanziarie preesistenti e quindi ad essere sindacata in sede costituzionale.
In realtà, l'evoluzione legislativa in materia finanziaria ha presentato sovente fattispecie (ad esempio quella decisa con sentenza n. 188 del 2015) in cui anche attraverso i semplici dati numerici contenuti nelle leggi di bilancio e nei relativi allegati possono essere prodotti effetti novativi dell'ordinamento. Questi ultimi costituiscono scelte allocative di risorse, suscettibili di sindacato in quanto rientranti «nella tavola complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte» (sentenza n. 260 del 1990).
3.– Sempre con riguardo ai profili di ammissibilità, dalla lettura delle ordinanze di rimessione si evince inequivocabilmente la rilevanza delle questioni sollevate, atteso che il giudice rimettente ritiene pregiudiziale all'esame del merito del giudizio a quibus risolvere il dubbio circa la legittimità di norme che – per effetto della cosiddetta "funzione autorizzatoria" della spesa, la quale astringe la gestione delle risorse disponibili entro i limiti determinati dalle singole poste del bilancio di previsione (in merito ai caratteri di tale funzione, ex plurimis, sentenza n. 188 del 2015) – non consentirebbero di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge reg. Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali). Viene precisato al riguardo che il provvedimento di riparto dei trasferimenti tra le Province ha utilizzato per intero lo stanziamento del bilancio 2014, sicché, nella vigenza delle disposizioni impugnate, risulterebbe impossibile accogliere le pretese delle ricorrenti. Il sindacato costituzionale sulle norme, della cui legittimità si dubita, risulta quindi propedeutico all'esame nel merito delle rivendicazioni finanziarie delle Province. Infatti, le impugnate delibere di Giunta regionale e le determinazioni dirigenziali conseguenti non avrebbero potuto attribuire agli enti locali piemontesi maggiori risorse rispetto a quelle indicate nella legge finanziaria n. 1 del 2014 e negli allegati delle leggi di approvazione e di assestamento dell'esercizio 2014. Per questo motivo, le doglianze delle Province ricorrenti vengono a coinvolgere, in via necessaria e pregiudiziale, proprio le citate disposizioni di legge.
Dalle ordinanze di rimessione si ricava anche che non vi è questione sui criteri di distribuzione dello stanziamento di bilancio tra le Province piemontesi e che, quindi, la lesione dedotta da entrambe le ricorrenti riguarda non i parametri di riparto, bensì l'ammontare dei relativi trasferimenti, la cui limitazione dipende dal monte finanziario complessivo di cui si lamenta la drastica riduzione nell'esercizio 2014.
In altre parole, non essendo contestata l'invarianza dei criteri di riparto, l'oggetto del giudizio rimane circoscritto all'evoluzione in senso fortemente riduttivo degli stanziamenti complessivi e non investe le reciproche proporzioni tra risorse assegnate alle singole Province piemontesi. Le doglianze del giudice rimettente riguardano detta riduzione che – anche prendendo a riferimento lo stanziamento finale che la Regione precisa comunque essere adempimento della misura cautelare del TAR e non scelta definitiva e irreversibile di politica finanziaria – risulta pari a circa due terzi delle risorse annualmente assegnate a far data dal conferimento delle funzioni ex lege n. 59 del 1997.
È utile anche ricordare che per analoga fattispecie è stato già precisato che il sindacato costituzionale «non può essere esteso alle ragioni che hanno condotto la Regione Piemonte a non dare applicazione al meccanismo sostitutivo dei trasferimenti come delineato dall'art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011 (soppressione, a decorrere dall'anno 2013, dei trasferimenti di parte corrente con contestuale assegnazione alle Province di un importo fiscale sostitutivo dei trasferimenti regionali così eliminati). La mancata attuazione della norma statale, che prevedeva una sostanziale invarianza finale del nuovo regime delle entrate provinciali, risulta, ai fini del presente giudizio, un mero presupposto di fatto» (sentenza n. 188 del 2015).
4.– Alla luce delle esposte premesse, le questioni di legittimità sollevate in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. devono essere ritenute ammissibili ad eccezione di quelle rivolte alla legge della Regione Piemonte n. 6 del 2014 di variazione al bilancio di previsione 2014. Con riguardo a quest'ultima il giudice rimettente non precisa i motivi per cui essa osterebbe alla determinazione del giusto contributo per l'esercizio delle funzioni provinciali conferite. Nel contesto del ricorso egli sembra affermare implicitamente che il pregiudizio provocato dalla legge di variazione del bilancio consisterebbe nel non aver provveduto al congruo incremento della partita di spesa contestata.
Una simile impostazione del rapporto di causalità tra la legge di variazione ed il preteso insufficiente stanziamento non è condivisibile: le leggi di variazione di bilancio hanno quale finalità l'adeguamento delle previsioni iniziali alle nuove realtà economico-finanziarie venutesi a creare in corso di esercizio, in modo da garantire una flessibilità nell'attuazione delle politiche pubbliche sottese all'esercizio di bilancio ed una maggiore rapidità nell'adeguamento alle problematiche emergenti.
Il limite alla loro adozione sta appunto nella garanzia dell'equilibrio di bilancio, che deve essere ripristinato laddove le sopravvenienze lo abbiano turbato, oppure deve essere conservato, nel caso in cui lo scopo normativo sia semplicemente quello di aggiornare il quadro degli obiettivi di natura politico-finanziaria.
Se è vero che questa Corte ha più volte configurato il principio dell'equilibrio finanziario come doveroso adempimento in fieri del legislatore per porre rimedio alle risultanze negative del complesso dei fatti finanziariamente rilevanti sui risultati della gestione del bilancio, è di tutta evidenza come per la fattispecie in esame non esistessero, alla data di emanazione della legge, fatti normativamente vincolanti all'incremento dei trasferimenti.
5.– Ciò premesso, le questioni di legittimità sollevate nei confronti della legge finanziaria regionale, di quella di bilancio e di quella di assestamento con riguardo agli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. possono essere così sintetizzate: a) violazione degli artt. 117 e 119 Cost. per lesione dell'autonomia finanziaria, ridondante sul principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., in quanto lesiva del principio di programmazione e di proporzionalità tra risorse assegnate e funzioni esercitate; b) violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. per l'entità della riduzione in assenza di misure riorganizzative o riallocative di funzioni; c) violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, secondo comma, Cost. per il pregiudizio alla fruizione dei diritti sociali causato dal mancato finanziamento dei servizi.
6.– Tutte le censure così riassunte sono fondate.
È acclarato dalla lettura dei bilanci della Regione e già accertato nei giudizi a quibus che – malgrado la Regione Piemonte eccepisca, in modo generico e non documentato, che le poste contabili oggetto di impugnazione non siano esaustive delle risorse assegnate per funzioni conferite alle Province ricorrenti – l'entità degli stanziamenti contenuti nella specifica posta del bilancio della Regione, a fronte di una originaria continuità dalla data di conferimento delle funzioni all'esercizio 2011, viene notevolmente ridotta negli ultimi tre esercizi.
Come si evince dalla progressione storica degli stanziamenti precedentemente illustrata, rispetto all'importo "consolidato" di 60 milioni relativo all'esercizio 2010 (e rimasto sostanzialmente invariato nel 2011), si sono avute riduzioni del 33,33% nell'esercizio 2012, del 64,89% nell'esercizio 2013, dell'82% nell'esercizio 2014 (percentuale poi rideterminata al 65,62% a seguito del censurato assestamento di bilancio).
Il citato quadro finanziario, in quanto non accompagnato da adeguate misure di riorganizzazione o di riallocazione delle funzioni, risulta decisivo per ritenere fondati i richiamati profili di censura.
6.1. – Quanto alle questioni sollevate in riferimento agli artt. 117, 119 e 97 Cost., l'entità della riduzione delle risorse necessarie per le funzioni conferite alle Province piemontesi si riverbera sull'autonomia di queste ultime, entrando in contrasto con detti parametri costituzionali, nella misura in cui non consente di finanziare adeguatamente le funzioni stesse. La lesione dell'autonomia finanziaria si riflette inevitabilmente sul buon andamento dell'azione amministrativa in quanto la diminuzione delle risorse in così elevata percentuale, «in assenza di correlate misure che ne possano giustificare il dimensionamento attraverso il recupero di efficienza o una riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo conferite» (sentenza n. 188 del 2015), costituisce una menomazione della autonomia stessa, che comporta contestualmente un grave pregiudizio all'assolvimento delle funzioni attribuite in attuazione della legge n. 59 del 1997, e delle altre disposizioni statali e regionali in tema di decentramento amministrativo.
Per analoga fattispecie è stato ricordato che «ogni stanziamento di risorse deve essere accompagnato da scopi appropriati e proporzionati alla sua misura [e che] [i]l principio di buon andamento implica, da un lato, che le risorse stanziate siano idonee ad assicurare la copertura della spesa, a cominciare da quella relativa al personale dell'amministrazione, e, dall'altro, che dette risorse siano spese proficuamente in relazione agli obiettivi correttamente delineati già in sede di approvazione del bilancio di previsione» (sentenza n. 188 del 2015). Il principio del buon andamento – ancor più alla luce della modifica intervenuta con l'introduzione del nuovo primo comma dell'art. 97 Cost. ad opera della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) – è strettamente correlato alla coerenza della legge finanziaria regionale e di quella di bilancio con la programmazione delle attività e dei servizi che si intendono finanziare a legislazione vigente.
In assenza di adeguate fonti di finanziamento a cui attingere per soddisfare i bisogni della collettività di riferimento in un quadro organico e complessivo, è arduo rispondere alla primaria e fondamentale esigenza di preordinare, organizzare e qualificare la gestione dei servizi a rilevanza sociale da rendere alle popolazioni interessate. In detto contesto, la quantificazione delle risorse in modo funzionale e proporzionato alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla legislazione vigente diventa fondamentale canone e presupposto del buon andamento dell'amministrazione, cui lo stesso legislatore si deve attenere puntualmente. Nel caso di specie le stesse leggi della Regione Piemonte n. 34 del 1998 e 26 aprile 2000, n. 44 (Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»), attuative della legge n. 59 del 1997 e del decreto legislativo n. 112 del 1998, attribuendo una serie di funzioni alle Province piemontesi, comportano l'obbligo di assicurare un adeguato finanziamento. È stato in proposito più volte ribadito da questa Corte che «l'esistenza di oneri nascenti dal contenuto della legge determina la necessità dell'indicazione dei mezzi finanziari per farvi fronte. Verrebbe altrimenti "disatteso un obbligo costituzionale di indicazione al quale il legislatore, anche regionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2011), non può sottrarsi, ogni qual volta esso preveda attività che non possano realizzarsi se non per mezzo di una spesa" (sentenza n. 51 del 2013)» (sentenza n. 4 del 2014).
Una dotazione finanziaria così radicalmente ridotta, non accompagnata da proposte di riorganizzazione dei servizi o da eventuale riallocazione delle funzioni a suo tempo trasferite, comporta una lesione dei principi in considerazione. Dunque, l'eccessiva riduzione delle risorse e l'incertezza sulla loro definitiva entità (la stessa Regione, malgrado l'adozione dell'insufficiente incremento di risorse in sede di assestamento del bilancio, precisa la provvisorietà di tale statuizione) non consentono una proficua utilizzazione delle stesse in quanto «[s]olo in presenza di un ragionevole progetto di impiego è possibile realizzare una corretta ripartizione delle risorse [...] e garantire il buon andamento dei servizi con esse finanziati» (sentenza n. 188 del 2015).
6.2. – Anche le questioni sollevate in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. sono fondate.
La riduzione sproporzionata delle risorse, non corredata da adeguate misure compensative, è infatti in grado di determinare un grave vulnus all'espletamento da parte delle Province delle funzioni espressamente conferite dalla legge regionale, determinando una situazione di "inadempimento" rispetto ai parametri legislativi fissati dalla legge n. 59 del 1997 e dalla stessa legge regionale di attuazione, la cui vigenza permane nella sua originaria configurazione. Sotto tale profilo, le norme impugnate «non supera[no] il test di proporzionalità, il quale "richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio [...] sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti [e se] stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi" (sentenza n. 1 del 2014)» (sentenza n. 272 del 2015). Dette norme operano, nel quadro ordinamentale dei servizi esercitati sul territorio regionale, in direzione opposta all'obiettivo di assicurare lo svolgimento delle funzioni conferite alle Province.
Dunque la forte riduzione delle risorse destinate a funzioni esercitate con carattere di continuità ed in settori di notevole rilevanza sociale risulta manifestamente irragionevole proprio per l'assenza di proporzionate misure che ne possano in qualche modo giustificare il dimensionamento (su analoga questione, sentenza n. 188 del 2015).
6.3.– L'art. 3 Cost. è stato ulteriormente violato sotto il principio dell'eguaglianza sostanziale a causa dell'evidente pregiudizio al godimento dei diritti conseguente al mancato finanziamento dei relativi servizi.
Tale profilo di garanzia presenta un carattere fondante nella tavola dei valori costituzionali e non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali.
Questa Corte non ignora il processo riorganizzativo generale delle Province che potrebbe condurre alla soppressione di queste ultime per effetto della riforma costituzionale attualmente in itinere. Tuttavia l'esercizio delle funzioni a suo tempo conferite – così come obiettivamente configurato dalla legislazione vigente – deve essere correttamente attuato, indipendentemente dal soggetto che ne è temporalmente titolare e comporta, soprattutto in un momento di transizione caratterizzato da plurime criticità, che il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla complessità di tale processo di passaggio tra diversi modelli di gestione.
Per questo motivo lo stesso legislatore statale si è preoccupato di assicurare un coerente quadro di relazioni finanziarie alternative tra Regione e Province, come quello contenuto nell'art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 68 del 2011 e rimasto inattuato nel Piemonte, al fine di non pregiudicare l'assetto economico-finanziario diretto al concreto esercizio delle funzioni nel periodo in cui le stesse rimangono attribuite alle Province.
Pertanto, il principio di continuità dei servizi di rilevanza sociale non viene salvaguardato, risultando inutile a tal fine lo stesso insufficiente finanziamento previsto dalle disposizioni impugnate. A fronte della prescrizione normativa di astratti livelli di prestazione dei servizi nelle leggi regionali di settore, si verifica – per effetto delle disposizioni sproporzionatamente riduttive delle risorse – una rilevante compressione dei servizi resi alla collettività.
7.– Dunque le norme impugnate, nella parte in cui, in modo irragionevole e sproporzionato, riducono – senza alcun piano di riorganizzazione o di riallocazione – le dotazioni finanziarie per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge della Regione Piemonte n. 34 del 1998, pregiudicandone in tal modo lo svolgimento, risultano in contrasto con gli artt. 3, 97, 117 e 119 Cost. e debbono, pertanto, essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Restano assorbite le ulteriori censure formulate dal giudice rimettente.

Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 1 (Legge finanziaria per l'anno 2014), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge regionale, relativamente all'unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827, nella parte in cui non consente di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge della Regione Piemonte 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali) e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, e 3 della legge della Regione Piemonte 5 febbraio 2014, n. 2 (Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge regionale, relativamente all'unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827, nella parte in cui non consentono di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge reg. Piemonte n. 34 del 1998 e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie), in combinato disposto con l'Allegato A della medesima legge regionale, relativamente all'unità previsionale di base UPB DB05011, capitolo 149827, nella parte in cui non consente di attribuire adeguate risorse per l'esercizio delle funzioni conferite dalla legge reg. Piemonte n. 34 del 1998 e dalle altre leggi regionali che ad essa si richiamano;
4) dichiara l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Piemonte 1° agosto 2014, n. 6 (Variazione al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2014 e pluriennale per gli anni finanziari 2014-2016), promosse dalle Province di Novara e di Asti con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2016.

 

 

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