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3.2. Autonomia impositiva delle Province e dei Comuni

I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno anch'essi riconosciuta l'autonomia finanziaria di entrata e possono applicare tributi propri, utilizzando lo strumento giuridico del regolamento entro la cornice di legge regionale che dovrà rispondere ai principi generali della legge di coordinamento.

L’autonomia impositiva degli Enti locali quali Province e Comuni deve svolgersi  in ottemperanza all’art. 23 Cost. in base al quale “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.  Nell’ambito della potestà legislativa regionale e dei principi fondamentali dello Stato, gli Enti locali non potranno mai introdurre nuovi tributi, in quanto dotati solo del potere regolamentare e non anche normativo. La previsione costituzionale (ex art. 119 c.2) secondo la quale “stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” è interpretabile infatti solo nel senso che, fermo il potere esclusivo dello Stato e delle Regioni di introdurre nuove imposte ciascuno nei propri ambiti esercitato attraverso l’organo legislativo, gli Enti locali (Comuni e Province) potranno:

a)    decidere in merito all'applicazione o meno di tributi istituiti e disciplinati nei loro caratteri costitutivi dallo Stato o dalle Regioni nonché le modalità applicative degli stessi nel rispetto della legislazione vigente;

b)   stabilire ed applicare, ossia disporre e regolamentare i casi accessori al rapporto tributario, che non riguardino quindi le caratteristiche fondanti del rapporto tributario, quali la determinazione del soggetto passivo, della fattispecie imponibile (o presupposto di fatto) e delle esenzioni.

In sintesi, la legge di coordinamento fissa i principi fondamentali per i tributi locali, lasciando ampia libertà di manovra agli Enti locali.

Tale orientamento è evidente anche nella normativa che prevede le sanatorie, tant'è vero che il legislatore si limita a consentire l'introduzione di forme di definizione agevolata, con riferimento ai tributi propri degli Enti locali, lasciando poi gli Enti liberi di decidere i principali tributi interessati dal condono  e le varie tipologie di sanatorie[8].  Lo strumento a disposizione degli enti per l’applicazione del condono è rappresentato per le Regioni dalla legge, mentre per i Comuni e le Province dal potere regolamentare di cui all’art. 52 D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446.

L'art. 52 del D.Lgs. 446/1997, in attuazione dei principi e criteri direttivi contenuti nelle lettere a) e b) del c. 149 dell'art. 3 della L. 662/1996, stabilisce che Province  e Comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo che per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima. Tale articolo, ricondotto ad organicità nella parte seconda del TUEL, con le norme efferenti l'ordinamento contabile degli Enti locali, si sposa, con il combinato disposto del già citato art. 119 Cost., per il quale gli Enti locali "hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri" e del nuovo dettato dell'art. 117 Cost., per il quale gli stessi Enti "hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite".

[8] Cfr. art. 13 L. 289/2002. Il condono locale, diversamente da quello statale, non è automatico, poiché non dipende dalla istanza del contribuente ma soprattutto dalle decisioni dell'Ente impositore.