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La trattazione della controversia

1. Nomina del relatore e fissazione della data di trattazione

Dopo che sono scaduti i termini per la costituzione delle parti, e, qualora, non ricorrano i presupposti per l’emissione del decreto di inammissibilità del ricorso o di estinzione del processo,  il presidente fissa la data della controversia e nomina il relatore, mentre la segreteria deve avvisare le parti costituite.

L’avviso di trattazione deve contenere:

-         data e ora dell’udienza;

-         sezione della commissione;

-         oggetto della domanda o numero di ricorso.

2. Comunicazione da parte della segreteria dell’avviso di trattazione

La comunicazione dell'avviso di trattazione (udienza pubblica o camera di consiglio), va fatta almeno 30 giorni liberi prima della data fissata per la trattazione, alle parti regolarmente costituite. La comunicazione rappresenta il presupposto per la regolare costituzione del contraddittorio, in difetto del quale la sentenza eventualmente pronunciata è da ritenersi nulla per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio[1]. Costituisce eccezione alla nullità, il caso in cui il giudice del grado successivo, decidendo nel merito, abbia consentito all’interessato di esplicare in pieno le proprie difese[2].

Nell'ipotesi di processo con pluralità di parti regolarmente costituite, l'avviso di trattazione deve essere comunicato a tutti i coobbligati non potendosi ravvisare l'esistenza di una sorta di reciproca rappresentanza processuale tra di essi[3]. Quindi l’informazione della trattazione viene data sia ai soggetti nei cui confronti il contraddittorio risulta essere stato esteso (art. 14, c. 1 e 2), sia a coloro che pur non essendo liticonsorti necessari, siano volontariamente intervenuti o siano stati chiamati in giudizio perché pure loro destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso (art. 14, c. 3).

Le comunicazioni e notificazioni dell’avviso di trattazione vanno eseguite in base agli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 546/1992[4].

La comunicazione della data di trattazione, alle parti ritualmente costituite, è eseguita almeno 30 giorni liberi prima (art. 31, c. 1 D.Lgs. 546/1992), al fine di consentire alle parti i diritti e le facoltà previste (ad esempio richiamiamo gli artt. 32 e 33 c. 1 del decreto citato nonché l’art. 52 c.p.c.). In particolare, decorrono da tale avviso:

-         i termini di produzione dei documenti (20 giorni liberi prima della trattazione);

-         i termini di produzione delle memorie illustrative (10 giorni liberi prima);

-         i termini dell’istanza di pubblica udienza (10 giorni liberi prima).

La violazione dell'art. 31 D. Lgs. 546/1992, derivante dall'omessa comunicazione alle parti, almeno 30 giorni liberi prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di trattazione determina la nullità della decisione della commissione tributaria [5].

Il legislatore ha espressamente qualificato “libero” il suddetto termine, per cui lo stesso viene computato senza considerare ne` il "dies a quo" - giorno iniziale - ne` il "dies ad quem" - giorno finale -. Fra la ricezione della comunicazione e l'udienza di trattazione devono intercorrere 30 giorni interi, con la precisazione che, se il giorno finale è festivo occorre retrocedere di uno o più giorni fino al primo non  festivo (art. 2963 c.c.). Ne deriva, quindi, che se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è anticipata al giorno precedente non festivo. In questi casi, infatti, non opera la proroga prevista dal c.3 dell'art. 155 c.p.c. perchè verrebbe altrimenti ridotto il periodo di tempo che si vuole assicurare libero.

Il c. 2 prevede, infine, che uguale avviso debba essere dato dalla segreteria per i casi di rinvio della trattazione disposti dal presidente nei seguenti casi eccezionali:

-       per giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito;

-       per giustificato impedimento di alcune delle parti;

-       per esigenze di servizio.

Si tratta di un rinvio disposto dal presidente di sezione fuori dall'udienza, che differisce da quello previsto dall’art. 34 c. 3, che regola l'ipotesi del rinvio disposto dal collegio nel corso della stessa udienza su istanza della parte interessata quando la sua difesa tempestiva, scritta o orale, è resa particolarmente difficile a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti.

Nella nuova disciplina del processo tributario, la pubblicità dell’udienza è condizionata alla presentazione di un’apposita istanza di discussione da almeno una delle parti posto che i due  riti – in pubblica udienza e in camera di consiglio – si  pongono in rapporto di alternatività[6].

3. Trattazione in camera di consiglio

Qualora nessuna delle parti del processo tributario abbia interesse ad esser presente alla trattazione e quindi le stesse non presentino istanza di discussione in pubblica udienza, il processo tributario si svolgerà in camera di consiglio, senza quindi la presenza delle parti (art. 33, c. 1). Ciò rappresenta l’ordinario modo di trattazione della controversia.

Il rito camerale rinviene una coerente e logica motivazione nell'interesse generale ad un più rapido funzionamento del processo (sent. n. 543 del 1989), nonché nella natura stessa del processo tributario che si caratterizza sia sotto l'aspetto probatorio che difensivo, come processo documentale. Infatti, quest’ultimo si svolge attraverso atti scritti mediante i quali le parti provano le rispettive pretese o spiegano le relative difese (ricorsi, memorie), mentre resta esclusa, in relazione alla natura di tale processo, l'ammissibilità sia della prova testimoniale che del giuramento (art. 7 c. 4  D.Lgs. 546/1992).

In caso di trattazione in camera di consiglio, il relatore espone al collegio i fatti e le questioni oggetto della controversia, senza la presenza delle parti. Della stessa è redatto processo verbale  da parte del segretario della commissione tributaria. Immediatamente dopo l’esposizione dei fatti il Collegio delibera la decisione.

Nel corso della trattazione di una controversia in Camera di  consiglio,  il giudice, in assenza dei  procuratori,  può disporre  consulenza tecnica d'ufficio, al fine di  pervenire alla decisione. In tal caso la tutela del contraddittorio è assicurata dal fatto  che  le parti possono sempre intervenire alle  operazioni  del  consulente  tecnico d'ufficio anche a mezzo di  propri  consulenti  partecipanti  al  dibattito tecnico  con  loro  osservazioni   (l'ordinanza   istruttoria   di   nomina dell'esperto ha assegnato infatti termini ad  entrambe  per  la  nomina  di consulente tecnico di parte), non certo dalla possibilità di  orientare  il quesito del giudice che rientra esclusivamente nei suoi  poteri  ordinatori formulare per acquisire le conoscenze scientifiche a lui occorrenti per  la risoluzione della lite[7].

4. Trattazione in pubblica udienza

La richiesta di discussione della controversia in pubblica udienza può essere formulata:

a)      dal contribuente;

b)      oppure, dall’Ufficio nel caso in cui l’istanza non sia stata richiesta dal contribuente.

Può essere avanzata non solo con atto separato, ma anche mediante specifica istanza contenuta nel ricorso introduttivo del processo, nelle controdeduzioni della parte resistente, nel ricorso in appello principale o incidentale[8] o in atti processuali alla duplice condizione:

a)    che siano notificati alle altre parti costituite[9];

b)   che siano depositati presso la segreteria della Commissione almeno 10 giorni liberi prima della data di trattazione[10] (art. 33, c.1 D.Lgs. 546/1992), per consentire al giudice di disporre la discussione in pubblica udienza, e per consentire alle altri parti di esercitare compiutamente il loro diritto di difesa. Detto termine non può ritenersi lesivo del diritto di difesa, potendo le parti provvedere ad assolvere siffatti oneri, secondo una diffusa opinione, sin dal primo scritto difensivo e, comunque, durante tutto il non breve periodo di tempo intercorrente tra la fissazione dell'udienza di trattazione e i 10 giorni liberi prima di tale data[11].

La mancata trattazione della controversia in pubblica udienza, richiesta da una delle parti, determina  non una mera irregolarità bensì la nullità del procedimento e della sentenza per violazione del contraddittorio ed in particolare del diritto di difesa ex art. art.24 Cost., con conseguente nullità della sentenza [12].

Qualora, nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato a causa dell’accoglimento della nullità dell’avviso di trattazione (ex art. 59, c. 1 lett. b) D.Lgs. 546/1992) e sia presentato ricorso per detti motivi innanzi alla commissione tributaria regionale,  la causa sarà rimessa da quest’ultima alla commissione provinciale che ha emesso la sentenza impugnata.. Qualora sia stato presentato ricorso per Cassazione la sentenza impugnata sarà cassata e la causa verrà rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale.

Nel corso della trattazione in pubblica udienza, il presidente ammette le parti presenti alla discussione orale,   dà prima la parola al relatore per esporre i fatti, successivamente al ricorrente ed infine alla parte resistente. Successivamente potrebbe dare ulteriormente la parola al relatore e agli altri componenti del collegio per chiarimenti o domande ed eventualmente alle parti.

Tale disposizione prevista per il giudizio di primo grado  è applicabile anche al procedimento di appello per effetto del richiamo di cui all’art. 61 D.Lgs. 546/1992.

5. Differimento della pubblica udienza

Il presidente della sezione oppure il collegio possono disporre il differimento della discussione a udienza fissa:

-         su istanza della parte interessata, quando la sua difesa tempestiva, scritta o orale, è resa particolarmente difficile a causa dei documenti prodotti o delle questioni sollevate dalle altre parti;

-         in caso di giustificato impedimento del relatore, che non possa essere sostituito, o di alcuna delle parti o per esigenze del servizio

In questi casi, la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno 30 giorni liberi prima, salvo che il differimento sia disposto in udienza con tutte le parti costituite presenti.

La fase successiva è rappresentata dalla deliberazione della decisione da parte del collegio, in camera di consiglio immediatamente dopo la discussione.  

 

 



[1] Cass. sez. trib. 18 novembre 2000 n. 14916; Cass. sez. trib.  25 luglio 2001 n. 10099; Cass. sez. trib.  23 aprile 2001 n. 5986; Cass. sez. trib. 10 maggio  2006  n. 10761 per la quale “nel caso in cui una parte non compare al processo, la sentenza emessa deve essere considerata nulla se la raccomandata con cui la segreteria comunicava la tenuta dell’udienza di trattazione sia stata restituita al mittente per compiuta giacenza presso l’ufficio postale. Infatti, la sentenza della Corte Cost. n. 346/1998 ha stabilito che in caso di mancato recapito del plico per assenza del destinatario occorre dare avviso del compimento delle formalità prescritte con raccomandata con avviso di ricevimento. In assenza di tali adempimenti la sentenza deve dichiararsi nulla per instaurazione del contraddittorio in modo invalido”. Cass. sez. I 1 agosto 2008 n. 20952.  Cass. sez. trib.   8 ottobre 2007 n. 21059 che ha stabilito che “l’omissione dell'avviso di trattazione alla  parte  che  si sia costituita in giudizio tardivamente ma prima  che  tale  avviso  venisse  inoltrato, comporta la nullità del procedimento e della sentenza  che  fosse stata eventualmente pronunciata, per  violazione  del  diritto  fondamentale alla difesa e dell'inderogabile principio del  contraddittorio. Conseguentemente, la  parte  ancorché  tardivamente  costituita  ha  diritto  di  ricevere  la comunicazione relativa all'avviso di fissazione dell'udienza di  trattazione della controversia, ad eccezione dell'ipotesi in cui  la  costituzione  sia successiva   all'invio   della   comunicazione”.  

[2] Cass. sez. trib. 24 novembre 2006 n. 24972.

[3] Cfr Circ. n.98/E – 1996.

[4] Si veda il Parte II, Capo XII.

[5] Cass. sez. trib. 28 agosto 2000 n. 11229.

[6] Corte cost. 23 aprile 1998 n. 141; Corte cost. ord. 9 luglio 1998 n. 260.

[7] Cass. sez. trib. 23 dicembre 2005 n. 28770.

[8] Cass. sez. trib. 4 maggio 2001  n. 6249 per la quale “la richiesta di discussione in pubblica udienza, ai sensi dell'art. 33 c. 1 D. Lgs. 546/1992, può essere legittimamente formulata in qualsivoglia atto del processo, quindi, anche nell'atto di appello incidentale”; Cass. sez. trib. 17 aprile 2001  n. 5643 per la quale “Nel nuovo contenzioso tributario la richiesta di trattazione della causa in pubblica udienza può essere formulata dalle parti non solo con atto separato, destinato a tale scopo, ma anche mediante un'esplicita richiesta contenuta nel ricorso introduttivo del processo, nel ricorso in appello o in altri atti processuali a condizione che risultino notificati alle altre parti costituite e siano depositati presso la segreteria della commissione nel termine di cui all'art. 33 c. 1 D. Lgs. 546/1992. Ove la commissione, nonostante l'esistenza di un'istanza in tale senso, abbia trattato e deciso la controversia in camera di consiglio, si realizza una violazione del contraddittorio, con conseguente nullità del procedimento e della sentenza pronunziata”.

[9] Cass. sez. trib. 25 luglio 2001  n. 10099 per la quale “l' art. 33 c. 1 D. Lgs. 546/1992, si limita ad indicare gli incombenti minimi cui bisogna adempiere per discutere pubblicamente la controversia onde l'apposita istanza non deve essere intesa come un autonomo atto, ma come esplicita richiesta che può essere  perciò contenuta anche nel ricorso introduttivo o nelle controdeduzioni del resistente, che in questo caso deve però notificarle. Conseguentemente, ove l'appellante abbia inserito detta istanza nell'atto di appello, il rifiuto di consentire la discussione orale della controversia comporta la nullità di tutti gli atti successivi, ivi compresa la sentenza”.

[10] Cass. sez. trib.  23 aprile 2001  n. 5986 per la quale “non è necessario che l'apposita istanza sia contenuta in un atto separato. Per il principio della libertà delle forme degli atti processuali, infatti, è sufficiente che detta istanza risulti da un atto il quale, pur avendo ulteriori contenuti processuali, rispetti la duplice condizione di essere notificato alle altre parti e di essere depositato presso la segreteria della commissione adita nel termine prescritto dalla norma citata”.

[11] Corte Cost. 23 aprile 1998 n.141.

[12] Cass. sez. trib. 14 luglio 2003 n. 11014; Cass. sez. trib. 27 luglio 2005 n.  15771; Cass. sez. trib.  n. 5643 del 2001; Cass. sez. trib. 23 aprile 2001 n. 5986;  Cass. sez. trib. 4 maggio 2001 n. 6249; Cass. sez. trib.  25 luglio 2001 n. 10099; Cass. sez. trib. 3 novembre 2003 n. 16432;  Cass. sez. trib. n. 20852 del 2005; Cass. 6 dicembre 2000 n. 5986; Corte Cost. 23  aprile  1998 n.  141; Contra: Cass. sez. trib. 24 novembre 2005  n. 2948 secondo la quale “l’art. 360, n. 4 c.p.c., nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutelerebbe l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantirebbe solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo. Sulla base di tale precisazione la Corte ha concluso affermando che la discussione della causa nel giudizio di appello avrebbe una funzione meramente illustrativa delle tesi già svolte nei precedenti atti difensivi pertanto è necessario indicare, affinché si evidenzi la violazione del diritto di difesa, quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o di approfondire, colmando lacune e integrando i rilievi contenuti nei precedenti atti difensivi”; Cass. Sez. trib. 21 gennaio 2008 n. 1139 per la quale “la discussione orale della causa in appello ha soltanto la funzione di illustrare le difese già svolte nei precedenti atti difensivi, con la conseguenza che l'avvenuta decisione con il rito camerale, nonostante l'esplicita richiesta della pubblica udienza, ha un effetto invalidante soltanto quando siano evidenziati gli specifici aspetti che la discussione avrebbe potuto approfondire, colmando lacune ed integrando gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti atti difensivi”. Circolare  n.  242/E/1998/76809  del  21  ottobre  1998.

 

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